N. 67 ORDINANZA 25 febbraio - 5 marzo 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero  e  apolide  -  Espulsione  amministrativa   -   Reato   di
  trattenimento, senza  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello
  Stato in violazione dell'ordine di allontanamento  del  questore  -
  Arresto obbligatorio  -  Denunciata  contraddittorieta'  intrinseca
  nonche' violazione del principio di eguaglianza e del diritto  alla
  liberta' personale - Questione identica ad  altra  gia'  dichiarata
  non fondata - Mancata prospettazione di argomenti di censura  nuovi
  o diversi da quelli gia' scrutinati - Manifesta infondatezza  della
  questione. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art.  14,  comma  5-quinquies,  come
  sostituito dall'art. 1, comma 6, del d.l.  14  settembre  2004,  n.
  241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12  novembre  2004,
  n. 271. 
- Costituzione, artt. 3 e 13. 
(GU n.10 del 11-3-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  comma
5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito  dall'art.
1, comma 6, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni
urgenti in materia di immigrazione), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 12 novembre 2004,  n.  271,  promosso  dal  Tribunale  di
Paola, sezione distaccata di Scalea, con ordinanza  del  14  novembre
2007, iscritta al n. 182 del registro  ordinanze  2008  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2008. 
    Udito nella Camera di consiglio dell'11 febbraio 2009 il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Tribunale di Paola, sezione distaccata di Scalea,
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  13  della  Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   14,   comma
5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito  dall'art.
1, comma 6, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni
urgenti in materia di immigrazione), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 12 novembre 2004, n. 271,  nella  parte  in  cui  prevede
l'arresto  obbligatorio,  anziche'  meramente  facoltativo,  per   il
delitto di  cui  all'art.  14,  comma  5-ter,  del  medesimo  decreto
legislativo; 
        che, nel giudizio principale, il rimettente deve valutare una
richiesta di convalida dell'arresto di un cittadino extracomunitario,
cui  si  contesta  l'inottemperanza   all'ordine   impartitogli   dal
questore, ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n.  286  del
1998, di allontanarsi entro cinque giorni dal territorio dello Stato; 
        che  l'arrestato  risulta -  all'esito   degli   accertamenti
dattiloscopici - privo  di  precedenti  penali  e  giudiziali  e  mai
segnalato alla polizia; 
        che il giudice a quo ha  disposto  la  sola  sospensione  del
procedimento di convalida, sottolineandone l'autonomia  dal  giudizio
di merito, data la sua finalizzazione esclusiva alla  verifica  della
legittimita' della privazione  di  liberta'  intervenuta  in  via  di
urgenza (e' richiamata  la  sentenza  n.  54  del  1993  della  Corte
costituzionale); 
        che  il  rimettente  evidenzia  la  maggiore   ampiezza   del
controllo che caratterizza la verifica giudiziale sull'operato  della
polizia giudiziaria nei casi di arresto facoltativo rispetto a quelli
di arresto obbligatorio, in quanto nei primi  il  vaglio  si  estende
alla valutazione dei presupposti sostanziali della misura  limitativa
della liberta' (gravita' del fatto, pericolosita' dell'agente), avuto
riguardo agli  elementi  conosciuti  e  conoscibili  da  parte  della
polizia al  momento  del  fatto  (e'  richiamata  Cassazione  penale,
sentenza n. 14474 del 2007); 
        che,  inoltre,  il  giudice  a  quo  osserva  come  l'arresto
obbligatorio, in quanto caratterizzato dall'automatismo  che  esclude
la valutazione dell'utilita' «in  concreto»  della  misura  privativa
della liberta' personale, possa essere previsto solo entro  i  limiti
fissati dall'art. 13, terzo  comma,  Cost.,  vale  a  dire  «in  casi
eccezionali di necessita' ed urgenza»; 
        che il rimettente procede ad  una  ricognizione  del  sistema
delle misure precautelari, osservando come i limiti configurati dalla
Costituzione trovino positiva  specificazione  nei  criteri  generali
stabiliti nell'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale; 
        che infatti, in applicazione del criterio quantitativo (comma
1), l'arresto obbligatorio  e'  previsto  per  tutti  i  delitti  non
colposi puniti con l'ergastolo o con la reclusione non inferiore  nel
massimo a venti anni e nel minimo a cinque anni, mentre, in  base  al
criterio qualitativo (comma 2), l'arresto obbligatorio  in  flagranza
e' imposto per tutelare speciali esigenze  di  difesa  sociale  della
collettivita', a fronte di reati, tassativamente indicati, puniti con
pene inferiori a quelle previste per i reati indicati nel  comma  che
precede; 
        che le disposizioni contenute nei due commi citati  dell'art.
380  cod.  proc.  pen.,  secondo  il  giudice  a  quo,   troverebbero
l'elemento  di  unificazione   in   una   presunzione   assoluta   di
pericolosita' dell'agente, desumibile dalla  gravita'  oggettiva  del
fatto (comma 1), ovvero da una valutazione compiuta  dal  legislatore
sulla base delle caratteristiche del  reato  (comma  2),  trattandosi
comunque, in questi ultimi casi,  di  condotte  sanzionate  con  pene
edittali elevate, notevolmente superiori  a  quelle  fissate  per  il
reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998,
punito con la reclusione da uno a quattro anni; 
        che,   pertanto,   il    legislatore    avrebbe    accomunato
irragionevolmente,  e  con  effetti  discriminatori,  ai  fini  della
applicazione della misura precautelare, fattispecie  non  comparabili
sia sotto il profilo del  trattamento  sanzionatorio,  sia  sotto  il
diverso profilo dell'allarme sociale; 
        che  infatti,  a  parere  del  rimettente,   l'inottemperanza
all'ordine del questore  di  lasciare  il  territorio  nazionale  non
produrrebbe alcuna offesa  diretta  ad  interessi  costituzionalmente
rilevanti, trattandosi  di  un  «reato  ostacolo»,  ne'  si  potrebbe
ritenere che il cittadino extracomunitario sia socialmente pericoloso
in ragione dello «stato  di  clandestinita»  o  perche'  illegalmente
presente nel territorio nazionale; 
        che  il  giudice  a  quo  istituisce,  quindi,  un  ulteriore
raffronto tra il reato in esame ed altre  fattispecie  incriminatrici
che presenterebbero struttura analoga ad  esso,  risultando  peraltro
direttamente o potenzialmente lesive di interessi collettivi, per  le
quali il legislatore ha  previsto  l'arresto  in  flagranza  soltanto
facoltativo; 
        che il rimettente richiama il  reato  di  evasione,  previsto
dall'art. 385 cod. pen., che si  sostanzia  nella  violazione  di  un
provvedimento emesso dall'autorita' giudiziaria e «non di un semplice
provvedimento amministrativo», da parte di un soggetto  che,  per  il
solo fatto di essere detenuto per altra  causa,  dovrebbe  presumersi
socialmente pericoloso; 
        che il raffronto prosegue con il richiamo al  reato  previsto
dall'art. 9, secondo comma, della legge 27  dicembre  1956,  n.  1423
(Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per  la
sicurezza e per la pubblica moralita'),  che  punisce  l'inosservanza
agli obblighi e alle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale
con la reclusione da uno a cinque anni, e per il quale il comma terzo
della stessa disposizione prevede l'arresto soltanto facoltativo; 
        che anche in questa ipotesi  - evidenzia il giudice a  quo  -
l'inosservanza riguarda un provvedimento dell'autorita' giudiziaria e
l'elevata pericolosita' sociale dell'agente e' stata  gia'  accertata
giudizialmente; 
        che, ancora, e' richiamato l'art. 8, comma 1-bis, della legge
13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco  e  delle
scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di
manifestazioni sportive), il quale prevede l'arresto facoltativo  dei
soggetti resisi gia' responsabili di fatti di violenza  in  occasione
di manifestazioni sportive, e dunque sicuramente pericolosi; 
        che,  infine,  il   rimettente   sottolinea   il   differente
trattamento riservato  dal  legislatore  alle  fattispecie  delineate
dagli artt. 388 e 650 del codice penale, nonche' dall'art.  9,  primo
comma, della legge n. 1423  del  1956  e  dall'art.  51  del  decreto
legislativo 5  febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione  della  direttiva
91/156/CEE  sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE  sui  rifiuti
pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui  rifiuti
di  imballaggio),  che  sanzionano   penalmente   la   violazione   o
trasgressione  di  provvedimenti  emessi  dalla  pubblica   autorita'
(amministrativa o giurisdizionale), e per le quali l'arresto  non  e'
previsto neppure in forma facoltativa; 
        che,  dunque,  all'esito  della   disamina   cosi'   condotta
emergerebbe chiaramente come  il  legislatore,  prevedendo  l'arresto
obbligatorio per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.
n.  286  del  1998,  abbia  omologato  situazioni  affatto  difformi,
violando  il  principio  di   uguaglianza   che,   benche'   riferito
testualmente ai «cittadini», deve ritenersi esteso agli stranieri, in
quanto norma diretta alla tutela dei  diritti  inviolabili  dell'uomo
(e'  richiamata  la  sentenza   n.   104   del   1969   della   Corte
costituzionale); 
        che inoltre, in  riferimento  alla  prospettata  lesione  del
principio sancito dall'art. 13, terzo  comma,  Cost.,  il  rimettente
ribadisce  che  il   legislatore   potrebbe   stabilire   limitazioni
provvisorie alla liberta'  personale,  al  di  fuori  dell'intervento
dell'autorita' giudiziaria, solo in «casi eccezionali di necessita' e
urgenza», che non ricorrerebbero nella specie; 
        che, infatti, l'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n.  286  del
1998 delinea una fattispecie delittuosa  di  mera  condotta,  il  cui
elemento materiale e' costituito dalla mancata osservanza dell'ordine
di allontanamento disposto dal questore, la' dove «la  struttura  del
reato non prevede ne' la lesione ne' la messa in pericolo  diretta  e
immediata di un bene costituzionalmente protetto»; 
        che il rimettente osserva come,  a  fronte  di  soggetti  mai
condannati  ne'  giudicati  per  altri  reati,  qual   e'   l'odierno
arrestato, non possa essere formulato un  giudizio  di  pericolosita'
sociale (sono richiamate le sentenze n. 64 del 1977 e n. 126 del 1972
della Corte costituzionale), e del resto  la  permanenza  clandestina
dello straniero in  Italia  non  costituirebbe  di  per  se'  reato -
essendo invece la condizione che legittima  l'espulsione  -,  ne'  la
formale assenza di un titolo legittimante l'ingresso  nel  territorio
dello Stato potrebbe essere considerata in se'  indice  di  specifica
pericolosita' del soggetto; 
        che, dopo  aver  evidenziato  la  carenza  dei  connotati  di
eccezionale necessita' ed urgenza  per  il  provvedimento  coercitivo
rimesso alla polizia giudiziaria, il  rimettente  si  sofferma  sulle
conseguenze del censurato automatismo sottolineando  come,  in  molti
casi,  gli  organi  di  polizia  si  vedano  costretti  a   procedere
all'arresto  di  soggetti  che  non  presentano  alcun   profilo   di
pericolosita' sociale, talora perfino inseriti nel  contesto  locale,
con la conseguenza che l'adozione della misura precautelare finirebbe
per prescindere  dalla  sua  utilita'  (non  apprezzabile  ne'  dalla
polizia  giudiziaria  in  fase  di  esecuzione,  ne'   dall'autorita'
giudiziaria in fase  di  convalida),  senza  trovare  giustificazione
nella  gravita'  oggettiva  del  fatto  ovvero  nella   pericolosita'
dell'agente; 
        che,   infine,   il   giudice   a    quo    evidenzia    come
l'obbligatorieta' dell'arresto  non  possa  risultare  oggettivamente
funzionale all'intento di garantire l'ottemperanza  al  provvedimento
di allontanamento, giacche' l'effetto di  deterrenza,  attraverso  il
quale il legislatore intende assicurare l'efficacia del  procedimento
di  espulsione   dei   clandestini,   «puo'   legittimamente   essere
rappresentato dalla sanzione penale inflitta dall'A.G.  all'esito  di
un giusto processo», non anche da una misura precautelare alla  quale
la Costituzione e la legislazione penale assegnano altra funzione (e'
richiamata la sentenza n. 223 del 2004 della Corte costituzionale). 
    Considerato che il Tribunale  di  Paola,  sezione  distaccata  di
Scalea, ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  13  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  14,
comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero),  come
sostituito dall'art. 1, comma 6, del decreto-legge 14 settembre 2004,
n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271, nella  parte
in   cui   prevede   l'arresto   obbligatorio,   anziche'   meramente
facoltativo, per il delitto di cui  all'art.  14,  comma  5-ter,  del
medesimo decreto legislativo; 
        che  un'identica  questione  e'  gia'   stata   esaminata   e
dichiarata non fondata con la sentenza n.  236  del  2008  di  questa
Corte,  sul  rilievo  della  non  manifesta  irragionevolezza   della
previsione censurata; 
        che, sotto il  profilo  della  comparazione  con  fattispecie
sottoposte ad identico trattamento, si  e'  evidenziato  come  l'art.
380, comma 2, del codice di procedura penale preveda,  in  attuazione
del criterio «qualitativo» enunciato dalla legge 16 febbraio 1987, n.
81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica  per  l'emanazione
del nuovo codice di  procedura  penale),  l'arresto  obbligatorio  in
flagranza anche con riguardo ad ipotesi di  delitto  tentato  per  le
quali, in forza della diminuzione di pena stabilita dall'art. 56  del
codice penale, i valori edittali  risultano  molto  vicini  a  quelli
previsti dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che  si   e'   esclusa,   per   altro   verso,   l'intrinseca
contraddittorieta' della norma censurata, posto che la trasformazione
della fattispecie di «indebito trattenimento» da  contravvenzione  in
delitto, punito con la pena della reclusione da uno a  quattro  anni,
attuata dalla legge n. 271 del 2004, ha reso possibile l'applicazione
di misure cautelari personali nei confronti  del  soggetto  arrestato
per il reato in esame, eliminando la  contraddizione  riscontrata  da
questa Corte nella sentenza n. 223 del 2004; 
        che pertanto, non essendo stati dedotti ulteriori  argomenti,
la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale  dell'art.  14,  comma  5-quinquies,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1, comma
6, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni  urgenti
in materia di immigrazione),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 12 novembre 2004, n. 271, sollevata, in riferimento agli  artt.
3 e 13 della Costituzione, dal Tribunale di Paola, sezione distaccata
di Scalea, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                       Il redattore: Silvestri 
                      Il cancelliere: Fruscella 
    Depositata in cancelleria il 5 marzo 2009. 
                      Il cancelliere: Fruscella