N. 37 SENTENZA 9 - 13 febbraio 2009
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Fallimento e procedure concorsuali - Revoca del fallimento - Assenza di responsabilita' del creditore ricorrente o del fallito per la dichiarazione di fallimento - Spese ed onorari del curatore - Mancata inclusione fra le spese anticipate dall'Erario in caso di patrocinio a spese dello Stato - Denunciata violazione del principio di eguaglianza - Questione priva di rilevanza nel giudizio a quo - Inammissibilita'. - D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 146, comma 3. - Costituzione, art. 3.(GU n.7 del 18-2-2009 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Giovanni Maria FLICK; Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, Testo A), promosso con ordinanza del 6 febbraio 2008 dal Tribunale di Roma, sezione fallimentare, sul ricorso proposto dal curatore del fallimento della societa' Vittoria Franzo', Salvatore Puzzo, Simonetta Puzzo, Ro. Gi. s.a.s., iscritta al n. 234 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. Udito nella Camera di consiglio del 3 dicembre 2008 il giudice relatore Alfio Finocchiaro. Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Roma, sezione fallimentare, con ordinanza del 6 febbraio 2008 - a seguito di ricorso proposto da soggetto che ha svolto funzione di curatore in procedimento fallimentare revocato con sentenza non impugnata - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, Testo A), nella parte in cui non include, tra le spese anticipate dall'Erario - in caso di revoca del fallimento - le spese e gli onorari del curatore. Riferisce il rimettente che, a seguito di opposizione alla dichiarazione di fallimento, il Tribunale aveva provveduto, in data 22 novembre 2006, ai sensi degli artt. 18, 19 e 21 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), a revocare la dichiarazione di fallimento della societa' V. F., S. P., S. P., Ro. Gi. S.a.s., respingendo la domanda di risarcimento dei danni proposta dai falliti avverso i creditori ricorrenti. Il curatore del fallimento della predetta societa' aveva poi domandato, con ricorso in data 16 luglio 2007, la liquidazione del proprio compenso, chiedendo altresi' che il relativo onere economico fosse posto a carico dell'Erario. Rileva il giudice a quo che la questione afferente all'onere del pagamento del compenso del curatore nell'ipotesi di revoca del fallimento in assenza di colpa del creditore ricorrente ovvero di responsabilita' della dichiarazione di fallimento in capo al fallito, pur dopo l'abrogazione dell'art. 21, terzo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, non ha trovato una soluzione puntuale nemmeno per effetto della riforma del diritto fallimentare ad opera del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80) e del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (Disposizioni integrative e correttive al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonche' al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell'articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80). Il rimettente richiama la sentenza di questa Corte n. 174 del 2006, che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui non prevede che sono spese anticipate dall'Erario "le spese ed onorari" al curatore», risolvendo cosi' il problema del compenso del curatore nelle procedure fallimentari prive di fondi, ritenendo «manifestamente irragionevole che l'esclusione dell'anticipazione da parte dell'Erario delle spese e degli onorari riguardi, ormai, il solo curatore». Ritiene pero' il giudice a quo che l'applicabilita' dell'art. 146 del t. u. delle spese di giustizia, nella sua formulazione vigente, presuppone la pendenza di una procedura fallimentare, individuata, sotto il profilo temporale, dalla sentenza dichiarativa di fallimento sino al provvedimento di chiusura, mentre detta disposizione nulla prevede in ordine alla fattispecie della intervenuta revoca della stessa sentenza. Conseguentemente il rimettente ritiene necessario sollevare di ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, in riferimento all'art. 3 Cost., dal momento che gli artt. 21-39 del r.d. n. 267 del 1942 non prevedono l'applicabilita' della medesima disciplina dello stesso art. 146, comma 3, anche in caso di revoca del fallimento, per il pagamento dei compensi al curatore ove non venga posto l'onere ne' a carico del creditore ne' a carico del soggetto gia' dichiarato fallito. Secondo il giudice a quo, la questione sarebbe rilevante in quanto l'eventuale dichiarazione di illegittimita' della norma comporterebbe l'accoglimento del ricorso proposto dal curatore fallimentare, il cui compenso sarebbe corrisposto dall'Erario, ai sensi dell'art. 146 del t. u. delle spese di giustizia, non avendo il Tribunale di Roma, nel disporre la revoca del fallimento, pronunciato alcuna condanna a carico dei creditori ovvero degli ex falliti. Ritiene il rimettente che, in caso di revoca della procedura senza accertamento di alcuna responsabilita' nella dichiarazione di fallimento, il compenso del curatore dovrebbe essere posto a carico dell'Erario, risultando assimilabili le due fattispecie della procedura senza fondi e della procedura revocata, atteso che, in caso contrario, la norma sarebbe in contrasto con i principi sanciti dall'art. 3 Cost. in relazione anche agli artt. 21-39 del r.d. n. 267 del 1942, che affermano il principio della remunerativita-onerosita' dell'incarico in oggetto e che prescindono dalla revoca o meno della sentenza dichiarativa di fallimento, ponendo il curatore in essere una attivita' tipica identica sia nel caso di fallimento senza fondi sia nel caso in cui sia revocato. Secondo il rimettente, non sarebbero praticabili interpretazioni della disciplina in oggetto costituzionalmente orientate e l'unica possibilita' sarebbe quella di addivenire ad una pronuncia di incostituzionalita' della norma impugnata, come comprovato da una recente pronuncia della Corte di cassazione che ha deciso nel senso che il curatore, per ottenere il pagamento delle spese e degli onorari, debba evocare in giudizio lo Stato ai fini della necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti del soggetto sul quale avrebbe dovuto gravare il compenso in via definitiva (Cassazione, 25 maggio 2006, n. 12411). Osserva peraltro il giudice a quo che la statuizione richiamata da ultimo non appare condivisibile quanto al principio della necessaria instaurazione di un contraddittorio tra lo Stato ed il curatore che ha prestato la propria opera, per l'inapplicabilita' dell'art. 146 del t. u. n. 115 del 2002, trattandosi di una spesa definitiva a carico dello Stato stesso e che, anche accedendo all'interpretazione della Corte di cassazione sopra ricordata, la disparita' di trattamento tra il curatore di un fallimento revocato e di uno privo di fondi non verrebbe meno per l'aggravio processuale a carico del primo, derivante dalla necessita' di promuovere un giudizio di cognizione ordinaria contro lo Stato. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Roma, sezione fallimentare, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, Testo A), nella parte in cui non include tra le spese anticipate dall'Erario - in caso di revoca del fallimento e in assenza di responsabilita' per la precedente dichiarazione di fallimento del creditore ricorrente o del soggetto gia' dichiarato fallito - le spese e gli onorari del curatore, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di trattamento tra il curatore fallimentare di una procedura fallimentare priva di attivo (che verrebbe retribuito in virtu' della sentenza n. 174 del 2006, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dello stesso art. 146, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che sono spese anticipate dall'Erario «le spese ed onorari» spettanti al curatore) e il curatore di una procedura revocata (che non verrebbe retribuito), nonche' tra il curatore e gli altri ausiliari, pur valendo per tutti il principio dell'onerosita' dell'attivita' svolta, per essere l'attivita' del curatore di una procedura fallimentare poi revocata di pubblico interesse e per dovere egli rendere il conto della stessa attivita', con l'eventuale connessa sua responsabilita'. 2. - La questione e' inammissibile per essere stata sollevata in sede di ricorso, non notificato ad alcuno, proposto da soggetto che ha svolto funzione di curatore in procedimento fallimentare revocato con sentenza non impugnata, con il quale si chiede che le spese e gli onorari spettanti al curatore siano posti a carico dell'Erario. Qualora la procedura fallimentare non sia piu' in corso, infatti, la predetta domanda deve essere proposta non con un procedimento camerale non contenzioso, come e' avvenuto nella specie, ma attraverso l'instaurazione di un giudizio contenzioso, nel rispetto del principio del contraddittorio (Cassazione, 25 maggio 2006, n. 12411). L'interpretazione contenuta nella pronuncia della Corte di legittimita' e' stata implausibilmente disattesa dal giudice remittente quanto al «principio della necessaria instaurazione di un contraddittorio tra lo Stato ed il curatore che ha prestato la propria opera, per l'inapplicabilita' dell'art. 146 T.U. n. 115 del 2002, trattandosi di una spesa definitiva a carico dello Stato stesso», senza tenere conto dell'autonomia del giudizio per la liquidazione delle spese e degli onorari a favore del curatore, una volta che la procedura fallimentare e' conclusa, e del fatto che la domanda di condanna deve essere necessariamente proposta nei confronti del preteso legittimato passivo. La questione pertanto e' inammissibile, dal momento che l'eventuale pronuncia di accoglimento della stessa sarebbe irrilevante nel giudizio a quo, destinato a concludersi con una declaratoria di improponibilita' della domanda.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, Testo A), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, sezione fallimentare, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2009. Il Presidente: Flick Il redattore: Finocchiaro Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 13 febbraio 2009. Il direttore della cancelleria: Di Paola