N. 420 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 agosto - 7 luglio 2008

Ordinanza  del  14  agosto  2008 emessa dalla Corte di cassazione sul
ricorso  proposto  da  Matera  Alfredo  ed  altra  contro Immobiliare
Nuvolera di Cottarelli & C. S.a.s. in liquidazione ed altri

Procedimento  civile  -  Revocazione dei provvedimenti della Corte di
  cassazione - Esperibilita' della revocazione per errore di fatto ex
  art.  395,  n. 4), cod. proc. civ. avverso le ordinanze pronunciate
  dalla Corte di cassazione ai sensi dell'art. 375, nn. 4) e 5), cod.
  proc.  civ. - Omessa previsione dell'impugnabilita' per revocazione
  delle  ordinanze affette da errore di fatto pronunciate dalla Corte
  di  cassazione  ai  sensi dell'art. 375, n. 1), cod. proc. civ. (in
  specie,   per   mancata   integrazione   del   contraddittorio)   -
  Irragionevolezza   -   Denunciata   violazione   del  principio  di
  uguaglianza,  sotto  il  profilo  dell'ingiustificata disparita' di
  trattamento  riservata  a  situazioni normativamente assimilabili -
  Incidenza  sul  diritto  di  azione  costituzionalmente garantito -
  Eccesso di delega.
- Codice  di  procedura  civile,  art.  391-bis,  primo  comma,  come
  modificato  dall'art.  16  del decreto legislativo 2 febbraio 2006,
  n. 40.
- Costituzione,  artt.  3, 24 e 77, in relazione all'art. 1, comma 3,
  lett. a), della legge delega 14 maggio 2005, n. 80.
(GU n.54 del 31-12-2008 )
                       LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
proposto  da  Matera  Alfredo,  Vitale  Maria Felicita, elettivamente
domiciliati  in  Roma,  via  Giulio  Cesare  n. 14,  presso lo studio
dell'avv.  Gabriele  Pafundi, che li rappresenta e difende unitamente
all'avv.  Michele  Bonetti,  giusta  procura  speciale  a margine del
ricorso per revocazione, ricorrenti;
   Contro  Immobiliare  Nuvolera  di  Cottarelli  & C . s.a.s. in
liquidazione  (succeduta  alla  Ecopargas  S.p.a.),  in  persona  del
liquidatore  rag. Luigi Bolis, elettivamente domiciliata in Roma, via
di  Porta  Pinciana  n. 4,  presso lo studio degli avvocati Santaroni
Mario e Imbardelli Fabrizio, che la rappresentano e difendono, giusta
procura  speciale  a  margine  del  controricorso,  controricorrente,
nonche'  contro  fallimento  studio tecnico commerciale Globo S.r.l.,
Matera  Giovanni,  Donghi  Giovanni,  intimati,  avverso  l'ordinanza
n. 1771/07  della Corte suprema di cassazione di Roma del 24 novembre
2006, depositata il 29 gennaio 2007;
   Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il
7 luglio 2008 dal Consigliere dott. Mario Bertuzzi;
   Udito  per  il ricorrente l'avv. Michele Bonetti che si riporta al
ricorso;
   Udito  per il resistente l'avv. Fabrizio Imbardelli che si riporta
al controricorso.
   E' presente il procuratore generale in persona del dott . Riccardo
Fuzio   che   condivide   la   relazione   scritta   e  conclude  per
l'inammissibilita' del ricorso.
   Matera   Alfredo   e   Vitale  Maria  Felicita  ricorrono  per  la
revocazione  dell'ordinanza di questa Corte del 29 gennaio 2007, che,
in  esito  al  procedimento  camerale  di cui all'art. 375 cod. proc.
civ.,  ha  dichiarato inammissibile, per in osservanza dell'ordine di
integrazione  del  contraddittorio,  il  loro  ricorso per cassazione
avverso  la  sentenza  della  Corte  di appello di Roma del 9 gennaio
2001.
   L'intimata  Immobiliare  Nuvolera  di Cottarelli & C. s.as. ha
depositato controricorso.
   Attivata  procedura  ex  art.  375 cod. proc. civ., il consigliere
delegato  dott.  Mario Bertuzzi ha depositato relazione, regolarmente
comunicata  alle  parti  ed  al Procuratore generale, concludendo per
l'inammissibilita' del ricorso.
   Il procuratore generale non ha svolto controsservazioni, mentre la
sola parte ricorrente ha depositato memoria.
   Il  primo  motivo del ricorso lamenta che l'ordinanza impugnata e'
affetta  da  errore  di  fatto  per avere dichiarato inammissibile il
ricorso  per  cassazione per mancata integrazione del contraddittorio
nei confronti del «Fall. Soro Salvatore», soggetto del tutto estraneo
al giudizio, mentre la medesima Corte aveva ordinato, all'udienza del
17  novembre  2005, di integrare il contraddittorio nei confronti del
Fallimento Donghi Giovanni».
   Il  secondo  motivo del ricorso sostiene che l'ordinanza impugnata
trova  causa nell'errore di fatto compiuto dalla Corte nel momento in
cui  ha ordinato 1'integrazione del contraddittorio nei confronti del
«Fallimento   Donghi   Giovanni»,   trattandosi  questo  di  soggetto
inesistente,  atteso  che  come  risultava dalla certificazione della
cancelleria  della  sezione fallimentare del Tribunale di Monza del 5
agosto   1998,   depositata   nel  corso  del  giudizio  dell'appello
all'udienza  del  21 dicembre 1998 e nuovamente allegata alla memoria
depositata  dai  ricorrenti  dinanzi  alla  Corte di Cassazione, tale
fallimento  era  stato dichiarato chiuso con decreto dell'11 novembre
1997,  sicche',  da un lato, l'ordine disposto dalla Corte non poteva
essere  osservato  dalla parte onerata, dall'altro il contraddittorio
doveva  considerarsi integro, essendo stato il ricorso per cassazione
notificato  personalmente,  a  cura del ricorrenti, a Donghi Giovanni
fin dalla introduzione del giudizio di cassazione.
   Nella memoria depositata, i ricorrenti chiedono che il ricorso sia
dichiarato  ammissibile e ritenuto fondato, invocando, sotto il primo
profilo, una interpretazione adeguatrice dell'art. 391-bis cod. proc.
civ. in ragione del «contenuto decisiorio del provvedimento impugnato
ed  al  fine  di  evitare un evidente contrasto della disposizione in
discorso   con   i  principi  stabiliti  dagli  artt.  3,  24  e  111
Costituzione.
   Merita  precisare al riguardo che nella relazione redatta ai sensi
dell'art.  380-bis  cod.  proc.  civ., l'inammissibilita' del ricorso
risulta motivata dalla considerazione che l'istanza di revocazione e'
stata proposta, per il motivo di cui all'art. 394 n. 4, nei confronti
di.  una ordinanza di inammissibilita' pronunciata ai sensi dell'art.
375,  comma  1,  n. l),  mentre «l'art. 391-bis cod. proc. civ., come
modificato  dall'art.  16,  d.lgs. n. 40 del 2006, ammette il ricorso
per  revocazione  per  il  motivo  di  cui  all'art.  395,  n. 4  con
riferimento  ai  provvedimenti  della  Corte  di  cassazione solo nei
confronti delle sentenze nonche' delle ordinanze pronunziate ai sensi
dell'art. 375, comma 1, nn. 4) e 5)», osservandosi, altresi', «che la
limitazione  cosi'  operata dalla legge nell'ambito dei provvedimenti
adottabili  ai  sensi  dell'art.  375  cod.  proc.  civ.  non  appare
superabile  in  forza  di  una interpretazione estensiva, analogica o
adeguatrice, qual e' quella patrocinata dai ricorrenti».
   Tanto  premesso,  il Collegio Ritiene senz'altro di condividere le
argomentazioni  della  relazione  ex art. 380-bis cod. proc. civ. con
riguardo   alla  valutazione  di  inammissibilita'  del  ricorso  per
revocazione  alla  luce  della  disciplina  posta  per  tale istituto
dall'art.  391-bis  cod.  proc.  civ.,  tenuto  conto che la espressa
delimitazione  ad opera del testo normativo della utilizzabilita' del
rimedio  della  revocazione  per  errore di fatto nei confronti della
sola  «ordinanza  pronunziata  ai  sensi  dell'art. 375, primo comma,
numeri 4) e 5)» (in forza del testo novellato sul punto dall'art. 16,
comma   1,  lett.  a),  d.lgs.  n. 40  del  2006)  fa  ritenere  tale
indicazione  tassativa  e  comporta, per sottrazione, l'esclusione di
tale  rimedio  nei confronti delle ordinanze pronunciate ai sensi dei
primi  tre  numeri dell'art. 375, tra le quali rientra l'ordinanza di
inammissibilita'  del  ricorso  principale  oggetto  di impugnazione,
adottata,  in applicazione di quanto disposto dall'art. 331, comma 2,
cod. proc. civ., ai sensi del n. 1) dell'art. 375 citato.
   In particolare, la diversa interpretazione della norma patrocinata
dai   ricorrenti,   anche  se  motivata  con  ragioni  che  attingono
direttamente  a  valori  costituzionali,  non puo' essere seguita, in
quanto,  atteso il chiaro ed univoco tenore del testo normativo, essa
non si limita a suggerire una delle interpretazioni pur astrattamente
possibili,   ma  finisce  con  alterare,  modificandolo,  il  dettato
normativo,  estendendo la sua applicazione in contrasto con la chiara
intenzione  della  legge  di  delimitare  ai  casi  ivi espressamente
indicati   il   ricorso   al  rimedio  della  revocazione  avverso  i
provvedimenti della Corte di cassazione.
   Reputa  tuttavia  il  Collegio che la disposizione citata, secondo
l'unica  interpretazione possibile ritenuta da questa Corte, presenta
evidenti  dubbi  di  legittimita'  costituzionale, sottoponendo ad un
trattamento  impugnatorio  diverso provvedimenti tra loro identici, o
comunque  nei  confronti  dei  quali  non  e' dato ravvisare elementi
distintivi tali da giustificare una disciplina antitetica.
   I  dubbi  di costituzionalita' che si intende sollevare concernono
il  principio  di uguaglianza di cui all'art. 3 Costituzione, laddove
esso   impone   di  sottoporre  situazioni  identiche  a  parita'  di
trattamento  giuridico,  ed  il diritto di' azione in giudizio di cui
all'art.  24 Costituzione, che verrebbe impedito con l'esclusione del
rimedio  della revocazione nel caso considerato, nonche' il principio
di  ragionevolezza delle scelte del legislatore, che, al di la' della
discrezionalita'  che  va  pure  riconosciuta  e salvaguardata, anche
nella  materia  processuale  impone  scelte coerenti ed adeguate alla
tutela   dei   diritti  che  il  processo  ha  appunto  lo  scopo  di
salvaguardare.
   La  disposizione  in discorso non sembra adeguarsi a tali principi
costituzionali,  in quanto se il rimedio della revocazione per errore
di  fatto  in  cui  sia  caduto  il  giudicante  persegue lo scopo di
eliminare  una decisione fondata su un accertamento la cui verita' e'
smentita  e  contraddetta  dalle  risultanze di causa, non sembra ne'
ragionevole  ne' giustificata la scelta della legge di' limitare tale
rimedio,  nell'ambito dei provvedimenti adottati dalla Corte in esito
alla  procedura  camerale  di  cui all'art. 375 cod. proc. civ., alle
sole  ordinanze  che  accolgono  o  respingono  il ricorso nel merito
ovvero  che lo dichiarano inammissibile per mancanza dei motivi o per
difetto dei quesiti (art. 375, n. 5) e non anche alle altre ordinanze
che  ne  dichiarano  l'inammissibilita'  per  altra causa. Ed infatti
l'errore  revocatorio  puo'  ben  riscontrarsi anche in queste ultime
ipotesi,  nei  casi,  ad  esempio,  in  cui il ricorso sia dichiarato
inammissibile perche' proposto oltre il termine per impugnare ovvero,
come  nel caso prospettato dall'odierno ricorso, per mancato rispetto
dell'ordine  di integrazione del contraddittorio adottato in forza di
un  accertamento  di  fatto  in contrasto con le risultanze di causa.
Queste  situazioni,  invero,  appaiono in nulla diverse dal caso - in
cui  la  revocazione  e'  invece  ammessa  -  in cui il ricorso venga
dichiarato   inammissibile   per  mancata  formulazione  dei  quesiti
richiesti dall'art. 366-bis. Proprio il raffronto della situazione in
esame  con  il caso da ultimo citato esclude poi che possa ravvisarsi
un  segno distintivo della diversita' di disciplina, idoneo come tale
a  giustificare  la  diversa  scelta  legislativa,  nel  rilievo  che
l'ordinanza  impugnata  integri  non  una  pronuncia  sul  merito del
ricorso, ma una pronuncia sul processo, in disparte la considerazione
che  una  tale distinzione, che infatti non si rinviene in alcun modo
nella   disciplina   positiva   della  revocazione,  appare  un  dato
irrilevante  al  fine di ammettere ovvero escludere l'utilizzabilita'
del  suddetto  rimedio,  potendo l'errore di fatto del giudice cadere
tanto  su  un  dato  rilevante ai fini della decisione sulla domanda,
quanto  su  un  dato  del  processo  dal  cui  riscontro consegua una
pronuncia definitiva.
   Si  rileva  inoltre,  sotto  altro  e  concorrente profilo, che la
delimitazione  della  revocazione  alle sole ordinanze pronunziate in
camera  di  consiglio  ai  sensi  dei numeri 4 e 5 dell'art. 375 cod.
proc. civ., operata dall'art. 16, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 40 del
2006,  appare  in  contrasto con l'art. 77 della Costituzione perche'
attuata in difetto di espressa delega legislativa. L'art. l, comma 3,
lett. a) in fine, della legge delega 14 maggio 2005, n. 80, impegnava
il  Governo,  in  punto  di  revocazione,  soltanto  a  «Prevedere la
revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo contro le sentenze
di  merito  della Corte di cassazione, disciplinandone la competenza»
a, direttiva poi attuata dall'art. 17, d.lgs. n. 40 del 2006 mediante
l'inserimento  del  nuovo  art. 391-ter cod. proc. civ. Nessun cenno,
invece,  la  legge di delegazione contiene con riguardo alla potesta'
di  intervenire  sulla  disciplina  della  revocazione delle pronunce
della Corte che non decidono il merito della causa ai sensi dell'art.
384  cod.  pro.  civ.,  prevedendo  la  facolta'  di ricorrere a tale
rimedio per taluni provvedimenti ed escludendolo per altri.
   La  violazione  dei  limiti  della delega legislativa e' in questo
caso  tanto piu' significativa in quanto la riforma dell'art. 391-bis
ha finito con l'incidere, modificandolo, sullo stesso diritto vivente
dell'istituto  della  revocazione,  tenuto  conto che questa Corte, a
Sezioni  Unite,  aveva affermato in piu' occasioni (ordinanza n. 9287
del  25  giugno  2002,  cui  e'  seguita  la sentenza n. 24170 del 30
dicembre  2004)  che,  benche'  non  espressamente previsto, anche le
ordinanze   della   Corte   adottate  ai  sensi  dell'art.  375  sono
assoggettabili,  senza  distinzioni, al rimedio della revocazione per
errore di fatto.
   La  questione di legittimita' costituzionale che si solleva appare
altresi' rilevante ai fini' della decisione del ricorso.
   Cio'  in  quanto  il  Collegio Ritiene che l'errore denunziato dai
ricorrenti   possieda   gli   estremi  dell'errore  di  fatto,  cioe'
dell'errore  meramente  percettivo  di  una  situazione  di fatto (la
permanenza  del  fallimento  Donghi  Giovanni)  la cui verita' appare
incontrastabilmente  esclusa  dal  contenuto di' un documento in atti
(certificato  di)  chiusura  del  suddetto fallimento nel 1998). Ora,
poiche'  tale  errore  non  ha  coinvolto  in  alcun modo l'attivita'
valutativa  della  Corte  sottesa all'ordinanza impugnata, si ritiene
che  l'istanza  di  revocazione  proposta  sia,  sotto  tale profilo,
ammissibile.  Ne deriva che l'eventuale risoluzione in senso positivo
della  questione di costituzionalita' sollevata, permettera' a questa
Corte  di  esaminare  nel  merito  e di pronunciarsi sulla fondatezza
della richiesta.
   Per  queste  ragioni  si  ritiene che la questione di legittimita'
costituzionale   dell'art.   391-bis   cod.   proc.   civ.   sia  non
manifestamente infondata nonche' rilevante ai fini del decidere.
                              P. Q. M.
   Visto   l'art.   23,  legge  11  marzo  1953,  n. 87,  dispone  la
trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale per la decisione
della  questione di legittimita' costituzionale per contrasto con gli
artt.  3,  24  e  77  Costituzione dell'art. 391-bis cod. proc. civ.,
nella  parte  in  cui,  prevedendo  l'esperibilita' del rimedio della
revocazione  per  errore  di fatto ai sensi dell'art. 395 n. 4 per le
sole  ordinanze  pronunciate  dalla  Corte  di  cassazione  ai  sensi
dell'art.  375 n. 4) e 5), lo esclude per le ordinanze pronunciate ai
sensi dell'art. 375, n. 1).
   Dispone la sospensione del processo.
   Manda  alla  cancelleria  di notificare la presente ordinanza alle
parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e di comunicarla ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Roma, addi' 7 luglio 2008
                       Il Presidente: Settimi