N. 269 ORDINANZA 7 - 10 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giurisdizioni  speciali  - Giurisdizione tributaria - Assoggettamento
  ad  essa delle controversie relative ai canoni per l'occupazione di
  spazi  ed aeree pubblici (COSAP) - Lamentata violazione del divieto
  di  istituzione  di  nuovi  giudici  speciali  e  del principio del
  giudice   naturale   precostituito   per   legge   -   Sopravvenuta
  dichiarazione   di  incostituzionalita'  della  norma  censurata  -
  Questione divenuta priva di oggetto - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs.  31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo periodo,
  come  modificato  dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del d.l. 30
  settembre  2005, n. 203, convertito con modificazioni, dall'art. 1,
  comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248.
- Costituzione, artt. 25, primo comma e 102, comma secondo.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici: Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 2,
secondo  periodo,  del  decreto  legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
come   modificato   dall'art.   3-bis,   comma  1,  lettera  b),  del
decreto-legge   30   settembre  2005,  n. 203  (Misure  di  contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria),  convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della   legge   2  dicembre  2005,  n. 248,  promosso  con  ordinanza
depositata  il  9  agosto  2007  dal  Tribunale ordinario di Roma nel
procedimento civile vertente tra il condominio di piazza Annibaliano,
n. 4, ed il Comune di Roma, iscritta al n. 814 del registro ordinanze
2007  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, 1ª
serie speciale, dell'anno 2008;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 25 giugno 2008 il giudice
relatore Franco Gallo;
   Ritenuto  che  nel corso di un giudizio, nel quale un contribuente
aveva   proposto   opposizione   avverso   un  avviso  di  pagamento,
notificatogli  dal  Comune  di  Roma,  relativo ad una somma dovuta a
titolo di canone di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche
(COSAP)  per  l'anno  2005,  il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  con
ordinanza  depositata  il 9 agosto 2007, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 102, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione,
questioni  di  legittimita'  dell'art.  2  del decreto legislativo 31
dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1,
lettera  b),  del  decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria  e  finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui
stabilisce,  nel  secondo  periodo del comma 2, che appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del suddetto canone;
     che il Tribunale rimettente premette, in punto di fatto, che: a)
il   contribuente   ha   chiesto  -  oltre  alla  declaratoria  della
giurisdizione   del  giudice  ordinario  sulla  controversia,  previa
rimessione  alla Corte costituzionale della questione di legittimita'
del  citato  art.  2  del d.lgs. n. 546 del 1992 per violazione degli
artt.  3,  24, 25, 102, 103 Cost. e VI disposizione transitoria della
Costituzione  -  che  venga  dichiarata  «l'infondatezza»,  totale  o
parziale,  della pretesa al pagamento di una somma a titolo di COSAP,
avanzata dal Comune convenuto con l'avviso impugnato; b) il Comune di
Roma,  costituitosi  in  giudizio,  ha  preliminarmente  eccepito  il
difetto  di  giurisdizione del giudice adito, essendo la controversia
devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie in forza del
novellato art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992;
     che  il  giudice  a  quo premette altresi', in punto di diritto,
che:   a)   le  commissioni  tributarie  sono  organi  aventi  natura
giurisdizionale  «compatibili» con il dettato costituzionale, essendo
preesistenti  all'entrata  in vigore della Costituzione (richiama, al
riguardo,  le  sentenze  n. 50  del  1989; n. 21 del 1986; n. 196 del
1982;  n. 63  del  1982; n. 215 del 1976; n. 287 del 1974; nonche' le
ordinanze   n. 144   del   1998;   n. 351   del   1995   della  Corte
costituzionale);   b)   la   loro   giurisdizione  e'  limitata  alle
«controversie   tributarie»   e   cio'   «costituisce   garanzia   di
compatibilita'  con  il  divieto  di  istituzione  di  nuovi  giudici
speciali» (richiama, in proposito, la menzionata ordinanza n. 144 del
1998   della   Corte  costituzionale);  c)  «la  natura  strettamente
tributaria   della   prestazione   che   costituisce   oggetto  della
controversia»  e',  dunque, limite «intrinseco ed invalicabile» della
giurisdizione  di  dette  commissioni, come piu' volte ribadito dalla
giurisprudenza  della  Corte costituzionale (ordinanze n. 94, n. 35 e
n. 34  del  2006)  e da quella di legittimita' (ordinanze n. 7388 del
2007; n. 20067 del 2006; n. 16776 del 2005);
     che,  quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il
rimettente  afferma,  sulla  base  delle  indicate  premesse,  che la
disposizione  censurata  -  nello  stabilire  che  «appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del  canone  per  l'occupazione  di  spazi ed aree pubbliche previsto
dall'articolo  63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e
successive   modificazioni»   -  attribuisce  alla  cognizione  delle
commissioni  tributarie  controversie  aventi  ad oggetto prestazioni
che,  secondo  la  giurisprudenza  delle sezioni unite della Corte di
cassazione  (sentenze  n. 20067  del 2006; n. 14864 del 2006; n. 1239
del  2005;  n. 5462  del 2004; n. 12167 del 2003) e secondo la prassi
amministrativa (Ministero delle finanze, circolare n. 256/E/I/166.089
del 3 novembre 1998; Agenzia delle entrate, risoluzione n. 25/E del 5
febbraio  2003),  non  hanno  natura  tributaria,  inerendo a diritti
soggettivi rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario;
     che  il  fatto  stesso che la disposizione censurata attribuisca
espressamente alla giurisdizione del giudice tributario la cognizione
delle  controversie  in tema di COSAP costituisce, secondo il giudice
rimettente,  «una  evidente dimostrazione della natura non tributaria
del  canone in questione», perche', qualora detto canone avesse avuto
gia'  in  precedenza  natura tributaria, «il legislatore nel dicembre
2005  non avrebbe avuto alcuna necessita' di attribuire espressamente
le  relative  controversie  al  giudice  tributario,  al  quale  esse
sarebbero  spettate  in  base  alla  previsione generale dell'art. 12
della   legge  n. 448/2001  che  [...]  ha  esteso  la  giurisdizione
tributaria  a  "tutte  le controversie aventi ad oggetto i tributi di
ogni genere e specie" e [...] "comunque denominati"»;
     che, per il giudice a quo, la norma denunciata comporta, dunque,
la  violazione  sia  del  divieto  di  istituzione  di  nuovi giudici
speciali  (art.  102,  secondo  comma,  Cost.), sia del principio del
giudice  naturale  precostituito  per  legge  (art.  25, primo comma,
Cost.), perche' attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario
controversie  relative  a diritti estranee alla "materia tributaria",
sottraendole al proprio "giudice naturale", cioe' a quello ordinario;
     che,   per   lo   stesso   giudice   a   quo,   tali   dubbi  di
costituzionalita'   non  sono  superati  dalla  giurisprudenza  delle
sezioni unite della Corte di cassazione;
     che,  in  particolare,  la  sentenza  di detta Corte n. 2888 del
2006,  nel  prendere atto della «tendenza espansiva dell'ambito della
giurisdizione  tributaria»,  ha affermato che detta giurisdizione non
incontra  «precisi limiti costituzionali, fatto salvo in ogni caso il
principio di ragionevolezza»;
     che  tale  orientamento,  secondo  il giudice rimettente, non e'
condivisibile,  perche'  la  discrezionalita'  del  legislatore nella
configurazione   del   riparto  fra  giurisdizioni  «non  e'  affatto
illimitata»,  ma  incontra  precisi  limiti  in Costituzione (come si
desume dalla giurisprudenza costituzionale: sentenza n. 204 del 2004;
ordinanze n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006; n. 144 del 1998);
     che,  ad avviso del giudice a quo, non puo' condividersi neppure
la sentenza della Corte di cassazione n. 4895 del 2006, la quale, sul
presupposto  che i "canoni" indicati nella disposizione censurata, al
pari  di  quelli  previsti  dalla tariffa di igiene ambientale (TIA),
«attengono  tutti ad entrate che in precedenza rivestivano indiscussa
natura  tributaria», ha ritenuto manifestamente infondata una analoga
questione  di  legittimita'  costituzionale  in tema di giurisdizione
tributaria sulla TIA;
     che,  infatti, per il rimettente, tale pronuncia: a) si fonda su
un'argomentazione  che  «si  risolve in una petizione di principio (i
canoni de quibus
sarebbero oggi tributi solo perche' lo erano in passato)»; b) si pone
in  contrasto  con un'altra pronuncia delle sezioni unite della Corte
di  cassazione  (sentenza n. 3274 del 2006, in tema di tariffa per il
servizio  di  raccolta  dei rifiuti urbani); c) postula che una norma
processuale    attributiva   della   giurisdizione   su   determinate
controversie  possa  modificare la natura giuridica sostanziale delle
prestazioni oggetto di quelle stesse controversie, mentre, per quanto
riguarda   in   particolare   la   giurisdizione   delle  Commissioni
tributarie,   «la   natura  necessariamente  [...]  tributaria  della
prestazione  costituente oggetto della controversia deve precedere la
norma  processuale  che attribuisce la giurisdizione alle commissioni
tributarie»;
     che, infine, quanto alla rilevanza, il Tribunale di Roma osserva
che  qualunque  decisione  - «compresa quella relativa all'istanza di
sospensione»  -  «non  puo'  prescindere dall'eccezione di difetto di
giurisdizione»  sollevata  dal  convenuto e che la fondatezza di tale
eccezione dipende dall'applicabilita', nel giudizio principale, della
disposizione censurata;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio  ed  ha  chiesto  dichiararsi l'infondatezza delle sollevate
questioni;
     che,  nel  merito,  la  difesa  erariale  afferma  che:  a)  «Un
ampliamento   della   competenza  delle  Commissioni  Tributarie  non
equivale   ad   istituzione   di   un  nuovo  giudice  speciale»;  b)
«l'intervenuta  revisione  non  vincola  il  legislatore  ordinario a
mantenere   immutati   nell'ordinamento   e   nel   funzionamento  le
Commissioni Tributarie come gia' revisionate»; c) «Non puo' dirsi che
la  mera  attribuzione  della  competenza  a  conoscere dei canoni di
concessione   per   l'occupazione   dei  suoli  pubblici  snaturi  le
competenze  originarie delle Commissioni: tale competenza si aggiunge
a quella relativa alla materia propriamente tributaria, in una logica
di  sistema  che  considera  la  natura pubblicistica dell'entrata la
quale, pur non essendo stricto sensu
tributaria,  e' certamente "fiscale" ed altrettanto certamente non e'
"privatistica", retta, come e', da principi e regole non dissimili da
quelli che presiedono la "tassa"».
   Considerato   che  il  Tribunale  ordinario  di  Roma  dubita,  in
riferimento  agli  artt. 102, secondo comma, e 25, primo comma, della
Costituzione,  della legittimita' dell'art. 2 del decreto legislativo
31  dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1,
lettera  b),  del  decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria  e  finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui
stabilisce,  nel  secondo  periodo del comma 2, che appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubblici (COSAP);
     che  questa  Corte,  con  la sentenza n. 64 del 2008, successiva
alla   pronuncia   dell'ordinanza   di   rimessione,   ha  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  di  detto  art. 2, comma 2, secondo
periodo, proprio nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del  canone  per  l'occupazione  di  spazi ed aree pubbliche previsto
dall'articolo  63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e
successive modificazioni»;
     che,  una  volta  dichiarata l'illegittimita' costituzionale - a
seguito  della  citata  sentenza - della denunciata norma attributiva
alla  giurisdizione  tributaria  delle controversie in tema di canone
per  l'occupazione di spazi ed aree pubblici (COSAP), la questione di
costituzionalita'   relativa   alla  medesima  norma,  sollevata  dal
rimettente  Tribunale ordinario di Roma, e' divenuta priva di oggetto
e, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
     che a tale conclusione si giunge in considerazione del fatto che
la  questione  in  esame  riguarda  la  stessa  norma gia' dichiarata
incostituzionale  con la richiamata sentenza n. 64 del 2008 e quindi,
in forza dell'efficacia ex tunc
di tale pronuncia di illegittimita', e' preclusa al giudice a quo una
nuova   valutazione   della   perdurante  rilevanza  della  sollevata
questione, valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione
degli atti al giudice rimettente (ex multis, ordinanze n. 290 e n. 34
del  2002;  n. 575 del 2000; n. 525 del 1995; n. 233 del 1995; n. 171
del 1992; n. 246 del 1991).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  2, comma 2, secondo periodo,
del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art.  30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato
dall'art.  3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248 - sollevata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102,
secondo  comma,  della  Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 luglio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola