N. 38 SENTENZA 9 - 13 febbraio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via   incidentale   -
  Intervento  di  soggetto  estraneo  al  giudizio  a  quo,  comunque
  portatore di un interesse  suscettibile  di  essere  immediatamente
  inciso dalla decisione della Corte - Ammissibilita'. 
Istruzione - Norme della  Regione  Emilia-Romagna  -  Attivazione  di
  convenzioni per  la  qualificazione  e  il  sostegno  delle  scuole
  dell'infanzia private  -  Previsione  di  contributi  ai  Comuni  -
  Asserita  violazione  della  competenza  statale  in   materia   di
  istruzione secondo il riparto delle competenze tra Stato e  Regioni
  anteriore alla riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione  -
  Ritenuta violazione dei principi di liberta' di insegnamento  e  di
  istituzione di scuole e istituti di educazione senza oneri  per  lo
  Stato - Riproposizione, senza  adeguata  motivazione,  di  identica
  questione gia' dichiarata manifestamente inammissibile per  difetto
  di rilevanza - Carenza, comunque, del carattere  di  incidentalita'
  della questione - Inammissibilita'. 
- Legge della Regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52. 
- Costituzione, artt. 33, commi primo, secondo e terzo, e 117,  primo
  comma, nel testo anteriore alla  legge  costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3; legge 11 marzo 1953, n. 87, artt. 23 e 24. 
(GU n.7 del 18-2-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Giovanni Maria FLICK; 
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO,  Alfio  FINOCCHIARO,
  Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,
  Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna  24  aprile  1995,  n.  52  (Integrazioni  alla  legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 «Diritto allo studio»), promosso  con
ordinanza del 10 marzo 2008 dal  Tribunale  amministrativo  regionale
per l'Emilia-Romagna nel giudizio vertente tra il Comitato  Bolognese
«Scuola  e  Costituzione»  ed  altri  e  la  Regione  Emilia-Romagna,
iscritta al n. 242 del registro ordinanze  2008  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  35, 1ª  serie   speciale,
dell'anno 2008. 
    Visti gli atti di costituzione del Comitato Bolognese  «Scuola  e
Costituzione», della Chiesa Evangelica Metodista  di  Bologna,  della
Comunita' Ebraica di Bologna e della Regione Emilia-Romagna,  nonche'
l'atto  di  intervento  della  Federazione  Italiana  Scuole  Materne
(FISM); 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  13  gennaio  2009  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Federico Sorrentino e Massimo Luciani  per  il
Comitato Bolognese «Scuola e  Costituzione»  ed  altri,  Giandomenico
Falcon  e  Luigi  Manzi  per   la   Regione   Emilia-Romagna,   Mauro
Giovannelli,  Giuseppe  Totaro  e  Franco  Gaetano   Scoca   per   la
Federazione Italiana Scuole Materne (FISM). 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ordinanza del 10 marzo 2008, il Tribunale amministrativo
regionale per l'Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale della legge della  Regione  Emilia-Romagna  24  aprile
1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio 1983, n.  6
«Diritto allo studio»), per violazione dell'art. 33, primo, secondo e
terzo comma, e dell'art. 117, primo comma,  della  Costituzione,  nel
testo anteriore alla legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    2. - Il giudizio a quo e' stato promosso dal  Comitato  Bolognese
«Scuola  e  Costituzione»,  dalla  Chiesa  Cristiana  Avventista  del
Settimo Giorno di Bologna, dalla Comunita' Ebraica di Bologna e dalla
Chiesa  Evangelista  Metodista  di   Bologna   ed   ha   ad   oggetto
l'impugnazione    della    delibera    del    Consiglio     regionale
dell'Emilia-Romagna  n.   97   del   28   settembre   1995,   recante
l'approvazione dei  criteri  per  l'assegnazione  dei  contributi  ai
Comuni per l'anno  1995  per  l'attivazione  di  convenzioni  per  la
qualificazione e il sostegno delle scuole dell'infanzia private senza
fini di lucro o gestite da I.P.A.B., nonche' degli  atti  connessi  e
presupposti. 
    Nel ricorso introduttivo di tale giudizio risultavano prospettati
cinque motivi di impugnazione. 
    Con il primo motivo era dedotto  il  vizio  di  violazione  della
legge regionale  25  gennaio  1983,  n.  6  (Diritto  allo  studio  e
qualificazione del sistema integrato  pubblico-privato  delle  scuole
dell'infanzia), come modificata dalla legge regionale n. 52 del 1995. 
    Con  il  secondo  motivo  si  denunciava  la   contrarieta'   del
Protocollo d'intesa - previsto dalla  deliberazione  impugnata -  che
sarebbe dovuto intercorrere tra la Regione e la Federazione  Italiana
Scuole Materne (FISM), sia alla  suddetta  legge  regionale,  sia  ad
alcune disposizioni costituzionali (artt. 3, 33, primo e terzo comma,
e 128 Cost.). 
    Con il terzo  motivo  si  prospettava  l'illegittimita'  derivata
dell'atto impugnato  in  ragione  dell'illegittimita'  costituzionale
della legge regionale n. 52 del 1995 in riferimento agli  artt.  3  e
128 Cost. 
    Infine, con il quarto e il quinto motivo si censurava il medesimo
atto in ragione dell'illegittimita' costituzionale della citata legge
regionale per violazione degli artt. 33 e 117, primo comma, Cost. 
    3. - Il TAR, con «sentenza parziale» n. 191 del 1997 (avverso  la
quale la Regione Emilia-Romagna proponeva  appello  al  Consiglio  di
Stato),  accoglieva,  in  parte,  l'impugnativa  proposta,  ritenendo
fondato il primo motivo - salvo che per le determinazioni,  contenute
negli atti impugnati, relative alla FISM, per cui  detto  motivo  era
dichiarato inammissibile per  difetto  di  contraddittorio  -  e,  in
parte, la dichiarava inammissibile con riguardo al secondo e al terzo
motivo  (attesa,  anche  per  essi,  la  mancata  instaurazione   del
contraddittorio nei confronti della FISM). 
    Contestualmente, con separata ordinanza, in relazione  al  quarto
ed al quinto motivo di impugnazione, il TAR rimetteva a questa  Corte
la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale  n.
52 del 1995, in riferimento agli artt. 33, secondo e terzo  comma,  e
117, primo comma, Cost. 
    4. - Questa Corte, con ordinanza n. 67 del  1998,  dichiarava  la
manifesta inammissibilita' della questione. 
    Con una seconda ordinanza lo stesso TAR rimetteva nuovamente alla
Corte la questione di legittimita' costituzionale della citata  legge
regionale, ancora per contrasto con gli artt. 33,  primo,  secondo  e
terzo comma, e 117, primo comma, Cost. 
    La Corte, con ordinanza n. 346 del 2001, dichiarava la  manifesta
inammissibilita' anche di tale questione. 
    5. - Successivamente, con la decisione n.  880  del  14  febbraio
2002, il Consiglio di Stato, IV  Sezione,  pronunciando  sull'appello
della Regione avverso la  citata  sentenza  parziale,  accoglieva  lo
stesso e dichiarava inammissibile  il  ricorso  di  primo  grado  per
difetto di  legittimazione  ed  interesse  ad  agire  dei  ricorrenti
originari. 
    6. - Il TAR ha ora nuovamente sollevato questione di legittimita'
costituzionale della medesima legge  regionale  in  riferimento  agli
artt. 33, primo, secondo e terzo comma e 117, primo comma, Cost., nel
testo anteriore alla novella introdotta dalla legge cost.  n.  3  del
2001, ritenendo non ostative a tal fine le gia' intervenute ordinanze
di manifesta inammissibilita'. 
    Ad avviso del remittente, l'intera legge regionale n. 52 del 1995
disciplinerebbe un  ambito  non  rientrante  nelle  materie  indicate
dall'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  ma  atterrebbe,  invece,  alla
materia   dell'istruzione,   riservata    allora    (ad    esclusione
dell'istruzione  artigiana  e  professionale)   «allo   Stato   (...)
dall'art. 33, secondo comma, Cost.». 
    Inoltre, gli artt. 3  e  5  della  citata  legge  regionale,  nel
prevedere un sostegno finanziario direttamente a favore delle  scuole
d'infanzia  private  per  contributi   di   spesa   corrente   e   di
investimento, violerebbero l'art. 33, primo e terzo comma, Cost.,  il
quale fissa  i  principi  della  liberta'  di  insegnamento  e  della
liberta' di istituzione di scuole  e  istituti  di  educazione  senza
oneri per lo Stato. 
    7. - Il giudice a quo  afferma  la  sussistenza  della  rilevanza
della questione in ragione di quanto statuito dal Consiglio di  Stato
nella decisione n. 880 del 2002. 
    Infatti, il giudice di appello - sottolinea  il  remittente -  ha
precisato che «rimane impregiudicato l'ulteriore corso  del  giudizio
di primo grado avuto riguardo al quarto e quinto  motivo  di  ricorso
originario». Il giudice a quo  ritiene,  pertanto,  che  «non  si  e'
esaurito il potere decisorio» ad  esso  spettante  «il  cui  concreto
esercizio,  in  senso  favorevole  o   sfavorevole   ai   ricorrenti,
dipendera' esclusivamente dalla fondatezza o meno della questione  di
legittimita'  costituzionale  prospettata  con  la  quarta  e  quinta
censura». 
    8. - A sostegno della ritenuta non manifesta  infondatezza  della
questione, in riferimento  alla  dedotta  violazione  dell'art.  117,
primo comma, Cost., il TAR ha richiamato l'art. 42  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione  della
delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382). 
    Detta norma, nel precisare l'ambito delle funzioni amministrative
relative alla materia «assistenza scolastica», da un lato, porterebbe
ad  escludere  che  possano  essere  ricomprese   nella   stessa   le
disposizioni   contenute   nella   legge    impugnata;    dall'altro,
avvalorerebbe la tesi secondo  cui  l'assistenza  scolastica  sarebbe
materia distinta dall'istruzione. 
    Inoltre, ad avviso del remittente, le provvidenze  in  esame  non
potrebbero essere ascritte alla materia della  beneficenza  pubblica,
anch'essa attribuita alle Regioni dall'art. 117, primo comma,  Cost.,
nel testo anteriore alla novella del 2001. 
    La previsione di un  sostegno  economico  direttamente  a  favore
delle scuole d'infanzia private, per contributi di spesa  corrente  e
di investimento, come  stabilito  dagli  artt.  3  e  5  della  legge
regionale censurata, sarebbe, altresi', in contrasto con  il  divieto
di oneri finanziari a carico del bilancio  pubblico,  come  stabilito
dall'art. 33 Cost. 
    Detto divieto, infatti, secondo la giurisprudenza della Corte (e'
richiamata la sentenza n. 454 del  1994),  non  risulterebbe  violato
solo nel caso in cui la prestazione pubblica abbia  come  destinatari
diretti gli alunni e non le scuole private. 
    Infine, ogni contribuzione pubblica comporterebbe il  rischio  di
una non consentita ingerenza sull'organizzazione della scuola stessa. 
    9. - Il 30 luglio 2008 si e' costituita in  giudizio  la  Regione
Emilia-Romagna, la quale ha chiesto che  la  questione  proposta  sia
dichiarata inammissibile o non fondata. 
    10. - In data 9 settembre 2008 ha depositato atto  di  intervento
la FISM, la quale dopo aver ricordato la  legislazione  sopravvenuta,
ha chiesto che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o  non
fondata. 
    In particolare, la FISM ha prospettato  l'inammissibilita'  della
questione per difetto di rilevanza e per mancanza  del  carattere  di
incidentalita' della stessa. 
    11. - Nella stessa data del 9 settembre 2008 si  sono  costituiti
il Comitato Bolognese «Scuola e Costituzione», la  Chiesa  Evangelica
Metodista, e la  Comunita'  Ebraica,  tutte  di  Bologna,  che  hanno
chiesto  dichiararsi  l'illegittimita'  costituzionale  della   legge
regionale n. 52 del  1995  per  violazione  degli  artt.  33,  primo,
secondo e terzo comma, e 117, primo comma, Cost., nel testo anteriore
alla legge cost. n. 3 del 2001. 
    12. - In prossimita' dell'udienza pubblica, in data  30  dicembre
2008, le suddette parti private hanno depositato una memoria  con  la
quale hanno ribadito le conclusioni gia' rassegnate. 
    In particolare, e' stata dedotta la ininfluenza,  ai  fini  della
proposizione della questione in esame, delle precedenti ordinanze  di
manifesta  inammissibilita'   rese   dalla   Corte   sui   dubbi   di
costituzionalita' della legge  regionale  in  esame,  gia'  sollevati
dallo stesso TAR nel medesimo giudizio a quo. 
    La  difesa  delle  parti  private  ha,  quindi,  contrastato   le
argomentazioni difensive svolte dalla FISM, ponendo in evidenza che i
ricorrenti originari, lungi dall'essere  portatori  di  un  interesse
meramente politico, intendono far valere  il  principio  di  laicita'
dello Stato, che e' principio costituzionale fondamentale. 
    A   sostegno   della   fondatezza   dei   sollevati   dubbi    di
costituzionalita', le stesse parti hanno  rilevato  che  l'art.  117,
primo comma, Cost., cosi' come  invocato  nel  testo  anteriore  alla
novella del 2001, non attribuisce in generale alcuna competenza  alle
Regioni in materia di istruzione. 
    Per altro verso, si e' affermato  che  l'art.  33,  terzo  comma,
Cost.  esclude  «nei  termini  piu'  larghi»  che  l'esercizio  della
liberta' di istituire e gestire  scuole  private  possa  gravare  sul
bilancio dello Stato; ne' diverse conclusioni potrebbero  trarsi  dai
lavori  dell'Assemblea  Costituente   e   neppure   potrebbe   essere
richiamata,  con  riguardo  al  caso  di  specie,  la  giurisprudenza
costituzionale secondo la quale l'art. 33, terzo comma, Cost., non e'
violato solo laddove la prestazione pubblica di sostegno sia  erogata
in favore degli alunni e non delle scuole. 
    13. - In data 31 dicembre 2008 anche la Regione Emilia-Romagna ha
depositato memoria con la quale, in via preliminare,  ha  prospettato
il difetto di  incidentalita'  della  questione  e  la  insufficiente
motivazione dell'ordinanza di rimessione in ordine alla rilevanza. 
    Nel merito, la difesa regionale ha dedotto  che  le  disposizioni
impugnate, in quanto rivolte alla scuola  materna,  rappresentano  il
sostegno, in un  quadro  di  progressiva  regionalizzazione,  di  una
tradizionale attivita' comunale di  considerazione  ed  integrazione,
con le proprie,  delle  scuole  materne  private  (no  profit)  nella
realizzazione di un servizio possibilmente a rete. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale per  l'Emilia-Romagna,
con ordinanza in data  10  marzo  2008,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale della legge della Regione  Emilia-Romagna
24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale  25  gennaio
1983,  n.  6  «Diritto  allo  studio»),  prospettando  la  violazione
dell'art. 33, primo, secondo e terzo comma, e  dell'art.  117,  primo
comma, della Costituzione,  quest'ultimo  nel  testo  anteriore  alla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche  al  titolo  V
della parte seconda della Costituzione). 
    2. - Il giudizio a quo ha avuto un  articolato  iter  processuale
che e' opportuno, di seguito, richiamare nelle sue linee  essenziali,
ai fini di una compiuta disamina della fattispecie. 
    2.1. - Il ricorso introduttivo del  predetto  giudizio  e'  stato
proposto davanti al TAR  emiliano-romagnolo  dal  Comitato  Bolognese
«Scuola  e  Costituzione»,  dalla  Chiesa  Cristiana  Avventista  del
Settimo Giorno, dalla Comunita' Ebraica e  dalla  Chiesa  Evangelista
Metodista, tutte di Bologna, per l'annullamento  della  delibera  del
Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna n. 97 del 28 settembre  1995,
recante l'approvazione dei criteri per l'assegnazione dei  contributi
ai Comuni, relativamente all'anno 1995, ai fini  dell'attivazione  di
convenzioni  per  la  qualificazione  e  il  sostegno  delle   scuole
dell'infanzia private senza fini di  lucro  o  gestite  da  I.P.A.B.,
nonche' degli atti connessi e presupposti. 
    2.2.  -  Nel  ricorso  erano   prospettati   cinque   motivi   di
impugnazione. 
    Con il primo motivo si denunciava il vizio  di  violazione  della
legge regionale  25  gennaio  1983,  n.  6  (Diritto  allo  studio  e
qualificazione del sistema integrato  pubblico-privato  delle  scuole
dell'infanzia), come modificata dalla legge regionale n. 52 del 1995. 
    Con il secondo motivo era dedotta la contrarieta' del  Protocollo
d'intesa, che  sarebbe  dovuto  intercorrere  tra  la  Regione  e  la
Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), sia alla  suddetta  legge
regionale, sia ad alcune disposizioni costituzionali  (artt.  3,  33,
primo e terzo comma, e 128 Cost.). 
    Con il terzo motivo  si  prospettava  l'illegittimita'  dell'atto
impugnato derivata dalla illegittimita'  costituzionale  della  legge
regionale n. 52 del 1995 in riferimento agli artt. 3 e 128 Cost. 
    Infine, con il quarto e il quinto motivo si censurava il medesimo
atto in ragione dell'illegittimita' costituzionale della stessa legge
regionale per violazione degli artt. 33 e 117, primo comma, Cost. 
    2.3. - Il TAR,  pronunciando  «sentenza  parziale»  (n.  191  del
1997), accoglieva, in parte, il ricorso - ritenendo fondato il  primo
motivo,  salvo  che  per  le  determinazioni  contenute  negli   atti
impugnati  relative  alla  FISM,   rispetto   alla   quale,   benche'
controinteressata, non era stato instaurato il contraddittorio - e lo
dichiarava inammissibile con riguardo al secondo e  al  terzo  motivo
(attesa,  anche  per  essi,  la   violazione   della   garanzia   del
contraddittorio). 
    2.4. - Contestualmente, con separata ordinanza, in  relazione  ai
suddetti motivi quarto e quinto di impugnazione, il TAR  rimetteva  a
questa Corte questione di legittimita' costituzionale della  medesima
legge regionale, in relazione agli artt. 33, secondo e terzo comma, e
117, primo comma, Cost. 
    La Corte, con ordinanza n. 67 del 1998, dichiarava  la  manifesta
inammissibilita' della questione per  carenza  di  motivazione  sulla
rilevanza. 
    2.5.  -  Con  una  seconda  ordinanza  lo  stesso  TAR  sollevava
nuovamente questione  di  legittimita'  costituzionale  della  citata
legge regionale, in riferimento agli artt. 33, primo, secondo e terzo
comma, e 117, primo comma, Cost. 
    Con ordinanza  n.  346  del  2001  anche  tale  questione  veniva
dichiarata manifestamente inammissibile. 
    2.6. -  Successivamente,  il  Consiglio  di  Stato  (IV  Sezione,
decisione n. 880 del  2002),  decidendo  il  gravame  proposto  dalla
Regione  Emilia-Romagna  avverso  la  sentenza  del  TAR,  accoglieva
l'appello, statuendo che il primo motivo di impugnazione (accolto dal
TAR) era inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse  ad
agire dei ricorrenti originari. 
    Nella  parte  motiva  della  suddetta  decisione   il   Consiglio
precisava che rimaneva impregiudicato l'ulteriore corso del  giudizio
per i motivi quarto e quinto. 
    3.   -   Il   TAR   ha   nuovamente   sollevato   questione    di
costituzionalita' della medesima legge regionale sotto due profili. 
    Da un lato, si assume che l'intera legge regionale, in quanto non
riconducibile alla  materia  «assistenza  scolastica»,  ma  a  quella
«istruzione», attribuita alla potesta' legislativa dello Stato  dalle
norme costituzionali invocate, violerebbe il riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regioni come delineato  prima  della  riforma
del titolo V della parte II della Costituzione;  dall'altro,  che  la
previsione di un sostegno finanziario  direttamente  a  favore  delle
scuole d'infanzia private per  contributi  di  spesa  corrente  e  di
investimento, contenuta negli  artt.  3  e  5  della  suddetta  legge
regionale, violerebbe i principi della  liberta'  di  insegnamento  e
della liberta' di istituzione di  scuole  e  istituti  di  educazione
senza oneri per lo Stato, di cui all'art. 33, primo  e  terzo  comma,
Cost. 
    4. - In  via  preliminare,  deve  essere  dichiarato  ammissibile
l'intervento spiegato dalla FISM, in quanto, come gia' ritenuto dalla
Corte,   chiamata   ad   esaminare   le   analoghe    questioni    di
costituzionalita' gia' sollevate dal TAR nel medesimo giudizio a quo,
la posizione della suddetta Federazione e' suscettibile  «di  restare
direttamente incisa dall'esito del giudizio»  (ordinanze  n.  67  del
1998 e n. 346 del 2001). 
    5. - Tra le  molteplici  eccezioni  di  inammissibilita'  dedotte
dalle parti, o comunque rilevabili d'ufficio, deve  essere  esaminata
prioritariamente  quella  relativa  alla  sussistenza  dei  requisiti
idonei  a  giustificare  la   riproposizione   della   questione   di
costituzionalita' sollevata dal TAR nello stesso giudizio a quo. 
    6. - L'eccezione e' fondata. 
    7. - Al riguardo, si deve rilevare che tale giudizio, in  ragione
del suo articolato sviluppo processuale  sopra  richiamato,  dopo  la
citata decisione d'appello del  Consiglio  di  Stato,  e'  proseguito
dinanzi al TAR remittente per il  solo  esame  dei  motivi  quarto  e
quinto dell'impugnazione  originaria,  con  i  quali  si  prospettava
«l'illegittimita' costituzionale della legge applicata con  gli  atti
impugnati». 
    8. - Il remittente, nel riproporre per la terza volta la medesima
questione, ne ha dedotto la rilevanza in  ragione  della  circostanza
che il Consiglio di Stato, nella  richiamata  decisione  n.  880  del
2002, ha precisato che «rimane impregiudicato l'ulteriore  corso  del
giudizio di primo grado avuto riguardo al quarto e quinto  motivo  di
ricorso originario»; il giudice a quo ritiene, pertanto, che «non  si
e' esaurito il potere decisorio» ad esso spettante «il  cui  concreto
esercizio,  in  senso  favorevole  o   sfavorevole   ai   ricorrenti,
dipendera' esclusivamente dalla fondatezza o meno della questione  di
legittimita'  costituzionale  prospettata  con  la  quarta  e  quinta
censura». 
    Tale argomentazione, tuttavia, nulla di nuovo aggiunge  a  quelle
contenute  nei  precedenti  provvedimenti   di   rimessione   ed   e'
insufficiente  a  fare  apprezzare  alla  Corte  la  sussistenza  del
requisito   della   rilevanza    della    presente    questione    di
costituzionalita'. 
    Da  un  lato,  infatti,   il   TAR   si   limita   a   richiamare
un'affermazione del giudice  di  appello,  circa  il  fatto  che  sui
suddetti motivi il TAR stesso non si era pronunciato in attesa  della
decisione di questa Corte,  posto  che  il  Consiglio  di  Stato  non
avrebbe, in ogni caso, potuto pronunciarsi - neanche con  riferimento
alla sussistenza o meno delle condizioni dell'azione - sul  quarto  e
quinto motivo del ricorso di primo grado, che non  formavano  oggetto
di decisione e quindi di devoluzione in appello. 
    Dall'altro, espunge tale affermazione  dal  contesto  complessivo
della decisione e in particolare da quanto statuito dal Consiglio  di
Stato  nel  dichiarare,  in   riforma   della   sentenza   appellata,
inammissibile il primo motivo  dell'impugnazione  proposta  in  primo
grado, per difetto  di  legittimazione  ed  interesse  ad  agire  dei
ricorrenti; conclusione, questa, derivante dalla  considerazione  che
«il rispetto delle regole legali che  presidiano  la  concessione  di
contributi (...) appare questione che interessa  la  generalita'  dei
cittadini  e  non  specificamente  le  confessioni  religiose  ed  il
comitato cittadino», ricorrenti in prime cure. 
    9. - Pertanto, la citata affermazione  del  giudice  di  appello,
richiamata dal TAR, non legittima,  di  per  se',  la  riproposizione
innanzi a questa Corte, a norma dell'art. 24,  secondo  comma,  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, di una questione  di  legittimita'  negli
stessi termini  in  cui  sia  stata  gia'  dichiarata  manifestamente
inammissibile per difetto di rilevanza. 
    10. - A cio' e' da aggiungere, sempre ai fini  dell'apprezzamento
della   sussistenza    della    rilevanza    della    questione    di
costituzionalita', che l'ordinanza del TAR e'  priva  di  un'adeguata
motivazione. Il giudice a quo non argomenta affatto sulle ragioni per
le quali la violazione del principio  costituzionale  della  garanzia
del contraddittorio - commessa dai ricorrenti originari nei confronti
della FISM e posta, dal medesimo  TAR,  a  base  della  pronuncia  di
inammissibilita' di parte del primo, nonche' del secondo e del  terzo
motivo   di   ricorso   originario -   non   determinerebbe    anche,
inevitabilmente, l'inammissibilita' delle  censure  proposte  con  il
quarto ed il quinto motivo. 
    Tali ultimi motivi,  nella  logica  della  impugnazione  proposta
innanzi al giudice a quo  e  per  espressa  ammissione  degli  stessi
ricorrenti in quel giudizio,  sono  stati  formulati  allo  scopo  di
ottenere  (previa  declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale
dell'intera legge n. 52 del 1995) l'annullamento della  delibera  del
Consiglio regionale. Tuttavia, e' proprio  l'impugnazione  di  questa
delibera  che  e'  gia'  stata   dichiarata,   nel   suo   complesso,
inammissibile sia per il  rilevato  difetto  di  contraddittorio  nei
confronti  della  controinteressata  FISM,   sia   per   carenza   di
legittimazione ed interesse ad agire da parte dei ricorrenti. 
    Deve rilevarsi, dunque, che nella situazione cosi'  determinatasi
e' anche mancata da parte  del  giudice  remittente  ogni  necessaria
valutazione  e  motivazione  sulla  persistenza   di   un   interesse
giuridicamente rilevante delle parti ricorrenti nel giudizio a quo  a
proseguire il giudizio stesso dopo la citata decisione del  Consiglio
di Stato. 
    11. - Inoltre, e' di tutta evidenza che, secondo  l'ordinanza  di
rimessione, la richiesta declaratoria  di  incostituzionalita'  della
legge regionale dovrebbe comportare, per illegittimita' derivata,  la
caducazione della delibera regionale di approvazione dei criteri  per
la ripartizione del finanziamento. 
    Ma, come si e' rilevato, l'impugnazione da parte  dei  ricorrenti
di tale  deliberazione  e'  stata  dichiarata,  in  modo  definitivo,
inammissibile sia per difetto di contraddittorio, che per carenza  di
interesse a ricorrere. 
    Ne'  un  autonomo  titolo  di   legittimazione   dei   ricorrenti
all'impugnazione potrebbe derivare dalla invocazione del principio di
laicita' dello  Stato,  in  quanto,  comunque,  non  potrebbe  essere
pregiudicata, da una eventuale sentenza di accoglimento  del  ricorso
da parte del TAR, la sfera di interessi di un soggetto (la FISM)  non
chiamato ritualmente a  partecipare  al  giudizio  amministrativo  di
impugnazione e per il quale  la  delibera  regionale  e'  intangibile
nella  parte  in  cui   consolida   siffatta   sfera   di   interessi
giuridicamente protetti. 
    Ed infatti, come la Corte ha gia' avuto modo di affermare, in  un
procedimento avente natura giurisdizionale la  prima  e  fondamentale
garanzia minima del principio costituzionale del contraddittorio,  il
cui rispetto e' indefettibile, «consiste nella necessita'  che  tanto
l'attore quanto  il  contraddittore  partecipino  o  siano  messi  in
condizione di partecipare al procedimento» medesimo (sentenza n.  181
del 2008; si veda anche ordinanza n. 183 del 1999). 
    12.  -  In  effetti,   alla   luce   di   tutte   le   suindicate
considerazioni, deve ritenersi che la questione di  costituzionalita'
ora riproposta sia  priva  di  incidentalita'.  Si  e'  in  presenza,
sostanzialmente,  di  una  impugnazione   diretta,   ad   opera   dei
ricorrenti, di norme legislative regionali, con  esclusiva  deduzione
di vizi di legittimita' costituzionale a tutela non  gia'  di  propri
interessi   legittimi,   presuntivamente   lesi   dal   provvedimento
amministrativo regionale, ma - per loro stessa ammissione -  al  solo
scopo di far valere il generale principio della laicita' dello Stato,
nella sua accezione di principio costituzionale fondamentale. 
    Tale tipo di impugnazione diretta di leggi da parte  di  soggetti
privati, che non passi attraverso il termine medio  della  rituale  e
corretta impugnazione amministrativa di  provvedimenti  per  vizi  di
legittimita', sia  pure  dedotti  con  riferimento  a  norme  che  si
contestano sul piano  della  conformita'  a  Costituzione,  non  puo'
essere considerata ammissibile. 
    Al riguardo, giova ricordare come, secondo la  giurisprudenza  di
questa  Corte,  il   carattere   incidentale   della   questione   di
costituzionalita' presupponga che il petitum del giudizio  nel  corso
del  quale  viene  sollevata  la  questione  non  coincida   con   la
proposizione della questione stessa (ex multis, sentenza  n.  84  del
2006). 
    Quindi, il giudizio a quo deve avere,  da  un  lato,  un  petitum
separato e distinto dalla questione di costituzionalita' sul quale il
giudice remittente sia  legittimamente  chiamato,  in  ragione  della
propria  competenza,  a  decidere;  dall'altro,   un   suo   autonomo
svolgimento, nel senso di poter essere  indirizzato  ad  una  propria
conclusione,  al   di   fuori   della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  il  cui  insorgere  e'  soltanto  eventuale  (citata
sentenza n. 84 del 2006; ed inoltre, sentenze n. 127 del 1998; n. 263
del 1994; n. 65 del 1964; ordinanze n. 175 del 2003; n. 17 del  1999;
n. 291 del 1986). 
    Pertanto, affinche', pur in presenza della  prospettazione  della
incostituzionalita' di una o  piu'  norme  legislative,  quale  unico
motivo di ricorso dinanzi al giudice  a  quo,  si  possa  considerare
sussistente  il  requisito   della   rilevanza,   occorre   che   sia
individuabile, nel giudizio principale, un  petitum  che  presenti  i
requisiti  sopra  indicati,   sul   quale   l'autorita'   giudiziaria
remittente sia chiamata a pronunciarsi (sentenza n. 4 del 2000). 
    In proposito, e'  significativo  quanto  affermato  dallo  stesso
giudice a quo nell'ordinanza di rimessione e cioe' che «in definitiva
il ricorso in parola e' oggi pendente soltanto con  riferimento  alla
quarta e quinta censura dedotte  con  il  ricorso  originario  ed  in
entrambe si prospettano  soltanto,  sia  pure  per  profili  diversi,
questioni di legittimita' costituzionale della legge regionale n.  52
del 1995». 
    La sollevata questione di  costituzionalita',  dunque,  esaurisce
immediatamente il  petitum  del  giudizio  principale  e  l'eventuale
pronuncia di accoglimento di questa Corte verrebbe a consumare ex  se
la tutela richiesta al giudice remittente, nella  residua  parte  del
processo principale, con la conseguenza che manca, nella  specie,  il
carattere  della  incidentalita'  della  questione,  come  prescritto
dall'art. 23 della legge n. 87 del 1953. 
    13. - Pertanto, per il  complesso  delle  considerazioni  innanzi
svolte e previo assorbimento di ogni altro profilo pregiudiziale,  la
questione  sollevata  dal  TAR  per  l'Emilia-Romagna   deve   essere
dichiarata inammissibile. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  ammissibile  l'intervento  spiegato  dalla  Federazione
Italiana Scuole Materne (FISM) nel presente giudizio; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale della legge della  Regione  Emilia-Romagna  24  aprile
1995, n. 52 (Integrazioni alla legge regionale 25 gennaio 1983, n.  6
«Diritto  allo  studio»),  sollevata  dal  Tribunale   amministrativo
regionale per l'Emilia-Romagna, in riferimento  all'art.  33,  primo,
secondo  e  terzo  comma,  e  all'art.  117,   primo   comma,   della
Costituzione,  nel  testo  anteriore  alla  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), con l'ordinanza di cui in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2009. 
                        Il Presidente: Flick 
                       Il redattore: Quaranta 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 13 febbraio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola