N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 2008
Ordinanza del 18 settembre 2008 emessa dal Tribunale di Pinerolo nel procedimento penale a carico di Caria Novello ed altro. Processo penale - Dibattimento - Nuove contestazioni - Contestazione di un reato concorrente gia' desumibile dagli atti di indagine - Facolta' per l'imputato di chiedere il giudizio abbreviato - Mancata previsione - Lesione del diritto di difesa - Disparita' di trattamento tra imputati a seconda che il pubblico ministero abbia contestato o meno tutti i reati ipotizzabili, sulla base degli elementi acquisiti, sin dal momento dell'esercizio dell'azione penale - Violazione del principio di ragionevolezza per la diversa disciplina, risultante dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 265/1994 e 530/1995, prevista in analoga situazione per taluni riti speciali (patteggiamento e oblazione). - Codice di procedura penale, art. 517. - Costituzione, artt. 3 e 24, comma secondo.(GU n.7 del 18-2-2009 )
IL TRIBUNALE Alla pubblica udienza del 18 settembre 2008 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura integrale del provvedimento la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 1691/2006 R.G.N.R. aperto nei confronti di Caria Novello, nato a Bauladu (Oristano) il 1° novembre 1957, residente in Torino, corso Moncalieri n. 498 elettivamente domiciliato in Torino, via Barbaroux n. 39 c/o l'avv. Luciano Paciello, libero presente, con l'assistenza e la difesa dell'avv. Luciano Paciello del Foro di Torino (con studio in Torino, via Barbaroux n. 39) - di fiducia; Friquet Alberto, nato a Pinerolo il 3 aprile 1973, residente in Pragelato - Frazione Plan - Via del Beth n. 7, elettivamente domiciliato in Pinerolo, via Virginio n. 2 c/o l'avv. Elisa Debernardi, libero presente, con l'assistenza e la difesa dell'avv. Elisa Debernardi del Foro di Pinerolo (con studio in Pinerolo, via Virginio n. 2) - di fiducia, imputati in ordine al reato di cui all'art. 181, d.lgs. n. 42/2004, perche', il Caria quale responsabile della proprieta' e della struttura «Casa Alpina Padri Somaschi», sita in Pragelato in area distinta al catasto al fg. 82, mapp. 64, il Friquet quale esecutore materiale dei lavori edili dappresso menzionati, realizzavano senza le prescritte autorizzazioni paesaggistiche ed in zona con vincolo a tutela ambientale inedificabile ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004 in quanto posta a quota 1850 mt. sul livello del mare, un riempimento con terra e massi derivati da scavo al fine di ampliare un preesistente piazzale, Accertato in Pragelato il 10 agosto 2006. Gli imputati sono stati originariamente tratti a giudizio avanti a questo Tribunale in composizione monocratica, per rispondere, in relazione ai lavori edili descritti nell'imputazione in epigrafe riportata, del solo reato di cui all'art. 44, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, trattandosi di lavori eseguiti senza permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesistico. Nel corso dell'istruttoria - all'udienza del 14 giugno 2007, all'esito e sulla base delle dichiarazioni rese da un testimone escusso - il pubblico ministero procedeva a contestazione suppletiva ai sensi dell'art. 517 c.p.p., elevando a carico dei prevenuti anche l'accusa in ordine al reato - connesso - di cui all'art. 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Su richiesta degli imputati, il giudice, ritenuta legittima la contestazione suppletiva, sospendeva quindi il dibattimento ai sensi dell'art. 519, comma 2, c.p.p., concedendo il previsto termine a difesa. Successivamente - fatta espressamente salva la facolta' degli imputati di effettuare richiesta di definizione del processo con riti alternativi - accogliendo l'istanza avanzata dai difensori, il giudice prorogava la sospensione del processo (ed il corso della prescrizione, ex art. 1 59, comma 1 , c.p.) dal 18 ottobre 2007 al 17 luglio 2008 allo scopo di attendere la definizione, imminente, del procedimento amministrativo avviato per ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria. All'udienza del 17 luglio 2008 riprendeva il processo, era prodotto il permesso di costruire rilasciato in sanatoria e i difensori degli imputati chiedevano l'immediata pronuncia di sentenza ex art. 129 c.p.p. in ordine alla contravvenzione urbanistica, mentre gli imputati personalmente avanzavano istanza di definizione del procedimento per il reato paesaggistico con il giudizio abbreviato. Ritenendo che per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380/2001 il processo fosse immediatamente definibile - dovendo invece proseguire in ordine al reato paesaggistico contestato in via suppletiva - il giudice disponeva quindi la separazione dei procedimenti ai sensi dell'art. 18, primo comma, lett. e), c.p.p. e con riguardo all'illecito urbanistico pronunciava sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati, essendo il reato estinto per intervenuta sanatoria. Quanto alla richiesta di giudizio abbreviato formulata dagli imputati con riguardo al reato di cui all'imputazione in epigrafe trascritta, trattandosi di richieste condizionate all'acquisizione di documenti contestualmente esibiti, il giudice, esaminato il fascicolo delle indagini preliminari esibito dal pubblico ministero e ritenute le richieste ammissibili ai sensi dell'art. 438, comma 5, c.p.p., rilevava tuttavia come la vigente legge processuale non consentisse la definizione con giudizio abbreviato del reato supplettivamente contestato in dibattimento ai sensi dell'art. 517 c.p.p. e che tale preclusione poteva sollevare dubbi di legittimita' costituzionale. All'odierna udienza, appositamente fissata per consentire alle parti di svolgere difese ed osservazioni sul punto, il pubblico ministero ha chiesto di respingere le istanze di giudizio abbreviato e i procuratori hanno insistito per il loro accoglimento, qualora il giudice non ritenesse di dover disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero, essendo venuta veno la ragione di connessione che giustificava la contestazione suppletiva con la definizione del procedimento relativo al reato urbanistico. In relazione al problema da ultimo menzionato - sollevato ex novo all'odierna udienza dai difensori - reputa il tribunale che non potrebbe in alcun modo configurarsi, a questo stadio del procedimento, una restituzione degli atti al pubblico ministero in relazione al reato ancora sub iudice, per il solo fatto che il procedimento relativo al reato originariamente contestato e' stato definito. Si tratterebbe, di fatti, di un atto abnorme, perche' determinerebbe la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari in un caso assolutamente non previsto dal codice di rito. Ed invero, la legittimita' della contestazione suppletiva - da questo giudice a suo tempo gia' affermata e che in questa sede si conferma - va valutata nel momento in cui sorgono i presupposti previsti dalla legge, sicche', con specifico riguardo alla sussistenza della connessione tra il reato oggetto di procedimento e il reato concorrente ai sensi dell'art. 517 c.p.p., la stessa deve e puo' essere apprezzata soltanto quando la nuova contestazione e' mossa, cio' che e' avvenuto all'udienza del 14 giugno 2007. Restano invece del tutto ininfluenti sulla legittimita' dell'avvenuta rituale contestazione gli sviluppi che il procedimento cumulativo successivamente abbia, sviluppi che sono quelli consentiti e previsti dal codice di rito, ivi compresa la successiva separazione dei procedimenti ai sensi dell'art. 18 c.p.p. (con eventuale definizione di uno di essi). Venendo alla decisione sulla richiesta avanzata dagli imputati - e nella quale i difensori hanno comunque insistito - di definizione con giudizio abbreviato dell'intero processo, oramai ridotto all'unica imputazione relativa al reato concorrente oggetto di contestazione suppletiva, osserva il tribunale che, come piu' sopra si e' accennato, essa dovrebbe essere accolta, essendo l'integrazione probatoria indicata (acquisizione di documenti contestualmente esibiti) necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalita' di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti gia' acquisiti e utilizzabili, ed essendo stata la richiesta avanzata subito dopo la sospensione del processo disposta ai sensi dell'art. 519, comma 2, c.p.p. (e poi prorogata per altra causa). All'accoglimento dell'istanza, tuttavia, osta la preclusione ricavabile dal combinato disposto degli artt. 555, comma 2, c.p.p. (che, per consolidata giurisprudenza, prevede l'esercizio di tale facolta', a pena di decadenza, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento) e 517 c.p.p. (che non prevede una «rimessione in termini» per poter effettuare la richiesta del giudizio speciale in parola nel caso in cui intervenga la contestazione di un reato concorrente). Nel caso di specie, i fatti su cui si fonda la contestazione suppletiva erano stati compiutamente accertati sin dalla fase delle indagini preliminari, essendo la modifica dell'imputazione avvenuta a seguito dell'esame testimoniale del sovrintendente del Corpo Forestale dello Stato Bortolo Marco, che si e' limitato a riferire a dibattimento degli accertamenti da lui effettuati in fase di indagini circa lavori completamente abusivi in zona soggetta a vincolo paesistico, lavori per i quali non era stato neppure avviato alcun iter amministrativo urbanistico o paesaggistico. Cio' premesso sulla rilevanza della proponenda questione, ad avviso del Tribunale, la normativa processuale che preclude il ricorso al giudizio abbreviato in relazione al processo relativo al reato concorrente, normativa non suscettibile di contraria interpretazione secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, solleva fondati dubbi di legittimita' costituzionale per violazione del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), nonche' del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e del principio di ragionevolezza in rapporto alla differente disciplina processuale riservata ad eguali situazioni (art. 3 Cost.). E' doveroso rammentare che la giurisprudenza elaborata in materia dalla Corte costituzionale ha preso le mosse dall'affermazione secondo cui, a dibattimento iniziato, nel caso di un'eventuale modifica dell'imputazione l'impossibilita' di beneficiare dei vantaggi connessi all'adozione dei riti abbreviati fa parte delle «regole del gioco», note alle parti processuali, le cui conseguenze sfavorevoli potevano e dovevano essere previste ex ante e di cui, dunque, non ci si puo' ex post dolere, poiche' l'imputato il quale non abbia optato nei termini per i riti abbreviati «non ha che da addebitare a se' medesimo le conseguenze della propria scelta» (Corte cost., sent. n. 316/1992, che ha dichiarato l'infondatezza, in relazione all'art. 3 cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 519 c.p.p., nella parte in cui, in caso di contestazioni suppletive a norma dell'art. 517 c.p.p., non consente all'imputato di avvalersi del giudizio abbreviato). La casistica via, via emersa ha pero' mostrato come la rigida applicazione del principio comportasse, talora, conseguenze inaccettabili sul piano della ragionevolezza e della tutela del diritto dell'imputato ad operare liberamente e senza condizionamenti od ostacoli le proprie scelte di strategia difensiva. Di qui le correzioni all'impianto normativo originario apportate ad opera della Corte in una decisione successiva, relativa all'erroneita' od incompletezza dell'imputazione formulata rispetto agli elementi gia' acquisiti in sede d'indagine preliminare, con una rivalutazione, a sorpresa, degli stessi elementi nel corso del dibattimento e la conseguente contestazione di un fatto diverso o di un reato concorrente. Nell'esaminare tale ipotesi la Corte costituzionale ha insegnato che non puo' «parlarsi, in simili vicende, di una libera assunzione del rischio del dibattimento da parte dell'imputato» (Corte cost. , sent. n. 265/1994) . E poiche' «le valutazioni dell'imputato circa la convenienza del rito speciale vengono a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero [...], quando, in presenza di una evenienza patologica del procedimento, quale e' quella derivante dall'errore sulla individuazione del fatto e del titolo del reato in cui e' incorso il pubblico ministero, l'imputazione subisce una variazione sostanziale, risulta lesivo del diritto di difesa precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali» (Corte cost., sent. n. 265/1994; cfr., per analoghe affermazioni, Corte. cost., sentt. n. 76/1993 e n. 214/1993). Con riferimento all'istituto del patteggiamento, e' stata dunque dichiarata l'«illegittimita' costituzionale degli artt. 516 e 517 c.p.p. nella parte in cui non prevedono la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 c.p.p., relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni» (Corte. cost., sent. n. 265/1994). Nel caso d'estensione dell'imputazione ad un reato concorrente, la possibilita' di richiedere l'applicazione della pena a dibattimento iniziato vale - ha precisato la Corte - «se del caso previa separazione dei procedimenti», soltanto «relativamente alla nuova contestazione» (Corte cost., sent. n. 265/1994). Un ulteriore, e piu' ampio, profilo d'irragionevolezza della disciplina in parola e' poi stato ravvisato dalla Corte costituzionale nella successiva sentenza n. 530/1995, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli artt. 516 e 517 c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 24 cost., nella parte in cui non prevedono la facolta' dell'imputato di proporre domanda di oblazione in relazione al fatto diverso o al reato concorrente contestati in dibattimento, senza peraltro distinguere (come fatto in relazione all'analogo problema del patteggiamento) tra ipotesi in cui sia ravvisabile un iniziale errore del pubblico ministero nel contestare l'accusa rispetto agli elementi acquisiti in fase d'indagine preliminare e ipotesi in cui la necessita' della modifica dell'imputazione emerga, per la prima volta, nell'istruzione dibattimentale. Quanto al rito abbreviato, la giurisprudenza costituzionale al proposito formatasi consta soltanto di pronunce d'inammissibilita' (da ultimo, con ord. n. 413/2005 e n. 67/2008), anche se da tempo e' stato sollecitato l'intervento del legislatore per correggere una legislazione evidentemente ritenuta non conforme ai precetti costituzionali. Ed invero, nella sent. Corte cost. n. 129/1993 (la successiva sent. n. 265/1994, anche in virtu' della mancanza di nuovi argomenti nelle ordinanze di remissione, si e' infatti limitata a ribadire, a questo proposito, quanto gia' affermato nella precedente decisione), chiamata a pronunciarsi nell'ambito di un processo celebrato avanti ad un tribunale, nel corso del quale era avvenuta la contestazione suppletiva di un reato concorrente - dopo che la richiesta di definizione con giudizio abbreviato, tempestivamente presentata, era stata respinta dal giudice delle indagini preliminari con decisione ritenuta ingiustificata dal giudice dibattimentale - la Corte ha dovuto prendere atto che l'imputato si era venuto a trovare in una situazione processualmente deteriore non per fatto a lui addebitabile, ma per un errore del giudice delle indagini preliminari, giacche' se questi avesse accolto (come doveva) la richiesta di definizione con il rito speciale, la contestazione suppletiva non avrebbe potuto aver luogo in quel procedimento (semmai, si sarebbe poi avviato un nuovo procedimento, nel quale, pero', sarebbe stato possibile optare per la definizione anticipata con i vantaggiosi riti semplificati). La questione e' stata tuttavia giudicata inammissibile per essere stata prospettata in modo ancipite dal giudice a quo, con espresso auspicio che «il legislatore, nel rispetto dei principi posti a base della sentenza n. 23 del 1992, opportunamente realizzi, per ipotesi quale quella qui considerata, un appropriato congegno normativo che componga le interferenze tra giudizio abbreviato e giudizio dibattimentale» (Corte cost., sent. 129/1993). Pur a distanza di 15 anni il legislatore non e' tuttavia intervenuto e, anche in relazione alle innovazioni medio tempore registrate nella disciplina dell'istituto del giudizio abbreviato, ritiene questo tribunale che la questione possa essere nuovamente sottoposta allo scrutinio di costituzionalita'. Se il caso dell'ingiustificato dissenso del pubblico ministero rispetto ad una tempestiva richiesta di definizione con il rito abbreviato per le originarie imputazioni poi modificate nel corso del dibattimento non e' piu' attuale, a seguito delle modifiche apportate dalla c.d. legge Carotti, un problema analogo a quello affrontato nella sent. Corte cost. n. 129/1993 sorge per la contestazione suppletiva concernente fatti che gia' erano noti all'organo dell'accusa al momento dell'esercizio dell'azione penale e che, tuttavia, non erano stati considerati. Sulla base delle osservazioni sopra svolte, la preclusione a fruire dei vantaggi connessi al giudizio abbreviato sembra qui tradursi: in una compressione dei diritti di difesa dell'imputato, al quale, in simili ipotesi, non puo' certo essere addebitata alcuna colpevole inerzia, ne' possono essergli attribuite le conseguenze negative di un «prevedibile» sviluppo dibattimentale il cui rischio sia stato liberamente assunto (sospetta violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost.); nella disparita' di trattamento tra imputati che si trovino in situazioni eguali, a seconda che, in identiche situazioni, il pubblico ministero valorizzi integralmente - come dovrebbe fare - i risultati delle indagini sin dal momento dell'esercizio dell'azione penale contestando tutti i reati ipotizzabili sulla base degli elementi acquisiti (consentendo cosi' all'imputato di' esercitare le prerogative riconosciutegli dalla legge con riguardo all'accesso al rito abbreviato), ovvero contesti inizialmente soltanto alcuno dei reati gia' ipotizzabili ampliando poi l'accusa a dibattimento con la suppletiva contestazione di un reato concorrente (sospetta violazione dell'art. 3 Cost.); nell'irragionevolezza di una disciplina processuale che, in siffatte situazioni di modifica dell'imputazione, consente all'imputato di recuperare i vantaggi connessi ad alcuni riti speciali (il patteggiamento e l'oblazione, sulla base della normativa quale risultante dalle citate sentenze «additive» Corte cost. nn. 265/1994 e 530/1995, normativa da utilizzarsi quale tertium comparationis), impedendo invece l'accesso al giudizio abbreviato (ulteriore profilo di sospetta violazione dell'art. 3 Cost.). Qualora questi profili d'illegittimita' costituzionale della vigente disciplina processuale fossero ritenuti fondati, per rimuovere il contrasto della legge ordinaria con la Costituzione basterebbe - ad avviso di questo Tribunale, e per quanto riguarda il caso di specie - dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p. «nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al processo concernente il reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale». Non occorrerebbe, di fatti, alcuna ulteriore previsione per comporre le interferenze tra giudizio abbreviato e dibattimento, posto che: il giudizio abbreviato riguarderebbe soltanto il processo relativo al reato oggetto della nuova contestazione, con possibile separazione dei procedimenti - come suggerito nella sent. Corte cost. n. 265/1 994 - cio' che, nel caso di specie, e' gia' avvenuto, essendo stato addirittura concluso il procedimento relativo al reato urbanistico originariamente contestato, sicche' la conclusione circa l'ammissibilita' del rito non contrasterebbe con il costante orientamento della Corte di cassazione secondo cui sarebbero inammissibili richieste di giudizio abbreviato «parziali», effettuate con riguardo ad alcune soltanto delle imputazioni (del resto, tale orientamento, elaborato con riguardo a richieste di giudizio abbreviato «tempestive» e sorretto da una precisa ratio di economia processuale, ben potrebbe, ad avviso di questo tribunale, essere ragionevolmente modificato in relazione al diverso caso in parola, tenendo conto della specificita' della situazione); in epoca recente, l'ordinamento processuale ha gia' conosciuto, sia pur soltanto in via transitoria, ipotesi di previsione della facolta' di richiedere il giudizio abbreviato in corso di dibattimento e avanti al medesimo giudice dibattimentale (v. art. 223, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51; art. 4-ter, legge 5 giugno 2000, n. 144), cio' che dimostra come l'innesto del giudizio speciale in quello ordinario non crei interferenze che in via d'interpretazione non possano essere risolte (anche, se del caso, con il richiamo in via analogica alle specifiche previsioni di dettaglio contenute in tali discipline, le quali, peraltro, si limitano ad esplicitare conclusioni che ragionevolmente potrebbero essere tratte dall'adattamento della disciplina generale dell'istituto alla particolare situazione); queste stesse previsioni rivelano, peraltro, come la definizione del procedimento con il rito abbreviato conservi, sia pur a dibattimento iniziato, una apprezzabile finalita' di' economia processuale.
P. Q. M. Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al processo concernente il reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale; Sospende il procedimento in corso; Dispone che la presente ordinanza - letta alle parti nel pubblico dibattimento - sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; Ordina l'immediata trasmissione degli atti del processo alla Corte costituzionale con la prova delle avvenute notifiche e comunicazioni di cui sopra. Pinerolo addi', 18 settembre 2008 Il giudice: Reynaud