N. 113 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 2005
Ordinanza dell'11 maggio 2005 emessa dal Tribunale di Agrigento nel procedimento penale a carico di Costa Nicolo'. Processo penale - Giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale di condanna - Facolta' dell'imputato di chiedere un rito diverso da quello prescelto nell'atto di opposizione - Preclusione - Lesione del diritto di difesa tecnica - Contrasto con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. - Codice di procedura penale, artt. 461, comma 1, e 464, comma 3. - Costituzione, artt. 24, comma secondo, e 111, comma terzo; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6.(GU n.16 del 22-4-2009 )
IL TRIBUNALE Pronunziando nel procedimento penale a carico di Costa Nicolo', imputato del reato di cui all'art. 1117 cod. nav.; O s s e r v a La difesa eccepiva la questione di costituzionalita' dell'art. 461, comma 1 e 464, comma 3 c.p.p., per sospetta violazione dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, 24, secondo comma, 111, terzo comma della Costituzione avuto riguardo alla parte in cui l'imputato non puo', nel giudizio conseguente all'opposizione al decreto penale di condanna, discostarsi dal rito prescelto nell'atto di opposizione stessa, atto da presentarsi a pena di inammissibilita' ex art. 461, comma 1 c.p.p., cosi' come modificato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, entro quindici giorni dalla notificazione del decreto penale di condanna, notificazione effettuata direttamente a mani dell'imputato senza che il detto termine di quindici giorni garantisca l'effettiva possibilita' dell'imputato stesso di effettuare, previa consultazione del difensore, la scelta tecnica vincolante per quanto al rito. Quanto sopra, citava il difensore, in analogia alle statuizioni di cui alla sentenza n. 120/2002 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 458, primo comma, c.p.p. nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato puo' chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato anziche' dall'ultima notificazione all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato. Osservava infatti la Corte costituzionale, nella citata sentenza del 10 aprile 2002: «Il nucleo centrale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. attiene appunto alla violazione del diritto alla difesa tecnica, in quanto la disciplina censurata e' congegnata in maniera tale che il termine stabilito a pena di decadenza per presentare richiesta di giudizio abbreviato puo' scadere senza che il difensore abbia potuto illustrare al proprio assistito le opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del dibattimento. In effetti, l'essenziale funzione della difesa tecnica (sentenze n. 80 del 1984 e n. 125 del 1979), che postula il diritto dell'imputato di conferire con il difensore per predisporre le piu' opportune strategie difensive (vedi sentenze 212 del 1997 e a 216 del 1996) assume particolare incidenza in relazione ad una scelta - quale quella di percorrere la via del giudizio abbreviato - che implica, specie dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 479 del 1999, cognizioni e valutazioni squisitamente tecnico-giuridiche, estranee al patrimonio di conoscenze dell'imputato. In analogia con la sentenza n. 120/2002 citata, deve invero rilevarsi, avuto riguardo alla eccepita illegittimita' costituzionale nel caso che ci riguarda, che la decisione se accedere o meno al rito abbreviato o al patteggiamento ai sensi dell'art. 461, comma 3.c.p.p. presuppone la conoscenza del fascicolo del pubblico ministero, di cui, a norma dell'art. 140 disp. att. cod. proc. pen., le parti e i difensori hanno facolta' di prendere visione, ed eventualmente estrarre copia, durante il breve termine previsto per presentare la relativa richiesta. Anche in tale ipotesi tali attivita' richiedono necessariamente l'intervento della difesa tecnica, perche' solo il difensore puo' valutare, dopo aver esaminato il fascicolo, se sia conveniente per l'imputato addivenire alla definizione del processo mediante riti alternativi (438 c.p.p. o 444 c.p.p.) prestando quindi il consenso a che gli atti delle indagini vengano utilizzati come prova o, in alternativa, preferire il dibattimento. Anche in tal caso l'imputato viene cioe' chiamato a compiere valutazioni che, coinvolgendo i poteri dispositivi sulla prova e implicando una peculiare esperienza professionale e processuale, esigono l'apporto della difesa tecnica in quanto solo il difensore, sulla base della conoscenza degli atti del fascicolo del pubblico ministero, puo' a ragion veduta valutare la completezza delle indagini e gli effetti dell'utilizzazione in giudizio degli atti gia' acquisiti. «Il diritto di difesa», ha infatti osservato nella citata sentenza la Corte costituzionale - «inteso come effettiva possibilita' di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato, come questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di affermare, in ogni caso in cu ai fini dell'esercizio di facolta' processuali che comportano "la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore" venga posto a pena di decadenza un termine decorrente dalla notificazione all'imputato, anziche' al difensore, dell'atto da cui tali facolta' conseguono (v., con riferimento al termine per dedurre eccezioni di nullita', sentenza n. 162 del 1975, nonche', in relazione al termine per proporre richiesta di riesame, decorrente dalla conoscenza del provvedimento da parte dell'imputato, anziche' dalla notifica dell'atto al difensore, la gia' menzionata sentenza n. 80 del 1984). Alla luce di tali considerazioni appare di tutta evidenza che detti profili di illegittimita' siano parimenti attinenti alla disciplina dell'art. 464 c.p.p. in relazione all'art. 461 c.p.p, laddove e' previsto, cosi' come nel caso di cui sopra, che il decreto penale di condanna e' notificato direttamente all'imputato facendo dipendere da detto termine il decorso del tempo per operare la scelta tecnica del rito, stabilito in quindici giorni, senza prendere in considerazione le obiettive difficolta' dell'imputato per consultarsi entro tale termine con il difensore, conferirgli il mandato per la consultazione del fascicolo del pubblico ministero e scegliere concordemente la piu' idonea linea difensiva. D'altra parte, come osservato dalla difesa, la citata sentenza della Corte costituzionale risponde ad un'ordinanza del Tribunale di Busto Arsizio del 1° dicembre 2000 ed ad un'ordinanza del Tribunale di Savona del 16 maggio 2001 e del Tribunale di Bergamo del 17 luglio 2001 che, dopo la modifica dei termini operata con la legge 16 dicembre 1999, n. 479, avevano evidenziato la sospetta legittimita' del termine di quindici giorni previsto per la scelta del rito che, seppur nella fattispecie riguardante il solo giudizio abbreviato in sede di immediato sarebbe irragionevole non estendere alla scelta dei riti alternativi da operarsi, sempre nel citato termine di quindici giorni, in sede di opposizione al decreto penale di condanna. Irragionevole, per tanto, appare la limitazione di cui al comma 1 dell'art. 461 c.p.p e di conseguenza la disposizione di cui al punto 3 dell'art. 464 c.p.p. laddove si vieta all'imputato di operare, nel giudizio conseguente all'opposizione, una scelta tecnica per quanto al rito diversa da quella indicata nell'atto di opposizione stesso, scelta non operata, a suo tempo, con le piene cognizioni che solo la difesa tecnica puo' garantire e che appare frustato a seguito del decorrere di un termine di soli quindici giorni gia' ritenuto, dalla Corte costituzionale, in casi analoghi inadeguato perche' decorrente dalla mera notifica all'imputato e non anche a quella ricevuta dal difensore. Rilevante si appalesa, peraltro, la questione nell'ambito del presente procedimento, atteso che, nel peculiare caso in esame l'imputato Nicolo' Costa - il quale, residente, tra l'altro, nell'isola di Lampedusa, geograficamente distante dal luogo ove era custodito il fascicolo delle indagini preliminari - ha operato, tramite procuratore speciale, nel termine di quindici giorni, la scelta del giudizio immediato, scelta che invece, a detta della difesa, non avrebbe compiuto, nel caso di specie, successivamente alla compiuta analisi del fascicolo del pubblico ministero e delle nozioni tecniche fornitegli dal proprio difensore, preferendo, in virtu' di un proprio precipuo interesse difensivo, il rito alternativo di cui all'art 444 c.p.p. che avrebbe consentito l'applicazione di una pena meno grave, scelta che invece gli e' stata preclusa in virtu' dello sbarramento costituito dall'art. 464, terzo comma, c.p.p. e che per tali ragioni involgendo la norma incriminatrice contestata, influisce direttamente sulla decisione, per cio' che attiene alla responsabilita' penale dell'odierno imputato ed alla determinazione della eventuale infliggenda pena, involgendo una eventuale restituzione nel termine ai sensi dell'art. 175 c.p.p. Cio' implica che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 461, comma 1 e 464, comma 3 c.p.p, per sospetta violazione dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, 24, secondo comma, 111, terzo comma della Costituzione avuto riguardo alla parte in cui l'imputato non puo', nel giudizio conseguente all'opposizione al decreto penale di condanna, discostarsi dal rito prescelto nell'atto di opposizione stessa. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri ed altresi' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Agrigento, addi' 11 maggio 2005. Il giudice: Liso