N. 316 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 luglio 2009

Ordinanza del 22 luglio 2009 emessa dal Magistrato di sorveglianza di
Modena sull'istanza proposta da B.M.. 
 
Ordinamento  penitenziario  -  Licenze  agli  internati  -  Internato
  sottoposto  alla  misura  di  sicurezza  della  casa  di  lavoro  -
  Concessione in via consecutiva di piu' licenze di  quindici  giorni
  ciascuna, al  fine  di  fruire  di  un  programma  risocializzativo
  extramurario (nella  specie,  un  rapporto  di  collaborazione  con
  l'universita') - Mancata previsione - Irragionavole  disparita'  di
  trattamento rispetto al detenuto. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 53, comma secondo. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.2 del 13-1-2010 )
 
                    IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza di  rimessione  degli  atti  alla
Corte costituzionale. 
    B.M. internato presso la Casa di lavoro di Saliceta San  Giuliano
(Modena) ha avanzato istanze  per  la  concessione  piu'  di  licenze
continuative - ai sensi dell'art. 53, secondo comma,  primo  periodo,
della legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario) - al fine  di
proseguire il rapporto di collaborazione con la facolta'  di  scienze
della formazione presso l'Universita' degli studi dell'Aquila. 
    La direzione dell'Istituto, in ordine all'istanza dell'internato,
ha espresso il seguente parere: «... si fa presente che  il  soggetto
trovavasi  in  licenza  da  lungo  tempo.  Durante   questo   periodo
all'esterno il soggetto si e' laureato a pieni voti  ed  ha  iniziato
una collaborazione di lavoro con l'universita' nonche' una specifica.
Si rinvia alle note dell'UEPE di Pescara  del  17  novembre  2008,  4
dicembre 2008, 29 gennaio 2009 e 20 febbraio 2009 dalle quali  emerge
la positivita' del percorso esterno.  Per  tutto  quanto  esposto  si
esprime parere favorevole al proseguimento del percorso esterno». 
    In effetti, il B. e' autore anche di libri. 
    Il B. e' internato presso il menzionato Istituto penitenziario in
esecuzione della misura di sicurezza della casa di  lavoro  per  anni
due, la cui applicazione e' iniziata il 18  aprile  2008  sicche'  il
periodo minimo verra' a scadere il 18 aprile 2010. 
    Questo Ufficio di sorveglianza, in questi casi - come  in  quello
di specie - dove sussistono i presupposti per un percorso esterno era
solito concedere piu' licenze di quindici giorni ciascuna,  ai  sensi
dell'art.  53,  secondo  comma,  primo  periodo,  o.p.,  con  effetto
consecutivo, al fine di consentire all'internato, in regime  ex  lege
di liberta' vigilata,  di  seguire  il  detto  programma  terapeutico
presso il SERT. 
    La concessione della suddetta serie di licenze di quindici giorni
ciascuna per fruire del programma terapeutico  era  suffragata  dalle
seguenti considerazioni: 
        agli internati non  e'  concedibile  l'affidamento  in  prova
(anche quello terapeutico ex art. 94  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990); 
        nel caso di specie  non  sono  concedibili  altre  specie  di
licenze: non quella di riadattamento sociale, prevista dall'art.  53,
comma 2, secondo periodo, o.  p.,  della  durata  massima  di  trenta
giorni all'anno, sia perche' non finalizzata a scopi terapeutici  sia
perche',  soprattutto,   i   programmi   terapeutici   hanno   durata
ultraannuale e trenta  giorni  all'anno  non  possono  soddisfare  le
necessita'  di  un  programma  terapeutico  (di  tipo  comunitario  o
territoriale); 
        ne' e' concedibile la licenza finale di esperimento, prevista
dall'art. 53 o.p., teoricamente applicabile per fruire di  programma,
terapeutico contro la tossicodipendenza o l'alcoolismo, che pero'  e'
possibile concedere solo negli ultimi sei mesi di misura, termine che
nel caso di specie decorre solo a far tempo dal 18 ottobre 2010. 
    La concessione di una serie di licenze continuative era fondata -
oltre che sull'impossibilita' di concedere altre misure  extramurarie
- sulle seguenti ulteriori ragioni. 
    La legge non pone alcun tetto massimo alla concessione di licenze
agli internati, diversamente da quanto e'  disposto  per  i  detenuti
semiliberi (che stanno espiando una pena e per i quali la licenza  si
connota ex professo come istituto premiale:  «a  titolo  di  premio»,
dice la legge, e non per soddisfare bisogni come la licenza  per  gli
internati) per i quali  opera  il  tetto  massimo  di  quarantacinque
giorni all'anno, ne' la legge prevede che tra una licenza  e  l'altra
l'internato (che, peraltro, in licenza, e' gia'  sottoposto  ex  lege
alla misura di sicurezza della liberta' vigilata per tutto il periodo
della licenza stessa) debba rientrare in Istituto. 
    Ne' la legge vieta la concessione di licenze in via continuativa:
non esiste alcuna norma che prevede una preclusione del  genere.  Una
disposizione  preclusiva  della  concessione  in  via   continuativa,
viceversa, e' prevista per la concessione dei permessi premio: qui la
legge, oltre al tetto massimo di  fruibilita'  annua  (quarantacinque
giorni),  prevede  ex  professo  che  il  permesso  premio,  non  sia
superiore «ogni volta», a quindici giorni (cfr. art. 30-ter, comma 1,
o.p.). Con il sintagma «ogni volta» il legislatore pone  un  evidente
vincolo alla concessione di  permessi  premio  in  via  continuativa;
vincolo che lo  stesso  legislatore  penitenziario,  invece,  non  ha
previsto  per  la  concessione  delle  licenze.   Il   che   dovrebbe
evidentemente  significare  che  le  licenze  sono  concedibili  agli
internati (anche) in via continuativa. 
    D'altra parte, la legge  prevede  misure  come  l'affidamento  in
prova (nelle due  articolazioni  di  quello  ordinario  e  di  quello
terapeutico), la detenzione domiciliare (nelle sue varie modalita'  e
articolazioni), la riduzione della pena di quarantacinque  giorni  al
semestre, ecc., solo per coloro  che  espiano,  in  qualunque  regime
(anche in liberta' vigilata ex liberazione  condizionale),  una  pena
(detenuti, semiliberi, affidati). Il legislatore,  tuttavia,  non  ha
previsto  per  gli  internati   le   suddette   misure   alternative;
evidentemente - ad avviso di questo Ufficio - anche  per  la  ragione
che, non avendo posto  un  tetto  massimo  alle  licenze,  lo  stesso
risultato pratico non segregante puo' essere conseguito attraverso la
strutturazione di licenze che, per non  avere  un  tetto  massimo  di
concedibilita', sono strumenti  flessibili  per  la  gestione  di  un
istituto non retributivo come la misura di sicurezza. 
    Ragionando diversamente, infatti - se cioe' non  fosse  possibile
concedere licenze continuative agli internati  -  ne  deriverebbe  un
effetto paradossale  dato  che  il  detenuto,  cioe'  colui  che  sta
espiando una pena di carattere (anche) retributivo, al fine di fruire
di un programma terapeutico, puo' essere ammesso  all'affidamento  in
prova uscendo dal carcere  sino  a  tre  anni  prima  dal  fine  pena
(attualizzato) mentre l'internato -  sottoposto  ad  una  misura  non
retributiva ma esclusivamente finalizzata  alla  di  lui  valutazione
della  pericolosita'  sociale  -  dovrebbe  rimanere  necessariamente
segregato (se gli e' stata applicata la casa di lavoro per due  anni)
almeno un anno e sei mesi  prima  di  poter  accedere  ad  esperienze
extramurarie continuative. 
    Tra  l'altro,  se   non   fosse   possibile   concedere   licenze
continuative all'internato che inizia la casa di  lavoro  dopo  avere
terminato l'espiazione della pena in regime di affidamento in  prova,
speciale  ovvero  ordinario,  il  soggetto  dovrebbe  necessariamente
segregato in casa di lavoro perdendo cosi'  le  opportunita'  esterne
interrompendo cosi' quel percorso di risocializzazione che,  iniziato
durante l'esecuzione della pena, verrebbe spezzato ineluttabilmente e
meccanicamente  dalla  misura  di  sicurezza,  cioe'  da  una  misura
totalmente priva di carattere retributivo. 
    In questo ordine  di  idee,  secondo  una  diffusa  e  ventennale
interpretazione degli uffici di sorveglianza, nel concetto  di  gravi
esigenze di carattere continuativo (che consentono la  concedibilita'
di licenze in via continuativa) sono ricomprese: 
        a) soggiorno  e  frequentazione  di  parenti  (v.  Magistrato
sorveglianza Reggio Emilia del 17 settembre 2008); 
        b) esigenza di mantenere rapporti con  l'ambiente  esterno  e
familiare (v. Magistrato sorveglianza Modena del 3 agosto 1994 e  del
14 settembre 1994); 
        c) esigenza di mantenere rapporti con  l'ambiente  esterno  e
familiare (v. Magistrato di sorveglianza  di  Modena  del  21  aprile
1993; Magistrato di sorveglianza di Modena del 22 aprile 1992); 
        d)  soggiorno  in  appartamento   protetto   (v.   Magistrato
sorveglianza Reggio Emilia del 23 settembre 2008); 
        e) programma terapeutico presso il SERT; 
        f) programma terapeutico presso comunita' terapeutica; 
        g) programma terapeutico presso  comunita'  psichiatrica  (v.
Magistrato sorveglianza Reggio Emilia del 7 ottobre 2008); 
        h) assistenza parenti handicappati ovvero  affetti  da  gravi
malattie; 
        i) svolgimento di attivita' lavorativa. 
    In  questo  quadro,  l'interpretazione  in  base  alla  quale  e'
possibile concedere licenze in via continuativa, oltre  che  ancorata
al dato testuale dell'art. 53, secondo  comma,  primo  periodo,  o.p.
(che, si ripete, non prevede alcun iato temporale tra una  licenza  e
l'altra ne' prevede tetti massimi di  concedibilita'  delle  suddette
licenze), appare l'unica esegesi costituzionalmente orientata. 
    In effetti, secondo la giurisprudenza di  codesto  Giudice  delle
leggi, «risulta ormai  presente  nella  disciplina  sulle  misure  di
sicurezza  il  principio  secondo  il   quale   si   deve   escludere
l'automatismo che impone al giudice di disporre  comunque  la  misura
detentiva, anche quando una misura meno drastica,  e  in  particolare
una misura piu' elastica e non segregante come la liberta'  vigilata,
accompagnata da  prescrizioni  stabilite  dal  giudice  medesimo,  si
riveli capace,  in  concreto,  di  soddisfare  contemporaneamente  le
esigenze di cura e tutela della persona interessata  e  di  controllo
della  sua   pericolosita'   sociale»   (cfr.,   da   ultimo,   Corte
costituzionale 7 luglio 2009, n. 107). 
    Tuttavia,  secondo  la  Procura  generale  della  Cassazione,  le
licenze continuative in questione, in quanto non intervallate  da  un
rientro in Istituto, sono state emesse da questo  Ufficio  con  grave
violazione di legge, e segnatamente dell'art. 53 o.p., in  quanto  le
dette licenze sono suddivise «solo formalmente  e  apparentemente  in
piu' distinte licenze della durata di quindici giorni ciascuna...  in
aperto contrasto con la succitata disposizione di legge  che  prevede
la possibilita' di concedere licenze di  tal  fatta  solo  per  gravi
esigenze personali o familiari e  per  un  periodo  non  superiore  a
quindici giorni». 
    Da questa interpretazione  che  privilegia  l'aspetto  segregante
della casa di lavoro non e' peraltro possibile estrapolare lo  spazio
temporale sufficiente (un giorno, quindici giorni  o  altro  periodo)
durante il quale l'internato, costretto a rientrare al termine  della
licenza di quindici giorni, deve permanere in Istituto al fine di non
far ritenere  adottate  in  grave  violazione  di  legge  le  licenze
concesse al fine di fruire di un programma terapeutico (o  lavorativo
o per le altre esigenze piu' sopra indicate). 
    Ne' appare possibile  ritenere  l'interpretazione  della  Procura
generale della Cassazione come un  semplice  parere  od  opinione  di
parte dato che nella materia penitenziaria  puo'  prevalere  -  sulle
decisioni del giudice  -  una  semplice  volonta',  anche  del  tutto
sfornita   di   motivazione,   espressa   dall'organo    dell'accusa:
«l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le  misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono  essere
concessi ai detenuti  ed  internati  per  delitti  dolosi  quando  il
Procuratore  nazionale  antimafia  o  il   procuratore   distrettuale
comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo  di
detenzione  o  internamento,  l'attualita'  di  collegamenti  con  la
criminalita' organizzata» (cfr. art. 4-bis, comma 3-bis, o.p.). 
    Il rimettente non ignora che la questione di costituzionalita' e'
inammissibile se il giudice a  quo  non  motiva  circa  l'assenza  di
opzioni interpretative costituzionalmente  orientate;  tuttavia,  nel
caso di specie, e' la stessa opzione costituzionalmente  conservativa
e non segregante ad essere accusata di grave violazione di legge. 
    In conclusione l'art. 53, comma 2, prima parte, o.p., cosi'  come
interpretato  dalla  Procura  generale   della   Cassazione,   appare
sospettabile di illegittimita' costituzionale in riferimento all'art.
3  della  Carta  costituzionale  per  la  manifesta   disparita'   di
trattamento tra detenuti e internati in relazione alla fruibilita' di
un programma  terapeutico  e  in  relazione  all'art.  32  Cost.  che
sancisce come inviolabile il diritto alla salute. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  53,
secondo comma, primo periodo, o.p., nella parte in cui non prevede la
concedibilita' in  via  consecutiva,  all'internato  sottoposto  alla
misura di sicurezza della casa di lavoro, di piu' licenze di quindici
giorni ciascuna al fine di fruire di  un  programma  risocializzativo
extramurario - nel caso di specie un rapporto di  collaborazione  con
l'Universita' - in relazione all'art.  3  Cost.  per  l'irragionevole
disparita' di trattamento con il detenuto. 
    Sospende il procedimento in corso. 
    Manda alla cancelleria per l'immediata  trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale, per la notifica della  presente  ordinanza
al Presidente del Consiglio dei ministri e ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Modena, addi' 22 luglio 2009 
 
                      Il magistrato: Martinelli