N. 235 SENTENZA 5 - 7 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Sardegna - Limiti all'assunzione di personale a tempo determinato -
  Ricorso  del  Governo  -  Ritenuta  violazione   della   competenza
  esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, nonche' dei
  principi  di  ragionevolezza,  di  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione e del pubblico concorso  -  Riconducibilita'  della
  disposizione  censurata  alla  materia  dell'organizzazione   degli
  uffici  regionali,  attribuita  dallo   Statuto   alla   competenza
  esclusiva della Regione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, art. 3, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 51, 97  e  117,  secondo  comma,  lett.  l);
  Statuto speciale per la Sardegna, artt. 3, lett. a), e 5. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Sardegna -  Autorizzazione  alla  Regione  a  finanziare  programmi
  pluriennali  di  stabilizzazione  dei  lavoratori   precari   delle
  amministrazioni locali, con previsione dei criteri per la selezione
  del personale - Violazione della regola  dell'accesso  ai  pubblici
  uffici mediante pubblico concorso - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, art. 3, commi 2 e
  3. 
- Costituzione, art. 97. 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Sardegna - Autorizzazione alla Regione e  agli  enti  regionali  ad
  inquadrare i dipendenti assunti con contratto a  tempo  determinato
  in servizio al 1° gennaio 2009, a condizione  che  il  rapporto  di
  lavoro sia stato  instaurato  a  seguito  di  concorso  pubblico  e
  prorogato almeno una volta - Violazione della  regola  dell'accesso
  ai pubblici uffici  mediante  pubblico  concorso  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, art. 3, comma 12. 
- Costituzione, artt. 51 e 97. 
Istruzione - Norme della Regione Sardegna - Disposizioni  in  materia
  di utilizzo del personale precario  nell'ambito  delle  istituzioni
  scolastiche - Ricorso del Governo  -  Denunciata  violazione  delle
  competenze  statutarie  in  materia  di  istruzione,  nonche'   del
  principio di leale collaborazione -  Esclusione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, art. 9, comma 3. 
- Statuto speciale per la Sardegna, art. 5, lett. a). 
Istruzione - Norme della Regione Sardegna - Disposizioni  in  materia
  di distribuzione  delle  risorse  di  personale  nell'ambito  delle
  istituzioni  scolastiche  -  Ricorso  del  Governo   -   Denunciata
  violazione delle competenze statutarie in  materia  di  istruzione,
  della competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di  livelli
  essenziali  delle  prestazioni,  nonche'  del  principio  di  leale
  collaborazione - Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, art. 9, comma 4. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. m);  Statuto  speciale
  per la Sardegna, artt. 3 e 5. 
(GU n.28 del 14-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3,  commi  1,
2, 3 e 12, e 9, commi 3 e 4, della legge  della  Regione  Sardegna  7
agosto 2009 n.  3  (Disposizioni  urgenti  nei  settori  economico  e
sociale), promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 16-20 ottobre 2009, depositato  in  cancelleria
il 26 ottobre 2009 ed iscritto al n. 98 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  maggio  2010  il  giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi  l'  avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Graziano  Campus
e Salvatore Alberto Romano per la Regione Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso depositato in cancelleria il 26 ottobre 2009, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha  promosso,  con  riferimento
agli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettere  l)  e  m),  della
Costituzione, nonche' agli artt. 3 e 5 della legge costituzionale  26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio
di leale collaborazione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, commi 1, 2, 3 e 12, e dell'art. 9, commi 3  e  4,  della
legge della Regione  Sardegna  7  agosto  2009,  n.  3  (Disposizioni
urgenti nei settori economico e sociale). 
    1.1. - Espone il ricorrente che l'art.  3  della  predetta  legge
regionale,   rubricato   «Disposizioni   per   il   superamento   del
precariato», al comma 1, impone alcuni limiti alla Regione Sardegna e
agli enti pubblici regionali sardi circa il ricorso ad assunzioni con
contratti a tempo  determinato;  stabilisce  un  limite  quantitativo
massimo al ricorso a tali forme di collaborazione (non  piu'  del  3%
dell'organico  complessivo);  prevede  la  necessita'  di   procedure
pubbliche  di  selezione  (privilegiando  quelle  per  soli  titoli);
precisa  che  tali  assunzioni  non  costituiscono  in   alcun   modo
presupposto  per  l'ingresso  nei  ruoli   a   tempo   indeterminato,
prevedendo, infine, quale sanzione  in  caso  di  inosservanza  delle
disposizioni predette, la nullita' dei provvedimenti di assunzione  e
la responsabilita' contabile di chi li ha posti in essere. 
    Il comma 2 del predetto art. 3, espone il  ricorrente,  autorizza
l'amministrazione regionale a  finanziare  programmi  pluriennali  di
stabilizzazione dei lavoratori precari delle amministrazioni locali. 
    A sua volta, il comma 3 stabilisce che i  comuni  e  le  province
provvedano alla realizzazione dei programmi  di  stabilizzazione  dei
lavoratori precari, fatta eccezione per quelli assunti  con  funzioni
dirigenziali e per quelli di nomina fiduciaria degli  amministratori,
attribuendo  priorita'  ai  lavoratori  provenienti  dai  cantieri  a
finanziamento regionale e a  quelli  gia'  assunti  con  contratti  a
termine,  di  natura  flessibile,  atipica   e   con   collaborazioni
coordinate  e  continuative  in  ambito  di  analoghe   attivita'   a
finanziamento pubblico regionale. 
    Il comma 12, infine, autorizza la Regione e gli enti regionali ad
inquadrare i  dipendenti  in  servizio  a  una  certa  data  a  tempo
determinato, alla sola condizione che il rapporto di lavoro sia stato
instaurato a seguito di concorso pubblico e che lo stesso  sia  stato
prorogato almeno una volta alla  data  di  entrata  in  vigore  della
legge. 
    Le predette disposizioni, secondo il  Presidente  del  Consiglio,
inciderebbero illegittimamente sulle competenze statali e  dovrebbero
essere dichiarate incostituzionali. 
    Quanto al comma 1, il ricorrente  rammenta  che  l'art.  3  dello
statuto speciale per la Sardegna contempla, alla  lettera  a),  quale
ambito della potesta'  legislativa  regionale,  l'«ordinamento  degli
uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed
economico  del  personale».  Trattasi,  secondo  il  ricorrente,   di
disposizione  riferita  alla  potesta'  organizzativa,  dalla   quale
esulerebbe  del  tutto  la  regolamentazione   delle   modalita'   di
assunzione del personale a tempo determinato, che atterrebbe  invece,
con tutta evidenza, all'ordinamento civile. 
    Il successivo art. 5, alla lettera b), conferisce alla Regione la
facolta' di adattare alle sue particolari  esigenze  le  disposizioni
delle leggi della  Repubblica,  emanando  norme  di  integrazione  ed
attuazione in materia di  lavoro,  ma,  sostiene  il  ricorrente,  la
potesta' deve essere esercitata nell'ambito ed in consonanza  con  la
normativa statale. 
    Secondo la previsione dell'art. l0 della legge costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della Parte  seconda  della
Costituzione), in carenza di  disposizioni  di  rango  costituzionale
specificamente  riferite  alla  Regione  Sardegna,   dovrebbe   farsi
riferimento alle previsioni dell'art. 117 Cost.  Ebbene,  la  materia
regolata al primo  comma  dell'art.  3  esulerebbe  dalla  competenza
regionale, rientrando appunto nelle attribuzioni statali esclusive di
cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  (ordinamento
civile).  La  materia,  infatti,  sarebbe  disciplinata  dal  decreto
legislativo 6 settembre 2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva
1999/70/CE  relativa  all'accordo   quadro   sul   lavoro   a   tempo
determinato), che testualmente dispone, all'art. 10, comma 7, che «la
individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti  quantitativi
di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo  determinato  e'
affidata ai contratti collettivi nazionali di  lavoro  stipulati  dai
sindacati comparativamente piu' rappresentativi». La norma  regionale
sopra richiamata, in contrasto con la norma statale,  sarebbe  dunque
invasiva  di  una  competenza  esclusiva  dello  Stato  quale  quella
prevista dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.  e  dovrebbe
essere dichiarata incostituzionale. 
    In carenza di una norma statutaria ad hoc, il comma 1 dell'art. 3
si porrebbe altresi' in contrasto con i  principi  costituzionali  di
ragionevolezza,   uguaglianza,   imparzialita'   e   buon   andamento
dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., nella  parte  in
cui del tutto irragionevolmente, nell'ambito delle forme pubbliche di
selezione, privilegia, ai fini dell'assunzione, la selezione per soli
titoli. 
    1.2. - Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, anche il
comma 2 dell'art. 3 della legge censurata sarebbe illegittimo, per le
stesse considerazioni svolte con riferimento al comma 1.  La  materia
della stabilizzazione dei  precari  non  sarebbe  disciplinata  dallo
statuto  della  Regione  Sardegna  o  norme  successive  e  anch'essa
inciderebbe  sull'ordinamento  civile,  attribuito   dell'art.   117,
secondo comma, lettera l), della Carta fondamentale  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato. Peraltro, essa sarebbe  in  palese
contrasto con l'art. 17, comma 15, del decreto-legge 1° luglio  2009,
n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga   di   termini),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 3 agosto 2009, n. 102, che prevede, quale  termine  ultimo  per
procedere alle dette stabilizzazioni, la data del 31 dicembre 2010. 
    Anche  l'art.  3,  comma  3,  della   legge   impugnata   sarebbe
illegittimo, dato che la materia della  stabilizzazione  dei  precari
non sarebbe in alcun modo disciplinata dallo  statuto  della  Regione
Sardegna o norme successive (in presenza del  mero  riferimento  alla
competenza attinente i profili organizzativi di cui all'art. 3, comma
1, lettera a), dello statuto citato ed alla materia del lavoro di cui
all'art. 5) e atterrebbe,  invece,  all'ordinamento  civile,  per  il
quale l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),  della  Costituzione
prevede la competenza legislativa esclusiva  dello  Stato.  Peraltro,
tale comma si porrebbe in palese contrasto  con  i  diversi  principi
della normativa statale di cui all'art. 1, comma 519, della  legge  7
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007),  laddove
si riferisce  la  procedura  di  stabilizzazione  al  «personale  non
dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre  anni»,  o
che per un identico periodo sia stato in servizio negli ultimi cinque
anni, e che sia stato assunto mediante procedure selettive di  natura
concorsuale o  previste  da  norme  di  legge,  contemplando  per  il
personale    precario    diversamente    assunto    la     necessita'
dell'espletamento  di  prove  consimili.  Il  legislatore  regionale,
ampliando il novero dei soggetti destinatari della stabilizzazione  e
ricollegando  il  diritto  alla  stabilizzazione  ad  un  periodo  di
servizio inferiore a  quello  individuato  dalla  normativa  statale,
avrebbe ecceduto dalla propria competenza. 
    Illegittimo, da ultimo, sarebbe il comma 12 dell'art. 3,  con  il
quale si e' previsto l'inquadramento di  taluni  dipendenti  a  tempo
determinato.  Anche  qui  difetterebbe  la  copertura  dello  statuto
speciale o di norme sopravvenute di rango costituzionale direttamente
riferite alla Regione  Sardegna.  Le  uniche  norme  cui  sarebbe  in
astratto ipotizzabile un rinvio, l'art. 3, lettera  a)  e  l'art.  5,
lettera b), dello statuto citato,  conferiscono  alla  Regione,  come
visto, competenza legislativa esclusiva  in  materia  di  ordinamento
degli uffici e stato giuridico ed  economico  del  personale,  ovvero
competenza di mera  integrazione  ed  attuazione  nella  materia  del
«rapporto di lavoro»: non pertanto, in tema  di  ordinamento  civile,
cui invece attiene la fattispecie in esame. Anche la norma in oggetto
prevederebbe, per il  personale  regionale,  un  trattamento  diverso
rispetto al personale precario di altre amministrazioni pubbliche, in
contrasto  con  la  normativa  statale  di  riferimento.  Anche  tale
disposizione,  inoltre,  violerebbe  i  principi  di  ragionevolezza,
imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica   amministrazione,
nonche' il principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e
97 Cost., eccedendo dalla competenza statutaria di  cui  all'art.  3,
lettera a),  e  sarebbe  destinata  anch'essa  ad  essere  dichiarata
incostituzionale. 
    1.3. - Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna  poi
l'art. 9 della stessa legge regionale della Sardegna n. 3  del  2009,
che  detta,  come  recita  la   rubrica,   «Disposizioni   a   favore
dell'istruzione, della cultura, dello spettacolo e dello sport». 
    Il comma 3 di tale norma dispone che  «La  Giunta  regionale,  al
fine di favorire  l'utilizzo  del  personale  precario  della  scuola
secondo l'ordine delle relative graduatorie, predispone,  per  l'anno
2009-2010, un programma di interventi volto a sostenere  l'estensione
del tempo scuola nelle scuole  dell'infanzia  fino  a  cinquanta  ore
settimanali e l'attivazione, nelle scuole pubbliche di ogni ordine  e
grado, di moduli didattico-integrativi. Il programma e' approvato  in
via preliminare dalla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge e inviato alla  Commissione
consiliare competente che esprime il proprio  parere  entro  quindici
giorni, decorsi i quali se ne prescinde. Entro ulteriori dieci giorni
la Giunta regionale lo approva in via definitiva. Alla relativa spesa
si fa fronte con le disponibilita' sussistenti nelle UPB S02.01.001 e
502.01.006. La Giunta regionale provvede alle variazioni compensative
nell'ambito delle medesime UPB a' termini della legge regionale n. 11
del 2006». 
    Il successivo comma 4 dispone che  «Nelle  more  di  una  riforma
organica della normativa  regionale  in  materia  di  istruzione,  la
Giunta regionale, nell'ambito delle dotazioni  organiche  complessive
definite in base alle  vigenti  disposizioni  e  tenuto  conto  delle
condizioni  di  disagio  legate  a  specifiche   situazioni   locali,
definisce le modalita' e i criteri per la distribuzione delle risorse
di personale tra le istituzioni scolastiche. Nel rispetto dei criteri
e delle modalita'  definiti  dalla  Giunta  regionale,  la  direzione
generale dell'Assessorato della pubblica istruzione, beni  culturali,
informazione, spettacolo e sport, provvede alla  distribuzione  delle
risorse di personale tra le istituzioni scolastiche». 
    Le  disposizioni  ora  riportate  inciderebbero  illegittimamente
nell'ambito della competenza statale. 
    L'art. 9 detta disposizioni in materia di utilizzo del  personale
precario della scuola e distribuzione delle risorse di personale  tra
le  istituzioni  scolastiche.  L'art.  5   dello   statuto   speciale
conferisce alla Regione, alla lettera a),  la  facolta'  di  adottare
norme di (mera) integrazione ed attuazione in materia di  istruzione,
in (ovvia e necessaria) conformita'  con  le  disposizioni  contenute
nella legislazione statale, in ottica  di  adattamento  della  stessa
alle necessita'  scaturenti  dalle  peculiari  caratteristiche  della
Regione stessa. 
    Il ricorrente evidenzia che la materia e'  stata  oggetto  di  un
accordo  sottoscritto  in  data   31   luglio   2009   dal   Ministro
dell'istruzione e l'Assessore della pubblica istruzione della Regione
Sardegna.  Il  comma  3,  nel  quale  peraltro  non  e'  fatto  alcun
riferimento  all'accordo,  attribuisce  alla  Regione   ogni   potere
decisionale  in  merito  alla  programmazione  ed  attuazione   degli
interventi, e  cio'  in  contrasto  con  quanto  previsto  all'ultimo
periodo del punto I dell'accordo (che recita: «con successivo accordo
tra l'Ufficio scolastico regionale  e  la  Regione  Sardegna  saranno
concordate le modalita' di attuazione del piano»). 
    Da  cio'  discenderebbe,  con  piena  evidenza,  non   solo   una
violazione delle competenze statutarie di cui all'art. 5, lettera a),
ma  anche   una   patente   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, pure costituzionalmente tutelato. 
    Anche la previsione del comma 4, prevedendo la distribuzione  del
personale alle istituzioni scolastiche da parte dell'Assessorato alla
pubblica istruzione, potrebbe essere  ricondotta  in  astratto  nella
materia di cui agli artt. 3 e 5 dello statuto della Regione Sardegna:
non rientra, tuttavia, a ben vedere, nell'ordinamento  degli  uffici,
ne' nello status dei dipendenti regionali. 
    Quanto alla materia dell'istruzione, si tratterebbe,  secondo  il
Presidente del Consiglio dei ministri, di  competenza  che  non  puo'
essere esercitata in contrasto con la normativa statale. 
    Orbene,  le  norme  impugnate  inciderebbero  sull'ordinamento  e
l'organizzazione  del  sistema  nonche'  sul  rispetto  dei   livelli
essenziali delle prestazioni, rientranti nella  competenza  esclusiva
dello Stato, atteso che le  dotazioni  organiche  delle  scuole  sono
determinate sulla base  degli  ordinamenti  degli  studi  definiti  a
livello nazionale e  che  l'utilizzo  del  personale  (di  competenza
statale), e' regolato dai contratti nazionali di comparto. 
    Nella  determinazione  dei   criteri   e   delle   modalita'   di
assegnazione non sarebbe d'altro canto  fatto  alcun  riferimento  al
rispetto della normativa statale in materia, nella misura in cui  gli
stessi costituiscono principi generali, ne'  sarebbe  previsto  alcun
coinvolgimento dell'Ufficio scolastico regionale,  circostanza  anche
questa  in  contrasto  con  il  principio  di  leale   collaborazione
costituzionalmente tutelato. 
    Pertanto, il legislatore regionale eccederebbe  dalla  competenza
statutaria di  cui  agli  artt.  3  e  5  dello  statuto  speciale  e
violerebbe   l'art.   117,   secondo   comma,   lettera   m),   Cost.
(determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni delle  quali
e' garantita l'uniformita' su tutto il territorio nazionale), nonche'
il principio di leale  collaborazione  che  deve  informare  tutti  i
livelli di governo. 
    2. - Con atto del 24 novembre 2009 si e' costituita nel  giudizio
di costituzionalita' la Regione autonoma  della  Sardegna,  chiedendo
che il ricorso sia dichiarato inammissibile e infondato. 
    2.1. - Quanto alla prima censura, riguardante la disposizione  di
cui all'art. 3, comma 1, la Regione deduce che  lo  statuto  speciale
della  Sardegna  attribuisce  alla  Regione  competenza   legislativa
esclusiva in materia  di  «ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
amministrativi della Regione  e  stato  giuridico  ed  economico  del
personale»  (art.  3,  lettera  a),  dello  statuto   della   Regione
Sardegna). Detta previsione, lungi dal poter essere  liquidata,  come
nel ricorso, con la rapida affermazione che  essa  sarebbe  «riferita
alla  potesta'  organizzativa,  dalla  quale  esula  del   tutto   la
regolamentazione delle modalita' di assunzione del personale a  tempo
determinato, che atterrebbe, invece,  alla  materia  dell'ordinamento
civile»,  sarebbe  proprio  quella  nella   quale   dovrebbe   essere
inquadrata la norma censurata, dato che i limiti ed i presupposti  di
utilizzazione  di  contratti  a  tempo  determinato   costituirebbero
certamente aspetti organizzativi rilevanti per il funzionamento degli
uffici regionali. 
    Priva di pregio sarebbe anche l'ulteriore censura  relativa  alla
pretesa violazione degli artt. 3 e 97 Cost. per aver previsto che  le
assunzioni  si  svolgano  attraverso  forme  pubbliche  di  selezione
«privilegiando quelle  per  soli  titoli».  Secondo  la  Regione,  la
previsione di selezioni pubbliche per titoli - che sarebbero comunque
forme  concorsuali  pleno  jure -   non   puo'   essere   considerata
irragionevole  o  contraria  ai  principi   di   buon   andamento   e
imparzialita'. In ogni caso, il ricorso non motiverebbe in alcun modo
sulla pretesa  irragionevolezza  della  scelta,  che  si  palesa,  al
contrario, del tutto coerente con l'obiettivo di realizzare procedure
concorsuali piu' brevi e snelle di quelle per esami, in relazione  al
tipo  di  contratto -  a  tempo  determinato -  cui  si  accede,   ma
ugualmente atte a garantire la selezione dei candidati piu' capaci, a
tutela dell'efficienza dell'amministrazione. 
    2.2 - Infondate sarebbero anche le analoghe censure  rivolte  nei
confronti del comma 2 dell'art. 3 della  legge  regionale  n.  3  del
2009, contestato nella parte  in  cui  prevede  il  finanziamento  di
programmi pluriennali  di  stabilizzazione,  mentre  la  legislazione
statale di cui all'art. 17, comma 15, della legge  n.  102  del  2009
prevede quale termine ultimo per procedere alle stabilizzazioni il 31
dicembre 2010. 
    Anche per quanto attiene al comma 12  del  medesimo  art.  3,  la
materia rientrerebbe appieno nella competenza  legislativa  esclusiva
della Regione Sardegna ex art. 3, lettera a), dello statuto speciale,
e le ulteriori censure accennate nel ricorso con riferimento a  detto
comma 12 circa l'asserita violazione dei principi di  ragionevolezza,
imparzialita' e buon andamento della p.a. nonche' del  principio  del
pubblico concorso  dovrebbero  essere  considerate  inammissibili  in
quanto prive di ogni illustrazione o argomentazione. 
    In ogni caso, esse sarebbero del tutto infondate,  in  quanto  il
comma  in  esame  espressamente  prevede  che  si   possa   procedere
all'inquadramento del  personale  a  tempo  determinato  soltanto  «a
condizione che il rapporto di lavoro sia stato instaurato  a  seguito
di concorso pubblico conforme alle disposizioni della legge regionale
n. 31 del 1998». 
    2.3. - Quanto al secondo gruppo di censure contenute nel ricorso,
riguardanti l'art.  9,  commi  3  e  4,  della  legge  della  Regione
Sardegna, in particolare con  riguardo  al  comma  3,  la  competenza
attuativa integrativa che l'art. 5 dello statuto speciale attribuisce
alla Regione Sardegna in materia di  «istruzione  di  ogni  ordine  e
grado» non sarebbe la sola a venire in rilievo  nel  caso  in  esame,
dato che la Regione Sardegna godrebbe anche, ex art. 10  legge  cost.
n. 3 del 2001, delle competenze oggi spettanti ex art. 117 Cost. alle
Regioni ad autonomia  ordinaria,  in  quanto  piu'  ampie  di  quelle
statutarie.  Essa  avrebbe  le  caratteristiche  di  una   competenza
concorrente, corrispondente in ampiezza almeno a quella di  cui  sono
titolari le Regioni ordinarie. 
    Ne' potrebbe  vedersi  una  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione nel fatto della non perfetta coincidenza tra l'accordo
citato nel ricorso e la disposizione di legge in  questione.  Infatti
e' inconfutabile che detto accordo e' stato raggiunto quando la legge
regionale era gia' nella fase di approvazione finale. 
    La Regione comunque riferisce che, al momento in cui scrive, sono
in corso contatti e lavori tra la Giunta  regionale  e  il  Ministero
stesso per giungere ad una sua modifica a seguito delle piu'  recenti
evoluzioni legislative (con o.d.g. del 22 settembre 2009 il Consiglio
regionale della Sardegna ha impegnato la Giunta in tal senso,  avendo
lo stesso MIUR manifestato la sua disponibilita'). 
    Quanto alle censure attinenti il comma 4  dello  stesso  art.  9,
secondo la Regione, sarebbero anch'esse del tutto infondate. Ai sensi
dell'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, le competenze oggi  spettanti
ex art. 117 Cost. alle Regioni ad autonomia ordinaria sarebbero  piu'
ampie di quelle statutarie.  Tra  le  prime  andrebbe  annoverata  la
competenza legislativa concorrente in materia di «istruzione» («salva
l'autonomia delle istituzioni  scolastiche  e  con  esclusione  della
istruzione  e  della  formazione  professionale»),  che,  secondo  la
Regione, incontra solo il limite dei principi generali stabiliti  con
legge  dello  Stato,  e  delle   «norme   generali   sull'istruzione»
attribuite alla competenza esclusiva  statale  (art.  117,  comma  2,
lettera n), Cost.). 
    La  disciplina  della  distribuzione   del   personale   tra   le
istituzioni  scolastiche  sarebbe  certamente  aspetto   di   estremo
dettaglio, per  cui  non  rientrerebbe  in  alcuna  delle  competenze
statali in materia. 
    3. - Con memoria depositata  il  4  maggio  2010  la  Regione  ha
illustrato ulteriormente le proprie precedenti deduzioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  con
riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettere  l)  e
m), della  Costituzione,  nonche'  agli  artt.  3  e  5  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna) e  al  principio  di  leale  collaborazione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 3,  commi  1,  2,  3  e  12,  e
dell'art. 9, commi 3 e 4, della legge della Regione Sardegna 7 agosto
2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale). 
    1.1. - Il comma 1 dell'art. 3  della  legge  regionale  impugnata
detta norme per il contenimento del ricorso ai contratti di lavoro  a
tempo determinato, sottoponendo  ad  alcuni  limiti  la  possibilita'
della Regione Sardegna e  degli  enti  pubblici  regionali  sardi  di
ricorrere, per far fronte alle proprie esigenze, a contratti a  tempo
determinato. 
    In  particolare,  essa   stabilisce   che   a   tali   forme   di
collaborazione si puo' ricorrere solamente per far fronte a  motivate
esigenze straordinarie; impone alle  stesse  un  limite  quantitativo
massimo (non piu'  del  3%  dell'organico  complessivo);  prevede  la
necessita' di procedure pubbliche di selezione (privilegiando  quelle
per soli titoli); precisa che tali assunzioni  non  costituiscono  in
alcun modo presupposto per l'ingresso nei ruoli a tempo indeterminato
e  prevede  le  sanzioni  in  caso  di  inosservanza  delle  predette
disposizioni   (nullita'   dei   provvedimenti   di   assunzione    e
responsabilita' contabile di chi li ha posti in essere). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la  norma  sotto
un duplice profilo. 
    In  primo  luogo,  deduce  che  essa  invaderebbe  la  competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento  civile,  senza  che  sia
possibile ricondurla nell'art. 3, lettera  a),  dello  statuto  della
Regione  Sardegna   («Ordinamento   degli   uffici   e   degli   enti
amministrativi della Regione  e  stato  giuridico  ed  economico  del
personale») o nel successivo art. 5, lettera b) (che conferisce  alla
Regione la facolta' di adattare  alle  sue  particolari  esigenze  le
disposizioni  delle  leggi  della  Repubblica,  emanando   norme   di
integrazione ed attuazione in materia di lavoro). 
    In secondo luogo, il  ricorrente  censura -  per  violazione  dei
principi costituzionali di ragionevolezza, uguaglianza, imparzialita'
e buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97  Cost.
- l'art.  3,  comma  1,  nella  parte  in  cui  privilegia,  ai  fini
dell'assunzione, la selezione per soli titoli. 
    1.2.  -  Il  comma  2  dell'art.  3  autorizza  l'Amministrazione
regionale a finanziare programmi pluriennali di  stabilizzazione  dei
lavoratori precari delle amministrazioni locali. 
    Il comma 3, a sua volta, detta disposizioni  sulla  realizzazione
dei programmi di stabilizzazione dei lavoratori  precari  di  cui  al
precedente comma 2. In particolare, esso stabilisce che: «I comuni  e
le  province  provvedono  alla   realizzazione   dei   programmi   di
stabilizzazione dei lavoratori precari, fatta  eccezione  per  quelli
assunti con funzioni dirigenziali e per quelli di  nomina  fiduciaria
degli amministratori, attribuendo priorita' ai lavoratori provenienti
dai cantieri a finanziamento regionale e a quelli  gia'  assunti  con
contratti  a  termine,  di   natura   flessibile,   atipica   e   con
collaborazioni  coordinate  e  continuative  in  ambito  di  analoghe
attivita' a  finanziamento  pubblico  regionale.  Tali  programmi  di
stabilizzazione sono attuati dagli  enti  locali  interessati  «avuto
riguardo al personale precario che,  entro  la  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, abbia maturato  almeno  trenta  mesi  di
servizio  nelle   pubbliche   amministrazioni   locali,   anche   non
continuativi, a far data dal 1° gennaio 2002....». 
    Per tali commi, tra loro  strettamente  connessi,  il  ricorrente
richiama le considerazioni  svolte  con  riferimento  al  comma  1  e
aggiunge che la materia della stabilizzazione dei precari non sarebbe
disciplinata dallo statuto o da pertinenti  norme  successive  e  che
anch'essa  incide   sull'ordinamento   civile,   materia   attribuita
dall'art. 117, secondo comma, lettera l),  della  Carta  fondamentale
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    1.3. - Il comma 12, infine,  autorizza  la  Regione  e  gli  enti
regionali ad inquadrare i dipendenti in servizio a una certa  data  a
tempo determinato, alla sola condizione che il rapporto di lavoro sia
stato instaurato a seguito di concorso pubblico e che lo  stesso  sia
stato prorogato almeno una volta alla data di entrata in vigore della
legge. Tale disposizione,  secondo  il  ricorrente,  difetterebbe  di
copertura da parte dello statuto speciale o di norme sopravvenute  di
rango costituzionale direttamente riferite alla Regione  Sardegna  e,
incidendo   nella   materia,   di   competenza   esclusiva   statale,
dell'ordinamento civile, prevederebbe un trattamento diverso rispetto
al  personale  precario  di  altre  amministrazioni   pubbliche,   in
contrasto con la normativa statale di riferimento. 
    Il ricorrente censura detta norma in quanto contrasterebbe con  i
principi di ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione, nonche' con quello del  pubblico  concorso,
di cui agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione; e soggiunge  che  la
norma rientrerebbe nella  materia  dell'ordinamento  civile,  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  eccedendo  dalla
competenza statutaria di cui all'art. 3, lettera  a),  dello  statuto
per la Regione Sardegna. 
    2. - Le censure relative al comma 1 non sono fondate. 
    Deve premettersi che la norma censurata intende porre dei  limiti
alla possibilita' della  Regione  di  ricorrere,  per  far  fronte  a
esigenze lavorative, a  contratti  a  tempo  determinato.  Di  fatto,
pero',  essa  autorizza  la  Regione  medesima  a  stipulare  proprio
contratti di lavoro precario. L'intento, dichiarato nell'incipit,  e'
in tal modo chiaramente contraddetto. Cio' nondimeno,  la  norma  non
eccede dalla competenza legislativa regionale. 
    La denunciata lesione di una competenza legislativa statale  (per
violazione della Costituzione in materia di ordinamento civile, o del
principio di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione, di accesso  ai  pubblici  uffici  mediante  pubblico
concorso) non sussiste. 
    2.1 - E infatti, quanto alla dedotta violazione della  competenza
legislativa statale esclusiva in materia di  ordinamento  civile,  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  deve  osservarsi
che questa Corte ha piu' volte affermato che, per la  identificazione
della materia in cui si colloca la disposizione impugnata, questa  va
individuata avendo riguardo all'oggetto o  alla  disciplina  da  essa
stabilita, sulla base della  sua  ratio,  senza  tenere  conto  degli
aspetti marginali e riflessi (in tal senso, sentenze n. 165 del  2007
e n. 368 del 2008). 
    In base ai suddetti criteri, la norma  censurata  deve  ritenersi
inquadrabile   nella   materia   dell'organizzazione   degli   uffici
regionali, attribuita dallo statuto sardo alla competenza legislativa
esclusiva della Regione. L'art. 3,  comma  1,  invero,  limitando  la
facolta' della Giunta regionale di ricorrere,  per  far  fronte  alle
proprie  esigenze  operative,  all'assunzione   di   lavoratori   con
contratto a  tempo  determinato,  mira  appunto  a  regolamentare  le
modalita' di instaurazione di contratti di  lavoro  con  la  Regione.
Essa,  dunque,  spiega  la  sua  efficacia   nella   fase   anteriore
all'instaurazione del contratto di lavoro ed incide in  modo  diretto
sul comportamento  delle  amministrazioni  nell'organizzazione  delle
proprie risorse umane e solo in via riflessa ed  eventualmente  sulle
posizioni soggettive discendenti  da  tale  tipologia  flessibile  di
contratto di lavoro. 
    D'altra parte, questa Corte ha piu' volte affermato il  principio
in base al quale «la regolamentazione delle modalita' di  accesso  al
lavoro   pubblico   regionale   e'   riconducibile    alla    materia
dell'organizzazione  amministrativa  delle  Regioni  e   degli   enti
pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle Regioni
di cui all'art. 117, quarto comma, della Costituzione»  (sentenze  n.
380 del 2004, n. 95 del 2008 e n. 100 del 2010). 
    Quanto alla dedotta irragionevolezza della  preferenza  accordata
alla  selezione  concorsuale  per  soli  titoli  e  alla  conseguente
denunciata  violazione  del  principio  del  concorso  pubblico,  con
conseguente lesione degli artt. 3, 51 e 97  Cost.,  questa  Corte  ha
piu' volte sottolineato  il  carattere  non  assoluto  del  principio
enunciato nell'art. 97 Cost., ed  ha  affermato  la  legittimita'  di
forme di selezione piu' agili, purche'  rispettose  dell'esigenza  di
garantire parita' nell'accesso e un adeguato livello  di  competenza.
Per le assunzioni a tempo determinato, essa ha sempre sottolineato la
diversita' di situazione tra queste forme  contrattuali,  in  cui  la
temporaneita' dell'incarico puo' giustificare  deroghe  al  principio
del pubblico concorso, rispetto a quelle a  tempo  indeterminato  (v.
sentenze n. 252 e n. 293 del 2009). Deve, pertanto, ritenersi che  la
previsione di un metodo selettivo concorsuale piu' snello,  in  luogo
di  quello,  maggiormente  garantito,  per  titoli   ed   esami,   e'
giustificata dal carattere temporaneo delle necessita'  organizzative
da soddisfare e dalla  conseguente  esigenza  di  maggiore  rapidita'
nello svolgimento delle selezioni. La norma, dunque, anche sotto tale
aspetto, e' ragionevole e rispettosa dei principi affermati da questa
Corte. 
    3. - Sono fondate le questioni di costituzionalita'  relative  ai
commi 2, 3 e 12 dell'art. 3. 
    3.1 - Il comma 2 autorizza la Regione a finanziare  programmi  di
stabilizzazione, prescindendo dall'espletamento di concorsi. Il comma
3 stabilisce che comuni e province provvedano alla realizzazione  dei
programmi di stabilizzazione dei  lavoratori  precari  e  ne  demanda
l'attuazione agli enti locali, dettando criteri per la selezione  del
personale. 
    In buona sostanza, le due norme citate consentono che avvenga  in
modo indiscriminato lo stabile inserimento di  lavoratori  nei  ruoli
delle  pubbliche  amministrazioni  sarde,  senza  condizionare   tali
assunzioni al previo superamento di alcun  tipo  di  prova  selettiva
pubblica da parte degli interessati. Pertanto,  esse  si  pongono  in
aperto contrasto con l'art. 97 Cost., che impone  il  concorso  quale
modalita'   di   reclutamento   del   personale    delle    pubbliche
amministrazioni e consente deroghe  a  tale  principio  solo  qualora
ricorrano esigenze  particolari  e  sia  adeguatamente  garantita  la
professionalita' dei prescelti. 
    3.2 - Ad analoghe conclusioni deve giungersi per  quanto  attiene
alla questione riguardante il comma 12, che autorizza  la  Regione  e
gli enti regionali ad inquadrare i dipendenti in servizio a una certa
data con contratto a tempo determinato, alla sola condizione  che  il
rapporto di  lavoro  sia  stato  instaurato  a  seguito  di  concorso
pubblico e che lo stesso sia stato prorogato almeno  una  volta  alla
data di entrata in vigore della legge. 
    Anche  tale  norma,  invero,  viola  il  principio  del  pubblico
concorso, di cui agli artt. 51 e  97  Cost.  La  circostanza  che  il
personale suscettibile di  essere  stabilizzato  senza  alcuna  prova
selettiva sia stato  a  suo  tempo  assunto  con  contratto  a  tempo
determinato, sulla base di un pubblico concorso,  per  effetto  della
diversita' di qualificazione richiesta  delle  assunzioni  a  termine
rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata  garanzia
ne' della sussistenza della professionalita' necessaria  per  il  suo
stabile inquadramento nei ruoli degli enti  pubblici  regionali,  ne'
del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive. 
    Questa Corte, d'altronde, ha gia' avuto  modo  di  affermare  che
«l'aver  prestato  attivita'  a  tempo  determinato  alle  dipendenze
dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se,  ed
in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni,  un  valido
presupposto per una riserva di posti» (sentenza n. 205 del  2006);  e
che «il previo superamento di  una  qualsiasi  "selezione  pubblica",
presso qualsiasi "ente pubblico", e' requisito  troppo  generico  per
autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perche' la
norma  non  garantisce  che  la  previa   selezione   avesse   natura
concorsuale e fosse  riferita  alla  tipologia  e  al  livello  delle
funzioni che il personale successivamente stabilizzato e' chiamato  a
svolgere» (sentenza n. 293 del 2009). 
    4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna,  altresi',
l'art. 9, commi 3 e 4, della legge della Regione Sardegna  n.  3  del
2009. 
    L'art. 9, comma 3, disciplina  un  programma  di  interventi  per
ampliare il tempo  scuola  nelle  scuole  dell'infanzia  ed  attivare
moduli didattico-integrativi. 
    Il successivo comma 4 affida alla Giunta regionale la definizione
di  modalita'  e  criteri  per  la  distribuzione  delle  risorse  di
personale tra le istituzioni scolastiche. 
    Entrambe le norme incidono illegittimamente, secondo l'Avvocatura
dello Stato, in ambiti riservati alla competenza statale, esorbitanti
le competenze previste dallo statuto speciale, e violano il principio
di leale collaborazione. 
    5. - Sotto il primo profilo, il Presidente del  Consiglio  rileva
che l'art. 9, comma 3, della legge della Regione Sardegna citata, nel
prevedere che la Giunta regionale, al fine di utilizzare il personale
precario della scuola secondo l'ordine  delle  relative  graduatorie,
predisponga, per l'anno 2009-2010, un programma di interventi  inteso
a favorire l'estensione del tempo scuola nelle  scuole  dell'infanzia
fino a  cinquanta  ore  settimanali  e  l'attivazione,  nelle  scuole
pubbliche di ogni ordine e grado, di moduli didattico-integrativi, si
porrebbe in contrasto con l'art. 5 dello statuto regionale, il quale,
alla lettera a), conferisce alla  Regione  Sardegna  la  facolta'  di
adottare norme di mera  integrazione  ed  attuazione  in  materia  di
istruzione,  in  conformita'  con  le  disposizioni  contenute  nella
legislazione statale, in una  ristretta  prospettiva  di  adattamento
della   stessa   alle   necessita'   scaturenti    dalle    peculiari
caratteristiche della Regione stessa. 
    La norma impugnata violerebbe, inoltre,  il  principio  di  leale
collaborazione, pure costituzionalmente tutelato, trascurando che  la
materia e' stata gia' oggetto di un accordo sottoscritto in  data  31
luglio 2009 dal Ministro dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca e dall'Assessore  della  pubblica  istruzione  della  Regione
Sardegna. In particolare, il ricorrente censura  la  norma  regionale
per  non  aver  fatto  alcun  riferimento   alla   suddetta   intesa,
attribuendo alla Regione  ogni  potere  decisionale  in  merito  alla
programmazione  ed  attuazione  degli  interventi,  in  spregio  alla
previsione di cui all'ultimo periodo del  punto  I  dell'accordo,  il
quale  recita:  «con  successivo  accordo  tra  l'ufficio  scolastico
regionale e la Regione Sardegna saranno concordate  le  modalita'  di
attuazione del piano». 
    5.1. - La questione promossa, in riferimento all'art. 5,  lettera
a), dello statuto della Regione Sardegna, non e' fondata. 
    Il parametro costituzionale invocato e' erroneo. A seguito  della
riforma del titolo V della parte II della Costituzione, le Regioni  a
statuto  ordinario  vantano,  nella  materia   dell'istruzione,   una
competenza    legislativa    concorrente,     e     non     meramente
integrativa-attuativa. Per effetto del principio esposto nella citata
legge n. 3  del  2001  di  riforma  costituzionale,  le  disposizioni
dettate dall'art. 117 Cost., delineando spazi di autonomia  regionale
piu'   ampi,   prevalgono    infatti    sulle    norme    statutarie.
L'individuazione del parametro operata dal Presidente  del  Consiglio
non e', dunque, pertinente, perche' la norma che rileva ai fini della
competenza della Regione in materia di  istruzione  e'  ormai  l'art.
117, terzo comma, Cost., e non  piu'  l'art.  5,  lettera  a),  dello
statuto speciale. 
    5.2. - La questione non e'  fondata  neppure  in  riferimento  al
principio di leale collaborazione. 
    La norma denunciata investe, in effetti, competenze  e  organismi
statali, ossia il personale  precario  della  scuola,  attinto  dalle
relative graduatorie e  destinatario  di  assunzioni  a  termine  per
l'estensione  del  tempo  scuola,  nonche'  l'attivazione  di  moduli
didattico-integrativi  (questi  ultimi   all'interno   delle   scuole
pubbliche di  ogni  ordine  e  grado).  In  tale  contesto  l'accordo
sottoscritto in data 31 luglio  2009  dal  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita' e della  ricerca  e  dall'Assessore  della  pubblica
istruzione della Regione Sardegna rinvia  ad  una  successiva  intesa
della Regione con l'Ufficio scolastico regionale la fissazione  delle
modalita' di attuazione del piano. 
    La  norma  impugnata  e'  rispettosa  del  principio   di   leale
collaborazione  perche',  conformemente  a   quanto   stabilito   con
l'accordo sottoscritto con il Ministro competente in data  31  luglio
2009, demanda, sia pure in modo implicito, la fase di  confronto  con
l'autorita' statale periferica al momento della  concreta  attuazione
delle misure programmate. L'utilizzo, infatti, di risorse ed apparati
centrali,  nonche'  il  coinvolgimento  di  risorse  ed   istituzioni
nazionali,  non  puo'  materialmente  avvenire  senza  l'intesa   con
l'ufficio scolastico regionale. 
    6. - Il ricorrente censura anche l'art. 9, comma 4,  della  legge
della Regione Sardegna n. 3 del 2009, che attribuisce alla Giunta  il
compito di definire, tenuto conto delle condizioni di disagio  legate
a specifiche situazioni locali, le  modalita'  e  i  criteri  per  la
distribuzione  delle  risorse  di  personale   tra   le   istituzioni
scolastiche e delega l'assessorato regionale alla pubblica istruzione
ad attuare tali criteri mediante  una  piu'  razionale  distribuzione
delle risorse umane tra le scuole. 
    Ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  la  norma
violerebbe la competenza in materia  di  istruzione  ai  sensi  degli
artt. 3 e 5 dello statuto della Sardegna;  sarebbero  lesi,  inoltre,
l'ordinamento e l'organizzazione del sistema, di  competenza  statale
esclusiva, e l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,  ossia  la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da  garantire
con uniformita' su  tutto  il  territorio  nazionale,  posto  che  le
dotazioni organiche delle scuole sono determinate  sulla  base  degli
ordinamenti degli studi definiti a livello nazionale e che l'utilizzo
del personale (di  competenza  statale)  e'  regolato  dai  contratti
nazionali di comparto; infine, sarebbero stati  ignorati  i  principi
generali della normativa statale in materia  di  istruzione,  essendo
stato omesso ogni riferimento al riguardo  nella  determinazione  dei
criteri e delle modalita' di assegnazione del personale,  nonche'  il
principio di leale collaborazione tra tutti i livelli di governo, non
essendo stato previsto alcun coinvolgimento  dell'Ufficio  scolastico
regionale. 
    6.1. - La questione promossa, in riferimento agli  artt.  3  e  5
dello statuto della Regione Sardegna, non e' fondata. 
    Il parametro costituzionale invocato  e'  incongruo,  atteso  che
l'art.  117  Cost.,  per  effetto  dell'art.  3  della  citata  legge
costituzionale n. 3 del 2001, ha inserito l'istruzione tra le materie
di legislazione concorrente ed ha cosi' assegnato  alla  Regione  uno
spazio di  autonomia  piu'  ampio  rispetto  alle  norme  statutarie.
L'individuazione del parametro operata dal Presidente  del  Consiglio
dei  ministri  non  e',  dunque,  pertinente,  dovendosi  ora   avere
riguardo, ai fini  della  competenza  della  Regione  in  materia  di
istruzione, all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  piuttosto  che  agli
artt. 3 e 5 dello statuto della Regione Sardegna. 
    6.2. - Anche in riferimento alla competenza statale esclusiva  in
tema di ordinamento  ed  organizzazione  del  sistema  scolastico  ed
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,   sui   livelli
essenziali delle prestazioni, la questione sollevata non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' chiarito che il compito della  distribuzione
del personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome  spetta
alle Regioni (sentenza n. 13 del 2004). Essa ha piu'  volte  ribadito
la  necessita'  dell'intervento  del  legislatore  regionale  per  la
disciplina  di  «situazioni   legate   a   valutazioni   coinvolgenti
specifiche realta' territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo
socio-economico». Ha  cosi'  riconosciuto  all'ambito  di  pertinenza
regionale sia il settore della programmazione  scolastica  regionale,
sia quello relativo al dimensionamento della rete  delle  istituzioni
scolastiche, al quale e' intimamente collegata la ripartizione  delle
correlative risorse di personale (sentenza n. 200 del 2009).  D'altro
canto, e' la stessa norma regionale a circoscrivere espressamente  il
proprio intervento «nell'ambito delle dotazioni organiche complessive
definite in  base  alle  vigenti  disposizioni».  La  volonta'  della
Regione di conformarsi all'ordinamento statale, per  quanto  riguarda
le dotazioni  organiche  determinate  a  livello  nazionale,  risulta
quindi evidente dallo stesso tenore della norma. 
    Ne' rileva nella specie il richiamo alla fissazione  dei  livelli
essenziali  di  prestazione,  perche'  «la  definizione  dell'assetto
organizzativo e gestorio del servizio» (sentenza n. 200 del 2009, che
richiama altresi' la sentenza n.  120  del  2005)  rimane  del  tutto
estranea al predetto parametro. 
    6.3. - La questione non e' fondata, infine, nemmeno con  riguardo
al rispetto della normativa statale in materia di  istruzione  e  del
principio di leale collaborazione. 
    In primo  luogo,  perche'  non  sono  stati  neppure  indicati  i
principi generali, derivanti dalla normativa statale,  che  sarebbero
stati violati. 
    In secondo luogo, perche', avendo  la  Regione  disciplinato  con
legge la materia, non  v'e'  da  salvaguardare  alcuna  «esigenza  di
continuita'  di  funzionamento  del  servizio  di   istruzione»   che
giustifichi tuttora l'intervento dell'ufficio scolastico regionale. 
    Da ultimo,  la  distribuzione  del  personale  all'interno  delle
istituzioni  scolastiche  sulla  base  di  scelte  programmatiche   e
gestionali che rilevano solamente all'interno  della  Regione  e'  da
ritenere   appartenente   alla   competenza   legislativa   dell'ente
territoriale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2,
3 e 12, della legge della  Regione  Sardegna  7  agosto  2009,  n.  3
(Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale); 
    2)  Dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  3,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Sardegna n. 3 del 2009 promossa  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione e agli artt. 3, lettera a), e 5  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale  per  la
Sardegna), con il ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  Dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  9,  comma  3,  della  legge  della  Regione
Sardegna n. 3 del 2009, promossa dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 5, lettera a), dello statuto  della
Regione Sardegna e al  principio  di  leale  collaborazione,  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  Dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  9,  comma  4,  della  legge  della  Regione
Sardegna n. 3 del 2009, promossa dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 3 e 5 dello statuto della Regione
Sardegna, all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione
e al principio di leale collaborazione, con il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Mazzella 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 7 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola