N. 265 ORDINANZA 7 - 10 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento  anche in casi diversi da quelli previsti dall'art.
  603, comma 2, cod. proc. pen. - Preclusione - Denunciata violazione
  dei  principi  di  ragionevolezza,  della  parita'  delle parti nel
  processo nonche' dell'obbligatorieta' dell'azione penale - Inesatta
  indicazione   della   norma   oggetto   di   censura   -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  593,  comma 2, come sostituto dall'art. 1
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46.
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  promosso  con  ordinanza  del 13 giugno 2006 dalla
Corte  d'appello  di Messina nel procedimento penale a carico di G.G.
ed altra, iscritta al n. 304 del registro ordinanze 2007 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª serie speciale,
dell'anno 2007;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 21 maggio 2008 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
   Ritenuto  che  con  l'ordinanza  in epigrafe la Corte d'appello di
Messina  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3, 111, secondo
comma,   e   112   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  593,  comma  2,  del  codice  di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale,  in  materia di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui  preclude  al  pubblico  ministero  la  possibilita' di appellare
contro le sentenze di proscioglimento»;
     che   la   Corte   rimettente   premette   di  essere  investita
dell'appello  proposto  dal pubblico ministero, prima dell'entrata in
vigore della legge n. 46 del 2006, avverso la sentenza di non luogo a
procedere  «per  non  aver commesso il fatto» e perche' «il fatto non
sussiste» emessa dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione
di Giudice dell'udienza preliminare, del Tribunale di Messina;
     che,  ai  sensi  dell'art.  10  della  medesima legge, l'appello
dovrebbe   essere   dichiarato   inammissibile   con   ordinanza  non
impugnabile;
     che,  nel  merito,  la  Corte d'appello lamenta la lesione degli
artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost.;
     che,  in  particolare,  la  disciplina  censurata,  privando  il
pubblico  ministero  e  l'imputato  della  possibilita'  di  proporre
appello  avverso  le sentenze di proscioglimento, solo apparentemente
soddisferebbe  l'esigenza  di  parita' garantita dall'art. 111 Cost.,
atteso  che,  per  un  verso,  i limiti all'appello delle sentenze di
proscioglimento  assumono «preponderanza e rilievo centrale» solo per
il  pubblico  ministero  (poiche' gia' in precedenza all'imputato era
inibito l'appello di sentenze di proscioglimento con formula piena) e
che, per l'altro, solo l'organo della pubblica accusa ha interesse ad
impugnare tali sentenze;
     che  la  previsione  della  possibilita'  di  appello  nel  caso
disciplinato   dall'art.   603,   comma   2,   cod.  proc.  pen.  non
consentirebbe   di   ritenere   superabili  i  prospettati  dubbi  di
costituzionalita', trattandosi di «ipotesi praticamente inattuabile»,
in  quanto legata alla sopravvenienza di prove decisive nel ristretto
lasso  temporale  tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la
scadenza del termine per appellare;
     che  la  disparita' che in tal modo si determina fra il pubblico
ministero,    cui   e'   impedito   l'appello   delle   sentenze   di
proscioglimento,  e l'imputato, abilitato ad appellare le sentenze di
condanna, non troverebbe giustificazione alcuna nella tutela di altri
interessi   costituzionalmente  rilevanti  (in  particolare,  ne'  in
esigenze di accelerazione dell'iter processuale ne' nella particolare
posizione istituzionale del pubblico ministero);
     che  la  scelta  legislativa  sarebbe,  inoltre, censurabile sul
piano  della ragionevolezza, in quanto e' stato conservato in capo al
pubblico  ministero il potere di proporre appello avverso le sentenze
di  condanna,  «al  solo scopo di ottenere una pena diversa da quella
comminata»;
     che, infine, la Corte d'appello rimettente ritiene violato anche
il  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale: consapevole
dell'orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale che, dopo la
sentenza  n. 177  del  1971,  ha  sempre  negato  che  il  potere  di
impugnazione   del  pubblico  ministero  costituisca  estrinsecazione
dell'azione penale, il giudice a quo invoca un mutamento di indirizzo
da  parte  della  Corte  che  tenga  conto  delle prerogative e delle
attribuzioni  istituzionali del pubblico ministero, come disciplinate
dagli  artt.  73  e  74  delle  norme  sull'ordinamento giudiziario e
richiamate dagli artt. 102, 107, 108 e 112 Cost.
   Considerato   che   la  Corte  d'appello  di  Messina  dubita,  in
riferimento   agli   artt.   3,  111,  secondo  comma,  e  112  della
Costituzione,  della legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma
2,  del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  «nella parte in cui preclude al pubblico ministero
la possibilita' di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;
     che l'art. 593 cod. proc. pen. disciplina, al comma 2, l'appello
del   pubblico   ministero   e   dell'imputato  avverso  le  sentenze
dibattimentali  di  proscioglimento,  stabilendo  - per effetto delle
modifiche  introdotte  dall'art.  1  della  legge  n. 46  del 2006 ed
immediatamente applicabili in forza dell'art. 10 della medesima legge
-  che l'appello e' consentito solo nell'ipotesi di cui all'art. 603,
comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova e' decisiva;
     che  dalla  stessa  ordinanza di rimessione risulta che la Corte
rimettente  e' investita dell'appello proposto dal pubblico ministero
avverso  la  sentenza  di non luogo a procedere pronunciata, ai sensi
dell'art.   425   cod.  proc.  pen.,  dal  Giudice  per  le  indagini
preliminari, in funzione di Giudice dell'udienza preliminare;
     che  il  regime  di  impugnazione  delle sentenze di non luogo a
procedere  e'  disciplinato dall'art. 428 cod. proc. pen. (sostituito
dall'art. 4 della legge n. 46 del 2006);
     che,  dunque,  la  Corte  rimettente  sottopone  a  scrutinio di
costituzionalita'  una  norma (l'art. 593 cod. proc. pen.) di cui non
deve fare applicazione nel giudizio a quo;
     che  l'inesatta  indicazione  della  norma  oggetto  di  censura
(aberratio  ictus)  comporta,  per  costante giurisprudenza di questa
Corte,  la  manifesta  inammissibilita' della questione (ex plurimis,
ordinanze n. 79 e 150 del 2008).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  593,  comma 2, del codice di
procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio
2006,  n. 46  (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di
inappellabilita'  delle  sentenze  di proscioglimento), sollevata, in
riferimento   agli   artt.   3,  111,  secondo  comma,  e  112  della
Costituzione,  dalla  Corte  d'appello di Messina, con l'ordinanza in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola