N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 ottobre 2009

Ordinanza del 21 ottobre 2009 emessa dal Giudice di pace  di  Bologna
nel procedimento penale a carico di Ahmed Jamil. 
 
Straniero  -  Soggiorno  illegale  nel  territorio  dello   Stato   -
  Configurazione  della  fattispecie  come  reato  -   Disciplina   -
  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  -   Disparita'   di
  trattamento di situazioni analoghe  -  Parita'  di  trattamento  di
  situazioni diverse - Lesione del diritto di difesa - Violazione del
  principio della finalita' rieducativa della pena - Contrasto con il
  principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 10-bis  (aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94)
  e 16, comma 1 (come modificato dall'art. 1 della  legge  15  luglio
  2009, n. 94); decreto legislativo 28  agosto  2000,  n.  274,  art.
  62-bis (aggiunto dall'art. 1, comma 17, lett. d),  della  legge  15
  luglio 2009, n. 94). 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, secondo  comma,  27,  terzo
  comma, e 97, primo comma. 
(GU n.10 del 10-3-2010 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel corso del processo a carico di Ahmed Jamil, nato in  Pakistan
il 1° gennaio 1966, imputato della contravvenzione  p.e.p.  dall'art.
10-bis del d.P.R. n. 286/98 perche' si  tratteneva  illegalmente  nel
territorio dello Stato, all'udienza  del  21  ottobre  2009  il  p.m.
avanzava istanza di eccezione di illegittimita'  della  normativa  di
cui agli articoli 10-bis, 16, comma 1 del d.lgs. n. 286/1998,  62-bis
del d.lgs. n. 274/2000 e 1-ter della legge n. 102/2009 per violazione
degli articoli 3, 24, comma 2, 27, comma 3 e 97,  primo  comma  della
Costituzione, cui si associava il difensore dell'imputato. 
    Il giudicante a seguito delle  richieste  formulate  dalle  parti
ritiene che deve essere sollevata, per i motivi di  seguito  esposti,
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.    10-bis,
limitatamente all'ipotesi di soggiorno  illegale,  16,  comma  1  del
d.lgs. n. 286/98 e 62-bis del d.lgs. n. 274/2000, nel testo novellato
dalla legge n. 94 del 5 luglio 2009, per contrasto con  gli  articoli
3, 24 comma 2, 27 comma 3 e 97, primo comma della Costituzione. 
    A parere  del  rimettente  i  dubbi  di  costituzionalita'  delle
disposizioni censurate  sono  rilevanti  nel  presente  giudizio,  in
quanto  la  sanzione  da  comminare  all'imputato   in   ipotesi   di
riconoscimento di penale responsabilita' dovrebbe essere  determinata
in   applicazione   delle   disposizioni   della   cui   legittimita'
costituzionale si dubita. 
    I medesimi dubbi sono parimenti non manifestamente infondati  per
le considerazioni che seguono. 
    1. - Art. 10-bis d.lgs. n. 286/98 (limitatamente alla ipotesi  di
soggiorno  illegale)  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione:
violazione del principio di ragionevolezza; violazione del  principio
di uguaglianza sia come necessita' di disparita' di  trattamento  per
situazioni diverse, sia come necessita' di parita' di trattamento  di
situazioni simili: 
        a) La disposizione normativa in esame, entrata in vigore alle
ore 00,00 del giorno 8 agosto 2009 punisce con l'ammenda da  5.000,00
a 10.000,00 euro lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel
territorio dello Stato. 
    Dalla data di entrata in vigore della norma pertanto  gli  stessi
fatti gia' configurati come illeciti amministrativi dall'alt  13  del
d.lgs. n. 286/1998 assumono anche natura di illeciti penali. 
    Premesso che i principi dettati dall'art. 3  della  Costituzione,
benche' riferiti ai cittadini devono  intendersi  estesi  anche  agli
stranieri  in  quanto  volti  alla  tutela  dei  diritti  inviolabili
dell'uomo (sentenza C. C.  n.  104/1969);  che  il  reato  contestato
all'odierno imputato e' quello di soggiornare in Italia alla data  di
entrata in vigore della  legge;  che  ai  fini  del  tempus  commissi
delicti nel nostro ordinamento  risulta  accolto  il  criterio  della
condotta, poiche' e' nel  momento  della  condotta  che  il  soggetto
sceglie di porsi contro il dettato normativo  e  che  la  legge  puo'
esercitare  su  di  lui  la  sua  efficacia  intimidatrice;  che   di
conseguenza e' in tale momento che il reato deve intendersi  commesso
in quanto il soggetto non deve sottostare a conseguenze piu' gravi di
quelle che egli poteva attendersi dalla legge in vigore al momento in
cui ha posto in essere l'azione punita; che opinando diversamente  si
avrebbe una inammissibile retroattivita' del precetto  sanzionatorio,
si osserva che ad avviso del  rimettente  la  norma  che  punisce  il
soggiorno dello straniero, indipendentemente dalla data  di  ingresso
in Italia  senza  prevedere  un  termine  di  allontanamento  per  lo
straniero presente nel territorio  nazionale  prima  dell'entrata  in
vigore della legge, pecca di irrazionalita', in quanto penalizza  una
posizione soggettiva, di per se' inoffensiva e  conseguente  a  fatti
preesistenti,  non  costituenti  reato  all'epoca  in  cui  si   sono
realizzati. 
    Ne' la censura prospettata puo' ritenersi eliminata con  richiamo
alla preesistenza dell'analoga  previsione  contenuta  dall'art.  13,
comma 2, lettera b) del T.U.,  considerato  che  in  questo  caso  lo
straniero mentre era a conoscenza  delle  conseguenze  amministrative
della propria condotta ignorava gli effetti penali della stessa; 
        b) Appare altresi' ingiustificata la parita'  di  trattamento
riservata allo straniero  che  soggiorni  illegalmente  dopo  essersi
introdotto  nel  territorio   nazionale   sapendo   (quantomeno   per
presunzione legale)  di  compiere  un  atto  punito  penalmente,  con
un'azione commissiva totalmente libera  ed  autodeterminata  ed  allo
straniero che trovandosi in Italia in data antecedente all'entrata in
vigore della legge non poteva essere a conoscenza  di  commettere  lo
stesso reato. Con il risultato evidente  di  sanzionare  allo  stesso
modo una condotta illegale ed una situazione  di  fatto  realizzatasi
nel passato e divenuta illegale  solo  per  effetto  dell'automatismo
applicativo della norma, che non prevede termini  ne'  modalita'  per
rimuovere la nuova situazione di illegalita'. 
    E' appena il caso di osservare che  ai  fini  dell'allontanamento
volontario dello straniero sotteso dalla disposizione censurata,  non
e' stato previsto alcun tipo di  intervento  volto  a  consentire  il
rimpatrio per non incorrere nel reato punito, diversamente da  quanto
contemplato  per  gli  allontanamenti  coattivi,  per  i  quali  sono
apprestate misure mirate al rinvio allo Stato di appartenenza  ovvero
quando cio' non sia possibile allo Stato  di  provenienza  (Art.  13,
comma  12  T.U.)  e  la  stipula  di  convenzioni  con  soggetti  che
esercitano trasporti di linea o con  organismi  anche  internazionali
che svolgono attivita' di assistenza per stranieri (Art. 14, comma  8
T.U.). 
    Inoltre  non  e'  stata  neppure  prevista  la  possibilita'   di
sottrarsi alla condanna  con  l'allontanamento  volontario,  che  non
risulta previsto come causa di non luogo  procedere  diversamente  da
quanto stabilito per l'allontanamento coattivo; 
        c) Sotto altro profilo si  rende  manifesta  l'ingiustificata
difformita'  di  trattamento  peggiorativo  introdotto  dalla   norma
censurata rispetto alla disciplina di condotte analoghe e piu'  gravi
di cui all'art. 14, comma 5-ter del T.U., per le quali anche dopo  le
modifiche apportate dalla legge n. 94/2009, l'applicazione della pena
resta in ogni caso subordinata all'assenza  del  giustificato  motivo
del trattenimento nel territorio dello Stato, che la norma  in  esame
invece non prevede. Un ulteriore  motivo  di  patente  disparita'  di
trattamento per situazioni omogenee e' costituita dalla  introduzione
recente  della  disciplina  derogatoria  contenuta  nella  legge   n.
102/2009. 
    La suddetta legge entrata in vigore in data 5 agosto 2009 in data
precedente alla promulgazione della legge n. 94/2009, ma  entrata  in
vigore in data successiva il giorno 8  agosto  2009,  all'art.  1-ter
commi 1  e  8  prevede  una  procedura  di  emersione  limitata  alla
categoria  dei  lavoratori  irregolari  adibiti   ad   attivita'   di
assistenza e di sostegno alle famiglie. 
    La soluzione adottata dal legislatore per risolvere  un  problema
sociale fortemente avvertito dalla collettivita' e' stata  quella  di
prevedere  un  regime  di  eccezione   per   i   suddetti   stranieri
soggiornanti in modo irregolare, prevedendo che per loro soltanto non
si precedesse penalmente nelle more della procedura di emersione. 
    L'opzione  normativa  conforme  al  dettato  costituzionale,  che
rimette al legislatore di  regolare  la  condizione  giuridica  dello
straniero (Art 10, secondo comma della Cost.),  pone  l'interrogativo
se l'insindacabile discrezionalita' del legislatore nella  disciplina
dell'immigrazione  con  la  conseguente  possibilita'  di   prevedere
categorie di  stranieri  meritevoli  di  accoglienza  sul  territorio
nazionale rispetto ad altre categorie,  possa  esercitarsi  in  forma
ugualmente libera sul piano penale fino al punto  di  discriminare  i
soggetti sulla base della sola attivita' svolta. 
    Laddove si consideri che entrambi gli interventi  normativi  sono
volti  al  controllo  dei  flussi  migratori   ed   alla   disciplina
dell'ingresso e della permanenza degli stranieri in Italia e  che  il
trattamento differenziato stabilito  dal  legislatore  non  trova  in
questo caso  giustificazione  nella  peculiare  rilevanza  ne'  nella
particolarita' degli interessi tutelati dall'art.  10-bis  d.lgs.  n.
286/1998, ad avviso del giudicante la risposta deve essere negativa e
pertanto in contrasto con il parametro costituzionale di riferimento. 
    2. - Art. 10-bis d.lgs. n. 286/98 (limitatamente alla ipotesi  di
soggiorno illegale). Violazione dell'art.  24,  secondo  comma  della
Costituzione, lesione del diritto di  difesa  per  contrasto  con  il
principio «nemo tenetur se detegere»; violazione dell'art. 27,  terzo
comma della Costituzione, lesione delle finalita'  rieducative  della
pena: 
        a) In  relazione  ai  profili  di  incostituzionalita'  sopra
riportati della norma in esame, si condividono e si fanno proprie  le
argomentazioni svolte dal p.m.,  nelle  quali  si  evidenzia  che  lo
straniero che si trovava in Italia in modo irregolare alle 00,00  del
giorno 8 agosto 2009 ha ricevuto direttamente dalla legge  un  ordine
di allontanamento senza indicazioni di come eseguirlo legalmente. 
    Per conformarsi al  dettato  normativo  lo  straniero  irregolare
dovrebbe (avrebbe dovuto) uscire clandestinamente, mentre era compito
del legislatore indicare forme di  allontanamento  senza  per  questo
autodenunciarsi secondo il brocardo «nemo tenetur se detegere». 
    Non va trascurato che la norma si rivolge a soggetti che  non  si
trovano  nelle  condizioni  materiali  per  adempiere  spontaneamente
all'allontanamento per mancanza  di  documenti,  mezzi  finanziari  e
possibilita' di rivolgersi ad un vettore regolare per far ritorno  in
patria  e  che  nelle  predette  condizioni  di   impossibilita'   di
raggiungere  il  paese  di  origine,  per  ottemperare   alla   norma
dovrebbero fare ingresso illegale in altri Stati. 
    Il legislatore nell'emanare un  precetto  penale  deve  presumere
presente nella platea  dei  destinatari  una  parte  intenzionata  ad
adempiere, per evitare la sanzione penale comminata. 
    Operando diversamente, come nel caso in esame, il legislatore  si
espone nella censura di incostituzionalita'  non  lasciando  ai  suoi
destinatari alcuna possibilita' di ottemperare al dettato normativo. 
    Si  richiama  in  proposito  che  in  sede  di  innovazioni  alla
normativa in tema di detenzione/porto d'armi con la legge n. 895/1967
si stabili' all'art. 8 la non punibilita' per coloro che entro trenta
giorni dall'entrata in vigore della legge  e  comunque  prima  di  un
eventuale accertamento  del  reato,  consegnavano  spontaneamente  le
armi; 
        b) La violazione dell'art.  10-bis  d.lgs.  n.  286/1998  pur
essendo  formalmente  sanzionato  con  l'ammenda,  prescrive  che  il
giudice una volta accertata la commissione del reato debba  applicare
in via automatica la  sanzione  sostitutiva  della  espulsione  dello
straniero dal territorio nazionale. Ne discende all'evidenza  che  la
nuova  figura  di  reato  non   e'   rivolta,   con   la   previsione
dell'applicazione di una pena criminale (ammenda) a  determinare  una
condotta virtuosa del  reo,  ne'  una  volta  applicata  ad  ottenere
resipiscenza,  recupero   o   risocializzazione   del   reo,   bensi'
preordinata all'unico risultato  di  ottenere  l'espulsione  in  sede
penale dello straniero. 
    Poiche' il ricorso improprio al magistero penale per giungere  ad
un risultato eminentemente amministrativo rappresenta  una  forma  di
amministrativizzazione del diritto penale anziche'  di  tutela,  deve
ritenersi che il legislatore abbia superato il limite  costituzionale
nella  configurazione  del  nuovo  illecito  penale  munito  di  pena
sprovvista di qualsiasi funzione educativa. 
    3. - Art. 62-bis d.lgs. n. 274/2000 e art. 16, comma 1 d.lgs.  n.
286/98. Violazione dell'art. 97, primo comma della  Costituzione  per
contrasto  con  il  principio  del  buon  andamento  della   pubblica
amministrazione esteso anche alla giurisdizione. 
    In applicazione degli articoli 62-bis d.lgs. n.  274/2000  e  16,
comma 1 d.lgs. n. 286/1998 qualsiasi tipo di pronuncia  nel  giudizio
in  esame,  pur  in  presenza  di  un  rito  snello  ed  estremamente
semplificato, resta subordinata alla verifica della sussistenza delle
cause ostative di cui all'art. 14, comma  1  del  T.U.  (accertamenti
supplementari  in  ordine  alla  identita'   o   nazionalita'   dello
straniero, acquisizione di documenti per il  viaggio,  disponibilita'
del vettore o di altro mezzo di trasporto), che  laddove  sussistenti
comporterebbero una condanna all'ammenda (di  scarsa  deterrenza  nei
confronti dei destinatari  generalmente  privi  di  mezzi  per  farvi
fronte), laddove insussistenti o ad una  pronuncia  di  non  luogo  a
procedere o all'espulsione in via sostitutiva, prevista  come  sbocco
ordinario del processo nelle intenzioni del legislatore. 
    Senonche' il risultato perseguito dal legislatore deve  ritenersi
frustrato in partenza laddove si consideri che il nuovo  procedimento
si  aggiunge  e   si   intreccia   con   il   sistema   sanzionatorio
amministrativo di cui all'art. 13 e seguenti del T.U.,  mantenuto  in
vita per  consentire  l'effettivo  controllo  e  la  repressione  del
fenomeno   dell'immigrazione   illegale,   che    va    indubbiamente
efficacemente contrastata. 
    Per cui con l'introduzione delle nuove norme nei confronti  dello
stesso straniero, una volta che l'Autorita' di Pubblica sicurezza che
riveste  anche  la  qualita'  di  Pubblico  ufficiale,   accerti   la
condizione di soggiornante  illegale  si  aprono  contestualmente  ed
automaticamente due  distinti  procedimenti  l'uno  amministrativo  e
l'altro penale. Il  primo  destinato  a  sfociare  nel  provvedimento
prefettizio di espulsione, da  eseguirsi  a  cura  del  Questore,  il
secondo a cura del g.d.p. nelle forme degli articoli 20-bis e ter del
d.lgs. n. 274/2000  e  destinato  a  sfociare  nelle  intenzioni  del
legislatore  di  norma  alla  decisione  applicativa  della  sanzione
sostitutiva della espulsione in applicazione degli articoli 16, comma
1 d.lgs n. 286/1998 e 62-bis d.lgs. n. 274/2000. 
    Il secondo tuttavia resta subordinato al primo in quanto vi e' la
previsione esplicita della prevalenza della espulsione amministrativa
rispetto al processo penale, tant'e' che il  g.d.p.  deve  dichiarare
sempre  non  luogo  a  procedere   allorquando   acquisisce   notizia
dell'esecuzione dell'espulsione amministrativa. 
    Ne consegue come puntualizzato dal p.m.,  con  argomenti  che  si
condividono e si fanno propri, che il  sistema  normativo  licenziato
dal legislatore e' inficiato  da  una  sorta  di  corto  circuito  in
quanto: 
        di norma il g.d.p. nel caso di condanna dovrebbe applicare la
sanzione sostitutiva della espulsione, come  prevedono  gli  articoli
16, comma 1 d.lgs. n. 286/98 e 62-bis d.lgs. n. 274/2000; 
        ma per fare questo lo straniero deve essere in condizione  di
subire sin da subito l'accompagnamento coattivo alla frontiera,  come
previsto dall'art. 14, comma 1 e 16 comma 1 d.lgs. n. 286/1998; 
        qualora si tratti di uno straniero nelle condizioni di cui al
punto che precede, il questore  deve  aver  gia'  provveduto  al  suo
accompagnamento  alla  frontiera  in  esecuzione  del   gia'   emesso
provvedimento prefettizio di espulsione, come prevedono gli  articoli
13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998; 
        qualora vi sia stata gia' l'esecuzione in sede amministrativa
della espulsione il g.d.p. deve  dichiarare  non  luogo  a  procedere
anche a processo iniziato, come previsto dall'art.  10-bis,  comma  5
d.lgs. n. 286/1998. 
    Corollario   del   suddetto   meccanismo   processuale   e'   che
l'applicazione della pena sostitutiva dell'espulsione in sede  penale
risulta inevitabilmente paralizzata e inapplicabile. 
    In relazione  a  quanto  precede  ad  avviso  di  questo  giudice
l'instaurazione del sistema del doppio binario con la duplicazione in
sede  penale  della  medesima  procedura  gia'  esistente   in   sede
amministrativa, rivolta  in  via  principale  al  medesimo  risultato
finale  dell'espulsione  dello  straniero  irregolare  si   pone   in
contrasto con il principio del buon  andamento  di  cui  all'art.  3,
primo  comma  della  Costituzione,  non  solo  per   quanto   attiene
all'esercizio della funzione giurisdizionale  in  senso  stretto,  ma
anche per  quanto  attiene  all'organizzazione  ed  al  funzionamento
dell'ufficio giudiziario. 
    Posto infatti che nelle disposizioni in  esame  il  problema  dei
rapporti tra illecito penale  ed  illecito  amministrativo  e'  stato
risolto  con  l'applicazione  di  entrambe   le   norme   penali   ed
amministrative, ma con subordinazione delle  prime  alle  seconde  al
fine di evitare il  cumulo  di  sanzioni  per  lo  stesso  fatto,  lo
svolgimento, in tempi strettissimi ed in un numero imprevedibile, dei
procedimenti   volti   all'espulsione   in   sede   penale    siccome
interdipendenti  con  i   contestuali   procedimenti   amministrativi
instaurati nei confronti degli stessi soggetti, comporta: 
        per un verso inevitabilmente  un  ritardo  nello  svolgimento
degli altri processi penali di cognizione ordinaria di questo giudice
e sulla durata ragionevole degli stessi; 
        per altro verso uno sconvolgimento dell'assetto organizzativo
dell'ufficio con assorbimento abnorme  delle  risorse  assegnate  per
attendere ai compiti istituzionali; 
        in entrambi i  casi  un  condizionamento  dell'organizzazione
dell'ufficio e dell'esercizio della attivita' giurisdizionale  dovuto
al separato, prevalente e parallelo svolgimento delle procedure volte
all'applicazione delle sanzioni amministrative. 
    In conclusione ad avviso di questo giudice  le  norme  denunciate
alterano il quadro  normativo  in  materia  di  sanzioni  penali  per
l'illecito ingresso  o  trattenimento  di  stranieri  nel  territorio
nazionale, gia' connotato da  squilibri,  sproporzioni  e  disarmonie
denunciate con la  sentenza  n.  22/2007,  rendendone  necessaria  la
verifica di compatibilita' con i principi costituzionali  indicati  a
riferimento. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante nel presente procedimento e non manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis d.lgs. n. 286/1998, limitatamente alla  ipotesi  di  soggiorno
illegale e degli articoli 62-bis d.lgs. n. 274/2000  e  16,  comma  1
d.lgs. n. 286/1998 in riferimento agli articoli 3, comma 1, 24, comma
2, 27, comma 3 e 97, primo comma della Costituzione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; 
    Ordina che a cura della Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri,  comunicata  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
        Bologna, addi' 21 ottobre 2009 
 
                      Il Giudice di pace: Cocco