N. 201 SENTENZA 7 - 10 giugno 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza  regionale  -  Principi  e
  criteri di delega al Governo in materia di  federalismo  fiscale  -
  Soppressione dei trasferimenti  statali  diretti  al  finanziamento
  delle funzioni esercitate dalle Regioni - Riduzione delle  aliquote
  dei tributi statali - Ricorso della Regione Siciliana -  Denunciata
  violazione  del  principio  della  copertura  finanziaria   e   del
  finanziamento integrale delle funzioni attribuite,  con  violazione
  delle   prerogative   statutarie   -   Non   applicabilita'   delle
  disposizioni censurate alle Regioni  a  statuto  speciale  ed  alle
  Province autonome - Inammissibilita' della questione. 
- Legge 5 maggio 2009, n. 42, artt. 8, comma 1, lett. f),  10,  comma
  1, lett. a) e b), numeri 1 e 2. 
- Cost.,  artt.  81  e  119,  quarto  comma;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, art. 36. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza  regionale  -  Principi  e
  criteri di delega al Governo in materia di  federalismo  fiscale  -
  Sistema di finanziamento  degli  enti  locali  -  Compartecipazione
  relativa al gettito dei tributi erariali riferiti al  territorio  -
  Ricorso  della  Regione  Siciliana  -  Denunciata  violazione   del
  principio della copertura finanziaria e del finanziamento integrale
  delle  funzioni  attribuite,  con  violazione   delle   prerogative
  statutarie - Non applicabilita' delle disposizioni  censurate  alle
  Regioni  a  statuto  speciale   ed   alle   Province   autonome   -
  Inammissibilita' della questione. 
- Legge 5 maggio 2009, n. 42, artt. 11, comma 1, lett. b)  ed  f),  e
  12, comma 1, lett. b) e c). 
- Cost.,  artt.  81  e  119,  quarto  comma;  Statuto  della  Regione
  Siciliana, artt. 36 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza  regionale  -  Principi  e
  criteri di delega al Governo in materia di  federalismo  fiscale  -
  Attribuzione alle Regioni ed enti locali di un  proprio  patrimonio
  immobiliare sulla base del criterio di  territorialita'  -  Ricorso
  della Regione  Siciliana  -  Lamentato  contrasto  con  lo  Statuto
  siciliano che attribuisce alla Regione tutti i  beni,  demaniali  e
  patrimoniali,  dello  Stato,  con  la  sola  eccezione  di   quelli
  riguardanti la difesa  o  servizi  di  carattere  nazionale  -  Non
  applicabilita' delle disposizioni censurate alle Regioni a  statuto
  speciale  ed  alle  Province  autonome  -  Inammissibilita'   della
  questione. 
- Legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 19. 
- Statuto della Regione Siciliana artt. 32 e 33; d.P.R.  1°  dicembre
  1961, n. 1825, intero testo. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza  regionale  -  Principi  e
  criteri di delega al Governo in materia di  federalismo  fiscale  -
  Coordinamento della finanza delle  regioni  a  statuto  speciale  e
  delle province autonome - Istituzione di un tavolo di confronto tra
  il Governo  e  ciascuna  regione  a  statuto  speciale  e  ciascuna
  provincia autonoma - Ricorso della Regione  Siciliana  -  Lamentata
  interferenza con la Commissione paritetica prevista  dallo  Statuto
  siciliano in violazione dello Statuto - Esclusione - Non fondatezza
  della questione. 
- Legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 27, comma 7. 
- Statuto della Regione Siciliana, art. 43. 
(GU n.24 del 16-6-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 8,  comma  1,
lettera f), 10, comma 1, lettere a) e b), 11, comma 1, lettere  b)  e
f), 12, comma 1, lettere b) e c), 19 e 27, comma  7,  della  legge  5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale,  in  attuazione  dell'articolo  119   della   Costituzione),
promosso dalla Regione Siciliana con ricorso notificato il  6  luglio
2009, depositato in cancelleria il 10 luglio 2009 ed iscritto  al  n.
47 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  maggio  2010  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    Uditi l' avvocato Michele Arcadipane  per  la  Regione  Siciliana
nonche' l'avvocato dello Stato Glauco  Nori  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 6 luglio e depositato il 10 luglio
2009, la Regione Siciliana  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale dei seguenti articoli della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione): 8, comma 1,  lettera  f);  10,
comma 1, lettere a) e b); 11, comma 1, lettere b) e f); 12, comma  1,
lettere b) e c); 19; 27, comma 7.  Quali  parametri  dell'impugnativa
costituzionale, vengono evocati: a) gli articoli  81  e  119,  quarto
comma, della Costituzione; b) gli artt. 32,  33,  36,  37,  43  dello
statuto della Regione Siciliana (Regio decreto legislativo 15  maggio
1946 n.  455,  recante  «Approvazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana»,  convertito   in   legge   costituzionale   dalla   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2); c) l'art.  2  del  d.P.R.  26
luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione
siciliana  in   materia   finanziaria);   d)   l'intero   d.P.R.   1°
dicembre1961, n.  1825  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della
Regione siciliana in materia di demanio e patrimonio). 
    La Regione ricorrente premette che la citata legge n. 42 del 2009
- nel fissare i principi ed i criteri direttivi cui il  Governo  deve
ispirarsi nell'adottare uno  o  piu'  decreti  legislativi  attuativi
dell'art. 119 Cost. - stabilisce che «alle regioni a statuto speciale
ed alle province autonome di Trento e di  Bolzano  si  applicano,  in
conformita' con gli statuti, esclusivamente le  disposizioni  di  cui
agli artt. 15, 22 e 27» (art. 1, comma  2)  e  che,  dunque,  tra  le
disposizioni oggetto di impugnativa, e' solo l'art. 27,  comma  7,  a
spiegare  efficacia  nei  confronti  di  essa  ricorrente.  Tuttavia,
nonostante  tale  statuizione,  secondo  la   ricorrente   tutte   le
disposizioni denunciate «appaiono direttamente applicabili anche alla
Regione siciliana» o comunque incidono sulle sue potesta'  regionali,
«in violazione delle prerogative statutarie alla Regione assegnate». 
    1.1. - Un primo gruppo di censure ha per  oggetto  gli  artt.  8,
comma 1, lettera f), e 10, comma 1, lettere a)  e  b),  numero  1)  e
numero 2), della legge n. 42 del 2009. 
    L'art. 8, comma 1,  lettera  f),  prevede  −  quale  principio  e
criterio direttivo della delega, «al fine di adeguare  le  regole  di
finanziamento alla  diversa  natura  delle  funzioni  spettanti  alle
regioni, nonche' al principio di autonomia  di  entrata  e  di  spesa
fissato dall'articolo 119 della Costituzione» - la «soppressione  dei
trasferimenti statali diretti al  finanziamento  delle  spese»  delle
funzioni esercitate  dalle  Regioni,  «ad  eccezione  dei  contributi
erariali in essere sulle rate di  ammortamento  dei  mutui  contratti
dalle regioni». 
    L'art. 10, comma 1, lettera a), prevede, quale ulteriore criterio
di delega, la cancellazione degli «stanziamenti di spesa, comprensivi
dei costi del  personale  e  di  funzionamento,  nel  bilancio  dello
Stato»,  sempre  con  riferimento  al  finanziamento  delle  funzioni
trasferite alle regioni, nelle materie di loro competenza legislativa
ai sensi dell'articolo 117, terzo e quarto comma, Cost. 
    Il medesimo art. 10, comma 1, lettera b), n. 1) e n. 2), prevede,
inoltre, che gli  emanandi  decreti  legislativi  siano  ispirati  al
principio della riduzione delle aliquote dei tributi erariali e − per
il finanziamento delle spese  connesse  alle  materie  di  competenza
legislativa di cui all'articolo 117,  terzo  e  quarto  comma,  Cost.
nonche' delle spese relative alle  materie  di  competenza  esclusiva
statale, in relazione alle quali  le  Regioni  esercitano  competenze
amministrative - al principio  del  corrispondente  aumento:  a)  dei
tributi propri derivati, istituiti e regolati da  leggi  statali,  il
cui gettito e' attribuito alle Regioni; b)  delle  addizionali  sulle
basi imponibili  dei  tributi  erariali;  c)  del  gettito  derivante
dall'aliquota  media   di   equilibrio   dell'addizionale   regionale
all'imposta sul reddito delle persone fisiche, stabilito sul  livello
sufficiente ad assicurare al complesso delle Regioni un ammontare  di
risorse tale da  pareggiare  esattamente  l'importo  complessivo  dei
trasferimenti soppressi. 
    La  ricorrente  assume  che  tali  previsioni,   anche   se   non
direttamente   applicabili   ad   essa    Regione,    «interferiscono
sull'impianto dell'art. 36  dello  Statuto  e  sulle  risorse  sinora
attribuite alla Sicilia», poiche' incidono «sul complesso sistema  di
definizione dei rapporti tributari  finalizzato  all'attribuzione  di
gettito finanziario al sistema del federalismo fiscale regionale». Si
osserva infatti nel  ricorso  che  le  impugnate  disposizioni  −  in
ragione della cessazione dei trasferimenti statali e della  riduzione
delle   aliquote    di    imposizione    fiscale    -    determinano,
«tendenzialmente», una  notevole  contrazione  dei  mezzi  finanziari
regionali,  che  non  e'  possibile  compensare   «con   un   gettito
compartecipativo dell'IVA e dell'IRPEF, che la Sicilia ha  gia'  come
risorse  proprie».  Ad  avviso   della   Regione   ricorrente,   tale
circostanza - unitamente al  rilievo  che,  attualmente,  la  finanza
della Regione siciliana  «e'  direttamente  ancorata  all'imposizione
fiscale statale» −  «potrebbe  determinare  un  notevole  squilibrio»
delle  risorse  finanziarie  disponibili,  pregiudicando  la   stessa
possibilita' per la Regione di esercitare  le  proprie  funzioni  per
carenza delle risorse finanziarie, «in violazione, quindi, anche  dei
principi  derivanti  dagli  artt.  81  e  119,  quarto  comma,  della
Costituzione». 
    1.2. - Un secondo gruppo di censure ha  per  oggetto  l'art.  11,
comma 1, lettere b) ed f), e l'art. 12, comma 1,  lettere  b)  e  c),
della legge di delegazione n. 42 del 2009, per la pretesa violazione:
a)  degli  artt.  36  e  37  dello  statuto  speciale  della  Regione
Siciliana; b) delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R.  n.
1074 del 1965; c) degli artt. 81 e 119, quarto comma, Cost. 
    L'art. 11, comma 1, prevede - quali principi e criteri  direttivi
dei futuri decreti legislativi  in  materia  di  finanziamento  delle
funzioni  di  comuni,  province  e  citta'  metropolitane  -  che  si
garantisca il finanziamento integrale in base al fabbisogno  standard
e che esso sia «assicurato dai tributi propri,  da  compartecipazioni
al gettito di tributi erariali e regionali,  da  addizionali  a  tali
tributi»   (lettera   b)   ed   inoltre   che   «il   gettito   delle
compartecipazioni a tributi erariali e regionali» sia «senza  vincolo
di destinazione» (lettera f). 
    L'art. 12, comma 1, prevede, quale principio di  delega,  che  le
spese  dei  comuni  relative   alle   funzioni   fondamentali   siano
«prioritariamente  finanziate»:  a)  dal  gettito  derivante  da  una
compartecipazione  all'IVA;  b)  dal   gettito   derivante   da   una
compartecipazione all'imposta sul reddito delle persone  fisiche;  c)
dalla  imposizione  immobiliare,  con  esclusione  della   tassazione
patrimoniale sull'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale
del soggetto passivo (lettera  b).  La  stessa  disposizione  prevede
altresi' che le medesime spese delle province siano  prioritariamente
finanziate «dal gettito derivante da tributi il  cui  presupposto  e'
connesso al trasporto  su  gomma  e  dalla  compartecipazione  ad  un
tributo dello Stato» (lettera c). 
    La ricorrente  evidenzia  che,  anche  per  tali  previsioni,  la
compartecipazione e' relativa al gettito dei  tributi  riferibili  al
territorio,  «trattandosi   di   attuazione   dell'art.   119   della
Costituzione» e che  tale  sistema  di  finanziamento  determina  una
sottrazione di parte del gettito tributario spettante alla Regione in
base all'art. 36 dello statuto ed al d.P.R. n. 1074 del 1965. Infatti
− argomenta la ricorrente - la  Regione  Siciliana  e'  titolare  «di
tutto il gettito dei cespiti tributari secondo il  sistema  delineato
dalle disposizioni richiamate», parte del quale  dovrebbe  alimentare
anche il finanziamento degli enti locali. La ricorrente  afferma,  in
proposito, che la normativa impugnata, per finanziare le spese  degli
enti locali, prevede il ricorso a risorse non dello Stato,  ma  della
Regione, la  quale  subisce,  pertanto,  una  riduzione  del  gettito
tributario a causa delle predette compartecipazioni, senza che  siano
previsti  «meccanismi  compensativi  della  forte  contrazione  delle
entrate regionali». Inoltre -  si  evidenzia  ancora  nel  ricorso  -
l'onere finanziario di tale compartecipazione ai tributi erariali  in
favore  degli  enti   locali   a   carico   della   Regione   risulta
indeterminato, con la conseguenza che il meccanismo  in  questione  −
gia' in se' lesivo degli artt. 36 e 37 dello statuto speciale e delle
relative norme attuative - «pregiudicherebbe la possibilita'  per  la
Regione di esercitare le proprie  funzioni  per  carenza  di  risorse
finanziarie», cosi' violando anche gli artt. 81 e 119, quarto  comma,
Cost. 
    1.3. - Con un terzo gruppo di censure  viene  impugnato  l'intero
art. 19 della legge n. 42 del 2009, per contrasto con gli artt. 32  e
33 dello statuto di autonomia e con le «relative norme di  attuazione
approvate con D.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1825». 
    L'art. 19 fissa i principi ed i criteri direttivi di  delega  per
l'attribuzione alle  Regioni  ed  agli  enti  locali  di  un  proprio
patrimonio, in attuazione dell'art. 119, comma sesto, Cost. La  norma
- nel prevedere l'attribuzione a titolo non oneroso, ad ogni  livello
di governo, di distinte tipologie di beni commisurate alle dimensioni
territoriali,  alle  capacita'  finanziarie  ed  alle  competenze   e
funzioni effettivamente svolte o esercitate dalle diverse Regioni  ed
enti locali − fa salva «la determinazione da  parte  dello  Stato  di
apposite liste che individuino nell'ambito delle citate  tipologie  i
singoli beni da attribuire» (art. 19, comma 1, lettera  a).  Inoltre,
la successiva lettera b) del comma 1 del medesimo  art.  19  prevede,
quale criterio di delega con riguardo alla formazione del  patrimonio
degli enti  locali  situati  in  Sicilia,  l'«attribuzione  dei  beni
immobili sulla base del criterio di territorialita'». 
    Secondo la ricorrente, tali disposizioni violano gli artt.  32  e
33 dello statuto siciliano, i quali attribuiscono alla Regione  tutti
i beni, demaniali e patrimoniali, dello Stato,  con  l'eccezione  dei
beni riguardanti la difesa o i servizi  di  carattere  nazionale.  Le
citate disposizioni statutarie infatti, per un  verso,  vietano  allo
Stato di sottrarre alla Regione beni ad essa  gia'  trasferiti,  come
invece avverrebbe applicando i criteri di delega censurati; per altro
verso, individuano nella Regione medesima la titolare  esclusiva  dei
beni non ancora trasferiti o non piu' utili alla difesa o ai  servizi
nazionali. 
    1.4 - Il quarto ed ultimo gruppo di censure e'  rivolto  all'art.
27, comma 7, della medesima legge di delega, in relazione al quale si
denuncia la violazione dell'art. 43 dello statuto regionale. 
    L'art. 27, comma 7, della legge n. 42 del 2009 istituisce  presso
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio
di leale collaborazione, «un tavolo di confronto  tra  il  Governo  e
ciascuna regione a statuto speciale e ciascuna  provincia  autonoma».
Esso e' costituito dai Ministri per i rapporti con le regioni, per le
riforme  per  il  federalismo,  per  la  semplificazione   normativa,
dell'economia e delle finanze e per le politiche europee nonche'  dai
Presidenti  delle  Regioni  a  statuto  speciale  e  delle   Province
autonome. Il tavolo individua linee guida, indirizzi e strumenti  per
assicurare il concorso delle  Regioni  a  statuto  speciale  e  delle
Province autonome agli obiettivi di perequazione e di solidarieta'  e
per valutare la congruita' delle attribuzioni  finanziarie  ulteriori
intervenute successivamente  all'entrata  in  vigore  degli  statuti,
verificandone la coerenza con i principi  contenuti  nella  legge  di
delega n. 42 del 2009 e con i nuovi assetti della  finanza  pubblica.
L'ultimo inciso del comma impugnato prevede poi che, con decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  da  adottare  entro  trenta
giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  suddetta  legge,  e'
assicurata l'organizzazione del tavolo. 
    A parere della  Regione  ricorrente,  i  compiti  e  le  funzioni
attribuiti a tale «tavolo di confronto», «potrebbero rivelarsi» o una
duplicazione della Commissione paritetica prevista dall'art. 43 dello
statuto ovvero condizionarne comunque i lavori,  «determinando  linee
guida ed indirizzi  al  fine  della  determinazione  di  nuove  forme
attuative  dello  Statuto».  In  ogni  caso  −  conclude  la  Regione
Siciliana − ne discenderebbe la violazione dell'art. 43 dello statuto
regionale, che attribuisce alla Commissione paritetica  ivi  prevista
anche l'attuazione dei rapporti finanziari  correlati  all'attuazione
dello statuto. 
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo   che   tutte   le   questioni   siano   dichiarate
inammissibili, ad eccezione dell'ultima, avente ad oggetto l'art. 27,
comma 7, da dichiararsi non fondata. 
    2.1. - Con riferimento ai profili di inammissibilita', la  difesa
dello Stato evidenzia che il non impugnato art.  1,  comma  2,  della
legge n. 42 del 2009 dispone che «alle regioni a statuto speciale  ed
alle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  si  applicano,  in
conformita' con gli statuti, esclusivamente le  disposizioni  di  cui
agli articoli 15, 22 e 27» della medesima  legge.  In  conseguenza  −
eccepisce ancora l'Avvocatura −, tutte le censure  prospettate  dalla
ricorrente, ad eccezione di quella avente ad oggetto l'art. 27, comma
7, hanno  ad  oggetto  norme  la  cui  applicazione  per  la  Regione
Siciliana e' espressamente esclusa dalla stessa legge  censurata.  In
ogni caso, secondo  la  difesa  dello  Stato,  quand'anche  le  norme
denunciate  dovessero  ritenersi  applicabili  anche   alla   Regione
ricorrente,  da  cio'  non  discenderebbe  l'effetto  del   «notevole
squilibrio»  delle  risorse  finanziarie  regionali   denunciato   in
ricorso, trattandosi comunque di principi di delega  il  cui  effetto
eventualmente lesivo  «potrebbe  essere  prodotto  solo  dalle  norme
delegate». 
    2.2.  -  La  difesa  dello  Stato  evidenzia,  dunque,   che   e'
ammissibile solo la censura riguardante il comma 7 dell'art. 27 della
legge  n.  42  del  2009,  cioe'  l'unica  disposizione,  tra  quelle
censurate, applicabile alle Regioni a  statuto  speciale.  Nondimeno,
tale censura, a parere dell'Avvocatura, non e' fondata. In proposito,
la difesa statale muove dal rilievo che la ricorrente ha  prospettato
solo come "possibile"  l'effetto  da  cui  discende  la  denuncia  di
incostituzionalita', e cioe' che il  «tavolo  di  confronto»  tra  il
Governo e le Regioni a statuto speciale e le  Province  di  Trento  e
Bolzano, previsto dalla norma impugnata, costituisca una duplicazione
della Commissione paritetica istituita  dall'art.  43  dello  statuto
oppure uno «strumento che ne condizioni i lavori».  Per  la  medesima
Avvocatura, la previsione normativa di tale «procedimento  operativo»
non concreta la creazione di un ulteriore organo e si colloca  ad  un
«livello   politico»,   diverso    dal    «livello    prevalentemente
amministrativo» proprio della Commissione paritetica  statutaria.  La
particolare vastita' ed incisivita'  della  riforma  del  federalismo
fiscale - conclude la difesa dello Stato − ha richiesto la creazione,
da parte del legislatore, di un procedimento nel quale la  paritetica
partecipazione del Governo e di ciascuna Regione a statuto speciale e
Provincia  autonoma  garantisca  l'individuazione  consensuale  delle
linee  guida,  le  quali,  peraltro,  non  «avranno  nessun   effetto
vincolante, che la norma non attribuisce». 
    2.3.  -  Con  successiva  memoria,  depositata   in   prossimita'
dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le
proprie conclusioni, con ulteriori argomentazioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione Siciliana ha promosso questioni  di  legittimita'
degli articoli 8, comma 1, lettera f); 10, comma 1, lettere a) e  b);
11, comma 1, lettere b) e f); 12, comma 1, lettere b) e c);  19;  27,
comma 7, della legge 5 maggio 2009,  n.  42  (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), in riferimento agli articoli 81 e 119,  quarto  comma,
della Costituzione; agli artt. 32, 33, 36, 37, 43 dello statuto della
Regione Siciliana (Regio decreto legislativo 15 maggio 1946  n.  455,
recante  «Approvazione  dello  Statuto  della   Regione   siciliana»,
convertito in legge  costituzionale  dalla  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 2); all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,  n.  1074
(Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria); all'intero d.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825  (Norme  di
attuazione dello  Statuto  della  Regione  siciliana  in  materia  di
demanio e patrimonio). 
    1.1. - Con un primo gruppo di censure, la ricorrente impugna  gli
artt. 8, comma 1, lettera f), e 10, comma 1, lettere a) e b),  numero
1)  e  numero  2),  della  legge  di  delegazione  n.  42  del  2009,
denunziando  la  violazione  dell'art.  36  dello  statuto   speciale
regionale e degli artt. 81 e 119, quarto comma, Cost. 
    Queste norme prevedono, quali principi e criteri direttivi  della
delega: a) la «soppressione  dei  trasferimenti  statali  diretti  al
finanziamento delle spese» delle funzioni  esercitate  dalle  Regioni
(art. 8, comma 1,  lettera  f);  b)  la  «cancellazione  degli  [...]
stanziamenti di spesa, comprensivi  dei  costi  del  personale  e  di
funzionamento, nel bilancio dello Stato», sempre con  riferimento  al
finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni,  nelle  materie
di loro competenza legislativa ai sensi dell'articolo  117,  terzo  e
quarto  comma,  Cost.  (art.  10,  comma  1,  lettera   a);   c)   il
«corrispondente aumento» sia dei tributi propri derivati, istituiti e
regolati da leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle Regioni,
sia delle addizionali sulle basi  imponibili  dei  tributi  erariali,
sia, infine, del gettito derivante dall'aliquota media di  equilibrio
dell'addizionale regionale  all'imposta  sul  reddito  delle  persone
fisiche, sufficiente ad assicurare  al  complesso  delle  Regioni  un
ammontare  di  risorse  tale  da  pareggiare  esattamente   l'importo
complessivo dei trasferimenti soppressi (art. 10, comma 1, lettera b,
numeri 1 e 2). 
    La ricorrente  impugna  tali  norme  sul  presupposto  che  esse,
interferendo  «sull'impianto  dell'art.  36  dello  Statuto  e  sulle
risorse sinora attribuite  alla  Sicilia»,  incidono  «sul  complesso
sistema   di   definizione   dei   rapporti   tributari   finalizzato
all'attribuzione di gettito finanziario al  sistema  del  federalismo
fiscale regionale», perche' le soppressioni dei trasferimenti statali
di spesa non risultano compensate «con  un  gettito  compartecipativo
dell'IVA e dell'IRPEF, che la Sicilia ha gia' come risorse  proprie».
Cio' determinerebbe, «tendenzialmente», una notevole contrazione  dei
mezzi finanziari regionali ed un «notevole squilibrio» delle  risorse
finanziarie disponibili, pregiudicando la stessa possibilita' per  la
Regione di esercitare le proprie funzioni per carenza  delle  risorse
finanziarie, in violazione anche dei principi derivanti  dagli  artt.
81 e 119, quarto comma, della Costituzione. 
    1.2. − Con un secondo gruppo di  censure,  la  Regione  Siciliana
assume che gli artt. 11, comma 1, lettere b) ed f), e  12,  comma  1,
lettere b) e c), della legge di delegazione n. 42 del  2009,  violino
gli artt. 36 e 37 dello statuto speciale della Regione Siciliana e le
relative norme di attuazione di cui  al  d.P.R.  n.  1074  del  1965,
nonche' gli artt. 81 e 119, quarto comma, Cost. 
    Le  norme  impugnate,  fissando  ulteriori  principi  di  delega,
stabiliscono che: a) in materia di finanziamento  delle  funzioni  di
comuni, province  e  citta'  metropolitane,  si  debba  garantire  il
finanziamento integrale in base al fabbisogno standard e che esso sia
«assicurato dai tributi propri, da compartecipazioni  al  gettito  di
tributi erariali e regionali, da addizionali a  tali  tributi»  (art.
11, lettera b) del comma 1); b) «il gettito delle compartecipazioni a
tributi erariali e regionali» sia  «senza  vincolo  di  destinazione»
(art. 11, lettera f) del comma 1); c) le spese  dei  comuni  relative
alle funzioni fondamentali siano  «prioritariamente  finanziate»  dal
gettito derivante  da  una  compartecipazione  all'IVA,  dal  gettito
derivante da una  compartecipazione  all'imposta  sul  reddito  delle
persone fisiche, dalla imposizione immobiliare (art. 12,  lettera  b)
del comma 1); d)  le  spese  delle  province  siano  prioritariamente
finanziate «dal gettito derivante da tributi il  cui  presupposto  e'
connesso al trasporto  su  gomma  e  dalla  compartecipazione  ad  un
tributo dello Stato» (art. 12, lettera c) del comma 1). 
    La ricorrente denuncia che tali norme  determinano  l'effetto  di
una sottrazione  di  parte  del  gettito  tributario  spettante  alla
Regione in base all'art. 36 dello statuto ed al d.P.R.  n.  1074  del
1965. Infatti, essendo la Regione Siciliana gia' titolare  «di  tutto
il gettito dei cespiti tributari secondo il sistema  delineato  dalle
disposizioni  richiamate»,  parte  di  esso,  secondo  gli  impugnati
principi di delega, dovrebbe alimentare anche il finanziamento  degli
enti locali. Tale finanziamento e' posto non a carico dello Stato, ma
della Regione stessa, la quale subisce, pertanto, una  riduzione  del
gettito tributario, senza  alcun  meccanismo  compensativo.  Inoltre,
tale compartecipazione ai  tributi  erariali  in  favore  degli  enti
locali a carico della Regione risulta indeterminata e,  pertanto,  il
meccanismo in questione − gia' in se' lesivo  degli  artt.  36  e  37
dello  statuto  speciale  e  delle   relative   norme   attuative   −
«pregiudicherebbe la possibilita' per la  Regione  di  esercitare  le
proprie funzioni per carenza di risorse finanziarie», con  violazione
anche degli artt. 81 e 119, quarto comma, Cost. 
    1.3. - Un terzo gruppo di censure ha ad oggetto l'intero art.  19
della legge n. 42 del 2009, di cui viene denunciato il contrasto  con
gli artt. 32 e 33 dello statuto di  autonomia  e  con  le  «relative»
norme di attuazione approvate con il d.P.R. n. 1825 del 1961. 
    L'art. 19 - nel fissare i principi  ed  i  criteri  direttivi  di
delega per l'attribuzione alle Regioni ed  agli  enti  locali  di  un
proprio patrimonio, in attuazione dell'art. 119, comma sesto, Cost. -
prevede l'attribuzione a titolo  non  oneroso,  ad  ogni  livello  di
governo, di distinte tipologie di beni  commisurate  alle  dimensioni
territoriali,  alle  capacita'  finanziarie  ed  alle  competenze   e
funzioni effettivamente svolte o esercitate dalle diverse regioni  ed
enti locali e fa salva «la determinazione da  parte  dello  Stato  di
apposite liste che individuino nell'ambito delle citate  tipologie  i
singoli beni da attribuire» (art. 19, comma 1, lettera  a).  Inoltre,
la norma impugnata prevede l'«attribuzione dei  beni  immobili  sulla
base del criterio di territorialita'», quale  ulteriore  criterio  di
delega con riferimento alla  formazione  del  patrimonio  degli  enti
locali (art. 19, comma 1, lettera b). 
    La ricorrente denuncia, in proposito, la violazione  degli  artt.
32 e 33 dello statuto siciliano, i quali − attribuendo  alla  Regione
tutti i beni, demaniali e patrimoniali, dello Stato, con  l'eccezione
dei beni riguardanti la difesa o i servizi di carattere  nazionale  −
vietano allo Stato di  sottrarre  alla  Regione  beni  ad  essa  gia'
trasferiti  ed  individuano  nella  Regione  medesima   la   titolare
esclusiva dei beni non ancora trasferiti o non piu' utili alla difesa
o ai servizi nazionali. 
    1.4. - Con un quarto ed ultimo gruppo di censure,  la  ricorrente
deduce,  in  riferimento  all'art.   43   dello   statuto   speciale,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 7, della legge n.
42 del 2009. 
    La  norma  denunciata  istituisce  -  in  seno  alla   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano - «un  tavolo  di  confronto  tra  il
Governo e ciascuna regione a statuto speciale  e  ciascuna  provincia
autonoma», i cui  compiti  e  funzioni  -  secondo  la  ricorrente  -
«potrebbero» rivelarsi una duplicazione di quelli  della  Commissione
paritetica prevista dall'evocato art. 43 dello  statuto  speciale  o,
comunque, indebitamente condizionare i lavori di detta Commissione. 
    2.  -  Occorre  innanzitutto  esaminare  l'eccezione  preliminare
dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui tutte  le  censure  avanzate
nel ricorso − salvo quella avente ad  oggetto  l'art.  27,  comma  7,
della legge n. 42 del 2009 − sono  inammissibili,  perche'  le  norme
impugnate  non  sono  applicabili  alla  Regione  Siciliana,  per  il
disposto del non impugnato art. 1, comma 2, della medesima legge,  il
quale stabilisce  che  «alle  regioni  a  statuto  speciale  ed  alle
province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformita'
con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli  articoli
15, 22 e 27». 
    L'eccezione di inammissibilita' e' fondata. 
    Infatti, la "clausola di esclusione" contenuta nel citato art. 1,
comma 2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente  che  gli
unici principi della delega sul federalismo fiscale applicabili  alle
Regioni a statuto speciale ed  alle  Province  autonome  sono  quelli
contenuti  negli  artt.  15,  22  e  27.  Di  conseguenza,  non  sono
applicabili alla Regione Siciliana gli indicati principi e criteri di
delega contenuti nelle disposizioni censurate. Ne' puo' sostenersi in
contrario  quanto  addotto   dalla   ricorrente,   secondo   cui   le
disposizioni  impugnate,   ancorche'   ad   essa   non   applicabili,
«interferiscono sull'impianto dell'art.  36  dello  Statuto  e  sulle
risorse  sinora  attribuite  alla  Sicilia»,  poiche'  incidono  «sul
complesso sistema di definizione dei rapporti  tributari  finalizzato
all'attribuzione di gettito finanziario al  sistema  del  federalismo
fiscale regionale». Trattasi, all'evidenza, di  un'affermazione  che,
per  la  sua  genericita'  ed  indeterminatezza,  non  e'  idonea   a
modificare la conclusione teste' enunciata, che  e'  fondata  su  una
sicura esegesi del dato normativo, priva di plausibili alternative. 
    3. - E' invece ammissibile la questione avente ad oggetto  l'art.
27, comma 7, della  legge  n.  42  del  2010,  trattandosi  di  norma
applicabile anche alle Regioni a statuto speciale  (e  alle  Province
autonome),  e  percio'  alla  ricorrente.  La  norma  impugnata,   in
attuazione  del  principio  di  leale  collaborazione:   a)   prevede
l'istituzione, presso la Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di  Bolzano,  di
«un tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna regione  a  statuto
speciale e ciascuna provincia autonoma», costituito dai Ministri  per
i rapporti con le regioni, per le riforme per il federalismo, per  la
semplificazione normativa, dell'economia e delle  finanze  e  per  le
politiche europee nonche' dai  Presidenti  delle  Regioni  a  statuto
speciale e delle Province autonome; b) attribuisce a detto «tavolo di
confronto» la competenza ad individuare  «linee  guida,  indirizzi  e
strumenti per assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale
e delle  province  autonome  agli  obiettivi  di  perequazione  e  di
solidarieta'  e  per  valutare  la  congruita'   delle   attribuzioni
finanziarie  ulteriori  intervenute  successivamente  all'entrata  in
vigore degli statuti,  verificandone  la  coerenza  con  i  principi»
contenuti nella legge di delega n. 42 del 2009 «e con i nuovi assetti
della finanza pubblica». 
    La  Regione  ricorrente  assume  che  i  compiti  e  le  funzioni
attribuiti al "tavolo di  confronto"  potrebbero:  a)  rivelarsi  una
duplicazione  di  quelli  della   Commissione   paritetica   prevista
dall'art. 43 dello statuto speciale e deputata a determinare le norme
di attuazione dello statuto stesso; b) condizionare  indebitamente  i
lavori di detta Commissione. Ne risulterebbe violato - sempre secondo
la Regione - il citato art. 43,  «che  attribuisce  alla  Commissione
paritetica ivi specificata anche l'attuazione dei rapporti finanziari
correlati all'attuazione dello Statuto regionale». 
    La questione non e' fondata. 
    Infatti, il «tavolo di confronto» istituito dalla norma censurata
e la «Commissione paritetica» prevista  dall'art.  43  dello  statuto
della Regione Siciliana non solo risultano del tutto  diversi  quanto
alla  composizione,  ma  hanno  anche  ambiti  operativi  e  funzioni
diversi. 
    L'organo  statutario  -  composto  da  quattro  membri   nominati
dall'Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello  Stato  -  e'
titolare di una speciale funzione di partecipazione  al  procedimento
legislativo, in quanto, secondo la formulazione del citato  art.  43,
esso «determinera' le norme» relative sia al passaggio  alla  Regione
degli uffici e del personale dello  Stato  sia  all'attuazione  dello
statuto stesso. Detta Commissione rappresenta, dunque, un  essenziale
raccordo tra la Regione  e  il  legislatore  statale,  funzionale  al
raggiungimento di tali specifici obiettivi. 
    Il «tavolo di confronto» - cui intervengono gli  indicati  membri
del Governo e i Presidenti delle Regioni a statuto speciale − non ha,
invece,  alcuna  funzione  di  partecipazione  al   procedimento   di
produzione normativa, perche' la disposizione censurata si limita  ad
attribuirgli   compiti   e   funzioni   politico-amministrativi   non
vincolanti  per   il   legislatore,   di   carattere   esclusivamente
informativo, consultivo  e  di  studio  («linee  guida,  indirizzi  e
strumenti»), nell'ambito della Conferenza permanente per  i  rapporti
tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano.  Il  «tavolo»  rappresenta,  dunque,  il  luogo  in  cui  si
realizza, attraverso una permanente interlocuzione, il confronto  tra
lo Stato e le  autonomie  speciali  per  quanto  attiene  ai  profili
perequativi e finanziari  del  federalismo  fiscale  delineati  dalla
citata  legge  di  delegazione,  secondo  il   principio   di   leale
collaborazione espressamente  richiamato  dalla  stessa  disposizione
censurata. 
    Dall'evidenziata  diversita'   di   funzioni   discende   che   -
contrariamente all'assunto della ricorrente - il tavolo  tecnico  non
costituisce una "duplicazione" della Commissione paritetica  prevista
dall'art. 43 dello statuto speciale. La disposizione  denunciata  non
puo' avere, pertanto,  alcuna  attitudine  lesiva  delle  prerogative
statutarie della Regione. 
    Conferma tale conclusione il fatto  che  -  come  sopra  visto  -
l'art.  1,  comma  2,  della  legge  n.   42   del   2009   subordina
l'applicazione dell'art. 27 alle  Regioni  a  statuto  speciale  -  e
quindi  anche  l'istituzione  e  il  funzionamento  del  «tavolo   di
confronto» -  alla  condizione  che  tale  applicazione  avvenga  «in
conformita'  con  gli  statuti»  regionali.  Cio'  significa  che  la
disposizione deve essere interpretata nel senso che le «linee  guida,
indirizzi e strumenti», adottati in sede di  «tavolo  di  confronto»,
non  possono  interferire  con  la  determinazione  delle  norme   di
attuazione  dello  statuto  della  Regione  Siciliana,   che   rimane
riservata alla Commissione paritetica. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 8, comma  1,  lettera  f),  10,  comma  1,
lettere a) e b), 11, comma 1, lettere b) e f), 12, comma  1,  lettere
b) e c), e 19 della legge 5 maggio 2009 n. 42 (Delega al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), promosse  dalla  Regione  Siciliana,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe, in riferimento agli articoli 81 e  119,  quarto
comma, della Costituzione; agli artt. 32, 33, 36,  37  dello  statuto
della Regione Siciliana (Regio decreto legislativo 15 maggio 1946  n.
455, recante «Approvazione dello Statuto  della  Regione  siciliana»,
convertito in legge  costituzionale  dalla  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 2); all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,  n.  1074
(Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria)  ed  al  d.P.R.  1°  dicembre1961,  n.  1825  (Norme  di
attuazione dello  Statuto  della  Regione  siciliana  in  materia  di
demanio e patrimonio); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 27, comma 7, della medesima legge  5  maggio
2009, n. 42,  promossa  dalla  Regione  Siciliana,  con  il  medesimo
ricorso, in riferimento  all'art.  43  dello  statuto  della  Regione
Siciliana. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                         Il redattore: Gallo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 10 giugno 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola