N. 41 ORDINANZA 9 - 13 febbraio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, dopo essere stato espulso ex art. 14,  comma
  5-ter, d.lgs. n. 286/1998, viene trovato nel territorio dello Stato
  - Mancato inserimento, nella descrizione della  fattispecie,  della
  clausola «senza giustificato motivo» - Denunciata  irragionevolezza
  nonche' lesione dei  principi  di  eguaglianza  e  della  finalita'
  rieducativa della pena - Esclusione - Manifesta infondatezza  della
  questione. 
- D.lgs. 25 luglio 1998,  n.  286,  art.  14,  comma  5-quater,  come
  sostituito dal d.l. 14 settembre  2004,  n.  241,  convertito,  con
  modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n. 271. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. 
(GU n.7 del 18-2-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Giovanni Maria FLICK; 
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO,  Alfio  FINOCCHIARO,
  Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,
  Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  comma
5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme  sulla  condizione  dello  straniero),  come   sostituito   dal
decreto-legge 14 settembre 2004,  n.  241  (Disposizioni  urgenti  in
materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, nella  legge
12 novembre 2004,  n.  271,  promosso  dal  Tribunale  di  Ivrea  con
ordinanza del 9 novembre  2006,  iscritta  al  n.  355  del  registro
ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2007. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 14 gennaio  2009  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Tribunale di Ivrea, in composizione  monocratica,
ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo  comma,  della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma 5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme  sulla  condizione  dello  straniero),  come  sostituito  dal
decreto-legge 14 settembre 2004,  n.  241  (Disposizioni  urgenti  in
materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, nella  legge
12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui,  nel  configurare  come
delitto la condotta dello straniero che venga trovato nel  territorio
dello Stato dopo esserne stato espulso ai sensi del precedente  comma
5-ter, non contiene la clausola «senza giustificato motivo»; 
        che il rimettente procede con rito abbreviato  nei  confronti
di un cittadino romeno, il quale, dopo essere stato espulso  in  data
19 maggio 2005 per non aver richiesto il permesso di soggiorno  entro
il termine prescritto, in data 14 settembre 2006 e' stato  nuovamente
trovato  nel  territorio  dello  Stato  e  tratto  in  arresto  nella
flagranza del reato previsto  dall'art.  14,  comma  5-quater,  primo
periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che il giudice a quo  evidenzia  come,  dalla  documentazione
prodotta in giudizio, emergano le seguenti circostanze di  fatto:  la
famiglia dell'imputato,  composta  da  padre,  madre  e  sorella,  e'
regolarmente residente in Italia (il padre dell'imputato ha un lavoro
regolare  e  la  sorella  frequenta   un   istituto   di   formazione
professionale); l'imputato, venticinquenne, affetto da cardiomiopatia
ipertrofica, in data 13 marzo 2006, mentre  si  trovava  da  solo  in
Romania, ha ingerito volontariamente medicinali ed etanolo,  tentando
il suicidio; in data  25  maggio  2006  la  madre  dell'imputato,  in
territorio italiano, e' stata  coinvolta  in  un  sinistro  stradale;
l'imputato e' rientrato in  Italia  pochi  giorni  dopo  tale  ultimo
avvenimento; 
        che, all'esito di tale esposizione in  fatto,  il  rimettente
censura la previsione incriminatrice contenuta  nell'art.  14,  comma
5-quater, del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  che  configura  il  reato
contestato all'imputato, prospettandone il contrasto con il principio
di  uguaglianza  e  con  quello   della   finalita'   necessariamente
rieducativa della pena, sancito dall'art. 27, terzo comma, Cost.; 
        che, quanto al primo profilo di censura,  il  giudice  a  quo
istituisce un raffronto tra la  norma  in  esame  e  la  disposizione
contenuta nel comma 5-ter del medesimo art. 14 del d.lgs. n. 286  del
1998, nella quale e' configurato il reato di  indebito  trattenimento
in violazione dell'ordine del  questore  di  lasciare  il  territorio
nazionale, evidenziando come quest'ultima  disposizione  contenga  la
clausola «senza giustificato motivo»,  che  agirebbe  come  causa  di
esclusione del reato,  rimessa  alla  valutazione  discrezionale  del
giudice; 
        che tale clausola, prosegue  il  rimettente,  e'  gia'  stata
esaminata dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  5  del  2004,
che ha evidenziato la  sua  funzione  di  valvola  di  sicurezza  del
meccanismo repressivo, la' dove consente di  «riconoscere  rilievo  a
situazioni ostative di  particolare  pregnanza,  che  incidano  sulla
stessa  possibilita',   soggettiva   ed   oggettiva,   di   adempiere
all'intimazione,  escludendola  ovvero  rendendola   difficoltosa   o
pericolosa», con la conseguenza di evitare che  «la  sanzione  penale
scatti allorche' - anche al di fuori della presenza di vere e proprie
cause  di  giustificazione -   l'osservanza   del   precetto   appaia
concretamente "inesigibile"  in  ragione,  a  seconda  dei  casi,  di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo, di  obblighi
di segno contrario, ovvero della  necessita'  di  tutelare  interessi
confliggenti, con rango pari o superiore rispetto a  quello  protetto
dalla  norma  incriminatrice,  in  un  ragionevole  bilanciamento  di
valori»; 
        che, cosi' enucleata la ratio della  clausola  in  esame,  il
giudice a quo reputa irragionevole che la  stessa  non  figuri  anche
nella descrizione della fattispecie criminosa prevista nell'art.  14,
comma 5-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998, e sia dunque impedito  un
analogo vaglio della  condotta  dell'imputato  quando  si  tratti  di
accertare  la  sussistenza  del  reato  ivi  configurato,  pur  nella
diversita' delle situazioni  che  danno  luogo  alle  due  violazioni
comparate: il trattenimento sul territorio dello Stato in  violazione
dell'ordine di allontanamento impartito dal questore, nel primo caso;
«il rinvenimento sul territorio dello Stato del  cittadino  straniero
gia' espulso», nel secondo caso; 
        che,  prosegue  il  Tribunale  rimettente,  se  e'  difficile
ipotizzare situazioni di  impossibilita'  oggettiva  ad  omettere  il
comportamento penalmente  sanzionato  dalla  disposizione  censurata,
nondimeno l'inserimento della clausola  «senza  giustificato  motivo»
consentirebbe  di  valutare,  sotto   il   profilo   soggettivo,   la
possibilita' per l'imputato di osservare il precetto; 
        che, secondo  il  giudice  a  quo,  la  vicenda  oggetto  del
giudizio principale sarebbe al riguardo  emblematica,  posto  che  la
determinazione  dell'imputato  a  fare  rientro   in   Italia,   dopo
l'avvenuta espulsione,  discenderebbe  da  circostanze  riconducibili
alla categoria del  «giustificato  motivo»,  ovvero  ricollegabili  a
valori costituzionalmente protetti; 
        che infatti  l'imputato,  rientrato  nel  Paese  d'origine  a
seguito  dell'espulsione,  versava  in  stato  di  grave   sofferenza
psichica, al punto da essersi reso protagonista di  un  tentativo  di
suicidio, e che tale sofferenza era stata ulteriormente acuita  dalla
condizione di separazione dalla famiglia, residente in Italia,  e  in
seguito dalla preoccupazione per lo  stato  di  salute  della  madre,
rimasta coinvolta in un sinistro stradale; 
        che in  definitiva,  a  parere  del  rimettente,  l'imputato,
rientrando nel territorio nazionale pur dopo  l'avvenuta  espulsione,
avrebbe  protetto  situazioni  soggettive  riconducibili  a   diritti
fondamentali della persona, quali il diritto alla salute, i diritti e
doveri  di  assistenza  reciproca  riconducibili  alla  tutela  della
famiglia, intesa quest'ultima anche nella  dimensione  di  formazione
sociale; 
        che,  peraltro,  il  giudice  a  quo  evidenzia   come   solo
attraverso l'inserimento della clausola «senza  giustificato  motivo»
nella  previsione  censurata  le  richiamate  circostanze  potrebbero
trovare riconoscimento ed eventualmente incidere sulla valutazione in
ordine alla sussistenza del reato, in cio'  risiedendo  la  rilevanza
della questione, mentre, a disposizione  invariata,  non  vi  sarebbe
alternativa decisoria alla  condanna  dell'imputato,  risultando  per
tabulas  la  materialita'  della  condotta   delittuosa   ed   avendo
l'interessato ammesso che il rientro e' avvenuto in modo cosciente  e
volontario; 
        che   inoltre,   secondo   il   rimettente,   la   previsione
incriminatrice  sarebbe  illegittima  anche  per  la  violazione  del
principio  sancito  dall'art.  27,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto
l'esecuzione di una sanzione irrogata a fronte di un comportamento in
astratto penalmente rilevante, ma in concreto «necessitato o,  quanto
meno,   fortemente   indotto   da   circostanze   valutabili    quale
"giustificato motivo"», risulterebbe incompatibile con  la  finalita'
rieducativa della pena; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione; 
        che, secondo la difesa erariale, le  due  ipotesi  delittuose
disciplinate, rispettivamente, nei commi 5-ter e  5-quater  dell'art.
14 del d.lgs. n. 286 del  1998  non  sarebbero  comparabili,  sicche'
verrebbe meno il presupposto su cui e' basato  l'intero  ragionamento
svolto dal rimettente; 
        che   l'Avvocatura   generale    richiama    la    disciplina
dell'espulsione   dello   straniero   irregolarmente   presente   sul
territorio nazionale, nella quale e' previsto che, di  regola,  detta
misura  sia  eseguita   mediante   accompagnamento   alla   frontiera
dell'interessato, eventualmente  dopo  un  periodo  di  trattenimento
presso un centro di identificazione e di espulsione; 
        che,   in   deroga   a   tale    disposto,    quando    cioe'
l'accompagnamento non sia possibile ovvero  lo  straniero  non  possa
essere ulteriormente trattenuto nel centro di  identificazione  e  di
espulsione, il legislatore ha previsto, al  comma  5-bis  del  citato
art. 14 del d.lgs. n. 286  del  1998,  che  il  questore  emetta  nei
confronti dell'interessato una intimazione a lasciare  il  territorio
dello Stato; 
        che, di conseguenza, alla  diversa  modalita'  di  esecuzione
dell'espulsione corrisponde un differente trattamento  sanzionatorio,
la' dove «la  condotta  di  chi  non  si  allontana  e'  punita  meno
gravemente  rispetto  a  quella  di  chi,   gia'   espulso   mediante
accompagnamento alla frontiera, rientra nel territorio dello Stato»; 
        che,  a  parere  della  difesa  erariale,   tale   differente
trattamento risulterebbe del  tutto  logico,  apparendo  all'evidenza
meno grave la condotta omissiva, del mancato allontanamento, rispetto
a quella commissiva, del rientro successivo all'espulsione; 
        che quanto appena  detto  sarebbe  sufficiente  a  fugare  il
dubbio di legittimita' costituzionale  della  disposizione  censurata
sotto il profilo della ragionevolezza; 
        che  infine,  secondo  l'Avvocatura   generale,   stante   il
principio di territorialita' che  informa  l'ordinamento  penale,  la
predisposizione di un sistema  di  esimenti,  ancorate  a  situazioni
puramente soggettive, potrebbe valere per le ipotesi in cui  la  fase
ideativa  del  fatto  penalmente   sanzionato   si   sia   realizzata
all'interno  del  territorio  nazionale,  laddove,   nel   reato   di
«reingresso  abusivo,  tutto  l'iter  psicologico  che  sorregge   la
condotta si riferisce ad una fase in cui il soggetto si trova  al  di
fuori del territorio dello Stato, cio' che esclude l'obbligo in  capo
al  legislatore  di  estendere  l'applicazione  di  taluni   precetti
costituzionali, quali quelli invocati nell'ordinanza di rimessione». 
    Considerato che il Tribunale di Ivrea dubita, in riferimento agli
artt. 3 e 27, terzo comma,  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, del decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come sostituito dal decreto-legge 14 settembre  2004,  n.
241 (Disposizioni urgenti in materia  di  immigrazione),  convertito,
con modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n. 271, nella  parte
in cui, nel configurare come delitto la condotta dello straniero  che
venga trovato nel territorio dello Stato dopo esserne  stato  espulso
ai sensi del precedente comma 5-ter, non contiene la clausola  «senza
giustificato motivo»; 
        che, secondo  la  prospettazione  del  rimettente,  la  norma
censurata risulterebbe irragionevole in esito alla  comparazione  con
la diversa fattispecie incriminatrice delineata nell'art.  14,  comma
5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, che configura il reato di indebito
trattenimento  dello  straniero  nel  territorio  dello   Stato,   in
violazione dell'ordine del questore di allontanarsene; 
        che, inoltre, la stessa norma si porrebbe in contrasto con il
principio del  finalismo  rieducativo  della  pena,  consentendo  che
quest'ultima venga irrogata a carico di soggetti i quali hanno  agito
in presenza di situazioni che, pur non assurgendo al rango  di  cause
di giustificazione, siano risultate fortemente condizionanti la  loro
liberta' di determinazione; 
        che, come costantemente affermato da questa Corte, le  scelte
legislative aventi ad oggetto  la  configurazione  delle  fattispecie
criminose e il relativo trattamento sanzionatorio  sono  censurabili,
in sede di sindacato di costituzionalita', solo nel caso  in  cui  la
discrezionalita'  sia  stata  esercitata   in   modo   manifestamente
irragionevole (ex plurimis, sentenza n. 394 del  2006,  ordinanza  n.
292 del 2006); 
        che,  sempre   secondo   la   giurisprudenza   costituzionale
consolidata, il raffronto tra fattispecie  normative,  finalizzato  a
verificare la ragionevolezza delle scelte legislative, deve avere  ad
oggetto fattispecie omogenee, risultando altrimenti improponibile  la
stessa comparazione (ex plurimis, ordinanze n. 71 e n. 30 del 2007); 
        che  appare  di  tutta  evidenza   l'eterogeneita'   tra   la
fattispecie censurata dal  rimettente,  che  configura  il  reato  di
reingresso dello straniero gia' espulso ai sensi del precedente comma
5-ter, e quella, posta a raffronto, dell'art. 14, comma 5-ter,  dello
stesso decreto  legislativo,  che  configura  il  reato  di  indebita
inosservanza all'ordine di questore di  allontanarsi  dal  territorio
nazionale; 
        che nell'un caso (art. 14, comma 5-ter) si e' di fronte ad un
comportamento di tipo omissivo, poiche' lo straniero, raggiunto dalla
intimazione del questore a lasciare il territorio dello  Stato  entro
cinque giorni, non ottempera all'ordine; nell'altro  caso  (art.  14,
comma 5-quater) lo straniero, gia' resosi  inottemperante  all'ordine
di  allontanamento  del  questore  e  successivamente   espulso   con
accompagnamento coattivo alla  frontiera,  rientra  illegalmente  nel
territorio  dello  Stato,  vanificando  gli  effetti   dell'attivita'
amministrativa e giudiziale culminata con il suo allontanamento; 
        che  la  scelta  del  legislatore  di  riconoscere  efficacia
giustificativa,  per  il  reato  di  inottemperanza   all'ordine   di
allontanamento impartito dal questore, a situazioni ostative  diverse
dalle  esimenti  di  carattere  generale,  trova   fondamento   nella
peculiarita' di tale  forma  di  espulsione,  la  cui  esecuzione  e'
affidata allo straniero medesimo, e la  cui  adozione  e'  consentita
solo  quando  non  sia  possibile  l'accompagnamento  coattivo   alla
frontiera, eventualmente preceduto dal trattenimento dell'interessato
in un centro di identificazione e di espulsione (sentenza  n.  5  del
2004); 
        che pertanto, a fronte della peculiarita'  della  fattispecie
appena esaminata, richiamata in comparazione, non pare manifestamente
irragionevole la scelta legislativa di non attribuire rilievo,  nelle
diverse fattispecie che incriminano lo straniero gia' espulso che  si
sia attivato per fare nuovamente ingresso  nel  territorio  nazionale
(artt. 13, commi 13 e 13-bis, e 14, comma 5-quater),  a  circostanze,
soggettive  od  oggettive,  diverse  dalle  esimenti   di   carattere
generale; 
        che, infatti, la condizione dello straniero gia'  espulso  il
quale intenda fare  rientro  nel  territorio  nazionale  e'  tutelata
attraverso le previsioni che,  in  presenza  di  particolari  motivi,
consentono di ottenere la relativa autorizzazione, e che  d'altronde,
nei casi in cui sussistano ragioni di tale cogenza da non  consentire
l'attesa  connessa  al  procedimento  di  autorizzazione,  risultera'
verosimilmente  integrata  una   delle   cause   di   giustificazione
ordinarie, con conseguente esclusione della  rilevanza  penale  della
condotta; 
        che alla luce delle considerazioni che precedono va  altresi'
esclusa la violazione dell'art. 27, terzo comma,  Cost.,  prospettata
dal   rimettente   come   conseguenza   automatica   della   presunta
irragionevolezza della fattispecie incriminatrice; 
        che, pertanto, la  questione  sollevata  appare,  sotto  ogni
profilo, manifestamente non fondata. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come  sostituito  dal  decreto-legge  14  settembre
2004, n. 241  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  immigrazione),
convertito, con modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n.  271,
sollevata, in riferimento agli  att.  3  e  27,  terzo  comma,  della
Costituzione, dal Tribunale di Ivrea con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2009. 
                        Il Presidente: Flick 
                       Il redattore: Silvestri 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 13 febbraio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola