N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2010

Ordinanza del 1° aprile 2010 emessa dalla Corte d'appello di Bari nel
procedimento relativo a B.D.. 
 
Estradizione - Mandato d'arresto europeo -  Garanzie  richieste  allo
  Stato membro di emissione - Previsione che, se la  persona  oggetto
  del mandato di arresto europeo  ai  fini  di  un'azione  penale  e'
  cittadino  o  residente  dello  Stato  italiano,  la  consegna  sia
  subordinata alla condizione  che  la  persona,  dopo  essere  stata
  ascoltata, sia  rinviata  nello  Stato  membro  di  esecuzione  per
  scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della liberta'
  personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello  Stato
  membro di emissione  -  Esclusione  che  la  medesima  facolta'  di
  chiedere l'esecuzione della pena nello Stato italiano di  residenza
  sia riconosciuta anche al cittadino comunitario  non  italiano  che
  abbia gia' riportato una condanna penale  per  la  quale  e'  stata
  richiesta la consegna con mandato d'arresto europeo  dall'autorita'
  dello Stato estero che ha pronunciato la condanna -  Diversita'  di
  trattamento  del  residente  non  cittadino  nel  caso  di  mandato
  d'arresto  esecutivo  rispetto  al  caso   di   mandato   d'arresto
  processuale - Violazione del principio di uguaglianza. 
- Legge 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, lett. c). 
- Costituzione, art. 3; Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
  europea di Nizza,  art.  20,  recepito  dall'art.  6  del  trattato
  dell'Unione europea 17 dicembre 2007. 
(GU n.25 del 23-6-2010 )
 
                         LA CORTE DI APPELLO 
 
    Nel procedimento M.A.E. n. 3/2010 nei confronti di B. D. nato  il
in R., sentite le parti,  all'odierna  udienza  del  30  marzo  2010,
all'esito della camera di consiglio,  ha  pronunciato,  e  pubblicato
mediante lettura in udienza, la seguente ordinanza. 
    Visto il M.A.E. emesso dal Tribunale di P. N. (R.), nei confronti
di B. D., nato il a N.(R.), a seguito della pronuncia  nei  confronti
del medesimo di sentenza penale di condanna in data 21 febbraio 2007,
per i reati di falso in scrittura privata e di  concorso  in  truffa,
alla pena di anni due di reclusione; 
    Rilevato che la consegna del B. e' consentita sul piano  formale,
essendo stata allegata  copia  della  sentenza  di  condanna  a  pena
detentiva che ha dato luogo alla richiesta stessa (art. 6,  comma  3,
legge n. 50/2005), e che il reato ascritto al B. rientra  fra  quelli
per i quali e' prevista dall'art. 7  in  ragione  della  reciprocita'
dell'incriminazione; 
    Rilevato che  il  B.  non  ha  acconsentito  alla  consegna,  con
dichiarazione resa in data 9 marzo 2010, dopo  essersi  riservato  in
sede  di  identificazione  di  prestarlo  all'esito  della   compiuta
conoscenza dei fatti di cui e' accusato; ed  ha  chiesto,  in  quanto
residente in Italia ove lavora, di poter espiare la pena  in  Italia,
insistendo  in  tali  richieste,  anche  nelle   successive   memorie
presentate per il tramite del difensore, ed invocando  i  diritti  di
tutela del lavoro e della famiglia, nonche' della salute  in  ragione
di patologie da cui e' affetto; 
    Rilevato che la legge n. 69/2005, prevedendo,  per  il  cittadino
non italiano  residente  in  Italia,  all'art.  19,  lettera  c),  la
possibilita' di espiazione della pena in Italia,  con  rifiuto  della
consegna allo Stato estero richiedente, soltanto nel caso di condanna
non ancora pronunciata e di M.A.E. c.d. «processuale»,  emesso  cioe'
per l'applicazione di misura cautelare in corso di procedimento ed in
attesa di decisione, e non invece per i casi  di  M.A.E.  emessi  per
esecuzione  di  pena,  a  seguito   di   condanna   definitiva   gia'
intervenuta, non consente di accogliere,  allo  stato,  la  richiesta
formulata dal B.; 
    Rilevato che il trattamento differente  fissato  dalla  legge  n.
69/2005  per  le  condanne  gia'  pronunciate  e  quelle  ancora   da
pronunciare appare a questa Corte d'appello ingiustificato, sia  alla
luce del disposto della  Decisione  Quadro  sul  Mandato  di  Arresto
europeo, n. 2002/584/GAI, e  sia  alla  luce  dei  principi  generali
dell'ordinamento  italiano  e  comunitario,  ed  in  particolare  del
principio  di  eguaglianza,  nonche'  dei  principi  di  liberta'  di
circolazione  e  di  stabilimento   dei   cittadini   intracomunitari
all'interno  della  comunita'  medesima,  e  di  rispetto  e   tutela
dell'unita' della famiglia,  anche  di  fatto,  per  le  ragioni  che
seguono; 
    Rilevato,  sul  piano  dei  rapporti  tra  Decisione  Quadro  del
Consiglio d'Europa e  legge  italiana  attuativa,  che  la  Decisione
Quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 del  Consiglio  dell'Unione
europea, all'art. 4, stabilisce che: 
        «l'Autorita' giudiziaria dell'esecuzione  puo'  rifiutare  di
eseguire il  mandato  di  arresto  europeo  ....  6)  se  il  mandato
d'arresto europeo e' stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di  una
pena o di una misura di sicurezza privative della  liberta',  qualora
la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne  sia
cittadino o vi risieda, se tale Stato  si  impegni  a  eseguire  esso
stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al  suo  diritto
interno»; 
    Rilevato che la  Decisione  Quadro  e',  in  generale,  strumento
giuridico vincolante per i legislatori nazionali degli Stati aderenti
all'Unione, i quali sono tenuti, nella specie a  norma  dell'art.  34
della Decisione in  esame,  ad  adottare  le  misure  necessarie  per
conformarsi alle disposizioni della decisione quadro; 
    Rilevato che la previsione, nella Decisione Quadro,  del  rifiuto
di consegna, in ragione dell'esecuzione nello  Stato  di  dimora  del
consegnando,  appare,  per  come  e'  formulata,   disposizione   non
vincolante   per   gli   Stati   membri,   essendo    rimessa    alla
discrezionalita'  di  ciascun  legislatore  nazionale  la  scelta  se
prevedere tale possibilita' (a condizione dell'esecuzione nello Stato
della pena o misura adottata da altro Stato) ovvero se escluderla del
tutto e fissare il principio della consegna in presenza  delle  altre
condizioni previste; 
    Rilevato che pero', nel caso in cui lo Stato decida  di  recepire
il principio di rifiuto della consegna per esecuzione  della  pena  o
misura di sicurezza  nel  proprio  territorio  ed  alla  stregua  del
proprio ordinamento, appare doverosa l'attuazione del recepimento con
riferimento ad ogni caso  previsto  dalla  stessa  Decisione  Quadro,
evitando disparita' di trattamento che risultino ingiustificate  alla
luce del principio di eguaglianza, nonche'  senza  ledere  gli  altri
diritti fondamentali dell'individuo, tutelati a livello comunitario e
nazionale; 
    Rilevato che la legge italiana n. 69/2005, all'art.  19,  lettera
c), nel recepire il principio fissato dall'art. 4 2002/584/GAI del 13
giugno 2002 del Consiglio dell'Unione Europea, innanzi richiamato, ha
previsto la possibilita' del rifiuto di consegna per esecuzione della
pena o misura di sicurezza nello Stato italiano se il consegnando  e'
quivi residente, statuendo che: 
        «l'esecuzione del M.A.E. da parte dell'autorita'  giudiziaria
nei casi sotto elencati, e'  subordinata  alle  seguenti  condizioni:
.... c) se la persona oggetto del M.A.E. ai fini di un'azione  penale
e' cittadino  o  residente  dello  Stato  italiano,  la  consegna  e'
subordinata  alla  condizione  che  la  persona,  dopo  essere  stata
ascoltata,  sia  rinviata  nello  Stato  membro  di  esecuzione   per
scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative  della  liberta'
personale eventualmente pronunciate nei suoi  confronti  nello  Stato
membro di emissione»; 
    Rilevato che la suddetta norma ha accolto  solo  parzialmente  il
disposto dell'art. 4 cit., limitando la possibilita' di  condizionare
la consegna, alla espiazione della pena o della misura  di  sicurezza
nello Stato italiano per la persona residente nello  Stato,  ai  soli
casi  di  c.d.  M.A.E.  processuali,  e  cioe'  emessi  in  corso  di
procedimento ed ai fini dello stesso, e dunque per pene o  misure  di
sicurezza ancora da infliggere ed in attesa  della  loro  (eventuale)
comminatoria; ed escludendo da tale possibilita' i  casi  di  pene  o
misure di sicurezza gia' inflitte e definitive, e quindi per i M.A.E.
emessi per l'esecuzione pena; 
    Rilevato che la disposizione dell'art. 19, lettera c),  attua  in
tal modo una irragionevole  disparita'  di  trattamento,  che  appare
ingiustificata per i seguenti motivi: 
        1) nella Decisione Quadro non si opera alcuna distinzione tra
pene ancora da comminare e pene da eseguire, ai fini della scelta tra
rifiuto della  consegna  per  esecuzione  nello  Stato  di  dimora  e
consegna obbligatoria; 
        2) il riconoscimento della possibilita' di  esecuzione  della
pena nello Stato di dimora (espressione usata dalla norma comunitaria
ed ancor piu' lata del concetto di «residenza» cui fa riferimento  la
norma di legge italiana impugnata)  dell'individuo  e'  funzionale  e
corrispondente ai principi generali in materia di diritti e  liberta'
fondamentali  dell'individuo,  che   sono   parte   della   normativa
fondamentale europea, in quanto: 
          il principio di eguaglianza di trattamento giuridico  degli
individui, sancito anche dall'art. 3 della Costituzione italiana,  e'
previsto sia dall'art.  20  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo, e sia dall'art. 20 della Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, approvata a Nizza il 7 dicembre 2000, e recepita
nel Trattato fondamentale dell'Unione con il Trattato di Lisbona  del
13 dicembre 2007, come risulta dall'art. 6 del Trattato fondamentale,
nella versione consolidata pubblicata in  G.U.C.E.  C  115/19  del  9
maggio 2008; 
          gli altri diritti fondamentali, di cui la  disposizione  di
legge italiana appare integrare una violazione, e  che  si'  indicano
nel testo che segue. sono  anch'essi  parte  integrante  delle  norme
fondamentali dell'Unione europea, e come  tali  vincolanti  non  solo
nella normativa nazionale autonoma ma anche nella normativa nazionale
attuativa delle fonti comunitarie; 
          l'art.  6  del  Trattato  fondamentale  dell'Unione,  nella
versione consolidata  (in  G.U.C.E.  C  115/19  del  9  maggio  2008)
statuisce, fra l'altro: «l'Unione riconosce i diritti, le liberta'  e
i principi sanciti nella Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione
europea del 7 dicembre 2000, adottata a  Strasburgo  il  12  dicembre
2007, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati» (punto 1, prima
parte);  «l'Unione  aderisce  alla   Convenzione   europea   per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali»
(punto 2);  «i  diritti  fondamentali,  garantiti  dalla  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto  principi
generali» (punto 3); 
        3)  tra  i  diritti  fondamentali  recepiti  e  tutelati  nel
Trattato europeo e, per il richiamo da esso  effettuato  nell'art.  6
cit., anche nella «tradizione  costituzionale  nazionale»,  e  dunque
nella Costituzione italiana, appaiono significativi e  vincolanti  ai
fini del riconoscimento indifferenziato del  diritto  di  espiare  la
pena nello Stato di dimora, come indicato dalla Decisione quadro: 
          a) il diritto di liberta' di stabilimento nell'Unione per i
cittadini, previsto e regolato: dagli artt. 49 ss. del Trattato U.E.,
che consente a ciascun cittadino comunitario di stabilire il  proprio
centro  di   interessi   lavorativi   (per   attivita'   industriali,
commerciali, artigianali o professionali: art. 57  del  Trattato)  in
qualunque Stato dell'Unione,  con  divieto  espresso  per  gli  Stati
membri di frapporre ostacoli o  restrizioni  a  tale  diritto  (salvo
ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica  o  sanita'  pubblica,
che concernono i cittadini stranieri, ex art. 52 Trattato U.E., e che
non appaiono pertinenti nel caso in esame), dall'art.  15,  comma  2,
della Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  del  7
dicembre 2000,  per  il  quale  «ogni  cittadino  dell'Unione  ha  la
liberta' di cercare un  lavoro,  di  lavorare,  di  stabilirsi  o  di
prestare servizi in qualunque Stato membro»; dall'art. 16 Cost.  it.,
che tutela il diritto di circolazione e soggiorno; 
          b) il diritto di costituirsi una famiglia e  di  stabilirsi
con essa in qualunque Stato dell'Unione europea,  con  l'obbligo  per
gli  ordinamenti  nazionali  di  tutela  della   famiglia   medesima,
previsto, oltreche' dalla Convenzione europea dei diritti  dell'uomo:
dagli artt. 7 e 9  della  Carta  fondamentale  dei  diritti  e  delle
liberta' fondamentali di Nizza, dagli artt. 29-31 della  Costituzione
italiana; 
    Ritenuto che  nei  casi  in  cui  il  cittadino  comunitario  sia
allontanato dal luogo ove ha stabilito il proprio centro di vita e di
interessi, lavorativi e familiari, per l'esecuzione  di  una  pena  o
misura che potrebbero essere eseguite, evitandone lo sradicamento, in
quel luogo ove  ha  eletto  la  propria  residenza,  o  anche  dimora
temporanea, appare sussistente una lesione dei menzionati diritti  di
liberta' di stabilimento lavorativo e familiare,  e  di  salvaguardia
della famiglia, anche di fatto; 
    Rilevato che la differenza di disciplina tra  i  casi  di  M.A.E.
«processuali» e M.A.E. «esecutivi» appare  violare  il  principio  di
eguaglianza del trattamento giuridico dell'individuo  non  cittadino,
sancito dall'art. 20 della Carta  fondamentale  dei  diritti e  delle
liberta' fondamentali di Nizza,  gia'  citata,  nonche'  dall'art.  3
della Costituzione italiana; 
    Rilevato che nella specie il  B.  e'  regolarmente  residente  in
Italia, con registrazione all'anagrafe del comune di T. in S. C., per
cui la sua condizione rientra fra quelle per le quali l'art. 4  della
Decisione Quadro prevede la facolta' di espiare la pena nel luogo  di
dimora o residenza; 
    Rilevato  che  la  prospettata  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 19, lettera c)  della  legge  italiana  n.  69/2005  appare
rilevante nel presente giudizio e decisiva ai fini della decisione da
adottare sulla richiesta di consegna avanzata dall'Autorita' r.; 
    Ritenuto che la questione, alla luce dei principi menzionati  non
appare manifestamente infondata, ed e' stata sollevata altresi' dalla
Corte di cassazione, sia pure con riferimento all'art. 18 della legge
n. 69/2005, con le ordinanze pronunciate in data 15  luglio  2009  n.
33511, (depositata il 27 agosto 2009), e in data 1°  settembre  2009,
n. 34213 (depositata il 4 settembre 2009), nonche' da  questa  stessa
Corte con ordinanza in data 20 novembre 2009, in analogo procedimento
a carico di G. V. F.; 
    Ritenuto di dover sottoporre nuovamente la questione  alla  Corte
costituzionale, affinche'  voglia,  ove  ne  ravvisi  i  presupposti,
dichiarare  la  illegittimita'  costituzionale   della   disposizione
contenuta nella lettera c dell'art. 19 della legge 22 aprile 2005, n.
69 nella parte in cui, stabilendo che  «se  la  persona  oggetto  del
M.A.E. ai fini di un'azione penale e'  cittadino  o  residente  dello
Stato italiano, la consegna e' subordinata  alla  condizione  che  la
persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro
di esecuzione  per  scontarvi  la  pena  o  la  misura  di  sicurezza
privative della liberta' personale eventualmente pronunciate nei suoi
confronti nello Stato membro di emissione», esclude che  la  medesima
facolta' di chiedere l'espiazione della pena nello Stato italiano  di
residenza  sia  riconosciuta  anche  al  cittadino  comunitario   non
italiano che abbia gia' riportato una condanna penale per la quale e'
stata richiesta la consegna con  M.A.E.  dall'Autorita'  dello  Stato
estero che ha pronunciato la condanna.; 
    Ritenuto di rimettere alla  Corte  costituzionale  gli  atti  del
presente procedimento, sospendendo  ai  sensi  dell'art.  23  secondo
comma, della legge 11 marzo  1953  n.  87  il  presente  giudizio,  e
conseguentemente sospendendo ai  sensi  dell'art.  23,  comma  2,  la
consegna del Butuc, sino alla decisione della Corte costituzionale; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Letti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge n. 87/1953; 
    Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e  la  non  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
19, lettera c), della legge 22 aprile 2005, n. 69, per contrasto  con
gli artt. 3 Cost. it. e  20  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, recepita  nel  Trattato  istitutivo  dell'Unione
dall'art. 6, nella versione  consolidata  pubblicata  in  G.U.C.E.  C
115/19 del 9 maggio 2008; 
    Sospende il presente giudizio n. 3/2010 M.A.E. a carico di  B.D.,
sino alla comunicazione della decisione della Corte Costituzionale, e
conseguentemente sospende ai sensi dell'art. 23, comma  2,  legge  n.
69/2005, per lo stesso periodo, la consegna del Butuc; 
    Dispone la trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
affinche'  voglia,  ove  ne   ravvisi   i   presupposti,   dichiarare
l'illegittimita' costituzionale della  disposizione  contenuta  nella
lettera c) dell'art. 19 della legge 22 aprile 2005, n. 69 nella parte
in cui, laddove stabilisce che «se la persona oggetto del  M.A.E.  ai
fini di  un'azione  penale  e'  cittadino  o  residente  dello  Stato
italiano, la consegna e' subordinata alla condizione che la  persona,
dopo essere stata ascoltata,  sia  rinviata  nello  Stato  membro  di
esecuzione per scontarvi la pena o la misura di  sicurezza  privative
della liberta' personale eventualmente pronunciate nei suoi confronti
nello Stato membro di emissione», esclude che la medesima facolta' di
chiedere l'espiazione della pena nello Stato  italiano  di  residenza
sia riconosciuta anche al  cittadino  comunitario  non  italiano  che
abbia gia' riportato una  condanna  penale  per  la  quale  e'  stata
richiesta la consegna con M.A.E. dall'Autorita'  dello  Stato  estero
che ha pronunciato la condanna. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Bari, addi' 30 marzo 2010. 
 
                      Il Presidente est.: Pica