N. 189 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2009

Ordinanza del 12 gennaio 2009  emessa  dalla  Commissione  tributaria
regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Azienda  ULSS  18  di
Rovigo contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di Rovigo. 
 
Imposte e tasse - Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) - Detrazioni -
  Indetraibilita'    dell'imposta     relativa     all'acquisto     o
  all'importazione di beni e servizi afferenti  operazioni  esenti  o
  comunque non soggette all'imposta - Omessa attribuzione  agli  enti
  erogatori di servizi sanitari  del  diritto  di  detrarre  l'I.V.A.
  corrisposta  per  l'acquisto  di  beni  e  servizi  utilizzati  per
  l'espletamento delle attivita' istituzionali di interesse pubblico,
  esenti da imposta ai sensi dell'art. 10, comma primo,  n.  19,  del
  d.P.R. n. 633 del 1972 - Appello proposto da  Unita'  Locale  Socio
  Sanitaria  avverso  sentenza  di  rigetto   dell'impugnazione   del
  silenzio  rifiuto  serbato  dall'amministrazione   finanziaria   su
  istanze di rimborso dell'I.V.A.  versata  negli  anni  1996-2002  -
  Irragionevole incisione  della  posizione  dell'ente  erogatore  di
  servizi  sanitari,  anziche'  del  consumatore   -   Ingiustificata
  disparita' di trattamento  tributario  tra  soggetti  esercenti  la
  medesima  attivita'  sanitaria,  irrazionalmente   discriminati   a
  seconda  che  acquistino  o  meno  dall'esterno  beni   e   servizi
  funzionali all'erogazione delle prestazioni  esenti  da  imposta  -
  Lesione del principio di capacita' contributiva - Eccesso di delega
  - Contrasto con i principi e  i  criteri  direttivi  fissati  dalla
  legge delega n. 662 del 1996 in tema di revisione della  disciplina
  delle detrazioni  di  imposta  -  Violazione  dei  vincoli  imposti
  dall'ordinamento comunitario al legislatore  statale  e  regionale,
  con particolare riguardo al principio di neutralita' dell'imposta. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre  1972,  n.  633,
  art. 19, comma secondo, come sostituito  dall'art.  2  del  decreto
  legislativo 2 settembre 1997, n. 313. 
- Costituzione, artt. 3, 53, 76 [in relazione all'art. 3,  comma  66,
  lett. b), della legge delega 23 dicembre 1996, n. 662], 77  e  117,
  primo comma. 
(GU n.27 del 8-7-2009 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sull'appello   n.   1640/07,
depositato il 28 novembre 2007, avverso la sentenza  n.  20  febbraio
2007, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Rovigo; 
    Contro Agenzia Entrate Ufficio Rovigo, proposto dalla  ricorrente
Azienda ULSS 18 Rovigo, viale Tre Martiri, 89 - 45100 Rovigo,  difeso
da Gimigliano dott. Mario e Sandali dott. Sergio, viale dei Mille, 16
- 31100 Treviso. 
    Atti impugnati:  silenzio  rifiuto  istanza  rimb.  I.V.A.  1996;
silenzio rifiuto istanza rimb. I.V.A. 1997; silenzio rifiuto  istanza
rimb. I.V.A.  1998;  silenzio  rifiuto  istanza  rimb.  I.V.A.  1999;
silenzio rifiuto istanza rimb. I.V.A. 2000; silenzio rifiuto  istanza
rimb. I.V.A. 2001; silenzio rifiuto istanza rimb. I.V.A. 2002. 
    Con istanza del 4 marzo 2005, l'Unita' Locale Socio Sanitaria  18
(ULSS 18) di Rovigo chiedeva all'Agenzia delle Entrate  della  stessa
citta', il rimborso dell'IVA versata negli anni dal 1996 al 2002  che
ammonta a € 19.468.702, in ottemperanza del  disposto  dell'art.  13,
parte b), lett.  c),  della  VI  direttiva  CEE  388/77;  avverso  il
silenzio rifiuto dell'Agenzia delle Entrate, l'ULSS 18 ricorreva alla
Commissione tributaria provinciale di Rovigo, la quale respingeva  il
ricorso con la sentenza  n.  20  febbraio  2007  resa  pubblica,  con
deposito, l'8 maggio 2007. 
    L'ULSS 18 rappresentata dal dott. Adriano Marcolongo e difesa dal
dott. Mario Gimigliano con  studio  a  Cosenza,  piazza  Zumbini,  47
depositava appello il 28 novembre 2007, adducendo la seguente duplice
motivazione: il mancato recepimento da  parte  dello  Stato  Italiano
dell'esenzione prevista dall'art. 13, parte b),  lett.  c)  della  VI
direttiva CEE e l'illegittimita' dell'art. 19, comma 2, del d.P.R. n.
633/1972, in violazione delle norme costituzionali. 
    L'Agenzia  delle  Entrate   rispondeva   con   contro   deduzioni
sostenendo  che  l'ULSS  18  non  sarebbe  legittimata   a   chiedere
un'imposta  mai  versata  all'Erario.  Infatti,  secondo  consolidato
orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione, il  cedente
del bene o il prestatore del servizio  sono  gli  unici  soggetti  ad
avere un rapporto diretto con l'amministrazione  finanziaria  e  come
tali,  pertanto,  unici  soggetti  a  poter  richiedere  il  rimborso
dell'imposta  indebitamente  versata.   Nel   caso   di   specie   il
cessionario,  al  contrario,  e'   parificabile   alla   figura   del
consumatore finale proprio perche' le operazioni poste in essere sono
esenti dall'IVA. 
    Non solo, l'esenzione prevista dall'art. 13, parte b),  lett.  c)
della VI direttiva recepita nell'ordinamento nazionale dall'art.  10,
n. 27-quinquies del decreto IVA va applicata solo  nei  confronti  di
coloro che, non avendo potuto detrarre l'IVA corrisposta  al  momento
dell'acquisto del bene in ragione del regime di esenzione applicabile
all'attivita'  dagli  stessi  svolta,  successivamente  decidono   di
rivendere a terzi detto bene. 
                       Motivi della decisione 
    Preliminarmente, la Commissione rigetta l'eccezione  dell'Agenzia
sulla legittimazione passiva del cessionario in quanto la ULSS 18 non
e'  consumatore  finale  e  come  soggetto   passivo   d'imposta   e'
legittimata a chiedere il rimborso. 
    La materia trattata e' di indubbia  complessita'  interpretativa;
e' da valutare se il  combinato  disposto  di  norme  insistenti  nel
diritto positivo - da quelle comunitarie a quelle nazionali  -  debba
interpretarsi nel senso «letterale», o debba muoversi da un'attivita'
ermeneutica dell'intero sistema normativo vigente  aprendo  cosi'  la
via all'interpretazione teleologica della specifica norma. 
    L'IVA  e'  un'imposta   generale   sui   consumi   che   colpisce
l'incremento di valore che un bene o un  servizio  acquista  ad  ogni
passaggio economico  (valore  aggiunto);  attraverso  un  sistema  di
detrazione   e   rivalsa   (addebito)   l'imposta   grava,    infine,
completamente sul consumatore finale. Giova  anche  evidenziare  che,
tra le operazioni  IVA,  esistono  quelle  c.d.  «esenti»,  ossia  le
operazioni  che,  per  espressa  previsione   normativa,   non   sono
assoggettabili all'imposta al fine di agevolare  determinati  settori
particolarmente «sensibili» e «delicati» della societa'. 
    Premesso quanto sopra, il Collegio, esaminata  la  documentazione
agli atti, tenuto conto di quanto emerso in udienza e  in  camera  di
consiglio, ritiene la questione del mancato recepimento dell'art. 13,
parte b),  lett.  c)  della  VI  direttiva  CEE  sia  ormai  superata
dall'ordinanza 6 luglio 2006  nella  causa  C-18/05  della  Corte  di
giustizia delle Comunita' europee che interpreta la detta  norma  nel
senso che non si riferisce all'acquisto a  monte  dei  beni  ma  alla
rivendita dei beni stessi. Pertanto, il richiamo  a  detta  pronuncia
della Corte di giustizia non e' pertinente al caso di specie. 
    Per  quanto  riguarda  invece  l'eccezione  della  illegittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma  2  del  d.P.R.  n.  633/1972,  la
Commissione la Ritiene fondata per i motivi che seguono: 
        nel  dettare  misure  di  razionalizzazione   della   finanza
pubblica, con legge 23 dicembre 1996, n. 662,  il  Governo  e'  stato
delegato ad emanare decreti legislativi in  materia  di  imposta  sul
valore aggiunto,  in  conformita'  alla  normativa  comunitaria,  nel
rispetto dei principi e criteri direttivi tra  i  quali,  per  quanto
concerne la revisione della disciplina delle detrazioni  di  imposta,
l'esclusione del diritto alla detrazione «per gli acquisti di beni  e
servizi destinati esclusivamente a finalita'  estranee  all'esercizio
dell'impresa o dell'arte o professione utilizzati esclusivamente  per
operazioni non soggette all'imposta, eccettuate quelle cui  le  norme
comunitarie ricollegano comunque il diritto alla  detrazione»  (comma
66 lettera b). 
    In esecuzione di tale delega, il decreto legislativo 2  settembre
1997, n. 313 all'art. 2, comma 2, nel dettare  norme  in  materia  di
imposta sul valore aggiunto, ha modificato il regime del  sistema  di
detrazioni, stabilendo al comma 2 dell'art 19 del d.P.R. n.  633  del
1972  che  «non  e'  detraibile  l'imposta  relativa  all'acquisto  o
all'importazione di beni e  servizi  afferenti  operazioni  esenti  o
comunque non soggette all'imposta». 
    Questa  disposizione  trova  applicazione  nel  caso  in   esame,
giacche' secondo il suo tenore letterale  e  la  interpretazione  che
questo giudice  ritiene  di  dover  condividere,  non  consente  alla
ricorrente di detrarre l'imposta che ha pagato per l'acquisto di beni
e servizi necessari  per  erogare  le  prestazioni  esenti.  Tuttavia
proprio in ordine a tale disciplina  normativa  sono  stati  proposti
dubbi di legittimita' costituzionale rilevanti, investendo  le  norme
che sono da  applicare  nel  giudizio  in  corso  non  manifestamente
infondati con riferimento  ai  parametri  costituzionali  di  seguito
precisati. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale investono l'art. 2,  comma
2 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313,  che  sostituisce
l'art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, e che,  nel  dettare  norme  in
materia di imposta sul valore aggiunto, ha modificato il  regime  del
sistema di detrazioni, stabilendo al comma 2 dell'art. 19 che «non e'
detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni
e servizi afferenti o  operazioni  esenti  o  comunque  non  soggette
all'imposta» (art. 2, che sostituisce l'art. 19 del  d.P.R.  633  del
1972). Tale  disposizione  risulta  emanata  in  forza  della  delega
concessa  al  Governo  con  l'art.  3  (disposizioni  in  materia  di
entrata), comma 66, lett. b), della legge 23 dicembre 1996,  n.  662,
nel contesto di misure di razionalizzazione della finanza pubblica. 
    I  dubbi  di   legittimita'   costituzionale   investono   questa
disciplina anzitutto con riferimento agli artt. 76 e 77,  117,  primo
comma  della  Costituzione,  e  art.  3,  sotto  il   profilo   della
uguaglianza (oltre che della razionalita'). Le  norme  oggetto  della
questione di legittimita' costituzionale comportano  che  le  aziende
sanitarie  (ASL,  Ospedali,  etc.),  le  cliniche  e  case  di   cura
convenzionate,  le  societa'  di  mutuo  soccorso  con   personalita'
giuridica e  le  ONLUS,  non  siano  ammesse  a  detrarre  l'IVA  che
corrispondono  per  l'acquisto  di  beni  e  servizi  utilizzati  per
l'espletamento  della  loro  attivita'  istituzionale  di   interesse
pubblico  (acquisto  di  medicinali,   attrezzature,   servizi).   Ne
risultano - a parere del Collegio - violati o superati i  principi  e
criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione, o comunque si
eccede dalla previsione della delega. 
    Difatti il tenore letterale della  delega  legislativa  (art.  3,
comma 66, lett. b), legge n. 662 del  1996),  prefigura  l'esclusione
dal diritto alla detrazione - che dunque  secondo  questa  previsione
nel resto permane - dei soli acquisti di beni e servizi  destinati  a
finalita' estranee  all'esercizio  dell'attivita'  (impresa,  arte  o
professione)   per   la   quale   opera    l'esenzione,    utilizzati
esclusivamente per operazioni non soggette all'imposta. 
    Cio' comporta, in  coerenza  con  la  finalita'  della  norma  di
esenzione dall'imposta sul valore  aggiunto  per  le  prestazioni  di
ricovero e cura rese da soggetti ospedalieri, che la prestazione alla
persona utente del servizio sanitario non sia  gravata  dall'imposta,
ma  non  implica  che  la  stessa,  attinente  all'acquisto  di  beni
necessari   per   l'esercizio   dell'attivita'   (impresa,   arte   o
professione)   debba   gravare,   con   il   meccanismo   della   non
detraibilita', sul soggetto che eroga il servizio  esente,  divenendo
sostanzialmente un elemento di costo. 
    L'art. 19 del d.P.R. n. 663 del 1972, come modificato dall'art. 2
del d.lgs. n. 313 del 1997, muove, invece, in questa  direzione,  che
e' di segno diverso  rispetto  a  quanto  stabilito  dalla  legge  di
delegazione, o comunque eccede dalla stessa. Questa, difatti, esclude
il diritto alla  detrazione  per  gli  acquisti  di  beni  e  servizi
destinati   esclusivamente   a   finalita'   estranee   all'esercizio
dell'impresa e non per operazioni  come  nella  situazione  in  esame
attinenti all'esercizio dell'impresa. 
    Inoltre ne  risulta  irragionevolmente  vanificata  la  finalita'
dell'esenzione,  che  e'  diretta  a  non  far  gravare   sull'utente
l'imposta sulla produzione di quello specifico servizio  di  pubblico
interesse, ma non a far gravare l'onere sul soggetto  produttore  del
servizio,  e  quindi  sul  costo  dello   stesso.   Con   conseguenze
ulteriormente negative  se  si  considera  che  questi  soggetti  non
vengono ammessi alla detrazione «pro rata». 
    Il vizio rispetto alla legge di delegazione  si  manifesta  anche
come contrasto con la disciplina comunitaria e quindi con l'art.  117
Cost., presa in considerazione  dalla  recente  giurisprudenza  della
Corte costituzionale quale parametro interposto per la verifica della
legittimita'  costituzionale  delle  leggi.  Difatti  la   disciplina
comunitaria, quale risulta sin dalla prima direttiva  CEE  del  1967,
che  individuava  le  linee  fondamentali  cui  si  sarebbero  dovuti
ispirare gli Stati membri, e' improntata  al  principio  fondamentale
della  neutralita'  dell'imposta  che  ricade  sul  consumo  in  modo
proporzionale al prezzo dei beni e servizi,  indipendentemente  dalle
transazioni intervenute nel processo di  produzione  e  distribuzione
antecedente. 
    D'altra parte la  disciplina  della  non  detraibilita',  oggetto
della questione  di  legittimita'  costituzionale,  appare  idonea  a
provocare  anche  una  distorsione  (invertita)   della   concorrenza
rispetto alle imprese commerciali  soggette  all'IVA,  le  quali,  in
ipotesi, eroghino servizi analoghi, potendo recuperare  l'IVA  pagata
sull'acquisto di beni e servizi utilizzati  per  la  loro  attivita'.
Cio' in contrasto  con  il  principio  di  neutralita'  dell'imposta,
affermato dall'ordinamento  comunitario,  che  pone  ora  un  vincolo
costituzionalmente   rilevante   per   l'esercizio   della   potesta'
legislativa dello Stato (art. 117, primo comma, Cost.). 
    Il dubbio di legittimita' costituzionale delle norme  denunciate,
si prospetta anche con riferimento agli artt. 3, per irragionevolezza
e disparita' di trattamento, e 53 della Costituzione. 
    La normativa, denunciata, non consentendo all'azienda  che  eroga
il servizio sanitario di detrarre l'IVA pagata per l'acquisto di beni
e servizi esclusivamente destinati alla produzione del  servizio  per
il quale opera la esenzione,  contraddice  irragionevolmente  sia  il
fondamento dell'imposta, che dovrebbe gravare il consumatore  finale,
sia la neutralita' che ne costituisce  la  caratteristica  operativa.
Difatti, non consentendo di detrarre l'imposta relativa  all'acquisto
o all'importazione di  beni  e  servizi  afferenti  alle  prestazioni
sanitarie esenti, pone a carico dell'ente sanitario, che  non  e'  il
consumatore finale, l'imposta. 
    Sotto altro  profilo  si  determina  un  effetto  distorsivo  che
trasmoda in disparita' di trattamento, a seconda che i beni e servizi
necessari per lo svolgimento dell'attivita' siano prodotti in tutto o
in parte nell'ambito dell'istituto sanitario o  ospedaliero  o  meno,
per la diversa ampiezza del valore aggiunto dal segmento finale della
produzione per opera dell'ente ospedaliero. Questo segmento di valore
aggiunto rimarrebbe il solo ad essere «esente», ma si  determinerebbe
una discriminazione tra i soggetti che  producono  direttamente  («in
casa»)  o  con  modalita'  che  immettono  nell'area  della   propria
produzione di  beni  e  servizi  egualmente  destinati  all'esercizio
dell'attivita', sul cui valore aggiunto non inciderebbe l'imposta,  e
gli altri soggetti che, per la  medesima  attivita'  acquistano  quei
beni e servizi, il  cui  valore  aggiunto  (medesimo  ai  fini  della
produzione finale) rimarrebbe gravato  dall'imposta,  che  perderebbe
irragionevolmente il suo carattere di neutralita' con una conseguente
ingiustificata disparita' di trattamento. 
    Quanto sopra considerato farebbe  anche  ritenere  che  l'imposta
rimarrebbe in tal modo  sganciata  anche  da  una  manifestazione  di
capacita' contributiva. 
    D'altra parte, la illegittimita' del comma 2 dell'art. 19, la  si
evince anche dall'evidente contrasto che  detta  norma  presenta  nei
confronti del comma 1 dello stesso art. 19, laddove  e'  prevista  la
detraibilita' dell'IVA  pagata  per  l'acquisto  di  beni  e  servizi
utilizzati per operazioni che rientrano nell'esercizio  dell'impresa,
nel mentre il comma 2 prevede la indetraibilita' dell'IVA pagata  per
l'acquisto di beni e servizi utilizzati  per  operazioni  esenti,  le
quali pero' sono operazioni che rientrano nell'esercizio dell'azienda
sanitaria e, secondo una  costante  giurisprudenza,  sono  operazioni
soggette alla normativa IVA, per le quali la direttiva CEE prevede il
diritto alla detrazione. 
    Il presente giudizio non puo' essere  definito  indipendentemente
dalla risoluzione  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sopra prospettate; la questione e' rilevante ai fini del decidere. 
    Pertanto, visti l'art. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, si dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale,  con  i  conseguenti  adempimenti  di
legge. 
                              P. Q. M. 
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  2,
comma 2, del decreto  legislativo  2  settembre  1997,  n.  313,  che
sostituisce l'art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, e che, nel  dettare
norme in materia di imposta sul valore  aggiunto,  ha  modificato  il
regime del sistema di detrazioni, stabilendo al comma 2 dell'art.  19
che  «non   e'   detraibile   l'imposta   relativa   all'acquisto   o
all'importazione di beni e  servizi  afferenti  operazioni  esenti  o
comunque non soggette all'imposta», anche quando  cio'  si  riferisca
al1e attivita' sanitarie esentate da IVA ai sensi dell'art. 10, punto
19, del d.P.R. n. 633/72 - d.lgs.  emanato  a  seguito  della  delega
concessa al Governo con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 2, n.
66) - per contrasto con gli artt. 76 e  77,  117  primo  comma  della
Carta costituzionale, ed artt. 3 e 53 della stessa Costituzione,  nei
sensi specificati in motivazione. 
    Sospende il presente giudizio e  dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata  alle  parti  in
causa ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  e  che  sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Venezia-Mestre, addi' 10 novembre 2008 
                        Il Presidente: Franco 
                                                 Il relatore: Corradi