N. 262 ORDINANZA 7 - 10 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento  anche in casi diversi da quelli previsti dall'art.
  603, comma 2, cod. proc. pen. - Preclusione - Denunciata violazione
  dei  principi  di  ragionevolezza,  della  parita'  delle parti nel
  processo  e  dell'obbligatorieta' dell'azione penale - Sopravvenuta
  dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   della  norma
  censurata - Necessita' di riesame della rilevanza della questione -
  Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- Cod.  proc.  pen., art. 593, come sostituto dall'art. 1 della legge
  20 febbraio 2006, n. 46.
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),   promossi,  nell'ambito  di  diversi  procedimenti
penali,  con  ordinanze  del 15 maggio, del 12 e del 6 giugno, del 10
novembre,  del 30 maggio e del 10 novembre 2006 dalla Corte d'appello
di  Messina,  rispettivamente  iscritte ai nn. 58, 59, 63, 253, 302 e
401 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della  Repubblica  n. 9, 1ª  serie  speciale,  dell'anno  2007, nella
edizione  straordinaria  del  26  aprile 2007 e nn. 18 e 22, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 maggio 2008 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
   Ritenuto  che,  con  sei ordinanze sostanzialmente identiche nella
parte  motiva (r.o. nn. 58, 59, 63, 253, 302, 401 del 2007), la Corte
d'appello  di Messina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111,
secondo  comma,  e  112 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  593,  comma  2,  del  codice  di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale,  in  materia di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui  preclude  al  pubblico  ministero  la  possibilita' di appellare
contro le sentenze di proscioglimento»;
     che  la  Corte rimettente - chiamata a delibare appelli proposti
dal pubblico ministero avverso sentenze di non doversi procedere (per
intervenuta  prescrizione,  intervenuta  concessione  in sanatoria ed
altro)  emesse  in  primo  grado  da  diversi  tribunali  - motiva la
rilevanza  della questione sulla base del disposto dell'art. 10 della
citata  legge  n. 46 del 2006, che prevede l'immediata applicabilita'
delle nuove norme ai procedimenti in corso e l'inammissibilita' degli
appelli proposti prima della entrata in vigore della legge;
     che,  nel  merito,  la  Corte d'appello lamenta la lesione degli
artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost.;
     che,  in  particolare,  la  disciplina  censurata,  privando  il
pubblico  ministero  e  l'imputato  della  possibilita'  di  proporre
appello  avverso  le sentenze di proscioglimento, solo apparentemente
soddisferebbe  l'esigenza  di  parita' garantita dall'art. 111 Cost.,
atteso  che,  per  un  verso,  i limiti all'appello delle sentenze di
proscioglimento  assumono «preponderanza e rilievo centrale» solo per
il  pubblico  ministero  (poiche' gia' in precedenza all'imputato era
inibito l'appello di sentenze di proscioglimento con formula piena) e
che, per l'altro, solo l'organo della pubblica accusa ha interesse ad
impugnare tali sentenze;
     che  la  previsione  della  possibilita'  di  appello  nel  caso
disciplinato   dall'art.   603,   comma   2,  cod.  proc.  pen.,  non
consentirebbe   di   ritenere   superabili  i  prospettati  dubbi  di
costituzionalita', trattandosi di «ipotesi praticamente inattuabile»,
in  quanto legata alla sopravvenienza di prove decisive nel ristretto
lasso  temporale  tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la
scadenza del termine per appellare;
     che  la  disparita' che in tal modo si determina fra il pubblico
ministero,    cui   e'   impedito   l'appello   delle   sentenze   di
proscioglimento,  e l'imputato, abilitato ad appellare le sentenze di
condanna, non troverebbe giustificazione alcuna nella tutela di altri
interessi   costituzionalmente  rilevanti  (in  particolare,  ne'  in
esigenze di accelerazione dell'iter processuale ne' nella particolare
posizione istituzionale del pubblico ministero);
     che  la  scelta  legislativa  sarebbe,  inoltre, censurabile sul
piano  della ragionevolezza, in quanto e' stato conservato in capo al
pubblico  ministero il potere di proporre appello avverso le sentenze
di  condanna,  «al  solo scopo di ottenere una pena diversa da quella
comminata»;
     che, infine, la Corte d'appello rimettente ritiene violato anche
il  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale: consapevole
dell'orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale che, dopo la
sentenza  n. 177  del  1971,  ha  sempre  negato  che  il  potere  di
impugnazione   del  pubblico  ministero  costituisca  estrinsecazione
dell'azione penale, il giudice a quo invoca un mutamento di indirizzo
da  parte  della  Corte  che  tenga  conto  delle prerogative e delle
attribuzioni  istituzionali  del  pubblico  ministero,  come definite
negli  artt.  73  e  74  delle  norme  sull'ordinamento giudiziario e
richiamate dagli artt. 102, 107, 108 e 112 Cost.
   Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa
Corte  ha  per oggetto la preclusione - conseguente alla sostituzione
dell'art.  593  del  codice  di procedura penale ad opera dell'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento)  -  dell'appello  delle  sentenze  dibattimentali di
proscioglimento da parte del pubblico ministero;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
     che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte,
con  la  sentenza  n. 26  del  2007,  ha  dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1 della citata legge n. 46 del 2006, «nella
parte  in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale,
esclude  che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze
di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art.
603,  comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e
dell'art.  10,  comma  2,  della  stessa  legge,  «nella parte in cui
prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento
dal  pubblico  ministero  prima della data di entrata in vigore della
medesima legge e' dichiarato inammissibile»;
     che,  alla  stregua  della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono pertanto essere restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Ordina la restituzione degli atti alla Corte d'appello di Messina.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola