N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 luglio - 19 agosto 2008

Ordinanza del 19 agosto  2008  emessa  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Genova sul ricorso proposto  da  Mastrangelo  Patrizio
contro Comune di Genova. 
 
Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alla
  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  delle   controversie
  attinenti l'imposta o il canone comunale  sulla  pubblicita'  e  il
  diritto sulle pubbliche affissioni - Ricorso  avverso  cartella  di
  pagamento emessa per somma iscritta a ruolo e dovuta  a  titolo  di
  canone per  l'installazione  di  mezzi  pubblicitari  relativamente
  all'anno  2001  -  Ritenuto  difetto  di  giurisdizione  dell'adita
  commissione tributaria sul presupposto della natura non  tributaria
  del canone comunale sulla pubblicita' - Denunciata  violazione  del
  divieto di istituzione di giudici straordinari o speciali. 
- Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.  546,  art.  2,  comma  2,
  secondo periodo, aggiunto dall'art. 3-bis, comma 1, lett.  b),  del
  decreto-legge  30  settembre  2005,   n.   203,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
- Costituzione,  art.  102,  comma   secondo,   e   VI   disposizione
  transitoria. 
(GU n.10 del 11-3-2009 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 807/07, depositato
il  16  marzo  2007,  avverso  ruolo  e  cartella  di  pagamento   n.
04820040018585517 27; Pubblicita' 2001 - Canoni; 
    Contro Comune di  Genova,  proposto  dal  ricorrente  Mastrangelo
Patrizio gia' socio acc. di Bar Mignon s.a.s di Mastrangelo  Patrizio
& C., via Salgari n. 71/B/6 - 16100 Genova. 
                            O s s e r v a 
    Il Concessionario del servizio nazionale di  riscossione  per  la
Provincia di Genova - GEST LINE S.p.A. - con la cartella indicata  in
epigrafe, richiedeva alla ditta Bar Mignon di Mastrangelo Patrizio  &
C.  S.a.s.  c/o  il  socio  accomandatario  Mastrangelo  Patrizio  il
pagamento della complessiva somma  di  euro  576,80  (comprensiva  di
interessi e spese) iscritta a ruolo dal Comune di  Genova  -  Ufficio
Tributi, a titolo  di  canone  coattivo  comunale  sulla  pubblicita'
dovuto per l'anno 2001 (Ruolo n. 2004/5289 reso esecutivo in data  17
marzo 2004  Ruolo  ordinario  -  avviso  di  pagamento  n.  1832/2001
notificato il 27 novembre 2002). 
    Avverso questa cartella di pagamento Mastrangelo  Patrizio,  gia'
socio accomandatario della ditta Bar Mignon di Mastrangelo Patrizio &
C., con sede ed attivita' in questa via Cesarea n. 14/R, ha  proposto
ricorso, consegnandone copia al Comune di Genova. 
    Con l'unico complesso motivo contesta la fondatezza della pretesa
giacche' l'attivita' della ditta ha avuto termine in data 20 novembre
1998 per cessazione dell'azienda al sig. Cifariello Maurizio. 
    Precisa che in data 2 dicembre 1998 la societa' e' stata  sciolta
senza messa in liquidazione per atto notaio Novara  Fabio  in  Genova
Rep. 44145. 
    Chiede, pertanto,  che  venga  dichiarato  non  dovuto  l'importo
iscritto a ruolo. 
    Si e' costituito il Comune di Genova in persona del  sindaco  pro
tempore, prof. Giuseppe Pericu,  rappresentato  e  difeso  dal  dott.
Ennio Dina, e in sua sostituzione dal dott. Domenico Finocchietti, in
forza della ordinanza n. 20 del  31  gennaio  2007,  autorizzato  con
delibera di Giunta. 
    Con  l'atto  di  costituzione  in  giudizio   e   controdeduzioni
depositato il 22 marzo  2007  eccepisce,  in  via  pregiudiziale,  il
difetto di giurisdizione in quanto il ricorso doveva essere  proposto
dinanzi alla giustizia amministrativa. 
    Il Comune di Genova, infatti,  dall'anno  2001,  in  sostituzione
dell'«imposta sulla pubblicita» ha adottato il «canone» «per il quale
la competenza a giudicare sul presupposto impositivo era del  t.a.r.»
e non del giudice tributario. 
    Sottolinea che la modifica' apportata sul punto, con effetto  dal
3 dicembre 2005, all'art. 2, comma 2, ultima  parte,  del  d.lgs.  n.
546/1992, dall'art. 3-bis, comma 1, lett. b) del  d.1.  30  settembre
2000, n. 203, convertito con modificazioni con legge 2 dicembre 2005,
n. 248, in assenza di norme transitorie, e' inapplicabile al caso  di
specie poiche' la modifica non ha riguardato anche i canoni che erano
relativi ad annualita' per le quali la competenza era  invece  di  un
altro organo giurisdizionale. 
    Ne'  vale  ad  escludere  tale  competenza   giurisdizionale   la
circostanza che la cartella di pagamento sia  stata  notificata  solo
successivamente  a  tale  modifica  normativa,  essendo  la  cartella
semplicemente un atto  esecutivo  d'un  presupposto  impositivo  gia'
perfezionatosi. 
    Chiede, in subordine, che il ricorso sia dichiarato inammissibile
non essendo stato convenuto in giudizio l'Ente che ha  emesso  l'atto
impugnato: il Concessionario per la riscossione, considerato  che  la
sentenza che concludera' questo giudizio non potra' che avere effetto
tra le sole parti del giudizio. 
    Contesta, inoltre, la tempestivita'  del  proposto  ricorso,  non
essendo leggibile, nella copia della cartella ad  esso  allegata,  la
data di notifica della stessa. 
    Chiede poi che il ricorso sia dichiarato inammissibile, ai  sensi
dell'art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992,  poiche'  la  cartella  di
pagamento e' impugnabile solo per vizi propri e non  per  far  valere
ragioni di merito riguardanti il presupposto impositivo. 
    Il  canone,  infatti,  e'  dovuto   dal   titolare   dell'insegna
pubblicitaria  sulla  base  della  richiesta  che  egli  fa  all'atto
dell'installazione.  Da  quel  momento,  a  meno  di   richiesta   di
cancellazione da parte sua, il  canone  deve  essere  automaticamente
pagato. 
    Se il pagamento non risulta essere  effettuato,  solo  allora  il
comune emette cartella di pagamento che non equivale  affatto  ad  un
atto impositivo, ma e' semplicemente un atto esecutivo. 
    Nella ipotesi invece in cui si voglia contestare  il  presupposto
impositivo,   la   sistematica   del   canone/imposta   prevede   che
l'interessato chieda formalmente  l'esclusione  dall'imposta  per  le
ragioni da lui addotte. Ed e'  solo  contro  il  rifiuto  espresso  o
tacito opposto dal comune che  l'interessato  puo'  proporre  ricorso
indicandone i motivi. 
    Nel merito chiede il rigetto del  ricorso  poiche'  infondato  in
fatto e in diritto. Con vittoria di spese ed onorari di giudizio. 
    Il ricorrente ha presentato memoria in data 17 aprile 2008. 
    All'odierna  pubblica  udienza   di   trattazione,   assente   il
ricorrente, il comune si e' riportato alle proprie conclusioni. 
                       Motivi della decisione 
    In  via   preliminare   occorre   sollevare   la   questione   di
costituzionalita' dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del  decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato  dall'art.
3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre  2005,  n.
203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni  urgenti
in materia tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n.  248  -,  nella
parte  in  cui  stabilisce  che  «Appartengono   alla   giurisdizione
tributaria  ....  le  controversie  attinenti  ...  il  canone  sulla
pubblicita'  ...»,  in  riferimento  all'art.  102,  secondo   comma,
Costituzione,  considerato  che  la  decisione  sulla   controversia,
oggetto di ricorso, postula che la stessa abbia natura  tributaria  e
che il relativo difetto,  ancorche'  non  eccepito  da  alcuna  delle
parti, e' rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo,  a
norma dell'art. 3, d.lgs. n. 546/1992. 
    Di nessun pregio e' invece l'eccezione  proposta  dal  comune  in
ordine al difetto di giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  a
conoscere la presente controversia appartenendo  la  stessa,  ratione
temporis, al t.a.r. in quanto relativa al pagamento del canone per la
pubblicita' dovuto per l'anno 2001. 
    E  cio'  sul  duplice  rilievo:  che   l'asserita   giurisdizione
esclusiva del  giudice  amministrativo  in  materia  di  controversie
riguardanti  i  canoni,  in  esse  comprese  quello  dovuto  per   la
pubblicita', non trova conforto alcuno nel  diritto  positivo,  tanto
meno nella giurisprudenza di  legittimita'  (cfr.  Cass.  civ.,  s.u.
sent. n. 22662 del 23 ottobre 2006; id. sent. n. 22661 del 23 ottobre
2006); che per il principio tempus  regit  actum,  applicabile  nella
specie, la cartella di pagamento notificata all'interessato nel 2007,
ancorche' relativa al canone comunale sulla  pubblicita'  dovuto  per
l'anno 2001, in assenza di norme transitorie,  non  puo'  che  essere
impugnata dinanzi alle commissioni tributarie, in  forza  del  chiaro
dettato dell'art. 2, comma 2, ultima parte, del d.lgs.  n.  546/1992,
come modificato dall'art. 3-bis,  comma  1,  lett.  b)  del  d.l.  30
settembre 2000, n. 203, convertito con modifificazioni  con  legge  2
dicembre 2005, n. 248, con effetto dal 3 dicembre  2005  (cfr.  Cass.
civ., s.u. sent. 1614 del 25 gennaio 2007;  id.  sent.  1611  del  25
gennaio 2007). 
    E' bene precisare che la controversia  sottoposta  all'attenzione
di questa Commissione Tributaria ha ad oggetto non gia' il  pagamento
di un tributo quale  era  certamente  l'«imposta  sulla  pubblicita»,
disciplinata dal Capo I del d.lgs. n. 507/1993, ma il  pagamento  del
«canone  per  l'installazione  di  mezzi  pubblicitari»  -   relativo
all'anno 2004 - introdotto con l'art. 62 del d.lgs. 15 dicembre 1997,
n. 446, in sede di riordino  della  disciplina  dei  tributi  locali,
quale  corrispettivo,  in  base  a  tariffa,   della   autorizzazione
all'installazione del mezzo pubblicitario. 
    Questo canone, come puntualizzato dallo stesso comune  nelle  sue
controdeduzioni,  rientra  nel   novero   delle   entrate   pubbliche
patrimoniali ma non ha piu' natura di tributo. 
    Ne  consegue  che  ogni   controversia   al   riguardo   dovrebbe
appartenere non gia' alla giunsdizione tributaria bensi' a quella del
giudice ordinario. 
    Tanto  si  ricava  dalla  sentenza   n.   64/2008   della   Corte
costituzionale, che ha  dichiarato  «l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 2, secondo periodo,  del  decreto  legislativo  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1,
lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203  (Misure  di
contrasto all'evasione fiscale  e  disposizioni  urgenti  in  materia
tributaria e finanziaria), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - nella parte in  cui
stabilisce che ''appartengono alla giurisdizione tributaria anche  le
controversie relative alla debenza del canone  per  l'occupazione  di
spazi ed aree pubbliche previsto dall'art. 63 del decreto legislativo
15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni''»  proprio  per
contrasto con l'art. 102, secondo comma, Costituzione, poiche'  prive
di natura tributaria. 
    Ne' vale a far ritenere manifestamente infondata la questione  di
costituzionalita' che si intende qui sollevare  evocare  quanto  gia'
sostenuto in sede di legittimita', sia pure in materia  di  TIA,  per
affermare  la  riconducibilita'  del   canone   che   qui   interessa
nell'ambito   della   materia   tributaria,   indipendentemente   dal
normen iuris  utilizzato  dalla  normativa  che  l'ha  introdotto   -
«riordino della disciplina  dei  tributi  locali»  -  trattandosi  di
fattispecie in qualche misura  simile  a  quella  che  in  precedenza
rivestiva indiscussa natura tributaria. 
    Siffatto argomentare si scontra innanzi tutto  con  il  principio
affermato dal Giudice delle leggi con  la  sentenza  n.  64/2008  «il
difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente
venir meno  il  fondamento  costituzionale  della  giurisdizione  del
giudice tributario, con la  conseguenza  che  l'attribuzione  a  tale
giudice della  cognizione  della  suddetta  controversia  si  risolve
inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente  vietata,  di  un
''nuovo'' giudice speciale», ribadito nella sentenza n.  130  del  14
maggio 2008. 
    Esso si pone  poi  in  netto  contrasto  con  il  chiaro  dettato
dell'art.  62,  comma  1,  d.lgs.  n.  446/1997   che   ha   previsto
l'alternativita' tra «imposta comunale sulla  pubblicita»  e  «canone
per l'installazione dei mezzi pubblicitari», in base a tariffa, quale
corrispettivo della relativa autorizzazione. 
    Se fosse sostanzialmente identica la natura giuridica  delle  due
entrate (imposta e canone) non si comprende la ragione per  la  quale
il legislatore nel riordinare la disciplina dei tributi locali  abbia
attribuito  ai  comuni  la  potesta'  regolamentare   «di   escludere
l'applicazione nel proprio  territorio  dell'imposta  comunale  sulla
pubblicita' di cui al Capo I del d.lgs. 15  novembre  1993,  n.  507,
sottoponendo le iniziative  pubblicitarie  che  incidono  sull'arredo
urbano o sull'ambiente, ad un regime autorizzatorio e assoggettandole
al pagamento di un canone in base a tariffa». 
    Il persistere,  se  pure  in  via  alternativa,  di  «imposta»  e
«canone» sulla pubblicita', depone per la differente  «natura»  delle
due   entrate   ancorche'   pubbliche:   «tributaria»    la    prima,
«patrimoniale» la seconda. 
    Tanto  basta  a  far  ritenere  non  manifestamente  infondata  e
giuridicamente  rilevante  nel  caso  di  specie,  la  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2,  secondo  periodo,
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546  -  come  modificato
dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30  settembre
2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - nella parte in  cui  stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria ...  le  controversie
attinenti .... il  canone  sulla  pubblicita'  ...»,  in  riferimento
all'art. 102, secondo comma, Costituzione ed  alla  VI  disp.  trans.
della Costituzione. 
                              P. Q. M. 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui  stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria .... le  controversie
attinenti .... il canone sulla pubblicita' ...» in relazione all'art.
102, secondo comma,  Costituzione  ed  alla  VI  disp.  trans.  della
Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
comunicata alle parti, nonche' notificata al Presidente del Consiglio
dei ministri ed ai Presidenti del Senato e della Camera. 
        Cosi' deciso in Genova, il 2 luglio 2008. 
                   Il Presidente relatore: Di Noto