N. 237 ORDINANZA 5 - 7 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Estradizione  -  Mandato  d'arresto   europeo   avente   ad   oggetto
  l'esecuzione di una pena - Facolta' di chiedere l'espiazione  della
  pena in Italia allo straniero ivi residente, cittadino di uno Stato
  membro dell'Unione europea - Mancata previsione -  Inapplicabilita'
  della  norma  impugnata  nel  giudizio   principale   -   Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Legge 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, lett. c). 
- Costituzione, art. 3; Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
  europea, art. 20 (Carta di Nizza). 
(GU n.28 del 14-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE, 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma  1,
lettera c), della legge 22  aprile  2005,  n.  69  (Disposizioni  per
conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI  del
Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto  europeo
e alle procedure di consegna tra Stati membri), promosso dalla  Corte
d'appello di Bari nel procedimento penale  a  carico  di  G.V.F.  con
ordinanza del 20 novembre  2009,  iscritta  al  n.  20  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 12  maggio  2010  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto che la Corte d'appello di Bari,  con  ordinanza  del  20
novembre 2009, iscritta al r.o. n. 20  del  2010,  ha  sollevato,  in
riferimento all'articolo 20  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, approvata a Nizza il  7  dicembre  2000  (infra:
Carta di Nizza) ed all'articolo 3 della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 19, comma  1,  lettera  c),
della legge 22 aprile 2005, n. 69  (Disposizioni  per  conformare  il
diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del
13  giugno  2002,  relativa  al  mandato  d'arresto  europeo  e  alle
procedure di consegna tra Stati  membri),  nella  parte  in  cui  non
attribuisce la facolta' di chiedere l'espiazione della pena in Italia
allo straniero cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, che
ivi sia residente, nel caso in cui il mandato d'arresto europeo abbia
ad oggetto l'esecuzione di una pena; 
        che il giudice a quo espone che G.V.F., cittadino romeno,  e'
stato attinto da un  mandato  di  arresto  emesso  dalla  Pretura  di
Pitesti (Romania), in esecuzione della sentenza di condanna alla pena
di anni tre e mesi sei di reclusione, per il reato di furto  commesso
in concorso con altri in danno  di  B.I.L.  pronunciata  in  data  27
aprile 2005,  confermata  in  appello  dal  Tribunale  di  Arges  con
sentenza del 13 ottobre 2005; 
        che, a suo avviso, la consegna di G.V.F. «e'  consentita  sul
piano  formale,  essendo  stata  allegata  copia  della  sentenza  di
condanna a pena detentiva, che ha dato luogo  alla  richiesta  stessa
(art. 6, comma 3, legge n. 50 del 2005 - recte: n.  69  del  2005-)»,
rientrando il reato per il quale e' stata pronunciata la condanna tra
quelli «per i quali e' prevista [...] la  consegna  obbligatoria,  ai
sensi della lettera t) dell'art. 8, legge n. 69 del 2005». 
        che G.V.F.  si  e',  pero',  opposto  alla  consegna  e,  con
dichiarazione  resa  in   data   30   ottobre   2009   in   sede   di
identificazione, ha chiesto, in quanto residente da tempo  in  Italia
unitamente alla famiglia ed ai figli che qui studiano, di espiare  la
pena nel nostro  Paese,  reiterando  tale  istanza  nelle  successive
memorie difensive, invocando a conforto la tutela del  lavoro,  della
famiglia e della salute,  in  considerazione  delle  patologie  dalle
quali e' affetto; 
        che, a giudizio del rimettente, l'art. 19, comma  1,  lettera
c), della legge n. 69 del 2005,  prevedrebbe  per  il  cittadino  non
italiano, ma ivi residente, la possibilita' di espiare  la  pena  nel
nostro Paese, «nel solo caso di condanna non ancora pronunciata» e di
mandato d'arresto europeo cosiddetto «processuale»,  quindi  non  nel
caso  in  cui  detto  mandato  concerna  una  sentenza  di   condanna
definitiva gia' intervenuta, con la conseguenza  che  la  domanda  di
G.V.F. non puo' essere accolta; 
        che siffatta disciplina  sarebbe  ingiustificata,  alla  luce
della  decisione  quadro  del  Consiglio  del  13  giugno  2002,   n.
2002/584/GAI, «Decisione quadro del  Consiglio  relativa  al  mandato
d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri»  (in
seguito  denominata  decisione  quadro)  e  dei   principi   generali
dell'ordinamento italiano e comunitario di eguaglianza,  di  liberta'
di circolazione e di stabilimento dei cittadini  comunitari,  nonche'
di quelli che tutelano l'unita'  della  famiglia  ed  i  diritti  del
bambino a mantenere rapporti stabili con entrambi i genitori; 
        che, infatti, prosegue la Corte d'appello, l'art. 4, punto 6,
della citata Decisione quadro stabilisce che l'autorita'  giudiziaria
dell'esecuzione puo' rifiutare di  eseguire  il  mandato  di  arresto
europeo, se esso «e' stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di  una
pena o di una misura di sicurezza privative della  liberta',  qualora
la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne  sia
cittadino o vi risieda, se tale Stato  si  impegni  a  eseguire  esso
stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al  suo  diritto
interno». 
        che, nondimeno, secondo  il  rimettente,  qualora  uno  Stato
«decida di recepire  il  principio  di  rifiuto  della  consegna  per
esecuzione della pena o misura di sicurezza nel proprio territorio ed
alla stregua del proprio ordinamento, deve attuare  tale  recepimento
con riferimento ad ogni caso previsto dalla stessa  decisione-quadro,
e senza disparita' di  trattamento,  ingiustificato,  alla  luce  del
principio  di  eguaglianza»  e  «senza  ledere  gli   altri   diritti
fondamentali» della persona, quali tutelati dalle  norme  dell'Unione
europea e dell'ordinamento interno; 
        che, ad avviso del rimettente,  la  norma  impugnata  avrebbe
dato attuazione solo in parte  all'art.  4  della  Decisione  quadro,
limitando la possibilita' di rifiutare la  consegna  dello  straniero
residente nello Stato nel solo caso di mandato d'arresto processuale,
realizzando in tal modo una ingiustificata disparita' di trattamento; 
        che, tra i  diritti  fondamentali  recepiti  e  tutelati  nel
Trattato europeo e, per il richiamo da esso effettuato  nell'art.  6,
«appaiono significativi  e  vincolanti  ai  fini  del  riconoscimento
indifferenziato del diritto di espiare la pena nello Stato di dimora,
come indicato dalla decisione-quadro», in primo luogo, il diritto  di
liberta' di stabilimento (artt. 49 e seguenti del Trattato UE  ),  in
virtu' del quale ogni cittadino comunitario puo' stabilire il proprio
centro  di   interessi   lavorativi   (per   attivita'   industriali,
commerciali, artigianali o professionali, art. 57  del  Trattato)  in
qualunque Stato dell'Unione, essendo vietato  agli  Stati  membri  di
frapporre ostacoli o restrizioni al suo esercizio (salvo per  ragioni
di ordine  pubblico,  sicurezza  pubblica  o  sanita'  pubblica,  non
pertinenti nel caso in esame). 
        che, tale diritto sarebbe, peraltro, sancito anche  dall'art.
15, comma 2, della Carta di Nizza e tutelato dall'art. 16 Cost.; 
        che, a giudizio della Corte di appello, nel  caso  di  specie
vengono in rilievo anche: il diritto di costituirsi una famiglia e di
stabilirsi  con  questa  in  qualunque  Stato  dell'Unione   europea,
risultando la famiglia tutelata  dalla  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  delle  liberta'  fondamentali,  e
successive modificazioni, ratificata e resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo  addizionale  alla
Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), dagli artt. 7
e 9 della Carta di Nizza e dagli artt. da 29 a 31 Cost.,  nonche'  il
diritto del bambino a mantenere rapporti  affettivi  con  entrambi  i
genitori, previsto e tutelato dall'art. 24 della Carta di Nizza; 
        che l'impugnato art. 19, comma 1, lettera c), della legge  n.
69 del 2005, nella parte in  cui,  non  attribuendo  la  facolta'  di
chiedere l'espiazione della pena in Italia allo  straniero  cittadino
di uno Stato membro dell'Unione europea, che ivi sia  residente,  nel
caso  in  cui  il  mandato  d'arresto  europeo   abbia   ad   oggetto
l'esecuzione di una pena, violerebbe l'art. 20 della Carta di Nizza e
l'art. 3 Cost.; 
        che nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  inammissibile  ed
infondata, rammentando che nella specie la norma applicabile  sarebbe
l'art. 18, comma 1, lettera r), della legge n. 69  del  2005,  e  che
sarebbe   quindi   irrilevante   la   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera c), della stessa legge. 
    Considerato che la questione di legittimita' costituzionale ha ad
oggetto l'art. 19, comma 1, lettera c), della legge 22  aprile  2005,
n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla  decisione
quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno  2002,  relativa  al
mandato d'arresto europeo e alle  procedure  di  consegna  tra  Stati
membri), nella parte in cui non attribuisce la facolta'  di  chiedere
l'espiazione della pena in Italia allo  straniero  cittadino  di  uno
Stato membro dell'Unione europea, che ivi sia residente, nel caso  in
cui il mandato d'arresto europeo abbia ad oggetto l'esecuzione di una
pena; 
        che il giudizio  principale  ha  ad  oggetto  un  mandato  di
arresto europeo cosiddetto in executivis,  che,  secondo  il  diritto
vivente, e' disciplinato esclusivamente dall'art. 18 della  legge  n.
69 del 2005; 
        che la norma applicabile al caso di specie e'  quindi  l'art.
18, comma 1,  lettera  r),  la  quale  prevede  che,  se  il  mandato
d'arresto europeo e' stato emesso ai fini  della  esecuzione  di  una
pena o di una misura di sicurezza privative della liberta' personale,
la corte di appello puo' disporre che tale pena o misura di sicurezza
sia eseguita in Italia conformemente al diritto interno, «qualora  la
persona ricercata sia cittadino italiano»; 
        che la Corte d'appello di Bari ha, invece,  censurato  l'art.
19 di detta legge, che,  come  risulta  dalla  lettera  della  norma,
concerne soltanto la persona giudicanda (cittadino o residente  dello
Stato), e per la quale e' appunto in corso l'azione penale; 
        che la questione e' dunque  manifestamente  inammissibile  in
quanto ha ad oggetto una norma che  non  deve  essere  applicata  nel
giudizio principale (ex multis ordinanze n. 256 del 2009 e n. 265 del
2008). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera c),  della
legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare  il  diritto
interno alla decisione quadro  2002/584/GAI  del  Consiglio,  del  13
giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e  alle  procedure
di consegna tra Stati membri), sollevata, in riferimento all'articolo
3 della Costituzione, ed all'articolo  20  della  Carta  dei  diritti
fondamentali  dell'Unione  europea  (Carta  di  Nizza),  dalla  Corte
d'appello di Bari con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                        Il redattore: Tesauro 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 7 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola