N. 311 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 2010

Ordinanza del 30 settembre 2009 emessa dal g.i.p.  del  Tribunale  di
Belluno nel procedimento penale a carico di P. P.. 
 
Processo penale - Misure cautelari - Criteri di scelta delle misure -
  Obbligatorieta', in presenza di esigenze  cautelari,  della  misura
  della custodia cautelare in carcere per il reato  di  cui  all'art.
  609-quater cod. pen. (atti sessuali con  minorenne)  -  Parita'  di
  trattamento con i delitti di associazione di stampo mafioso di piu'
  elevato coefficiente di pericolosita' per  le  condizioni  di  base
  della convivenza e  della  sicurezza  collettiva  -  Disparita'  di
  trattamento rispetto ad altri reati di pari  gravita'  disciplinati
  meno severamente - Violazione del principio di inviolabilita' della
  liberta' personale e del principio di non  colpevolezza  sino  alla
  sentenza di condanna definitiva. 
- Codice di procedura penale, art.  275,  comma  3,  come  sostituito
  dall'art. 2, comma 1, lett. a), del decreto-legge 23 febbraio 2009,
  n. 11, convertito, con modificazioni, nella legge 23  aprile  2009,
  n. 38. 
- Costituzione, artt. 3, 13, primo comma, e 27, secondo comma. 
(GU n.1 del 7-1-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letta l'istanza presentata il 25 settembre 2009 dal difensore  di
P. P., indagato per il delitto p. e p. dagli artt. 81 -  61  nn.  1),
5), 11) - 609-bis c.p., in atto sottoposto a  custodia  cautelare  in
carcere, istanza avente ad oggetto la sostituzione di tale misura con
gli arresti domiciliari presso l'abitazione del fratello; 
    Considerato altresi' che nel medesimo scritto il difensore chiede
venga sollevata questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
275, comma terzo c.p.p., in relazione agli artt. 3, 13, primo comma e
27, secondo comma della Costituzione; 
    Letto il parere del p.m., contrario alla modifica; 
    Ritenuto che nel caso di specie le esigenze cautelari  potrebbero
venire fronteggiate con la misura ora proposta dal difensore; 
    Tutto cio' premesso, 
 
                            O s s e r v a 
 
    L'attuale testo dell'art. 275, comma terzo c.p.p.,  frutto  della
modifica legislativa introdotta con l'art. 2, d.l. 23 febbraio  2009,
n. 11 conv. nella legge 23 aprile 2009, n. 38, non consente in  alcun
modo di sostituire la custodia in carcere con gli arresti domiciliari
o altra misura piu' blanda, per il reato p. e  p.  dall'art.  609-bis
c.p. (oltre che per diversi altri delitti che qui non rilevano) salvo
che siano acquisiti elementi dai quali risulti l'insussistenza  delle
esigenze cautelari. 
    Secondo la difesa del P., la suddetta normativa, intesa nel senso
che al giudice non rimanga alcun potere di scelta delle misure,  pone
piu' di un fondato dubbio di legittimita' costituzionale in relazione
agli artt. 3, 27, secondo comma e 13, primo comma della Costituzione. 
    Essa  sarebbe  anzitutto  irragionevole,  perche',  derogando  al
principio di adeguatezza espresso in particolare  nella  prima  parte
dello stesso  art.  275,  comma  terzo,  si  pone  in  contrasto  con
l'esigenza di disporre  la  custodia  carceraria  solo  come  extrema
ratio. In secondo  luogo,  la  modifica  normativa  comporterebbe  la
violazione  del  principio  di  uguaglianza,  uniformando  situazioni
oggettivamente e soggettivamente diverse,  sia  in  astratto  che  in
concreto, poiche' in  tutte  impone  identica  «risposta  cautelare».
Ancora, violerebbe gli artt. 13, primo  comma  e  27,  secondo  comma
della  Costituzione,  dalla  lettura  combinata  dei   quali   emerge
l'esigenza di circoscrivere allo strettamente  necessario  le  misure
limitative della liberta' personale, mentre la disciplina  denunziata
stabilisce un automatismo applicativo che collide con tale principio. 
    Ad  avviso  di  questo  giudice,  la  questione  non  puo'  dirsi
manifestamente infondata. 
    Al riguardo, e' utile richiamare il parere espresso dal Consiglio
superiore della magistratura sul  decreto-legge  n.  11/2009  (del  2
aprile 2009),  secondo  il  quale  le  nuove  disposizioni  suscitano
perplessita' poiche' estendono ai reati sessuali  la  presunzione  di
adeguatezza  della  sola   custodia   in   carcere,   gia'   prevista
esclusivamente per i  delitti  di  associazione  di  stampo  mafioso.
L'art. 275, comma terzo c.p.p., nel testo previgente - cosi'  ricorda
il C.S.M. - rispondeva alla ratio di sollevare il giudice  dall'onere
di  motivare  la  scelta  della  misura  carceraria  in   particolari
situazioni  di  pressione  ambientale,  determinati  dalla   presenza
dell'associazione di tipo mafioso, e soprattutto per  questa  ragione
aveva superato il vaglio di costituzionalita' della Corte,  sotto  il
profilo dell'irragionevolezza della  presunzione  in  essa  insita  e
della violazione  del  principio  di  uguaglianza,  in  relazione  al
coefficiente  di  pericolosita'  per  le  condizioni  di  base  della
convivenza e della sicurezza collettiva, connaturato agli illeciti di
quel  genere   (il   riferimento   e'   all'ordinanza   della   Corte
costituzionale n. 450 del 18 ottobre 1995). 
    Per quanto riguarda invece i delitti  di  violenza  sessuale,  e'
legittimo il dubbio che siffatta ratio non sia ravvisabile. 
    Molti dei delitti indicati o richiamati nel comma terzo dell'art.
275 c.p.p., pur gravi, possono esserlo meno  di  altri  previsti  nel
nostro ordinamento, come si puo' desumere dal raffronto tra  le  pene
edittalmente previste (si pensi, da un canto, ai delitti di cui  agli
artt.  416  e  416-bis  e,  dall'altro,  ad  es.,  alla  cessione  di
stupefacenti o alla rapina aggravata). E' dunque  di  tutta  evidenza
che la scelta del legislatore di imporre,  in  presenza  di  esigenze
cautelare,  la  misura  cautelare  estrema,  non   dipende   da   una
constatazione quantitativa della gravita' dei delitti, ma da una loro
valutazione qualitativa, giustificata nei termini sopra  esposti  per
quanto concerne i  delitti  di  matrice  mafiosa  e  suscettibile  di
estensione ad altre fattispecie ora previste (specialmente  a  quelle
di carattere associativo: si pensi all'art. 416, comma sesto  c.p.  o
all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990). 
    Non e' invece agevole ravvisare le  giustificazioni  di  siffatta
valutazione per quanto concerne i delitti  sessuali  che,  pur  nella
loro   gravita'   e   odiosita',   presentano   una   meno   spiccata
caratterizzazione  pubblicistica,  in  quanto  colpiscono   un   bene
giuridico  (la  liberta'  individuale  e  sessuale)  fornito  di   un
carattere piu' «individuale». 
    L'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa
dell'indagato  appare  percio'  non  manifestamente   infondata,   in
riferimento anzitutto  all'art.  3  della  Costituzione,  consistente
essendo il dubbio che l'integrazione normativa contenuta nell'art. 2,
d.l. n. 11/2009, conv. in legge, per  la  parte  che  qui  interessa,
introduca un trattamento, da un lato, ingiustificatamente identico  a
quello gia' previsto per i delitti in precedenza elencati  nel  testo
previgente   dell'art.   275,   comma   terzo   c.p.p.,    dall'altro
ingiustificatamente piu' severo di quello previsto  per  altri  reati
sanzionati dall'ordinamento. 
    La questione, in secondo luogo e di conseguenza,  concerne  anche
gli artt. 13, primo comma e  27,  secondo  comma  Cost.,  in  quanto,
qualora venga a cadere la giustificazione cautelare della detenzione,
l'imputato o indagato si trova a subire una violazione della  propria
liberta' personale e un trattamento  riservato  al  colpevole,  prima
della sentenza di condanna definitiva. 
    La questione e' altresi' rilevante, alla luce di quanto  spiegato
all'inizio,  poiche'  dalla  sua  risoluzione  dipende  la  decisione
sull'istanza di sostituzione  della  misura  cautelare  in  atto  nei
confronti di P. P. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto  l'art.  23,  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dispone  la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per  la  decisione
sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art.  275,  comma
terzo c.p.p., come modificato dall'art. 2, d.l. 23 febbraio 2009,  n.
11, convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, laddove  impone  la
misura della custodia in carcere in presenza di  esigenze  cautelari,
escludendo ogni altra misura, per il reato p. e p. dall'art.  609-bis
c.p., in relazione agli articoli 3, 13, primo  comma  e  27,  secondo
comma della Costituzione; 
    Dispone pertanto la sospensione del presente procedimento; 
    Manda alla cancelleria per la notifica alle parti, al  Presidente
del Consiglio dei  ministri,  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento. 
        Belluno, addi' 29 settembre 2009 
 
          Il giudice per le indagini preliminari: Giancotti