N. 362 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 dicembre - 14 gennaio 2008

del 14 gennaio 2008 emessa dal Tribunale di Pisa - Sezione distaccata
di  Pontedera  nel procedimento civile promosso da Comune di Volterra
contro Verdianelli Renzo

Procedimento  civile  -  Impugnazioni - Appellabilita' delle sentenze
  rese  nei  giudizi  di  opposizione ad ordinanza ingiunzione di cui
  agli  artt.  22  e  ss.  della  legge  n. 689 del 1981 - Previsione
  introdotta  dal  decreto  legislativo  n. 40 del 2006 - Estraneita'
  all'oggetto   della  delega  conferita  al  Governo  per  apportare
  modifiche al codice di procedura civile e concernente la disciplina
  del processo di cassazione e dell'arbitrato - Eccesso di delega.
- Decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26.
- Costituzione,  art.  76,  in  relazione all'art. 1, commi 2, 3 e 4,
  della legge delega 14 maggio 2005, n. 80.
(GU n.47 del 12-11-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza nella causa civile iscritta al
n. 2622  del  Ruolo  Generale degli affari contenziosi dell'anno 2006
avente  ad oggetto: appello sentenza g.d.p. tra Comune di Volterra in
persona  del  sindaco  pro  tempore, rappresentato e difeso dall'avv.
Anna   Ceccarelli  e  Monica  Tangarelli  presso  il  cui  studio  e'
elettivamente  dom.to in Pontedera alla via Roma n. 95 giusta procura
a  margine  dell'atto  di  citazione  per appello, appellante e Renzo
Verdianelli  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Guido Verdianelli e
dall'avv.  Giulia  Verdianelli presso il cui studio e' selettivamente
dom.to in Volterra, via Matteotti n. 21, appellato.
                              F a t t o
   Con  ricorso  depositato  presso  il  giudice di pace di Volterra,
Renzo  Verdianelli  proponeva opposizione al verbale di contestazione
n. 002977/A/05 del 25 luglio 2005 elevato dalla Polizia Municipale di
Volterra   nei   suoi   confronti   per  euro  42,23  in  conseguenza
dell'accertata    infrazione   all'art.   157   c.d.s.   A   sostegno
dell'opposizione  deduceva  la  nullita'  dell'accertamento in quanto
notificatogli  il  27 dicembre 2005, e quindi oltre il termine di 150
giorni  dalla  data  dell'infrazione  (art. 201 c.d.s.). Resisteva il
Comune  di  Volterra  deducendo  la  regolarita'  della notificazione
perche'  avvenuta  149  giorni  dopo  l'accertamento essendo stato il
verbale consegnato alle poste il 21 dicembre 2005. Asseriva, infatti,
che  anche al caso di specie era estensibile la pronuncia della Corte
Costituzionale,  in virtu' della quale ha dichiarato incostituzionale
l'art.  149 c.p.c. essendo irragionevole far discendere una decadenza
dal  ritardo dell'ufficiale giudiziario, ragion per cui il momento in
cui si deve ritenere perfezionata la notificazione per il notificante
e'  il  momento  in  cui il notificante ha svolto le formalita' a lui
direttamente imposte dalla legge.
   Con  sentenza  n. 54  del  3 maggio 2006, il giudice di prime cure
accoglieva  il  ricorso  annullando  il verbale opposto e condannando
l'amministrazione comunale al rimborso delle spese.
   Avverso  la  sentenza  del  giudice  di  pace proponeva appello il
comune soccombente.
   Acquisita la documentazione, la causa veniva ritenuta in decisione
previa  autorizzazione  allo  scambio  delle comparse conclusionali e
delle memorie di replica.
                            D i r i t t o
   Questo Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 26 del decreto legislativo 2
febbraio  2006,  n. 40,  che,  abrogando  l'ultimo comma dell'art. 23
della     legge    n. 689/1981,    ha    indirettamente    introdotto
l'appellabilita'  delle  sentenze  che  concludono il procedimento di
opposizione  ad  ordinanza ingiunzione in forza della regola generale
prevista  dall'art.  339,  comma  1  c.p.c.,  appellabilita'  che era
esclusa dal comma abrogato.
   Il  decreto  legislativo  n. 40  e'  stato emesso in virtu' di una
delega  al  Governo  perche'  apportasse  «modificazioni al codice di
procedura  civile»  contenuta nella legge 14 maggio 2005, n. 80, art.
1,  comma  2.  I principi e i criteri direttivi a quali il Governo si
sarebbe dovuto attenere sono stati fissati dal comma 3 di tale legge,
ove  sub a) sono elencati quelli che avrebbero dovuto presiedere alle
modifiche al «processo di cassazione in funzione nomofilattica» e sub
b)   quelli   destinati   alla   razionalizzazione  della  disciplina
dell'arbitrato.
   Esaminando   dunque  i  principi  e  criteri  sub  a),  invano  si
cercherebbe  una delega estesa a modificare il regime di impugnazione
delle   sentenze  emesse  a  conclusione  del  procedimento  previsto
dall'art. 23, legge n. 689/1981. La nuda previsione di una nuova fase
di  merito  a  cognizione  illimitata  secondo gli ordinari strumenti
propri  del  giudizio di appello non e' destinata a incidere in alcun
modo   sul   successivo   eventuale   giudizio   di  cassazione  come
disciplinato  dalla  novella,  e  (salvo  valutazioni  inespresse  di
carattere metagiuridico) non appare funzionale all'obiettivo espresso
della    legge    delega,   ravvisato   nella   maggiore   efficienza
nomofilattica.
   Le sentenze dell'art. 23, legge n. 689/1981 concludono un giudizio
che ha natura essenzialmente demolitoria; attengono alla legittimita'
formale   e   sostanziale  di  una  ordinanza  ingiunzione  emessa  a
conclusione  di una fase svoltasi in sede amministrativa e gia' volta
alla  verifica  in  contraddittorio dell'illecito; hanno un contenuto
tipico prefissato dalla legge (rigetto dell'opposizione, accertamento
della  nullita' totale o parziale dell'ordinanza, modifica di essa) e
tale  da definire in ogni caso il giudizio. Come si vede, introdurra'
senza limiti (come invece e' contestualmente avvenuto per le sentenze
del  giudice  di  pace:  art.  339, comma 3) una nuova valutazione di
merito  si  profila come irrazionale «duplicazione» di una prima fase
gia'  ex  se  avente  struttura e oggetto tipici dell'impugnazione di
merito.  La  mancanza  di  qualsiasi  accenno  della  legge  delega a
modifiche del regime di esclusiva ricorribilita' per cassazione delle
sentenze in esame non e' dunque casuale, ma salvaguarda una logica di
sistema,  che  il  potere  esecutivo delegato non puo' alterare senza
espressa previsione in tal senso.
   Previsione  non  rinvenibile  nemmeno  nella clausola generale del
comma  4  dell'art. 1 della legge delega, in base al quale il Governo
puo'   «revisionare  la  formulazione  letterale  delle  altre  norme
processuali civili vigenti non direttamente investiti dai principi di
delega».  Non  e'  dato  comprendere,  alla  luce delle doverosamente
sintetiche  osservazioni  sopra  espresse,  in che modo l'abrogazione
dell'ultimo  comma  dell'art.  23, legge n. 689/1981 «si accordi alle
modifiche  apportate dal decreto legislativo»: modifiche attinenti al
solo   giudizio   di   legittimita'   e  che  non  investono  nemmeno
«indirettamente»  una  norma che si limitava a prevedere proprio tale
forma  esclusiva  di  controllo  di legalita', mediante una eccezione
rispetto  al  principio  generale  dell'art. 339 c.p.c., comma 1, del
tutto  coerente  con  la  specificita'  della  materia e la struttura
dell'accertamento da compiere.
   La  corretta  verifica del rispetto della legge delega salvaguarda
il   principio   di   stretta   delimitazione  dei  poteri  normativi
attribuibili al Governo, secondo lo spirito e la lettera dell'art. 76
della  Costituzione.  Il  limite  di  un  oggetto «definito», secondo
l'imperativo    dato   testuale,   costituisce   allora   il   limite
costituzionale anche di quelle formule di delega volutamente ambigue,
come  quella  introdotta  con il comma 4 appena esaminato, ma proprio
per  questo  da  riempire mediante un contenuto pur sempre pertinente
con la materia delegata, secondo una oggettiva evidenza normativa.
   E'  ovvia  la  rilevanza  in causa della questione di legittimita'
costituzionale  cosi'  introdotta,  appena  ove  si  osservi  che  la
sentenza  oggetto  di  appello  e' stata pubblicata dopo l'entrata in
vigore  del  decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, come prevede
l'apposita  norma  transitoria  dell'art. 27, e che primo compito del
giudice   di   appello   e'   verificare,  anche  d'ufficio,  che  il
provvedimento sia appunto appellabile.
                              P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  d'ufficio  non  manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  26 del decreto legislativo 2
febbraio  2006, n. 40, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione
della Repubblica nei sensi di cui in motivazione;
   Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale;
   Sospende il giudizio in corso;
   Manda  alla cancelleria per la notifica alle parti in causa e alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  e per le comunicazioni ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Pontedera, addi' 26 dicembre 2007
                         Il giudice: Balsamo