N. 371 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2008

Ordinanza  del  30  maggio  2008  emessa dal tribunale di Palermo nel
procedimento civile promosso da V.F. contro Poste Italiane S.p.A.

Disabile  -  Parente  entro  il  quarto  grado, tutore e convivente -
  Diritto   al  congedo  straordinario  per  l'assistenza  -  Mancata
  previsione  -  Violazione  di  diritto fondamentale della persona -
  Lesione  del  principio  di  uguaglianza per il diverso trattamento
  rispetto ai fratelli e sorelle conviventi del soggetto portatore di
  handicap  in situazione di gravita', nell'ipotesi in cui i genitori
  siano  impossibilitati  a  provvedere  perche'  totalmente  inabili
  (sent.  Corte  costituzionale  n. 233/2005)  e  rispetto al coniuge
  convivente  di  soggetto  portatore  di handicap grave (sent. Corte
  costituzionale  n. 158/2007)  -  Violazione del principio di tutela
  della famiglia e di tutela della salute.
- Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5.
- Costituzione, artt. 2, 3, 29 e 32.
(GU n.48 del 19-11-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Nella  causa  iscritta  al  n. 5997/2006 R.G. promossa da V.F. con
l'avv.  Giorgio Bisagna, ricorrente, contro Poste Italiane S.p.A., in
persona  del  suo  legale rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dall'avv. Salvatore Castellese, convenuto.
   Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 28 maggio 2008.
                            O s s e r v a
   Con ricorso depositato il 23 novembre 2006, parte ricorrente V. F.
conveniva in giudizio le Poste Italiane S.p.A., esponendo:
     di  essere  dipendente  della societa' convenuta con contratto a
tempo indeterminato, con qualifica A2 quadro, in servizio presso l'ex
CUAS di Palermo;
     di essere tutore, giusto decreto della Pretura di Palermo del 17
ottobre  1989, del proprio zio sig. D.G. nato a Palermo il 16 ottobre
1931,  affidatogli  dalla  di lui madre con testamento pubblico e con
lui convivente;
     che il D. era stato riconosciuto portatore di handicap grave;
     di  avere,  pertanto,  successivamente  usufruito dei tre giorni
mensili  di permesso retribuito di cui all'art. 33 della legge n. 104
del 1992 sin dal 1993;
     di  avere  richiesto, in data 18 dicembre 2002, di usufruire del
congedo  straordinario previsto dagli artt. 42 e 45 del d.lgs. n. 151
del  2001;  che la propria domanda era stata rigettata dalla societa'
convenuta  con  nota  22  gennaio  2003 e successivamente reiterata e
nuovamente  rigettata,  con  la  motivazione  che  il  ricorrente non
rientra  tra  i  soggetti  previsti  dalle  norme  richiamate  per la
concessione  del  congedo,  poiche'  la normativa limita il beneficio
richiesto  in  capo  ai genitori ovvero, in caso di loro scomparsa (o
totale  inabilita'  a  seguito  sentenza  della  Corte costituzionale
n. 233/2005),  ai  fratelli  e  sorelle  conviventi  del portatore di
handicap, ovvero ai genitori adottivi o affidatari;
   Il  ricorrente  rileva  di  essere  l'unico  soggetto  in grado di
prestare  assistenza  al  sig.  D.,  poiche'  unico  parente  con lui
convivente,  cui  lo  stesso  era  stato  affidato dalla di lui madre
(deceduta)  con  testamento  e del quale era stato nominato tutore in
seguito al decesso della medesima.
Sulla non manifesta infondatezza.
   Il  d.lgs.  26 marzo 2001, n. 151 («Testo unico delle disposizioni
legislative  in materia di tutela e sostegno della maternita' e della
paternita',  a  norma  dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53»)
all'art.   42,   comma  5,  prevede:  «La  lavoratrice  madre  o,  in
alternativa  il  lavoratore  padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei
fratelli  o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione
di  gravita'  di  cui all'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
accertata  ai  sensi dell'art. 4, comma 1, della legge medesima e che
abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all'art. 33, comma 1, del
presente  testo  unico  e  all'art.  33,  commi  2 e 3 della d.lgs. 5
febbraio  1992,  n. 104, per l'assistenza del figlio, hanno diritto a
fruire  del congedo di cui al comma 2 dell'art. 4 della legge 8 marzo
2000,  n. 53,  entro  sessanta  giorni  dalla  richiesta.  Durante il
periodo   di   congedo,   il   richiedente  ha  diritto  a  percepire
un'indennita'  corrispondente  all'ultima  retribuzione  e il periodo
medesimo e' coperto da contribuzione figurativa....».
   L'art.  45  del  medesimo  testo  normativo  estende  il beneficio
previsto dall'art. 42 cit. anche in caso di adozione e di affidamento
di soggetti con handicap in situazione di gravita'.
   La  Corte  costituzionale, con sentenza n. 233 del 16 giugno 2005,
ha  dichiarato  l'illegittimita' costituzionale della norma dell'art.
42  cit.,  nella  parte  in  cui  non  prevede  il diritto di uno dei
fratelli  o  delle  sorelle  conviventi  con il soggetto portatore di
handicap in situazione di gravita' a fruire del congedo ivi indicato,
nell'ipotesi  in  cui  i  genitori siano impossibilitati a provvedere
all'assistenza del figlio handicappato perche' totalmente inabili.
   Successivamente,  la Corte costituzionale, con sentenza n. 158 del
18  aprile  2007, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della
norma  dell'art.  42  cit.,  nella  parte  in cui non prevede, in via
prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche
per  il  coniuge  convivente  con  soggetto  portatore di handicap in
situazione di gravita' il diritto a fruire del congedo ivi indicato.
   La citata disposizione era gia' prevista dalla legge 8 marzo 2000,
n. 53  («Disposizioni  per  il  sostegno  della  maternita'  e  della
paternita',  per  il  diritto  alla  cura  e alla formazione e per il
coordinamento  dei  tempi  delle  citta'»),  all'art. 4, comma 4-bis,
mentre  il secondo comma del medesimo articolo prevede: «I dipendenti
di  datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi
e  documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate
ai  sensi  del  comma  4,  un  periodo  di  congedo,  continuativo  o
frazionato,  non  superiore  a  due  anni.  Durante  tale  periodo il
dipendente   conserva  il  posto  di  lavoro,  non  ha  diritto  alla
retribuzione  e non puo' svolgere alcun tipo di attivita' lavorativa.
Il  congedo  non e' computato nell'anzianita' di servizio ne' ai fini
previdenziali;  il  lavoratore  puo'  procedere al riscatto ovvero al
versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della
prosecuzione volontaria.».
   Ritiene  questo  giudicante  che  l'art.  42, quinto comma, d.lgs.
n. 151/2001  presenti  profili  di  contrasto con la Costituzione, in
particolare con gli artt. 2, 3, 29 e 32.
   La  ratio  legis del congedo straordinario retribuito e coperto da
contribuzione    figurativa,    pur   essendo   la   relativa   norma
sistematicamente collocata nell'ambito del corpo normativo in materia
di  tutela  e sostegno della maternita' e paternita' va rinvenuta nel
preminente interesse «di assicurare in via prioritaria la continuita'
nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito
familiare,  indipendentemente  dall'eta' e dalla condizione di figlio
dell'assistito» (cfr. Corte cost., sent. n. 158/2007).
   Tale  disposizione  si  pone, anzi, nel contesto della normativa a
tutela  delle  persone handicappate, e, in particolare, della legge 5
febbraio  1992, n. 104 «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale  e  i  diritti  delle persone handicappate», la quale ha come
finalita'  la  garanzia del pieno rispetto della dignita' umana e dei
diritti  di  liberta'  e  di autonomia della persona handicappata, la
promozione  della  sua  integrazione nella famiglia nella scuola, nel
lavoro  e nella societa'; la prevenzione e rimozione delle condizioni
invalidanti  che  impediscono  lo  sviluppo  della  persona umana, il
raggiungimento  della massima autonomia possibile e la partecipazione
della  persona handicappata alla vita della collettivita', nonche' la
realizzazione   dei  diritti  civili,  politici  e  patrimoniali;  il
perseguimento del recupero funzionale e sociale della persona affetta
da  minorazioni  fisiche,  psichiche e sensoriali, l'assicurazione di
servizi   e   di  prestazioni  per  la  prevenzione,  la  cura  e  la
riabilitazione  delle  minorazioni,  nonche'  la  tutela giuridica ed
economica   della   persona   handicappata,   la  predisposizione  di
interventi  volti  a superare stati, di emarginazione e di esclusione
sociale della persona handicappata (cfr. art. 1, legge n. 104/1992).
   Che la  ratio legis dell'art. 42, quinto comma, d.lgs. n. 151/2001
si   inscriva   nel   piu'  ampio  disegno  di  tutela  della  salute
psico-fisica   del   disabile e'   stato   evidenziato   dalla  Corte
costituzionale  anche  nella  menzionata  sentenza  16  giugno  2005,
n. 233,1a  quale  ha  ritenuto  che tale norma e' diretta a «favorire
l'assistenza  al  soggetto  con handicap grave mediante la previsione
del  diritto  ad  un  congedo  straordinario  -  remunerato in misura
corrispondente  all'ultima  retribuzione  e  coperto da contribuzione
figurativa  -  che, all'evidente fine di assicurare continuita' nelle
cure  e  nell'assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli alla salute
psico-fisica  del  soggetto  diversamente  abile, e' riconosciuto non
solo  in  capo  alla lavoratrice madre o in alternativa al lavoratore
padre  ma anche, dopo la loro scomparsa, a favore di uno dei fratelli
o  delle  sorelle conviventi»; la Corte ha sottolineato che i fattori
di  recupero  e di superamento dell'emarginazione dei soggetti deboli
sono   rappresentati   non   solo   dalle   pratiche  di  cura  e  di
riabilitazione,  ma  anche dal pieno ed effettivo inserimento di tali
soggetti   anzitutto   nella   famiglia:   «La  tutela  della  salute
psico-fisica  del disabile, costituente la finalita' perseguita dalla
legge   5  febbraio  1992,  n. 104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,
l'integrazione  sociale  e i diritti delle persone handicappate), che
la  norma  in  esame concorre ad attuare, postula anche l'adozione di
interventi  economici  integrativi  di sostegno alle famiglie, il cui
ruolo  resta  fondamentale  nella cura e nell'assistenza dei soggetti
portatori  di handicap. Tra tali interventi si inscrive il diritto al
congedo straordinario in questione, il quale tuttavia rimane privo di
concreta  attuazione proprio in situazioni che necessitano di un piu'
incisivo e adeguato sostegno.».
   Alla  luce  di  tali finalita' di tutela dell'istituto del congedo
straordinario  retribuito,  l'inapplicabilita'  dell'art.  42, quinto
comma,  d.lgs. n. 151/2001 al prossimo congiunto tutore e affidatario
convivente  di  soggetto  gravemente  handicappato  e,  pertanto,  il
diverso   trattamento   del  tutore,  che  faccia  parte  del  nucleo
familiare,  sia  pure  allargato,  del disabile e che sia affidatario
dello  stesso  anche  in  concreto,  convivendo  con  il  medesimo  e
occupandosi  quindi  della  sua  assistenza, in caso di scomparsa dei
genitori  o  di  loro totale inabilita', rispetto al fratello od alla
sorella conviventi - che ne hanno invece diritto in caso di scomparsa
o  di  totale  inabilita'  dei  genitori - non ha, a parere di questo
giudicante, una ragionevole giustificazione.
   La  famiglia,  infatti,  e'  la  «societa'  naturale  fondata  sul
matrimonio»  (art. 29, Cost.); di detta societa' naturale fanno parte
anche  i  componenti della famiglia allargata e cioe' i parenti entro
il quarto grado, e a maggior ragione quelli entro il terzo grado come
lo  zio,  il  cui  legame  reciproco ingenera vincoli di solidarieta'
riconosciuti dall'ordinamento.
   I  parenti  entro  il  terzo grado, infatti, ad esempio, rientrano
nella  nozione  di  «prossimi  congiunti»,  cui  si fa riferimento ad
esempio  per  escludere la punibilita' dei delitti di favoreggiamento
(art.  307,  quarto  comma,  c.p.) e dei delitti contro il patrimonio
(art.  649  c.p.),  ovvero  ai  fini  della facolta' di astenersi dal
deporre  (art.  199  c.p.c.),  o  che  hanno rilievo nella disciplina
dell'incompatibilita'  del giudice, laddove il giudice deve astenersi
quando  sia  parente  fino  al  quarto grado di una delle parti o dei
difensori oppure ne sia tutore.
   Ancor  piu'  significativa, sotto questo profilo, e' la disciplina
in  tema  di  adozione  e di affidamento dei minori, laddove la legge
dispone  che  vada segnalato obbligatoriamente all'autorita' lo stato
di  abbandono  di  minori che siano accolti stabilmente nella propria
abitazione  dai  parenti oltre il quarto grado, non sussistendo detto
obbligo  quando  l'accoglienza  sia  effettuata  dai parenti entro il
quarto  grado;  oltre  ai  genitori,  anche i parenti entro il quarto
grado  vanno  sentiti  dal  Tribunale  dei minorenni nel procedimento
volto  alla dichiarazione di adattabilita' e ad essi il Tribunale dei
minorenni puo' impartire prescrizioni idonee a garantire l'assistenza
morale,  il  mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore; la
dichiarazione  dello  stato  di  adottabilita' del minore puo' essere
emessa  solo  qualora  essi  non  siano  disponibili a ovviare ad una
situazione  di  mancanza di assistenza morale e materiale del minore;
essi  sono legittimati a proporre opposizione contro la dichiarazione
dello  stato di adattabilita' ed impugnare la sentenza pronunciata in
seguito all'opposizione.
   Tutte   le   norme  citate  sono  norme  che  non  operano  alcuna
distinzione  tra  i parenti entro un certo grado, essendo finalizzate
alla tutela di un interesse diverso e superiore rispetto a quello del
parente.
   Certamente  ragionevoli,  infatti, sono le differenziazioni che il
legislatore  fa  nel disciplinare i diritti e obblighi dei parenti in
relazione  al  grado  di  parentela,  perche' deve presumersi che con
l'aumentare  del  grado  di  parentela  si affievolisca il vincolo di
solidarieta',  quando  si  tratta  di disciplinare diritti e obblighi
direttamente discendenti da questo (successione, alimenti, ecc).
   Non  altrettanto, tuttavia, puo' dirsi quando la norma presupponga
una   concreta   situazione   solidaristica,  come  la  convivenza  o
l'assistenza,   poiche'  in  tal  caso  la  presunzione  viene  meno,
soprattutto quando, come in questo caso, la ratio normativa non possa
rinvenirsi  in  un vantaggio concesso con la finalita' di favorire il
beneficiario,   bensi'   nella  tutela  di  un  interesse  diverso  e
superiore,  quale  la  tutela  dei diritti del congiunto portatore di
handicap.
   Ed  invero, l'impossibilita' per il parente convivente di ottenere
il  congedo retribuito, finalizzato all'assistenza dell'handicappato,
si traduce non nella perdita di un vantaggio per il parente, ma nella
concreta   impossibilita'  da  parte  di  quest'ultimo  di  garantire
l'assistenza al disabile.
   E'  quindi  tra il disabile che sia assistito da un genitore o, in
mancanza,  da  un  fratello  o da una sorella conviventi e quello che
invece  lo sia da un altro parente o da un tutore convivente che deve
operarsi  il  confronto  al  fine  di stabilire se la norma in parola
violi  il  principio di uguaglianza sostanziale stabilito dall'art. 3
Cost.
   Sotto questo profilo, ad avviso del giudicante, la norma opera una
ingiustificata   disparita'   di   trattamento  che  ne  fa  derivare
l'illegittimita' costituzionale.
   Ed  invero,  poiche'  indubbiamente  lo  zio e'  un  membro  della
famiglia, qualora il suo congiunto convivente sia affetto da handicap
grave,  non  trova  alcuna ragionevole giustificazione che la tutela,
giuridica  ed  economica,  ed,  in  particolare, il diritto alla cura
(cfr.  il  citato art. 1, legge n. 104/1992) di quest'ultimo che deve
passare  attraverso il sostegno, anche economico, della famiglia, non
possa  essere  attuata  con lo strumento, viceversa previsto a favore
dei  genitori e in mancanza del fratello o della sorella, del congedo
straordinario retribuito.
   Oltre  che  il congiunto handicappato, e' pure la famiglia nel suo
complesso  a  ricevere  una  ingiustificata  minore  tutela  rispetto
all'ipotesi  contemplata  dalla  legge, ravvisandosi, nel primo caso,
necessita'   pari   di   garantire  che  il  lavoratore  mantenga  la
retribuzione  nel  periodo  di  congedo  straordinario  per  prestare
assistenza  al congiunto, essendo lo stesso verosimilmente come nella
fattispecie  per  cui e'  causa -  l'unico  in  grado di garantire il
mantenimento economico dell'handicappato.
   Si  ravvisano  quindi profili di illegittimita' costituzionale per
violazione degli art. 3 e 29 Cost.
   Il  congiunto  convivente di soggetto gravemente handicappato, ove
parente  oltre  il secondo grado - come nel caso di specie - non puo'
usufruire  del  congedo ex art. 4, comma 2, legge n. 53/2000, neppure
senza  alcuna  retribuzione,  con  la  conseguenza che - senza alcuna
ragione  che giustifichi tale disparita' di trattamento, non e' posto
in   condizione   di  adempiere  al  dovere  solidaristico,  previsto
dall'art. 2 Cost., di assistenza e cura di quest'ultimo, nello stesso
modo  del  genitore,  del  fratello  o  della  sorella,  non  potendo
avvalersi neppure del congedo senza ricevere retribuzione.
   La  cura  e la salute dell'handicappato, non potendo avvalersi del
supporto  economico  del  parente  entro  il quarto grado convivente,
ricevono,  inoltre,  come sopra accennato, minor tutela rispetto alla
condizione  del  soggetto  handicappato,  il cui genitore, fratello o
sorella,  possono  assicurargli,  attraverso  l'istituto  del congedo
straordinario retribuito, adeguata assistenza e cura.
   Sono quindi altresi' ravvisabili profili di violazione degli artt.
3, 2 e 32 della Costituzione.
   Argomentazioni  analoghe  valgono  per  la  posizione  del  tutore
convivente  del  minore  o dell'interdetto portatore di handicap, che
concretamente  si  occupa  dell'assistenza  morale  e  materiale  del
soggetto sottoposto alla sua tutela.
   Ed  invero,  la  figura  del  tutore  e' sostitutiva di quella dei
genitori,  in  particolare in relazione al minorenne, ma anche per il
maggiorenne,  tanto  che  tra  le  persone preferite nella scelta del
tutore  dell'interdetto  vi  e'  la  persona  designata  dal genitore
superstite nel testamento (come nel caso di specie).
   Il  tutore, inoltre, e' obbligato per legge ad avere la cura della
persona   del  minore  e  dell'interdetto  (art.  357  e  424  c.c.).
Nell'ambito,  poi, della disciplina dell'adozione dei minori i poteri
del  tutore  vengono  esercitati da un istituto di assistenza o a una
famiglia  affidataria,  sulla  base  del diritto del minore di essere
educato  in ambito familiare, nel proprio o in caso di impossibilita'
in quello di altra famiglia affidataria.
   Se  l'esigenza  di  educazione  e  cura  nell'ambito della propria
famiglia  e' assolutamente prioritario nel caso di minori, essa, come
piu'  sopra  precisato,  e'  pure  presente  nel  caso di maggiorenni
affetti  da  situazione  di  handicap grave e addirittura in stato di
assoluta  incapacita'  di  intendere  e  di volere - come nel caso di
specie - di talche', quando la famiglia convivente sia costituita dal
tutore,  che  materialmente  assiste  l'incapace,  non si vede alcuna
ragione  per  differenziare  la  posizione  di  costui  da quella del
genitore  (del  quale fa le veci) anche in relazione alla concessione
del  congedo  finalizzato  all'assistenza  del  soggetto sottoposto a
tutela ed affetto da situazione di handicap grave.
   Va, infine, rilevato - anche se non immediatamente rilevante nella
fattispecie  ma  tale  da  evidenziare  una complessiva inadeguatezza
della  normativa  regolante  l'istituto,  quanto alla limitazione dei
soggetti  «beneficiari»  -  che, quindi, non apparirebbe giustificata
neppure  l'estensione  della  disciplina  dell'art.  42  cit. operata
dall'art.  45  del medesimo d.lgs. n. 151 del 2001 solo nei confronti
degli  adottanti  e  degli affidatari, e non invece anche dei parenti
entro il quarto grado. Il minore affetto da handicap grave verrebbe a
trovarsi  in  una  ingiustificata  situazione  di  maggior favore ove
adottato o dato in affidamento rispetto a quella in cui si troverebbe
se  lasciato  nell'ambito  della  propria famiglia di origine perche'
adeguatamente educato e curato da un parente entro il quarto grado, e
cio'  benche' l'art. 1 della legge n. 184 del 1983 gli dia diritto ad
essere  educato nell'ambito della propria famiglia. Se, infatti, egli
fosse  lasciato  alle  cure  di un parente diverso dai genitori o (in
caso  di  mancanza  o  totale  inabilita'  di  questi) dai fratelli o
sorelle, non potrebbe essere convenientemente assistito dal medesimo,
che non potrebbe usufruire del congedo retribuito e, se parente oltre
il secondo grado, nemmeno di quello non retribuito.
   Appare   pertanto   tutt'altro  che  manifestamente  infondato  il
sospetto  che si ponga in contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 della
Costituzione  l'art.  42, quinto comma, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151,
nella  parte  in  cui  non  ne  prevede  l'applicabilita', in caso di
mancanza o totale inabilita' dei genitori, al congiunto parente entro
il  quarto grado convivente di soggetto con handicap in situazione di
gravita'  e al tutore convivente del minore o dell'interdetto che sia
portatore di handicap in situazione di gravita'.
Rilevanza della questione.
   La  questione e' anche rilevante nel presente processo: non paiono
infatti  contestati  da  parte  convenuta i presupposti relativi alla
gravita' dell'handicap del D. certificato ai sensi dell'art. 4, legge
n. 104/1992, nonche' la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 3,
comma  3,  legge  n. 142/1992, come risulta dalla produzione di parte
ricorrente; il congedo richiesto e' stato, infatti, negato unicamente
in  forza  dell'attuale  portata della norma a e della limitata sfera
applicativa della stessa.
   L'accoglimento  della  questione di illegittimita' costituzionale,
come sopra sollevata, potrebbe, pertanto, consentire al ricorrente di
beneficiare del congedo da lui richiesto.
                               P. Q. M.
   1)  Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 2, 3, 29
e  32 della Costituzione, dell'art. 42, quinto comma, d.lgs. 26 marzo
2001,  n. 151,  nella parte in cui non prevede, in caso di mancanza o
totale  inabilita'  dei  genitori,  il  diritto del congiunto parente
entro  il  quarto  grado  convivente  di  soggetto  con  handicap  in
situazione   di   gravita'  e  al  tutore  convivente  del  minore  o
dell'interdetto  che  sia  portatore  di  handicap  in  situazione di
gravita' a fruire del congedo ivi indicato;
   2)  Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e
sospende  il  presente  giudizio  sino  alla  decisione  della  Corte
costituzionale.
   Manda alla cancelleria per ogni adempimento di competenza.
     Palermo, addi' 30 maggio 2008
                    Il giudice del lavoro: Marino