N. 207 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 2010
Ordinanza del Giudice di pace di Chiavenna del 13 aprile 2010 nel procedimento penale a carico di Sharma Vijay. Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Configurazione della fattispecie come reato - Eccessiva afflittivita' - Violazione del principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto al reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - Violazione del principio della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. - Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.(GU n.28 del 14-7-2010 )
IL GIUDICE DI PACE Dottor Vittorio Poletti, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 01/2010 nei confronti di Sharma Vijay, nato il 14 settembre 1982 ad Anristar (India), senza fissa dimora, libero-contumace, imputato del reato di cui agli artt. 10-bis del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 e 1 legge 28 maggio 2007 perche' si tratteneva clandestinamente nel territorio dello Stato italiano. Accertato in Verceia (Sondrio) il 23 dicembre 2009. Premesso Che l'odierno pervenuto e' stato tratto avanti a questo giudice per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica; Che all'udienza del 12 gennaio 2010 il giudice ha disposto il rinvio del processo mancando la prova che la citazione fosse stato notificato in termini alla difesa; Che all'odierna udienza il giudice ha sollevato d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/ 2008 con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. Ritenuto in diritto Che il remittente e' chiamato a giudicare se l'odierno prevenuto sia passibile di sanzione penale per essersi trattenuto clandestinamente nel territorio dello Stato italiano; Che e' pertanto rilevante il dubbio circa la legittimita' costituzionale delle norme che hanno qualificato come reato tale condotta; Che l'introduzione della nuova ipotesi di reato porta questo giudice a chiedersi: a) se la condotta addebitata all'odierno prevenuto comporti una lesione, anche sotto il semplice profilo della messa in pericolo, di un bene giuridico; b) se tale bene, qualora risultasse effettivamente leso od anche solo minacciato, non possa essere adeguatamente (e, forse, ancor piu' efficacemente) tutelato con strumenti diversi dalla sanzione penale; c) se il sistema sanzionatorio previsto non violi i principi di limitazione della pena che il legislatore costituzionale ha scolpito nell'art. 27, terzo comma, della Costituzione; Che, per quanto riguarda la potenzialita' lesiva della figura criminosa sub sudice, si puo' legittimamente dubitare che essa leda un qualsivoglia bene giuridico normativamente garantito o non costituisca, ontologicamente, una mera disobbedienza a regole volte a regolare un fenomeno socialmente complesso, quale quello dell'immigrazione, ma non di per se' pericoloso (tanto che il legislatore ordinario si e' sempre forzato non di vietarlo ma, appunto, di disciplinarlo); Che le condotte ricadenti sotto l'imperio delle norme censurate non appaiono in se' lesive del bene della sicurezza pubblica, come implicitamente ritenuto dal giudice delle leggi con le due successive pronunce 22/2007 e 78/2007, nelle quali ne' l'ingresso ne' la permanenza illecita sul territorio dello Stato sono stati riconosciuti come suscettibili in se' di arrecare pericolo all'ordine pubblico; Che il principio di offensivita' necessaria del diritto penale rappresenta, per il legislatore, un limite non superabile nel quadro della definizione di una condotta criminosa, limite che questo giudice dubita sia stato rispettato nel caso di specie; Che, ammesso e non concesso che la condotta ascritta all'imputato si collochi al di qua di tale limite, non sembra neppure certo che la sanzione penale costituisca l'unico od anche solo il piu' efficace strumento finalizzato a ristabilire l'impero del diritto violato; Che va anzitutto rilevato come la sanzione prevista dall'art. 10-bis del d.lgs. 28 gennaio 2008 n. 286 sia contrassegnata da un carattere di «cedevolezza» che, oltre a corroborare i dubbi sull'offensivita' della condotta, ne evidenzia la sostanziale superfluita'; Che i commi 2 e 5 di tale articolo prevedono infatti due distinte ipotesi o di inapplicabilita' della sanzione o di pronuncia di non luogo a procedere nei casi di espulsione o respingimento in via amministrativa; Che proprio la presenza di due diversi strumenti, di piu' snella e celere adozione rispetto ad una condanna penale, irrogabile solo al termine di un procedimento assistito da rigide garanzie, induce a dubitare della effettiva necessita' di ricorrere allo strumento piu' affittivo; Che la natura e la ratio funzionale di questi due strumenti portano altresi' a dubitare della rispondenza al dettato costituzionale di un reato la cui punibilita' (e, nell'ipotesi di cui al comma 2, addirittura la stessa configurabilita') puo' venire meno a seguito dell'applicazione di un provvedimento amministrativo; Che in conclusione sembra a questo giudice di poter esprimere il dubbio che sia stato rispettato il principio di ragionevolezza stabilito dall'art. 3 della Costituzione; Che la norma censurata, nella parte in cui non prevede la rilevanza di eventuali «giustificati motivi» che potrebbero scriminare la condotta, delinea un trattamento caratterizzato da una netta disparita' con la condotta, materialmente identica, punita dall'art. 14, comma 5- ter del d.lgs. n. 286/1998; Che anche tale disparita' sembra difficilmente conciliabile con il principio di uguaglianza davanti alla legge previsto dall'art. 3 della Costituzione; Che la norma censurata, nella parte in cui prevede la sanzione sostitutiva dell'espulsione dal territorio dello Stato per una durata non inferiore ai 5 anni (unico caso nel nostro ordinamento in cui e' prevista una sanzione sostitutiva piu' afflittiva di quella principale!) sembra contrastare con il dettato dell'art. 27 terzo comma della Carta costituzionale; Che infatti la concreta situazione del clandestino e' quella di chi, per chiamare le cose col proprio nome senza ipocriti edulcoramenti, sta cercando di sfuggire dall'inferno e che in tale inferno si vede ricacciato magari anche solo per una mera irregolarita' burocratica, a lui non ascrivibile, di un documento; Che tale previsione legislativa non sembra rispondere al principio costituzionale di un trattamento penale ispirato a principi di umanita';
P. Q. M. Visti gli artt. 137 della Costituzione, 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutane la non manifesta infondatezza e la rilevanza solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 286/ 1998 introdotto dall'art. 1, comma 16, lett. a) della legge 15 luglio 2009, n. 94 con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere a cura della Cancelleria. Pronunciata in Chiavenna nella pubblica udienza del 13 aprile 2010. Il giudice di pace: Poletti