N. 235 SENTENZA 15 - 23 luglio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale  -  Ricorso
  delle  Regioni  Calabria,  Puglia  e  Piemonte  -  Impugnazione  di
  numerose disposizioni del decreto legislativo aprile 2006, n. 152 -
  Trattazione delle sole questioni aventi ad oggetto  l'intera  parte
  sesta, con relativi allegati, nonche' gli artt. 299, commi 2  e  5,
  300, 301, 304, 305, 306, 309, comma 1, 311, 312, 313, 314 e  315  -
  Rinvio a separate pronunce sulle altre questioni. 
Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in   via   principale   -
  Intervento  di   soggetti   privi   di   potesta'   legislativa   -
  Inammissibilita'. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Intero complesso normativo  in  tema  di
  tutela risarcitoria contro i danni  all'ambiente  -  Ricorso  della
  Regione Calabria - Dedotto eccesso di delega -  Omessa  indicazione
  della lesione alle competenze  costituzionalmente  attribuite  alla
  ricorrente - Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152,  intera  parte  sesta,  con  relativi
  allegati. 
- Costituzione, artt. 76 e 77; legge 15 dicembre 2004, n. 308. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Intero complesso normativo  in  tema  di
  tutela risarcitoria contro i danni  all'ambiente  -  Ricorso  della
  Regione  Calabria  -  Dedotta  inosservanza,  nel  procedimento  di
  approvazione del decreto  attuativo,  dei  criteri  indicati  nella
  legge-delega n. 62/2005, che avrebbe tacitamente abrogato la delega
  contenuta nella legge  n.  308/2004  -  Esclusione  che  la  delega
  successiva, relativa all'attuazione  di  direttive  comunitarie  in
  diverse materie, abbia  abrogato  la  precedente,  conferita  nella
  specifica materia ambientale - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, intera parte sesta. 
- Costituzione, artt. 76 e 77; legge 15 dicembre 2004, n. 308;  legge
  18 aprile 2005, n. 62. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Intero complesso normativo  in  tema  di
  tutela risarcitoria contro i danni  all'ambiente  -  Ricorso  della
  Regione  Piemonte  -  Denunciata   violazione   dei   principi   di
  eguaglianza,  del  decentramento   amministrativo,   dell'autonomia
  finanziaria degli enti territoriali e della libera circolazione fra
  le  Regioni  -  Omessa  motivazione   sui   parametri   evocati   -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, intera parte sesta. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 119 e 120. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Intero complesso normativo  in  tema  di
  tutela risarcitoria contro i danni  all'ambiente  Intero  complesso
  normativo  in  tema  di  tutela   risarcitoria   contro   i   danni
  all'ambiente - Ricorso della Regione Piemonte - Denunciato  eccesso
  di delega, per aver di codice introdotto una disciplina  innovativa
  e non di  riordino  -  Omessa  specificazione  di  quale  incidenza
  avrebbe  il  dedotto  vizio  sulle  competenze   costituzionalmente
  garantite alla Regione ricorrente -  Genericita'  della  censura  -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, intera parte sesta. 
- Costituzione, art. 76. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Intero complesso normativo  in  tema  di
  tutela risarcitoria contro i danni  all'ambiente  -  Ricorso  della
  Regione Piemonte -  Denunciata  violazione  dei  principi  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione, di leale  collaborazione,
  ragionevolezza,  adeguatezza,   differenziazione,   sussidiarieta',
  contrasto con l'assetto costituzionale delle competenze degli  enti
  locali - Genericita' delle censure prospettate  -  Inammissibilita'
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, intera parte sesta. 
- Costituzione, artt. 97, 114, 117 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione al Ministro dell'ambiente, di  concerto
  con  quello  dell'economia  e  delle  finanze  e  delle   attivita'
  produttive, del compito di  fissare  i  criteri  per  le  attivita'
  istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale  -  Ricorso
  della Regione Puglia - Dedotto eccesso di delega e  violazione  dei
  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza  -
  Omessa   motivazione   in   ordine   ai   parametri    evocati    -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 299, comma 5. 
- Costituzione, artt. 76 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione al Ministro dell'ambiente, di  concerto
  con  quello  dell'economia  e  delle  finanze  e  delle   attivita'
  produttive, del compito di  fissare  i  criteri  per  le  attivita'
  istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale  -  Ricorso
  delle  Regioni  Calabria  e  Puglia  -  Dedotta   invasione   delle
  attribuzioni  regionali  e  violazione  del  principio   di   leale
  collaborazione - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 299, comma 5. 
- Costituzione, art. 117, principio di leale collaborazione. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Tutela, prevenzione  e  riparazione  dei
  danni all'ambiente  -  Competenze  ministeriali  -  Previsione  che
  l'azione ministeriale si svolga, normalmente, in collaborazione con
  le Regioni e con gli enti locali - Ricorso delle Regioni Calabria e
  Puglia  -  Dedotto  eccesso  di  delega  nonche'  invasione   delle
  competenze,  anche  amministrative,  regionali  e  violazione   del
  principio di leale  collaborazione  -  Inidoneita'  della  norma  a
  ledere le competenze regionali - Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 299, comma 2. 
- Costituzione, artt. 76, 114, 117 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Nozione di danno ambientale - Ricorso della  Regione
  Puglia  -  Dedotto  eccesso  di  delega  nonche'  violazione  delle
  competenze legislative e amministrative regionali e dei principi di
  sussidiarieta' e differenziazione -  Genericita'  delle  censure  -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 300. 
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Azione amministrativa di  prevenzione  e
  ripristino del danno  ambientale  -  Attribuzione  allo  Stato  del
  potere  di  chiedere  informazioni  all'operatore,  di   ordinargli
  specifiche misure di prevenzione e di assumere  direttamente  dette
  misure - Ricorso della Regione Calabria -  Dedotta  violazione  del
  principio di leale  collaborazione  e  invasione  delle  competenze
  amministrative delle Regioni - Esclusione -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 304, comma 3, 305, comma  2,  e
  306, comma 2. 
- Costituzione, art. 118 e principio di leale collaborazione. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione allo Stato delle  funzioni  riguardanti
  le misure di ripristino ambientale - Ricorso della Regione Puglia -
  Dedotta invasione delle competenze legislative  regionali,  lesione
  dei principi di sussidiarieta' e  differenziazione  in  materia  di
  attribuzione  delle  funzioni  amministrative  nonche'  eccesso  di
  delega - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 306, commi 1, 2 e 5. 
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Prevenzione e  ripristino  ambientale  -
  Facolta'  per  gli  enti  territoriali  di  presentare  denunce   e
  osservazioni   volte   a   sollecitare   l'esercizio   dei   poteri
  ministeriali  per  la  prevenzione  e  la  riparazione  del   danno
  ambientale - Ricorso della Regione Calabria - Dedotta lesione delle
  competenze amministrative regionali e  svilimento  della  posizione
  degli enti territoriali dotati di  autonomia  -  Inidoneita'  della
  norma censurata a ledere le competenze regionali - Inammissibilita'
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 309, comma 1. 
- Costituzione, artt. 114 e 118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione al Ministro dell'ambiente del potere di
  agire  per  il  risarcimento  del  danno   ambientale   -   Mancata
  attribuzione del medesimo  potere  alle  Regioni  -  Ricorso  della
  Regione Calabria - Dedotta lesione  delle  funzioni  amministrative
  delle   Regioni   -   Inconferenza   del   parametro   evocato    -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311. 
- Costituzione, art.118. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione al Ministro dell'ambiente del potere di
  agire  per  il  risarcimento  del  danno   ambientale   -   Mancata
  attribuzione del medesimo  potere  alle  Regioni  -  Ricorso  della
  Regione  Calabria  -  Dedotta  lesione  del  diritto  di  difesa  -
  Evocazione  di  parametro  non  contenuto  nel   titolo   V   della
  Costituzione senza indicazione di come dalla sua  violazione  possa
  derivare una lesione delle competenze regionali -  Inammissibilita'
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311. 
- Costituzione, art.24. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004  -  Tutela  risarcitoria  contro  i  danni
  all'ambiente - Attribuzione al Ministro dell'ambiente del potere di
  agire  per  il  risarcimento  del  danno   ambientale   -   Mancata
  attribuzione del medesimo  potere  alle  Regioni  -  Ricorso  della
  Regione  Calabria  -  Dedotta  lesione  dell'autonomia  degli  enti
  territoriali - Omessa argomentazione sulle ragioni della  affermata
  violazione  del  parametro   evocato   -   Inammissibilita'   della
  questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311. 
- Costituzione, art. 114. 
Ambiente  -  Codice  dell'ambiente  emanato   in   attuazione   della
  legge-delega n. 308/2004 - Prevenzione e  ripristino  ambientale  -
  Disciplina della procedura  di  adozione,  da  parte  del  Ministro
  dell'ambiente, di un'ordinanza che  ingiunge  al  responsabile  del
  danno il ripristino ambientale - Ricorso della Regione  Calabria  -
  Dedotta violazione delle competenze amministrative delle Regioni  e
  lesione del principio di leale collaborazione -  Esclusione  -  Non
  fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 312 e 313. 
- Costituzione, art. 118. 
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale  -  Ricorso
  delle  Regioni  Calabria,  Piemonte  e  Puglia  -  Impugnazione  di
  numerose disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
  - Istanze di sospensione avanzate dalle Regioni Calabria e Puglia -
  Non luogo a provvedere, essendo stato deciso il merito dei ricorsi. 
(GU n.30 del 29-7-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. da 299  a  318
nonche' degli allegati dal I al V del decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),  promossi  dalle  Regioni
Calabria, Piemonte e Puglia con  ricorsi  rispettivamente  notificati
l'8, il 21-27 ed il 13 giugno 2006, depositati in cancelleria il  10,
il 15 ed il 20 giugno 2006, ed iscritti  ai  nn.  68,  70  e  76  del
registro ricorsi 2006. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' gli atti di intervento  dell'Associazione  italiana
per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia)-Onlus e della Biomasse
Italia S.p.A. ed altre; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  maggio  2009  il  giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Uditi gli avvocati Maria Grazia Bottari Gentile  per  la  Regione
Calabria, Fabio Lorenzoni per la Regione  Piemonte,  Fabrizio  Lofoco
per  la  Regione  Puglia,  Alessandro  Giadrossi  per  l'Associazione
italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia)-Onlus  e  gli
avvocati dello Stato Fabrizio  Fedeli  e  Sergio  Fiorentino  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - La Regione Calabria, con ricorso n. 68 del 2006, la  Regione
Piemonte, con ricorso n. 70 del 2006 e la Regione Puglia, con ricorso
n. 76 del 2006, hanno impugnato, fra l'altro,  l'intero  testo  della
parte sesta (artt. 299-318 e allegati I-V) del decreto legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale -  d'ora  in  avanti
«Codice  dell'ambiente»),  nonche'  singole  disposizioni   in   essa
contenute, cioe', in particolare, gli artt. 299, commi 2  e  5,  300,
301, 304, 305, 306, 308, 309, comma 1, 311, 312, 313, 314 e 315,  per
violazione degli artt. 3, 5, 24, 76, 77, 97, 114, 117, 118, 119 e 120
Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    1.1. - Le Regioni Calabria e Puglia hanno, altresi',  chiesto  la
sospensione dell'efficacia delle  disposizioni  impugnate,  ai  sensi
dell'articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n.  87,  come  sostituito
dall'articolo 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
    2. - La Regione Calabria impugna l'intera parte sesta del  Codice
dell'ambiente, con i relativi allegati, nonche', specificamente,  gli
artt. 299, commi 2 e 5, 304, comma 3, 305, comma  2,  306,  comma  2,
309, comma 1, 311, 312 e 313. 
    2.1. -  L'intera  parte  sesta  del  Codice  dell'ambiente  viene
censurata dalla Regione ricorrente per violazione degli articoli 76 e
77 della Costituzione. La Regione Calabria asserisce, da un lato, che
la direttiva 2004/35/CE, di cui le  norme  contenute  nella  predetta
parte sesta del decreto impugnato costituirebbero attuazione, non  e'
contemplata fra quelle per  l'attuazione  delle  quali  la  legge  15
dicembre 2004, n. 308 ha conferito la delega al  Governo.  Dall'altro
lato, la Regione ricorrente sostiene  che  il  decreto  impugnato  e'
stato approvato senza rispettare alcune prescrizioni della  legge  18
aprile 2005,  n.  62  (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge
comunitaria 2004), che invece  delega  espressamente  il  Governo  ad
attuare la direttiva 2004/35/CE. In particolare, il  procedimento  di
approvazione  del  decreto  impugnato  si  sarebbe  in  primo   luogo
discostato, quanto ai soggetti proponenti, dalla  previsione  di  cui
all'art. 1, comma 2, della legge n. 62 del 2005, secondo la  quale  i
decreti  legislativi  devono  essere  adottati   «su   proposta   del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche
comunitarie e del Ministro con  competenza  istituzionale  prevalente
per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della
giustizia, dell'economia e delle finanze e  con  gli  altri  Ministri
interessati in relazione all'oggetto  della  direttiva».  In  secondo
luogo, il decreto impugnato sarebbe stato approvato senza  rispettare
l'art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2005, secondo cui gli schemi
di decreti  legislativi  devono  essere  «corredati  della  relazione
tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2,  della  legge  5  agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni» e su di  essi  deve  essere
«richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari  competenti
per i profili finanziari». Infine, il decreto impugnato  non  avrebbe
rispettato l'art. 1, comma 6, della legge n. 62 del 2005,  il  quale,
per garantire il potere delle Regioni di provvedere, nelle materie di
loro  competenza,  all'attuazione  degli  atti  dell'Unione  europea,
stabilisce che i decreti legislativi, eventualmente adottati in  tali
materie, recano l'esplicita indicazione della  natura  sostitutiva  e
cedevole delle disposizioni in essi contenute ed entrano  in  vigore,
per le Regioni nelle quali  non  sia  ancora  vigente  la  rispettiva
disciplina di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito
per  l'attuazione  della  normativa  comunitaria,  perdendo  comunque
efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa
di attuazione adottata da ciascuna Regione nel rispetto  dei  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e, nelle materie di competenza
concorrente, dei principi fondamentali stabiliti  dalla  legislazione
dello Stato. 
    2.2. - Quanto alle censure riferite a  singole  disposizioni,  la
Regione Calabria censura, in primo luogo, l'art. 299,  comma  2,  del
Codice  dell'ambiente,  in  base  al  quale  l'azione   ministeriale,
relativa all'esercizio delle funzioni e dei  compiti  spettanti  allo
Stato in materia di  tutela,  prevenzione  e  riparazione  dei  danni
all'ambiente,  «si  svolge  normalmente  in  collaborazione  con   le
regioni, con gli enti locali e  con  qualsiasi  soggetto  di  diritto
pubblico  ritenuto  idoneo».  Secondo  la  ricorrente,  l'espressione
«normalmente»,  utilizzata  dal  legislatore,  sarebbe   lesiva   del
principio  di  leale  cooperazione,  perche'  «consente  di   eludere
l'esigenza che pure nella disposizione viene affermata». Inoltre,  lo
svilimento  della  posizione  degli  enti  territoriali   dotati   di
autonomia, posti dalla disposizione censurata sullo stesso  piano  di
«qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo»,  violerebbe
gli articoli 114 e 118 della Costituzione. 
    2.3. - Per questo stesso motivo la Regione Calabria censura anche
l'art. 309, comma 1, del Codice dell'ambiente,  che,  ai  fini  della
legittimazione a richiedere l'intervento statale  in  caso  di  danno
ambientale, equipara la posizione delle Regioni  a  quella  di  altre
«persone fisiche o  giuridiche  che  sono  o  che  potrebbero  essere
colpite dal danno ambientale». 
    2.4. - Ad avviso della Regione Calabria sarebbe  poi  illegittimo
l'art. 299, comma  5,  del  Codice  dell'ambiente,  secondo  cui  «il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio,  con  proprio
decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle  finanze  e
delle attivita' produttive, stabilisce i  criteri  per  le  attivita'
istruttorie volte all'accertamento del  danno  ambientale  e  per  la
riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ai  sensi
del titolo III della parte sesta del  presente  decreto.  I  relativi
oneri  sono  posti  a  carico  del  responsabile  del  danno».   Tale
disposizione violerebbe, secondo la ricorrente, il principio di leale
collaborazione, «nella  parte  in  cui  esclude  qualsiasi  forma  di
intervento  regionale  nel  procedimento  di  adozione  del   decreto
ministeriale  di  attuazione   della   disciplina   delle   attivita'
istruttorie volte all'accertamento del  danno  ambientale  e  per  la
riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale». 
    2.5.  -  La  Regione  Calabria  afferma  ancora  l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 304, comma 3,  305,  comma  2,  e  306,
comma 2, del Codice dell'ambiente. La prima disposizione  (art.  304,
comma 3) attribuisce al Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio, in caso di minaccia imminente  di  danno  ambientale,  la
facolta'   di   chiedere   all'operatore   interessato   di   fornire
informazioni sulla minaccia, di ordinargli di adottare le  specifiche
misure di prevenzione considerate  necessarie,  nonche'  di  adottare
direttamente  le  suddette  misure   di   prevenzione.   La   seconda
disposizione  (art.   305,   comma   2)   attribuisce   al   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, nell'ipotesi in  cui  si
sia gia' verificato un danno ambientale,  le  facolta':  di  chiedere
all'operatore interessato informazioni sul danno e  sulle  misure  da
lui adottate; di adottare,  o  ordinare  all'operatore  di  adottare,
tutte  le  iniziative  opportune  per   controllare,   circoscrivere,
eliminare o gestire in altro modo, con effetto  immediato,  qualsiasi
fattore di danno,  allo  scopo  di  prevenire  o  limitare  ulteriori
pregiudizi  ambientali  e  effetti  nocivi  per  la  salute  umana  o
ulteriori deterioramenti ai servizi;  di  ordinare  all'operatore  di
prendere,  o  di  adottare  direttamente,  le  misure  di  ripristino
necessarie. La  terza  disposizione  (art.  306,  comma  2),  infine,
attribuisce al Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio,
a meno che questi non abbia gia' adottato misure urgenti in base alla
disposizione in precedenza richiamata, il potere  di  decidere  quali
misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il
conseguimento del completo  ripristino  ambientale,  valutando  anche
l'opportunita'  di  addivenire  ad   un   accordo   con   l'operatore
interessato. Ciascuna di  queste  disposizioni,  secondo  la  Regione
Calabria, violerebbe  l'art.  118  Cost.  e  il  principio  di  leale
collaborazione, nella parte  relativa  all'attribuzione  al  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio del «potere  di  ordinare
interventi  incidenti  direttamente  sul  territorio,  senza  neppure
consultare gli enti territoriali interessati». 
    2.6. - Anche gli articoli 312  e  313  del  Codice  dell'ambiente
sarebbero, ad avviso della Regione  Calabria,  in  contrasto  con  il
principio di leale collaborazione e con l'art. 118 Cost. Tali  norme,
infatti, nel disciplinare l'istruttoria del procedimento di  adozione
dell'ordinanza ministeriale che ingiunge il ripristino  ambientale  a
coloro che siano risultati responsabili di un fatto che abbia causato
un danno ambientale, non prevedono «alcun coinvolgimento  degli  enti
regionali e locali». 
    2.7. - Infine, la Regione Calabria  censura  l'articolo  311  del
Codice dell'ambiente, a mente del quale «il Ministro dell'ambiente  e
della tutela del territorio agisce, anche esercitando l'azione civile
in sede penale, per il risarcimento del  danno  ambientale  in  forma
specifica e, se  necessario,  per  equivalente  patrimoniale,  oppure
procede ai sensi delle disposizioni  di  cui  alla  parte  sesta  del
presente  decreto».  Tale  disposizione,   secondo   la   ricorrente,
confliggerebbe con gli articoli 24, 114 e 118 Cost.,  in  quanto  non
riconosce  alle  Regioni  la  legittimazione  a  ricorrere   per   il
risarcimento del danno ambientale,  nonostante  l'indubbia  incidenza
dell'illecito perpetrato sul loro territorio e sulle attivita' che le
Regioni stesse sono chiamate a disciplinare e porre in essere. 
    2.8. -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Calabria  ha
depositato una memoria  con  la  quale  ha  insistito  nelle  censure
proposte e ha argomentato circa la loro perdurante attualita',  anche
a seguito delle modifiche apportate al decreto legislativo n. 152 del
2006 dopo la sua emanazione, che peraltro  non  hanno  riguardato  le
previsioni della parte sesta. 
    3. - La Regione Piemonte, sebbene con censure che  menzionano  in
particolare talune disposizioni, impugna nel suo  complesso  l'intera
disciplina della parte sesta del Codice dell'ambiente,  deducendo  la
«violazione degli artt. 3, 5, 76,  97,  114,  117,  118,  119  e  120
Cost.»,   nonche'   «dei   principi    di    leale    collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,  sussidiarieta',  buon
andamento della pubblica amministrazione anche sotto l'aspetto  della
violazione  di  principi  e  norme  del  diritto  comunitario  e   di
convenzioni internazionali». 
    3.1. - Secondo la Regione Piemonte,  innanzitutto,  le  «notevoli
innovazioni» introdotte dal decreto impugnato non corrispondono  alle
indicazioni  della  legge  delega  e,  in  particolare,  al  criterio
direttivo  relativo  al  coordinamento  normativo   per   «conseguire
l'effettivita' delle sanzioni  amministrative  per  danno  ambientale
mediante l'adeguamento delle procedure di irrogazione delle medesime,
rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino al fine di
garantire l'efficacia delle prescrizioni delle autorita' competenti e
il risarcimento del danno, definire le modalita'  di  quantificazione
del danno». La  nuova  disciplina  dettata  in  materia  dal  decreto
impugnato, e segnatamente quella di cui agli articoli 308, 313, 314 e
315, e' infatti caratterizzata, ad avviso della  Regione  ricorrente,
da  uno  «sforzo  di  specificazione  e  di  minuto  dettaglio  anche
operativo»   tale   da   produrre    «limitazione    e    difficolta'
nell'espletamento dell'attivita' di  prevenzione  e  riparazione  del
danno ambientale anziche' rafforzamento della  stessa».  Inoltre,  le
nuove procedure per l'attuazione degli  interventi  ripristinatori  o
per il risarcimento per equivalente «appaiono dirette a circoscrivere
anziche' ad ampliare e rafforzare strumenti, modi e tempi dell'azione
pubblica di tutela». 
    3.2. - In secondo luogo, la  Regione  Piemonte  sostiene  che  la
disciplina impugnata, nel riservare in capo allo Stato, senza  alcuna
forma  di  partecipazione  delle   amministrazioni   territorialmente
interessate, ogni potere di intervento amministrativo (articoli  301,
304, 305, 306 e 308), nonche' l'azione  risarcitoria  (articoli  311,
312,  313,  314  e  315),  esclude   l'apporto   delle   Regioni   ed
amministrazioni locali, previsto invece dalla  previgente  normativa,
in ordine agli interventi di  prevenzione  e  riparazione  del  danno
ambientale. Cio' sarebbe in contrasto, secondo la  ricorrente,  oltre
che con le previsioni della legge  di  delega,  anche  con  il  ruolo
istituzionale  degli  enti  territoriali  e  l'assetto   delle   loro
competenze, quali risultano dagli  articoli  114,  117  e  118  Cost.
Risulterebbero,  inoltre,  violati  i  principi   costituzionali   di
sussidiarieta', adeguatezza,  leale  cooperazione,  ragionevolezza  e
buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  atteso   che   la
concentrazione delle funzioni amministrative in sede ministeriale,  a
prescindere da ogni criterio di rilevanza e  dimensione  territoriale
del  problema,   determinerebbe,   secondo   la   Regione   Piemonte,
«difficolta'  e  rallentamento   nell'azione   pubblica   di   tutela
dell'ambiente». 
    3.3. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita,  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile  o
infondato. La  difesa  erariale,  nell'osservare  che  il  cosiddetto
carattere trasversale della materia  ambientale  non  impedisce  allo
Stato di stabilire regole omogenee per tutto il territorio nazionale,
ha comunque fatto riserva di depositare memorie illustrative. 
    4. - La Regione Puglia afferma  l'illegittimita'  costituzionale,
per contrasto con gli  articoli  76,  117  e  118  Cost.,  di  alcune
specifiche   norme   contenute   nella   parte   sesta   del   Codice
dell'ambiente. 
    4.1. - In primo luogo, la  Regione  Puglia  censura  l'art.  299,
comma 2, del Codice dell'ambiente, in quanto tale norma, nel disporre
che «l'azione ministeriale si svolge  normalmente  in  collaborazione
con le Regioni, con gli enti  locali  e  con  qualsiasi  soggetto  di
diritto pubblico ritenuto  idoneo»,  lascerebbe  presumere  che  tale
collaborazione non sia obbligatoria, con cio' ponendosi in  contrasto
con gli artt. 76, 117 e 118 Cost. 
    4.2. - In secondo luogo, la Regione Puglia  impugna  l'art.  299,
comma 5, del Codice dell'ambiente, in quanto tale disposizione, anche
in questo caso in contrasto con  gli  artt.  76,  117  e  118  Cost.,
demanda la definizione dei  «criteri  per  le  attivita'  istruttorie
volte all'accertamento del danno  ambientale  e  per  la  riscossione
della somma  dovuta  per  equivalente  patrimoniale»  ad  un  decreto
ministeriale adottato senza la previa  intesa  con  le  Regioni,  che
dovrebbe  invece  ritenersi  necessaria  «in   considerazione   della
interferenza di tale disciplina con funzioni  e  compiti»  svolti  in
materia dalle Regioni. 
    4.3. - In  terzo  luogo,  ad  avviso  della  Regione  Puglia,  la
definizione di danno ambientale contenuta nell'art.  300  del  Codice
dell'ambiente  («e'   danno   ambientale   qualsiasi   deterioramento
significativo o misurabile,  diretto  o  indiretto,  di  una  risorsa
naturale  o  dell'utilita'  assicurata  da   quest'ultima»)   sarebbe
eccessivamente ristretta, perche' riguarderebbe soltanto  «situazioni
gia' definitivamente compromesse», escludendo invece  quelle  in  cui
«il danno non ha ancora assunto una  decisa  connotazione».  Da  cio'
conseguirebbe, secondo la Regione ricorrente, il  rischio  che  siano
escluse  dall'azione  di  risarcimento  fattispecie  dannose  la  cui
valutazione potrebbe, invece, avvenire anzitempo e tempestivamente in
sede regionale, con conseguente ulteriore violazione degli artt.  76,
117 e 118 Cost. 
    4.4. - Infine, la Regione Puglia afferma  che  l'attribuzione  al
Ministero dell'ambiente - ai sensi dell'articolo 306, commi 1, 2 e 5,
del Codice dell'ambiente - di tutte le funzioni relative alle  misure
di  ripristino  ambientale   sia   eccessiva   e   non   giustificata
dall'esigenza di una  disciplina  uniforme  su  tutto  il  territorio
nazionale. Tale attribuzione si porrebbe quindi in contrasto sia  con
l'art. 117 della Costituzione, atteso che la  competenza  legislativa
statale in materia  di  danno  ambientale  si  intreccia  con  quella
regionale in materia di tutela della salute, governo del territorio e
valorizzazione  dei  beni  ambientali,  sia   con   i   principi   di
sussidiarieta' e  differenziazione  dettati  dall'art.  118  Cost.  e
richiamati dalla legge delega, donde una violazione  anche  dell'art.
76 Cost. Tali principi impongono, secondo la Regione ricorrente,  che
l'attribuzione allo Stato di funzioni amministrative avvenga sempre e
comunque con la collaborazione  delle  Regioni  interessate,  le  cui
prerogative sono state invece compresse dalla disposizione censurata,
anche in contrasto con le indicazioni della legge delega. 
    5. - Nei giudizi instaurati dalle Regioni Piemonte  e  Puglia  e'
intervenuta l'Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature
(WWF Italia)-Onlus,  sostenendo  la  fondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionali sollevate e insistendo soprattutto  sugli
argomenti a sostegno delle censure basate sull'art. 76 Cost. 
    6. - Nel giudizio instaurato dalla Regione Piemonte sono altresi'
intervenute la Biomasse Italia S.p.A., la Societa' Italiana  Centrali
Termoelettriche - SICET S.r.l., la Ital  Green  Energy  S.r.l.  e  la
E.T.A. Energie Tecnologiche Ambiente S.p.A, chiedendo che il  ricorso
venga  dichiarato  inammissibile  o,  comunque,  non  fondato,  senza
peraltro svolgere alcuna argomentazione relativa specificamente  alle
disposizioni della parte sesta del Codice dell'ambiente. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Le Regioni Calabria (ric. n. 68 del 2006), Piemonte (ric. n.
70 del 2006) e Puglia (ric. n. 76  del  2006)  hanno  impugnato,  fra
l'altro, l'intera parte sesta (artt. 299-318 e allegati  I-V)  e,  in
particolare, gli artt. 299, commi 2 e 5, 300,  301,  304,  305,  306,
308, 309, comma 1, 311, 312, 313, 314 e 315 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale -  d'ora  in  avanti
«Codice dell'ambiente»), per violazione degli artt. 3, 5, 24, 76, 77,
97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost., nonche' del  principio  di  leale
collaborazione. 
    In particolare, la Regione Calabria ha impugnato  l'intera  parte
sesta  del  Codice  dell'ambiente,  con  i  relativi   allegati,   e,
separatamente, le seguenti  disposizioni  singolarmente  considerate:
artt. 299, commi 2 e 5, 304, comma 3, 305, comma  2,  306,  comma  2,
309, comma 1,  311,  312,  313;  la  Regione  Piemonte  ha  impugnato
l'intera parte sesta del Codice dell'ambiente, riferendo  le  censure
in particolare alle seguenti disposizioni: artt. 301, 304, 305,  306,
308, 311, 312,  313,  314  e  315;  la  Regione  Puglia,  infine,  ha
impugnato esclusivamente  le  seguenti  specifiche  disposizioni  del
Codice dell'ambiente: artt. 299, commi 2 e 5, 300 e 306, commi 1, 2 e
5. 
    Le  Regioni  Calabria  e  Puglia  hanno   altresi'   chiesto   la
sospensione dell'efficacia delle disposizioni impugnate. 
    In ragione della loro connessione  oggettiva,  i  ricorsi  devono
essere riuniti per essere decisi con una unica pronuncia. 
    2. - Riservata ad altre pronunce  la  decisione  sulle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale  sollevate  con  i  medesimi
ricorsi, occorre premettere che questa Corte, con la sentenza n.  225
del 2009 ha ritenuto in parte inammissibili e in parte non fondate le
questioni sollevate dalle stesse Regioni relativamente  alla  dedotta
illegittimita'   costituzionale   dell'intero   testo   del    Codice
dell'ambiente. 
    Con la stessa sentenza - cui ci si uniforma in questa sede - sono
stati, altresi', dichiarati inammissibili gli interventi in  giudizio
dell'Associazione italiana per il World Wide  Fund  for  Nature  (WWF
Italia)-Onlus, nonche' della Biomasse Italia S.p.A.,  della  Societa'
Italiana Centrali Termoelettriche - SICET S.r.l.,  della  Ital  Green
Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnologiche Ambiente S.p.A,  in
applicazione dell'orientamento della  giurisprudenza  costituzionale,
secondo  cui  il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via
principale  si  svolge  «esclusivamente  fra  soggetti  titolari   di
potesta' legislativa, fermi restando per i  soggetti  privi  di  tale
potesta' i mezzi di tutela delle  loro  posizioni  soggettive,  anche
costituzionali,  di  fronte  ad  altre  istanze  giurisdizionali   ed
eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale»  (da
ultimo sentenza n. 405 del 2008). 
    3. - Cio' premesso, dal momento che varie Regioni hanno impugnato
le medesime norme, e'  conveniente  muovere  dalle  censure  riferite
all'intera parte sesta del Codice dell'ambiente e, poi, esaminare  le
ulteriori doglianze nella successione numerica delle disposizioni cui
esse si riferiscono. 
    4. - La Regione Calabria ha impugnato, per violazione degli artt.
76 e 77 Cost., l'intera parte sesta del Codice dell'ambiente. 
    4.1. - In primo  luogo,  la  Regione  Calabria  sostiene  che  la
disciplina  censurata  sia  attuativa  di  una  specifica   direttiva
comunitaria (direttiva 2004/35/CE «sulla  responsabilita'  ambientale
in materia di prevenzione e riparazione del  danno  ambientale»),  la
quale non e' contemplata fra quelle per la cui  attuazione  e'  stata
conferita delega al Governo da parte della legge 15 dicembre 2004, n.
308  (Delega  al  Governo  per  il  riordino,  il   coordinamento   e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale e  misure  di
diretta applicazione). 
    La questione e' inammissibile. 
    La ricorrente non ha indicato una  lesione  delle  competenze  ad
essa  costituzionalmente   attribuite   che   discenda   direttamente
dall'asserito vizio di eccesso di delega. Di conseguenza, la  Regione
non puo' ritenersi legittimata a denunciare il dedotto vizio. D'altro
canto,  nell'obbligo  di  attuare  tutte  le  direttive  comunitarie,
sancito  dai  criteri  direttivi,  rientra  implicitamente  anche  la
direttiva in questione. 
    4.2. - In secondo luogo, la Regione Calabria rileva che la  legge
18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge
comunitaria 2004),  nel  delegare  il  Governo  all'attuazione  della
citata  direttiva  2004/35/CE,  ha  previsto   un   procedimento   di
approvazione  del  relativo  decreto  attuativo  diverso  da   quello
prefigurato dalla legge n. 308 del 2004 e in concreto  osservato  per
l'approvazione del decreto legislativo che ha introdotto il censurato
Codice  dell'ambiente.  Quest'ultimo,  di  conseguenza,  sarebbe,  ad
avviso  della  ricorrente,  illegittimo,  in  quanto  adottato  senza
rispettare i criteri previsti dalla delega contenuta nella  legge  n.
62 del 2005, che, in quanto norma  successiva,  avrebbe  abrogato  la
precedente  delega  contenuta  nella  legge  n.  308  del  2004.   In
particolare,  il  decreto  censurato  sarebbe  stato  adottato  senza
rispettare l'art. 1, commi 2, 4 e 6, della legge n. 62 del 2005. 
    La questione non e' fondata. 
    A prescindere dalla circostanza che, anche  in  questo  caso,  la
violazione dei criteri di delega, dedotta dalla  ricorrente,  non  si
traduce in una diretta lesione delle sue  competenze,  deve  comunque
escludersi che la delega successiva, contenuta nella legge n. 62  del
2005 e relativa  all'attuazione  di  una  ampia  serie  di  direttive
comunitarie in diverse materie, abbia tacitamente abrogato la  delega
precedente, conferita, invece, nella  specifica  materia  ambientale,
dalla legge n. 308 del 2004. Inoltre, la legge delega n. 62 del  2005
e' diversa dalla legge delega n. 308 del 2004, che non richiede  solo
l'attuazione del diritto comunitario, ma anche il  suo  coordinamento
nell'ambito della legislazione ambientale. Ne' si  puo'  dire  che  i
criteri della legge n. 62 del 2005 ne restringano la portata. 
    5. - La Regione Piemonte ha impugnato l'intera  parte  sesta  del
decreto  (anche  se  le  censure  menzionano  in  particolare  alcune
disposizioni), per «violazione degli artt. 3, 5, 76,  97,  114,  117,
118, 119 e 120 Cost.», nonche' «dei principi di leale collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,  sussidiarieta',  buon
andamento della pubblica amministrazione anche sotto l'aspetto  della
violazione  di  principi  e  norme  del  diritto  comunitario  e   di
convenzioni internazionali». 
    5.1. - Con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3,  5,
119 e 120 Cost., la ricorrente non svolge alcuna argomentazione,  con
conseguente inammissibilita' delle questioni sollevate. 
    5.2. - Con riferimento  alla  asserita  violazione  dell'art.  76
Cost., ad avviso della ricorrente, le norme censurate  si  porrebbero
in contrasto con la legge delega, da un lato, perche' introdurrebbero
una disciplina «innovativa» in attuazione di una  delega  concessa  a
soli fini di riordino e coordinamento normativo e,  dall'altro  lato,
perche'  tale  disciplina,   «caratterizzata   da   uno   sforzo   di
specificazione  e  di  minuto  dettaglio»,  finirebbe  per   produrre
«limitazione  e  difficolta'  nell'espletamento   dell'attivita'   di
prevenzione e riparazione del danno ambientale anziche' rafforzamento
della stessa», non corrispondendo cosi' alle indicazioni della  legge
delega e in particolare al criterio previsto dall'art.  1,  comma  9,
lettera e), della legge n. 308 del 2004  («conseguire  l'effettivita'
delle  sanzioni  amministrative   per   danno   ambientale   mediante
l'adeguamento  delle  procedure  di  irrogazione  e  delle   sanzioni
medesime; rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino,
al fine di garantire l'efficacia delle prescrizioni  delle  autorita'
competenti e il risarcimento del  danno;  definire  le  modalita'  di
quantificazione del danno»). 
    La questione e' inammissibile. 
    Innanzitutto, la ricorrente si e' limitata a dedurre il vizio  di
eccesso di delega, senza fornire alcuna dimostrazione in ordine  alla
incidenza    che    esso    avrebbe    sulle    proprie    competenze
costituzionalmente garantite. Inoltre, la censura e' generica, atteso
che la ricorrente impugna l'intera disciplina della parte  sesta  del
Codice dell'ambiente senza  indicare,  in  particolare,  quali  norme
della stessa, e per quali ragioni, determinerebbero una riduzione del
livello di tutela ambientale in contrasto con i principi della  legge
delega. 
    5.3.  -   Con   riferimento,   infine,   agli   altri   parametri
costituzionali asseritamente violati, la  Regione  Piemonte  sostiene
che la  disciplina  censurata,  concentrando  «tutta  l'attivita'  di
intervento amministrativo e correlativamente di  azione  risarcitoria
in capo allo Stato» ed escludendo invece «l'apporto delle  Regioni  e
delle  amministrazioni  locali»  in   ordine   agli   interventi   di
prevenzione  e  riparazione  del  danno  ambientale,  previsto  dalla
previgente normativa, si porrebbe in  contrasto  «con  le  previsioni
della legge delega, con il ruolo istituzionale degli  enti  locali  e
l'assetto delle loro competenze, a norma degli artt. 114, 117  e  118
Cost., con i principi costituzionali di sussidiarieta',  adeguatezza,
leale collaborazione, ragionevolezza e buon andamento della  pubblica
amministrazione,  essendo  altresi'  piu'   che   evidente   che   la
concentrazione  in  sede   ministeriale   di   qualsiasi   attivita',
prescindendo da ogni criterio di rilevanza e dimensione  territoriale
del problema da affrontare e degli interventi da porre in essere, non
puo' che determinare difficolta' e rallentamento nell'azione pubblica
di tutela dell'ambiente». 
    La questione e' inammissibile a  causa  della  genericita'  delle
censure prospettate. 
    La ricorrente impugna, infatti, una  pluralita'  di  disposizioni
legislative diverse tra loro, in  relazione  a  molteplici  parametri
costituzionali, omettendo di distinguere e precisare, con riferimento
a ciascuna singola norma o gruppo omogeneo di norme,  quali  siano  i
parametri violati e quali siano i motivi che  sorreggono  le  diverse
censure prospettate in relazione a ciascun parametro. 
    6. - Le Regioni Calabria e Puglia  hanno  impugnato  l'art.  299,
comma 5, del Codice dell'ambiente, in  base  al  quale  «il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, con proprio decreto,  di
concerto con  i  Ministri  dell'economia  e  delle  finanze  e  delle
attivita'  produttive,  stabilisce  i  criteri   per   le   attivita'
istruttorie volte all'accertamento del  danno  ambientale  e  per  la
riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale». 
    Secondo le ricorrenti, tale  disposizione,  nella  parte  in  cui
esclude, nel  procedimento  di  adozione  del  decreto  ministeriale,
«qualsiasi forma di intervento regionale» (Regione  Calabria)  e,  in
particolare, la previa intesa, da  ritenersi  invece  necessaria  «in
considerazione della interferenza di tale disciplina con  funzioni  e
compiti»  svolti  in  materia  dalle  Regioni  (Regione  Puglia),  si
porrebbe in contrasto, secondo la Regione Puglia, con gli  artt.  76,
117 e 118 Cost. e, secondo la Regione Calabria, con il  principio  di
leale collaborazione. 
    Con riferimento alla dedotta violazione  degli  artt.  76  e  118
Cost. la questione e' inammissibile, non essendo svolta, in relazione
a tali parametri, alcuna argomentazione da parte della ricorrente. 
    Con riferimento, invece, alla asserita violazione  dell'art.  117
Cost. e del principio di leale collaborazione, la  questione  non  e'
fondata. 
    Questa Corte ha avuto modo di chiarire la natura dei rapporti che
intercorrono fra la competenza legislativa  esclusiva  statale  nella
materia «tutela dell'ambiente» (nella  quale  certamente  rientra  il
danno ambientale) e le  competenze  legislative  regionali  in  altre
materie, su  cui  la  disciplina  statale  ambientale  puo'  incidere
(sentenze n. 61 e n. 12 del 2009). Al riguardo,  e'  stato  precisato
che «la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente [..] deve
garantire un elevato livello di tutela, come tale inderogabile  dalle
altre  discipline  di  settore».  La  suddetta  normativa,  pertanto,
«rimessa in via esclusiva allo Stato, viene  a  prevalere  su  quella
dettata dalle Regioni [..] in  materie  di  competenza  propria,  che
riguardano l'utilizzazione dell'ambiente e, quindi, altri interessi».
Da cio' consegue che la disciplina statale  di  tutela  dell'ambiente
rappresenta «un limite alla disciplina che le Regioni [..] dettano in
altre materie di loro competenza, salva la facolta' di queste  ultime
di  adottare  norme  di  tutela   ambientale   piu'   elevate   [..]»
nell'esercizio   di   competenze   loro   proprie.    Secondo    tale
giurisprudenza costituzionale, quindi, lo Stato detta, in materia  di
tutela dell'ambiente, una disciplina inderogabile in  pejus,  che  si
impone all'autonomia delle Regioni e le vincola,  anche  quando  esse
esercitino  la   potesta'   legislativa   loro   riconosciuta   dalla
Costituzione in altre materie. Tale ricostruzione del rapporto fra  i
due ordini di potesta' legislative in termini di  «prevalenza»  della
disciplina ambientale statale su  quella  dettata  dalle  Regioni  in
materie di loro competenza (nel senso che la tutela dell'ambiente  e'
un  presupposto  della  sua  fruizione)  non  consente  pertanto   di
ravvisare,  in  particolare  nella  specifica   materia   del   danno
ambientale, una «interferenza» fra competenze, che invece costituisce
il   presupposto   dell'applicazione   del   principio    di    leale
collaborazione e, quindi, anche il fondamento delle censure in esame. 
    7. - Le Regioni Calabria e Puglia  hanno  impugnato  l'art.  299,
comma 2,  del  Codice  dell'ambiente,  in  base  al  quale  «l'azione
ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le  Regioni,
con gli enti locali e con  qualsiasi  soggetto  di  diritto  pubblico
ritenuto idoneo». 
    Entrambe le ricorrenti  contestano,  innanzitutto,  l'espressione
«normalmente»,  utilizzata  dal  legislatore.   Essa   consentirebbe,
infatti, «di eludere l'esigenza che  pure  nella  disposizione  viene
affermata», in  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione
(Regione Calabria) e lascerebbe presumere che  la  collaborazione  in
essa menzionata non sia obbligatoria, con cio' ponendosi in contrasto
con gli artt. 76, 117 e 118 Cost. (Regione Puglia). La  sola  Regione
Calabria ritiene, inoltre, che la censurata disposizione si ponga  in
contrasto anche con gli  artt.  114  e  118  Cost.,  in  quanto  essa
svilirebbe la posizione degli enti territoriali dotati di  autonomia,
ponendoli sullo  stesso  piano  di  «qualsiasi  soggetto  di  diritto
pubblico ritenuto idoneo». 
    La questione e' inammissibile, in quanto la  norma  censurata  e'
inidonea a ledere le competenze regionali. 
    In primo luogo, la disposizione impugnata, in una  materia  nella
quale  non  trova  applicazione,  per  le   ragioni   in   precedenza
esplicitate (sub 6), il principio di  leale  collaborazione,  prevede
che l'azione ministeriale debba normalmente svolgersi nel rispetto di
tale principio, con cio' ampliando  e  non  limitando  le  competenze
delle Regioni. In secondo luogo,  la  circostanza  che  il  principio
cooperativo, oltre che agli enti territoriali, venga  riferito  anche
ad altri soggetti, non e' suscettibile di  tradursi  in  una  lesione
sostanziale delle prerogative delle Regioni,  che  non  ricaverebbero
pertanto alcuna utilita' concreta dalla  eventuale  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale della norma censurata. 
    8.  -  La  Regione  Puglia  impugna   l'art.   300   del   Codice
dell'ambiente, ritenendo che tale disposizione, in  violazione  degli
artt. 76, 117  e  118  Cost.,  introduca  una  definizione  di  danno
ambientale eccessivamente ristretta, in quanto  riferita  soltanto  a
«situazioni  gia'  definitivamente  compromesse»  e   non   anche   a
situazioni in  cui  «il  danno  non  ha  ancora  assunto  una  decisa
connotazione», con conseguente rischio che siano escluse  dall'azione
di risarcimento fattispecie  dannose  la  cui  valutazione  potrebbe,
invece,  in  sede   regionale,   «avvenire   anzitempo   e   comunque
tempestivamente». 
    La questione e' inammissibile. 
    La ricorrente non illustra, se non in termini del tutto generici,
in che modo la definizione, piu' ampia o  piu'  ristretta,  di  danno
ambientale possa incidere direttamente sulla sfera di  competenze  ad
essa attribuite dalla Costituzione. 
    9. - La Regione Calabria ha impugnato gli  artt.  304,  comma  3,
305, comma 2, e 306, comma  2,  del  Codice  dell'ambiente,  i  quali
disciplinano l'azione amministrativa di prevenzione e ripristino  del
danno  ambientale,  attribuendo   all'amministrazione   statale,   in
particolare, il potere di  chiedere  informazioni  all'operatore,  di
ordinargli specifiche misure di prevenzione o ripristino, nonche'  di
assumere direttamente tali misure. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,   tale   disciplina,   in   quanto
attribuisce al Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio
«il  potere  di  ordinare  interventi  incidenti   direttamente   sul
territorio,  senza   neppure   consultare   gli   enti   territoriali
interessati»,  violerebbe,  da  un  lato,  il  principio   di   leale
collaborazione e, dall'altro lato, l'art. 118 Cost. 
    La questione non e' fondata. 
    In primo luogo, quanto all'asserita violazione del  principio  di
leale collaborazione, si e' gia' chiarito in precedenza (sub  6)  che
la  prevalenza  della  disciplina  statale  in  materia   di   tutela
dell'ambiente sulla disciplina dettata dalle Regioni, in  materie  di
loro competenza, in ordine all'uso  o  alla  fruizione  dell'ambiente
stesso, non consente di ravvisare,  in  particolare  nella  specifica
materia del danno ambientale, il  presupposto  dell'applicazione  del
principio  di  leale  collaborazione,  cioe'  la  «interferenza»  fra
competenze legislative statali e regionali. 
    La circostanza che lo Stato non  sia  obbligato  ad  allocare  le
funzioni  amministrative  di  prevenzione  e  riparazione  del  danno
ambientale secondo moduli collaborativi non esclude, peraltro, che il
contenuto della scelta allocativa compiuta  dal  legislatore  statale
possa essere censurato  dalla  Regione  ricorrente  in  relazione  al
diverso parametro rappresentato  dall'art.  118  Cost.  Quest'ultimo,
infatti,  nel  vincolare  naturalmente  anche  le  scelte  allocative
compiute in sede di esercizio della  potesta'  legislativa  esclusiva
dello Stato, esprime un criterio di preferenza a favore  del  livello
amministrativo piu' vicino ai cittadini, al quale puo' derogarsi solo
in presenza di esigenze  di  esercizio  unitario,  che  giustifichino
l'attribuzione della competenza all'amministrazione statale. Nel caso
in esame, la scelta  di  attribuire  all'amministrazione  statale  le
funzioni amministrative trova una  non  implausibile  giustificazione
nell'esigenza  di  assicurare  che   l'esercizio   dei   compiti   di
prevenzione e riparazione del danno ambientale risponda a criteri  di
uniformita' e unitarieta', atteso che il livello di tutela ambientale
non puo' variare da zona a zona  e  considerato  anche  il  carattere
diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in  ragione  del
quale  gli  effetti   del   danno   ambientale   sono   difficilmente
circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale. 
    10. - La Regione Puglia ha impugnato l'art. 306, commi 1, 2 e  5,
del Codice dell'ambiente, il quale, in punto di determinazione  delle
misure  di  ripristino  ambientale,  prevede,  in  particolare,   che
l'operatore  individui  le  possibili  misure  e  le   presenti   per
l'approvazione  al  Ministro  dell'ambiente  e   della   tutela   del
territorio (comma 1), il quale individua quali misure debbano  essere
attuate  (comma  2),  assicurando  la  partecipazione  dei   soggetti
interessati (comma 5). 
    Secondo la Regione ricorrente,  tale  disciplina,  nel  riservare
allo Stato «tutte le funzioni riguardanti  le  misure  di  ripristino
ambientale» e nel riconoscere alla competenza statale un  «ambito  di
operativita'  eccessivo  e  non  giustificato  dall'esigenza  di  una
disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale», si porrebbe in
contrasto con diversi parametri costituzionali. In primo luogo,  essa
violerebbe l'art. 117 Cost., posto  che  «la  competenza  legislativa
statale in materia di danno ambientale si intreccia con la competenza
regionale in tema di tutela della salute, governo  del  territorio  e
valorizzazione dei beni ambientali». In secondo luogo, la  disciplina
censurata lederebbe i principi di sussidiarieta' e  differenziazione,
dettati dall'art. 118 Cost., i quali  «impongono  che  l'attribuzione
allo Stato di funzioni amministrative avvenga sempre e  comunque  con
la  collaborazione  delle  Regioni  interessate».  Infine,  le  norme
impugnate si porrebbero in contrasto anche con l'art.  76  Cost.,  in
quanto i predetti principi di sussidiarieta' e differenziazione  sono
richiamati anche dalla legge delega. 
    La questione non e' fondata. 
    Circa la dedotta violazione dell'art. 117 Cost.,  e'  sufficiente
ribadire quanto gia' affermato in precedenza (sub 6) e cioe'  che  in
materia di danno ambientale non puo' sussistere alcuna «interferenza»
fra competenza legislativa statale e regionale, attesa la  prevalenza
della prima, finalizzata alla tutela  dell'ambiente,  sulla  seconda,
che inerisce invece all'uso e alla fruizione del bene  ambiente.  Ne'
rileva l'asserito «ambito di operativita' eccessivo» della disciplina
statale, dal momento che, vertendosi  in  una  materia  di  esclusiva
competenza dello Stato, non viene in rilievo la  dicotomia  norme  di
principio - norme di dettaglio. 
    Con riferimento alla asserita violazione dell'art. 118 Cost., per
le ragioni in precedenza illustrate (sub 9), deve  ritenersi  che  la
scelta  di  attribuire  all'amministrazione   statale   le   funzioni
amministrative  relative   al   ripristino   ambientale   trovi   una
ragionevole  giustificazione  nell'esigenza  di  assicurare  che   lo
svolgimento di esse risponda a criteri di uniformita' e unitarieta'. 
    Tale scelta, pertanto, non si pone in contrasto con i principi di
sussidiarieta' e differenziazione dettati dall'art.  118  Cost.,  ne'
viola la legge delega che quei  principi  richiama,  con  conseguente
infondatezza anche della questione riferita all'art. 76 Cost. 
    11. - La Regione Calabria ha impugnato l'art. 309, comma  1,  del
Codice dell'ambiente, secondo il quale, in particolare, le Regioni  e
gli enti territoriali hanno  la  facolta'  di  presentare  denunce  e
osservazioni volte a sollecitare l'esercizio dei poteri  ministeriali
per la prevenzione e riparazione del danno ambientale. 
    Secondo la  ricorrente,  tale  disposizione,  nell'attribuire  la
predetta facolta', oltre che alle Regioni e agli enti  locali,  anche
alle «persone fisiche o giuridiche che sono o che  potrebbero  essere
colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse  legittimante
la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle  misure
di precauzione, di prevenzione  o  di  ripristino»,  si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 114 e 118  Cost.,  in  quanto  svilirebbe  la
posizione degli enti  territoriali  dotati  di  autonomia,  ponendoli
sullo stesso piano  degli  altri  soggetti  cui  e'  riconosciuto  un
identico potere di sollecitazione dell'intervento ministeriale. 
    La questione e' inammissibile, in quanto la  norma  censurata  e'
inidonea a ledere le competenze regionali. 
    La circostanza che il potere di sollecitazione dell'esercizio dei
poteri  ministeriali,  oltre  che   agli   enti   territoriali,   sia
riconosciuto anche ad altri soggetti non e' suscettibile di  tradursi
in  una  lesione  sostanziale   delle   prerogative   della   Regione
ricorrente, la  quale  non  ricaverebbe,  pertanto,  alcuna  utilita'
concreta   dalla   eventuale    dichiarazione    di    illegittimita'
costituzionale della norma censurata. 
    12. - La Regione Calabria ha  impugnato  l'art.  311  del  Codice
dell'ambiente,  che  disciplina  l'azione   risarcitoria   in   forma
specifica e  per  equivalente  patrimoniale.  Tale  disposizione,  in
particolare, stabilisce, al comma 1, che «Il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio agisce, anche esercitando l'azione civile
in sede penale, per il risarcimento del  danno  ambientale  in  forma
specifica e, se  necessario,  per  equivalente  patrimoniale,  oppure
procede ai sensi delle disposizioni  di  cui  alla  parte  sesta  del
presente decreto». 
    Ad avviso della ricorrente, la norma censurata, non  riconoscendo
alle Regioni la legittimazione a ricorrere per  il  risarcimento  del
danno  ambientale,  nonostante  l'indubbia  incidenza   dell'illecito
perpetrato sul loro territorio  e  sulle  attivita'  che  le  Regioni
stesse sono chiamate a disciplinare e porre in essere, violerebbe gli
artt. 24, 114 e 118 Cost. 
    Va preliminarmente rilevato che,  in  base  alla  disciplina  del
Codice dell'ambiente, e' pacifico, da un lato,  che  il  risarcimento
per equivalente  patrimoniale  e'  comunque  dovuto  allo  Stato  (le
relative somme sono versate in entrata del  bilancio  dello  Stato  e
confluiscono in un apposito fondo di rotazione istituito  nell'ambito
dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio) e, dall'altro lato, che  le  Regioni  hanno  diritto,
oltre che di agire in giudizio in qualita'  di  soggetti  danneggiati
nei beni di loro proprieta' dal fatto produttivo di danno  ambientale
(art. 313, comma 7), anche di ricorrere al giudice amministrativo per
il   risarcimento   del   danno   subito   a   causa   del    ritardo
nell'attivazione, da parte dell'amministrazione statale, delle misure
di precauzione, prevenzione o contenimento del danno ambientale (art.
310, comma 1). Quanto, invece, alla legittimazione  delle  Regioni  e
degli  enti  locali  a  proporre  l'azione  risarcitoria  per   danno
ambientale, va osservato che la disposizione impugnata, nel  regolare
in  termini  di  alternativita'  il  rapporto  fra  i  due  strumenti
(amministrativo e  giurisdizionale)  con  i  quali  l'amministrazione
statale  puo'  reagire  al  danno  ambientale,  non  riconosce   tale
legittimazione, ma neppure la esclude in modo esplicito. 
    A prescindere da tali circostanze,  la  questione  deve  comunque
essere dichiarata inammissibile. 
    Con riguardo alla dedotta  violazione  dell'art.  118  Cost.,  la
questione e' inammissibile per inconferenza  del  parametro  evocato.
L'art.  118  Cost.,  infatti,  regola  il  riparto   della   funzione
amministrativa  fra  i  diversi  livelli  di   governo,   mentre   la
legittimazione ad agire in sede  giurisdizionale,  da  un  lato,  non
costituisce una  funzione  amministrativa  e,  dall'altro  lato,  non
risponde alla logica del riparto, dal momento che  il  riconoscimento
della legittimazione dello Stato non esclude quella delle Regioni,  e
viceversa. 
    Con riferimento alla asserita  lesione  dell'art.  24  Cost.,  la
questione e' inammissibile perche' la ricorrente deduce la violazione
di un parametro  costituzionale  diverso  da  quelli  ricavabili  dal
titolo V della parte seconda  della  Costituzione,  senza  illustrare
come da tale violazione possa derivare una menomazione delle  proprie
competenze legislative, amministrative o finanziarie. 
    Con riferimento, infine, alla violazione dell'art. 114 Cost.,  la
questione e' inammissibile per genericita' della censura, atteso  che
la  ricorrente  non   svolge   alcuna   argomentazione   a   sostegno
dell'asserita violazione  dello  specifico  parametro  costituzionale
invocato. 
    13. - La Regione Calabria ha impugnato gli artt. 312  e  313  del
Codice dell'ambiente, che regolano l'ordinanza  per  il  risarcimento
del danno ambientale e la relativa istruttoria. Le  norme  prevedono,
in particolare, che, sulla base di una  istruttoria  dettagliatamente
regolata dall'art. 312, il Ministro dell'ambiente e della tutela  del
territorio possa, anziche' promuovere in giudizio l'ordinaria  azione
risarcitoria, adottare una  ordinanza  immediatamente  esecutiva  che
ingiunge al responsabile del danno il ripristino ambientale, a titolo
di risarcimento  in  forma  specifica,  oppure,  ove  questo  risulti
impossibile o eccessivamente oneroso, il pagamento di  una  somma  di
denaro, a titolo di risarcimento per equivalente. 
    La ricorrente  lamenta  la  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione e dell'art. 118 Cost., in quanto  le  norme  censurate
non prevedono «alcun coinvolgimento degli enti  regionali  e  locali»
nel procedimento per  l'emanazione  dell'ordinanza  ministeriale  che
ingiunge il ripristino ambientale. 
    La questione non e' fondata. 
    E' sufficiente ripetere, con riferimento ad entrambi i profili di
censura,  quanto  in  precedenza  affermato:  da  un  lato,  non   e'
rinvenibile, in tema di danno ambientale, alcuna  «interferenza»  fra
competenze legislative che imponga l'applicazione  dell'asseritamente
violato principio di leale collaborazione (sub 6);  dall'altro  lato,
la scelta  legislativa  di  attribuire  all'amministrazione  statale,
anziche'  alle  diverse  amministrazioni  regionali,  il  potere   di
adottare  l'ordinanza  che  ingiunge  al   responsabile   del   danno
ambientale il  risarcimento  trova  una  ragionevole  giustificazione
nell'esigenza di assicurare che tale speciale  potere  amministrativo
venga esercitato secondo criteri di uniformita'  e  unitarieta'  (sub
9). 
    14 - Avendo la Corte deciso il merito  dei  ricorsi,  non  vi  e'
luogo a  procedere  in  ordine  alle  istanze  di  sospensione  delle
disposizioni impugnate, formulate dalle ricorrenti Regioni Calabria e
Puglia. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Riuniti i giudizi; 
    Riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse, nei  confronti  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) dalle
Regioni Calabria, Piemonte e Puglia; 
    Dichiara inammissibili gli  interventi  rispettivamente  spiegati
dall'Associazione italiana per il World Wide  Fund  for  Nature  (WWF
Italia)-Onlus nei giudizi instaurati dalle Regioni Piemonte e  Puglia
e dalla Biomasse Italia  s.p.a.,  dalla  Societa'  Italiana  Centrali
Termoelettriche -  SICET  S.r.l.,  dalla  Ital  Green  Energy  S.r.l.
nonche'  dalla  E.T.A.  Energie  Tecnologiche  Ambiente  S.p.A.   nel
giudizio instaurato dalla Regione Piemonte; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'intera parte sesta del decreto legislativo n. 152
del 2006 e dei relativi allegati proposta, in relazione agli artt. 76
e 77 Cost. e alla legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega  al  Governo
per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione
in materia  ambientale  e  misure  di  diretta  applicazione),  dalla
Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'intera parte sesta del decreto legislativo n. 152
del 2006, con particolare riferimento agli artt. 301, 304, 305,  306,
308, 311, 312, 313, 314 e 315, proposta dalla Regione  Piemonte,  con
il ricorso indicato in epigrafe, in relazione agli artt.  3,  5,  76,
97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.,  nonche'  ai  principi  di  leale
collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,    differenziazione,
sussidiarieta', buon andamento della pubblica  amministrazione  anche
sotto l'aspetto della violazione di  principi  e  norme  del  diritto
comunitario e di convenzioni internazionali; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 299, comma 5, del decreto legislativo n. 152
del 2006, proposta, in relazione agli artt. 76  e  118  Cost.,  dalla
Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 299, comma 2, del decreto legislativo n. 152
del 2006, proposta, in relazione agli artt. 114  e  118  Cost.  e  al
principio di leale  collaborazione,  dalla  Regione  Calabria  e,  in
relazione agli artt. 76, 117 e 118 Cost., dalla Regione Puglia con  i
ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006,
proposta, in relazione agli artt. 76, 117 e 118 Cost., dalla  Regione
Puglia con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 309, comma 1, del decreto legislativo n. 152
del 2006, proposta, in relazione agli artt. 114 e  118  Cost.,  dalla
Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 311 del decreto legislativo n. 152 del 2006,
proposta, in relazione agli artt. 24, 114 e 118 Cost., dalla  Regione
Calabria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'intera parte sesta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dei
relativi allegati proposta, in relazione agli artt. 76 e 77  Cost.  e
alla legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per  l'adempimento  di
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee. Legge comunitaria  2004),  dalla  Regione  Calabria  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 299, comma 5, del decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta,  in  relazione  all'art.  117  e  al  principio  di   leale
collaborazione,  dalle  Regioni  Calabria  e  Puglia  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 304, comma 3; 305, comma 2, e 306, comma 2,  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, proposta, in relazione al  principio  di
leale collaborazione e all'art. 118 Cost., dalla Regione Calabria con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 306, commi 1, 2 e 5 del  decreto  legislativo  n.  152  del
2006, proposta, in relazione agli artt. 76, 117 e  118  Cost.,  dalla
Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 312 e 313  del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta,  in  relazione  al  principio  di  leale  collaborazione  e
all'art. 118 Cost., dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                        Il redattore: Cassese 
                      Il cancelliere: Di Paola 
      Depositata in cancelleria il 23 luglio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola