N. 246 SENTENZA 5 - 8 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Regioni - Variazioni territoriali - Distacco dalla Regione Marche dei
  Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,  Pennabilli,  San  Leo,
  Sant'Agata Feltria e Talamello e  loro  aggregazione  alla  Regione
  Emilia-Romagna, nell'ambito della  Provincia  di  Rimini  -  Parere
  contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche - Ricorso
  della Regione Marche - Lamentata omessa valutazione di detto parere
  in sede di procedimento legislativo, con violazione  del  principio
  di  leale  collaborazione  -  Esclusione  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- Legge 3 agosto 2009, n. 117. 
- Costituzione, art. 132, secondo comma. 
(GU n.28 del 14-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  3  agosto
2009,  n.  117  (Distacco  dei   Comuni   di   Casteldieci,   Maiolo,
Novafeltria, Pennabilli, San  Leo,  Sant'Agata  Feltria  e  Talamello
dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna,
nell'ambito della Provincia di Rimini, ai  sensi  dell'articolo  132,
secondo comma, della Costituzione), promosso dalla Regione Marche con
ricorso notificato il 13 ottobre 2009, depositato in  cancelleria  il
22 ottobre 2009 ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  maggio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi  l'avvocato  Stefano  Grassi  per  la  Regione   Marche   e
l'avvocato  dello  Stato  Giuseppe  Fiengo  per  il  Presidente   del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri in data 13 ottobre 2009, la Regione Marche, in  persona  del
Presidente pro tempore  della  Giunta  regionale,  ha  sollevato,  in
riferimento all'art. 132 della Costituzione, nonche'  in  riferimento
al principio  di  leale  collaborazione,  questione  di  legittimita'
costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni
di Casteldieci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo,  Sant'Agata
Feltria e Talamello dalla Regione Marche  e  loro  aggregazione  alla
Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della  Provincia  di  Rimini,  ai
sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione),  con  la
quale e' stato, appunto, disposto il distacco dei citati Comuni dalla
Regione Marche e la loro aggregazione  alla  Regione  Emilia-Romagna,
con inserimento dei medesimi nell'ambito territoriale della Provincia
di Rimini. 
    Rileva la ricorrente che la legge  -  la quale, come fa notare la
stessa  ricorrente,  e'  stata  promulgata   dal   Presidente   della
Repubblica facendo uso della formula prevista per le leggi  ordinarie
e non di quella, specifica, prevista dall'art.  46,  comma  3,  della
legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme  sui  referendum  previsti  dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo)  -  consta di
tre soli articoli, dei quali, il primo dispone, appunto, il  distacco
e la conseguente aggregazione  territoriale;  il  secondo  detta  una
specifica disciplina sostanziale e procedimentale per gli adempimenti
derivanti dalla attuazione dell'art. 1; il terzo  fissa  la  data  di
entrata in vigore della legge nel giorno successivo a quello  di  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 
    1.1. - Nel ricostruire l'iter che ha condotto alla adozione della
legge impugnata, la ricorrente rammenta che il  suo  procedimento  di
formazione ha avuto inizio con la richiesta di referendum,  formulata
dai Comuni  interessati  e  dichiarata  legittima  con  provvedimento
dell'Ufficio centrale per il referendum del 27 giugno  2006;  che  la
consultazione popolare si e' svolta nei giorni 17 e 18 dicembre  2006
e che, con la partecipazione della maggioranza degli aventi  diritto,
ha dato un risultato favorevole al distacco dei predetti comuni dalle
Marche  ed  alla  loro  aggregazione  alla  Emilia-Romagna,  come  da
comunicato della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 28 dicembre. 
    Sono quindi stati richiesti dal Governo,  che  nell'occasione  ha
allegato lo schema di  disegno  di  legge  predisposto  dal  Ministro
dell'interno, i pareri  dei  Consigli  regionali  delle  due  regioni
interessate  che,  con  deliberazione  del  14  novembre  2007,   per
l'Emilia-Romagna, e con deliberazione  del  17  marzo  2008,  per  le
Marche, sono stati resi, rispettivamente, in senso  favorevole  dalla
prima e non favorevole dalla seconda. 
    Essendo,  nel  frattempo,  decaduto,  a  causa   dell'intervenuto
scioglimento delle Camere, il citato disegno di legge governativo, in
occasione della apertura della XVI Legislatura, sono stati presentati
tre diversi progetti di legge  di  iniziativa  parlamentare  volti  a
realizzare il medesimo scopo di quello decaduto. Questi, dopo l'esame
in Commissione, nel corso del quale  e'  stato  approntato  un  testo
unificato, sono transitati per la Assemblea della Camera dei Deputati
che ha discusso ed approvato, nelle sedute del 4 e 6 maggio 2009,  il
testo unificato. Il successivo 7 maggio  il  testo  licenziato  dalla
Camera e' stato trasmesso al Senato per l'esame in Commissione - alla
quale, al fine di accelerare il procedimento, il disegno di legge  e'
stato  deferito   in   sede   deliberante -   ove   esso   e'   stato
definitivamente approvato il 29 luglio 2009. 
    2. - Cosi' ricostruito l'iter della legge censurata,  la  Regione
Marche ritiene che quest'ultima sia in contrasto con l'art. 132 della
Costituzione  in  quanto  il  parere  espresso  dalla  sua  Assemblea
legislativa, sebbene acquisito alla procedura  parlamentare,  non  e'
stato oggetto di considerazione in maniera  ufficiale  e  conoscibile
nel corso di questa, come invece sarebbe richiesto dalla detta  norma
costituzionale. La legge medesima, ad  avviso  della  ricorrente,  si
porrebbe   in   contrasto,   altresi',   col   principio   di   leale
collaborazione, che  deve  informare  le  relazioni  fra  i  soggetti
istituzionali, in quanto la Regione Marche non sarebbe stata posta in
condizione di conoscere le ragioni in forza  della  quali  le  Camere
hanno  disatteso  il  suo  parere  non   favorevole   allo   scorporo
territoriale. 
    2.1.  -  Prima  di  motivare  le  predette  censure  la   Regione
ricorrente, dato atto che  le  sue  doglianze  attengono  a  vizi  di
carattere procedimentale intervenuti  nell'approvazione  della  legge
impugnata,   si   sofferma   sulla   giurisprudenza    della    Corte
costituzionale in tema di rilevabilita'  di  siffatte  irregolarita',
osservando che sin dal 1957 essa ha chiarito che, cosi'  come  quelle
relative alle  disposizioni  di  rango  costituzionale  di  contenuto
sostanziale, anche «le violazioni  delle  norme  strumentali  per  il
processo formativo  della  legge  (sono)  suscettibili  di  sindacato
costituzionale», essendo il  procedimento  legislativo  «soggetto  al
controllo di costituzionalita' attraverso la verifica  dell'esistenza
dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali». 
    Svolta questa premessa, la difesa della ricorrente  ricorda  come
l'art. 132 della Costituzione individui una ipotesi di legge atipica,
in relazione alla  quale  sono  previste  delle  forme  aggravate  di
approvazione, una delle quali e', appunto, la previa acquisizione dei
pareri  dei  Consigli   regionali   interessati   dal   fenomeno   di
distacco-aggregazione da essa disciplinato;  trattasi  di  previsione
eccezionale, volta  a  creare  un'articolata  interlocuzione  fra  le
popolazioni direttamente interessate,  le  assemblee  rappresentative
delle Regioni coinvolte e quelle nazionali. 
    2.2. - Sulla  base  di  questo  rilievo,  ritiene  la  ricorrente
Regione che detta finalita'  sarebbe  frustrata  ove  si  ritenessero
soddisfatti i vincoli procedimentali prescritti dal citato  art.  132
della Costituzione tramite la mera acquisizione  formale  dei  pareri
dei Consigli regionali, senza che questi siano  effettivamente  presi
in considerazione nell'ambito della procedura legislativa e senza che
siano rese  conoscibili  all'esterno,  in  particolare  al  Consiglio
regionale che abbia reso il parere non favorevole, le ragioni per  le
quali ci si e' discostati da essi. 
    In tal senso militerebbe anche  la  stessa  giurisprudenza  della
Corte, la quale, con la sentenza n. 334 del 2004, ha riconosciuto  ai
pareri dei Consigli regionali interessati  «l'imprescindibile  valore
sistemico, consistente nel portare all'interno  del  procedimento  il
punto di vista delle altre  popolazioni  non  direttamente  coinvolte
da(lla ...) operazione», onde fornire anche alle «valutazioni di tali
altre popolazioni» una «congrua tutela», cosicche' «l'acquisizione  e
l'esame dei pareri dei consigli  regionali»  non  possono  che  avere
«sicura incidenza ai fini dell'eventuale approvazione della legge  di
modifica territoriale». 
    2.3. - Dato il carattere non vincolante dei pareri in  questione,
la richiamata «sicura incidenza»  non  puo'  consistere,  secondo  la
ricorrente, altro che nella effettiva e sostanziale considerazione di
essi nel corso del  procedimento  di  formazione  legislativa  e  nel
formale riscontro di tale considerazione negli atti del  procedimento
medesimo. 
    Che i pareri espressi in sede  regionale  abbiano  una  rilevanza
centrale nella procedura legislativa  costituisce  convincimento  che
e', d'altra parte, maturato anche all'interno delle stesse Camere. La
ricorrente osserva, infatti, come la Commissione parlamentare per  le
questioni regionali, pur dando parere favorevole  al  distacco  aveva
segnalato, in considerazione del parere non favorevole espresso dalla
Regione Marche, «l'opportunita' di una valutazione del merito di tali
pronunciamenti nel  corso  dell'esame  del  provvedimento»;  il  che,
ribadisce la ricorrente, non e', pero', avvenuto. 
    Da nessun atto formale, infatti, risultano conoscibili  i  motivi
che hanno indotto le Camere a discostarsi  dal  parere  espresso  dal
Consiglio regionale delle Marche: non dalla formula di promulgazione;
non dal messaggio col quale il Presidente del ramo del Parlamento che
per ultimo ha approvato la legge ne ha licenziato il  testo;  non  da
quest'ultimo o da un separato atto contestuale;  non,  infine,  dalle
relazioni delle Commissioni parlamentari referenti. 
    2.4. - A tali omissioni formali  corrisponde  anche  un  silenzio
sostanziale; infatti, lamenta la Regione, al suo ricordato parere  in
sede  di  discussione  parlamentare  e'  stato  assegnato   un   peso
trascurabile  o  e'  stato  apprezzato  solo  in  quanto  dava  conto
dell'esistenza di ragioni a sostegno  della  operazione  di  distacco
territoriale. 
    La ricorrente, pur dandosi carico del fatto che in linea generale
l'ordinamento non  prevede  un  obbligo  di  motivazione  degli  atti
legislativi, osserva, pero', che sussistono, in relazione a specifici
aspetti, talune eccezioni. 
    Richiama, a tal proposito, la sentenza n. 14 del 1964 della Corte
costituzionale ove e' detto che «di  norma,  non  e'  necessario  che
l'atto  legislativo  sia  motivato»,  inferendo  da  cio'  che   tale
principio concerne non la «totalita'» ma, solo, la  «normalita'»  dei
casi. 
    L'art. 132 della Costituzione, nel  prevedere  la  necessita'  di
sentire i Consigli regionali, richiede, altresi', che sia dato  conto
dei motivi in base ai quali  il  punto  di  vista  espresso  da  tali
assemblee legislative non e' stato seguito. 
    Affinche' sia soddisfatto il prescritto obbligo  di  motivazione,
non e' sufficiente che siano genericamente indicati i  motivi  per  i
quali si procede al distacco -  in  tal  senso  la  difesa  regionale
ricorda che l'art. 1 della legge impugnata richiama  la  «particolare
collocazione territoriale e i peculiari legami storici,  economici  e
culturali» che i Comuni distaccati hanno con la provincia di Rimini -
occorrendo, invece, che siano specificate le ragioni per le quali non
sono  stati  condivisi  i  punti  di  vista  espressi  dai   Consigli
regionali.  Sarebbe  stato  necessario,  in  altre  parole,  che   il
legislatore avesse esplicitato i motivi per  i  quali  le  soluzioni,
alternative al distacco territoriale, che  la  Regione  Marche  aveva
prospettato nel suo parere come preferibili  e  che  anzi  essa  gia'
aveva  iniziato  a  mettere  in   pratica,   erano   state   ritenute
impraticabili o insufficienti. 
    2.5. - Quanto alle modalita' attraverso le quali il surrichiamato
obbligo deve essere adempiuto, la difesa regionale ritiene  che  esse
siano  libere,  purche'  «esteriorizzate  in  qualche  atto   formale
caratterizzato da un regime di pubblicita'»; atto che, nel  caso  che
interessa, come ricordato, sarebbe carente. 
    3. - Andando, poi, ad esaminare il contenuto del parere contrario
reso dalla Regione Marche, la difesa di quest'ultima rileva che  esso
si fonda  essenzialmente  sulle  seguenti  quattro  ragioni:  a)  pur
sussistendo motivi  di  carattere  economico-sociale  e  logistico  a
fondamento della richiesta  di  distacco,  tuttavia,  sono,  rispetto
all'accoglimento di quest'ultima, «maggiormente  opportune,  efficaci
ed economiche azioni programmatorie  sul  territorio  interessato  ed
interventi  concordati  fra  i  vari  enti  locali  della  Valle  del
Marecchia e le Regioni interessate»; b) gia' e' stato,  a  tal  fine,
sottoscritto un protocollo d'intesa tra i Presidenti delle Regioni  e
delle Provincie interessate, volto a risolvere i  problemi  sollevati
dalle popolazioni ed  Amministrazioni  coinvolte;  c)  fra  i  Comuni
oggetto di distacco e gli altri enti  locali  delle  Marche  sono  da
tempo  «consolidati  [...]  positivi   rapporti   di   collaborazione
interistituzionale che e' opportuno mantenere»; d) vi e'  «l'esigenza
primaria di mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e
culturale, nonche' dell'immagine unitaria della Regione, della  quale
i Comuni interessati rappresentano una parte significativa». Di  tali
puntuali ragioni, nessuna  e'  stata  oggetto  della  benche'  minima
considerazione nello svolgimento dell'iter legislativo,  dato  questo
che, secondo la ricorrente, depone per l'accoglimento della sollevata
questione di legittimita' costituzionale. 
    Al riguardo, la difesa ricorrente segnala una circostanza che,  a
suo avviso, sarebbe dirimente: nel cosiddetto «fascicolo d'Assemblea»
posto a disposizione dei componenti della Camera dei deputati ai fini
della discussione dei testi di legge non erano stati inseriti  i  due
atti costituzionalmente necessari ai  sensi  dell'art.  132,  secondo
comma Cost.,  ossia  i  pareri  espressi  dalle  Assemblee  regionali
interessate; parimenti era stato omesso qualsiasi riferimento a  tali
atti nella documentazione allegata al  testo  del  disegno  di  legge
distribuito, dopo l'approvazione di Montecitorio, in Senato. 
    Nessuna  sorpresa,  chiude  sul  punto  la  ricorrente,  che  nel
dibattito  parlamentare  non  siano  stati  esaminati  gli  argomenti
contenuti nel parere  della  Regione  Marche,  visto  che  i  singoli
parlamentari neppure sono stati posti in condizione di conoscerli. 
    4. -  Riguardo  al  secondo  motivo  di  censura,  relativo  alla
violazione del  principio  di  leale  collaborazione,  la  ricorrente
riferisce di essere consapevole  dell'insegnamento  della  Corte,  in
base al quale, riguardo alla funzione legislativa, non sono  previste
necessarie  forme  di  interlocuzione  fra  le  Camere  e  gli   enti
regionali,  ma  di  essere,   tuttavia,   consapevole   anche   della
«pervasivita'» del principio in questione, il  quale  impone  che  le
relazioni fra  soggetti  istituzionali  siano  sempre  improntate  al
reciproco rispetto e considerazione. 
    Nel definire, pertanto, gli obblighi che in base ad esso  gravano
sulle  Camere,  ritiene  la  ricorrente,  che,  tenuto  conto   della
elasticita'  del   principio,   dinanzi   alla   peculiarita'   della
statuizione contenuta nell'art. 132 della  Costituzione,  consistente
nella partecipazione, attraverso  la  necessaria  espressione  di  un
parere, delle Assemblee regionali al procedimento  legislativo,  «non
si puo' fare a meno di ritenere che il rispetto e  la  considerazione
di chi ha reso il parere comportino necessariamente che tale atto sia
espressamente esaminato e che  (chi)  lo  ha  reso  sia  messo  nelle
condizioni di conoscere le ragioni in virtu' delle quali le Camere si
siano [...] determinate in senso difforme». 
    Rileva,  infine,  la  difesa  della  Regione   Marche   che   nel
procedimento di approvazione della legge impugnata non e' rinvenibile
neppure «il minimum che deve caratterizzare, in virtu' del  principio
di leale collaborazione, le relazioni tra i  soggetti  che,  a  vario
titolo,  intervengono  in  un  medesimo  ciclo   funzionale»,   cioe'
l'assolvimento degli oneri di mutua informazione. 
    4.1. - Nel rispetto di quanto sopra le Camere  (o  almeno  quella
che per ultima ha approvato  il  testo  di  legge)  avrebbero  dovuto
formalmente comunicare alla Regione Marche le  risultanze  dell'esame
del parere da questa formulato e le ragioni per le  quali  era  stato
disatteso, ovvero si doveva fare in modo che la detta Regione potesse
essere resa edotta su quanto sopra indicato tramite la  adozione,  da
parte  del  Parlamento  di  atti  formali   dotati   di   un'adeguata
pubblicita'. 
    In assenza  di  tutto  cio',  data  la  mancanza  del  «reciproco
rispetto e considerazione»  fra  organi  istituzionali,  non  puo'  -
secondo la ricorrente - non ritenersi violato il principio  di  leale
collaborazione. 
    5. - Si e' costituito nel giudizio di legittimita' costituzionale
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla  Avvocatura  generale   dello   Stato,   concludendo   per   la
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  della
legge n. 117 del 2009. 
    5.1. - Afferma la difesa dello Stato,  in  primo  luogo,  che  la
censura,  relativa  alla  scarsa  «valorizzazione»  nel  corso  della
procedura parlamentare del parere reso dalla ricorrente, formulata da
quest'ultima non  e'  fondata.  Infatti,  per  un  verso  il  dettato
costituzionale si limita a prevedere che  siano  sentiti  i  Consigli
regionali, per altro verso il grado di approfondimento del parere  e'
difficilmente quantificabile, infine  l'espressione  «valorizzazione»
e' priva di riferimenti costituzionali. 
    La resistente difesa contesta, altresi',  l'affermazione  che  il
parere, obbligatorio ma non certo vincolante, non sia stato esaminato
in sede parlamentare: invero, nel corso della  discussione  sarebbero
riscontrabili specifici riferimenti ad esso ed alle  ragioni  per  le
quali e' stato disatteso. 
    5.2. - Ma al di  la'  di  cio',  ritiene  la  Avvocatura  che  la
procedura delineata dall'art. 132 della Costituzione richiede la mera
acquisizione dei pareri dei Consigli regionali e non  anche  che  sia
motivato  il   superamento   del   parere   contrario   al   distacco
territoriale. La procedura in esame si e' quindi svolta regolarmente. 
    Segnala, ancora, la difesa erariale come la giurisprudenza  della
Corte abbia evidenziato che l'art.  132  della  Costituzione  mira  a
garantire un ruolo  preponderante  e  fondamentale  alle  popolazioni
interessate dal fenomeno di distacco-aggregazione, chiarendo  che  la
collettivita'  locale  e'  l'unico  soggetto  interessato  alla  fase
prodromica al procedimento legislativo. 
    5.3. - Quanto alla dedotta  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione,  parte  resistente  rammenta   come,   per   costante
giurisprudenza della Corte costituzionale, questo non sia  invocabile
a proposito dell'esercizio della funzione legislativa. 
    Viene, infine, osservato dalla costituita difesa che  le  censure
formulate  dalla  ricorrente  sono  infondate   anche   nel   merito,
risultando, dall'esame dei lavori  parlamentari,  che  il  parere  da
questa   reso   e'   stato   superato,   essendo    state    ritenute
(opportunamente,  aggiunge  la  difesa  dello  Stato)  prevalenti  le
ragioni  che  legittimavano  il  distacco  rispetto  a  quelle,   pur
rappresentate  nel  parere  della   Regione   Marche,   ritenute   da
quest'ultima a cio' ostative. 
    6. - Nell'imminenza della pubblica udienza la Regione  Marche  ha
depositato una ampia  memoria  illustrativa,  volta  a  confutare  le
difese svolte dalla Avvocatura dello Stato. 
    6.1. - In particolare, la  ricorrente,  smentita  la  circostanza
secondo  la  quale  essa  si  dorrebbe  genericamente  della  mancata
valorizzazione nel  merito  del  parere  reso  dal  locale  Consiglio
regionale, osserva, invece,  che  i  termini  del  suo  ricorso  sono
riassumibili nelle seguenti premesse e nella conseguente conclusione.
Posto che lo speciale  procedimento  legislativo  previsto  dall'art.
132, secondo comma, della Costituzione prevede  l'espressione  di  un
parere obbligatorio, sebbene non vincolante, dei  Consigli  regionali
interessati alla richiesta;  che,  secondo  la  giurisprudenza  della
Corte costituzionale, l'acquisizione e l'esame di  tale  parere  deve
avere «sicura incidenza ai  fini  dell'eventuale  approvazione  della
legge  di  modifica  territoriale»;  che   il   concetto   di   leale
collaborazione   impone   relazioni   di   reciproco    rispetto    e
considerazione fra  i  soggetti  istituzionali;  a  tutto  cio'  deve
conseguire che il vincolo procedimentale imposto  dalla  Costituzione
non puo' ritenersi rispettato con la mera richiesta del parere e  con
la sua formale acquisizione, essendo, invece, necessario che esso sia
anche effettivamente preso in considerazione  in  termini  «espressi,
sostanziali e compiuti» e che siano rese note  all'organo  consultivo
le ragioni per le quali il suo parere e' stato disatteso. 
    Poco  importa,  prosegue  la  difesa  delle  Marche,  che  alcuni
parlamentari si siano espressi  nel  corso  della  discussione  della
legge, sugli stessi temi toccati dal  parere,  come  fa  rilevate  la
difesa dello Stato, posto che cio' non prova ne'  la  conoscenza  del
parere da parte di costoro, ne', tantomeno, da parte delle Camere nel
loro complesso. 
    6.2.  -  Riguardo  al  «presunto  obbligo  di  motivazione»   del
legislatore, la Regione, chiarendo  il  contenuto  del  suo  ricorso,
precisa di non lamentare la violazione di un generico obbligo in  tal
senso, ma di dolersi del fatto  che,  costituendo  l'espressione  del
parere un atto necessario di interlocuzione istituzionale,  essa  non
abbia  avuto  la  possibilita'  di  reperire,  in  atti  parlamentari
ufficiali e pubblici, echi nell'esame del suo parere. 
    Quanto alla violazione del principio di leale  collaborazione  la
difesa regionale pone l'accento, onde evidenziare la inapplicabilita'
alla  fattispecie  della  giurisprudenza  consolidata   della   Corte
costituzionale  che  ne  nega  l'applicabilita'  al  procedimento  di
formazione delle leggi, sul fatto che  in  questo  caso,  essendo  la
stessa fonte costituzionale a richiedere una forma di  collaborazione
interistituzionale fra Camere e Regioni, e' tale medesima  fonte  che
postula l'applicabilita' del principio stesso. 
    6.3. - Riguardo alla dedotta, da parte  resistente,  infondatezza
delle censure relative al «merito delle scelte politiche fatte con la
legge» censurata, la ricorrente Regione, infine, ribadisce  che  tale
aspetto non e' in  discussione,  essendo  la  censura  esclusivamente
riferita ad aspetti formali del procedimento  di  approvazione  della
legge. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Regione Marche ha sollevato in via  principale  questione
di legittimita' costituzionale della intera legge 3 agosto  2009,  n.
117  (Distacco  dei  Comuni  di  Casteldieci,  Maiolo,   Novafeltria,
Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria  e  Talamello  dalla  Regione
Marche e loro aggregazione alla Regione  Emilia-Romagna,  nell'ambito
della Provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma,
della Costituzione), ritenendola in contrasto con  l'art.  132  della
Costituzione nonche' col principio di leale collaborazione  che  deve
informare i rapporti interistituzionali. 
    1.1. - La ricorrente, in particolare, denuncia la legge citata  -
con la quale, in applicazione  del  meccanismo  legislativo  previsto
appunto dall'art. 132, secondo comma, della  Costituzione,  e'  stato
disposto il distacco dei Comuni di Casteldieci, Maiolo,  Novafeltria,
Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria  e  Talamello  dalla  Regione
Marche e la  loro  aggregazione  alla  Regione  Emilia-Romagna  -  in
quanto, a suo avviso, nel  corso  del  procedimento  parlamentare  di
approvazione della legge medesima, il parere, reso in senso contrario
al distacco, emesso dalla Assemblea legislativa della Regione  Marche
ai sensi  della  citata  disposizione  costituzionale  non  e'  stato
oggetto di sostanziale considerazione risultante da atti ufficiali  e
conoscibili,  come,  invece,  avrebbe  richiesto  l'art.  132   della
Costituzione ed  in  quanto,  nel  corso  dello  stesso  procedimento
legislativo, sarebbe stato, altresi', violato il principio  di  leale
collaborazione, essendo stato il ricordato parere negativo  solamente
acquisito agli atti, senza che la Regione che lo ha  reso  sia  stata
posta in condizione di conoscere i motivi che hanno spinto le  Camere
a  discostarsi  da  esso,  cosi'  risultando  violate  le  regole  di
reciproco rispetto attraverso le quali devono svolgersi le  relazioni
tra i soggetti cui spettano poteri riconosciuti dalla Costituzione. 
    2. - Deve, preliminarmente, darsi atto della  ammissibilita'  del
ricorso, ancorche' rivolto nei confronti di un'intera legge e non  di
singole disposizioni in essa contenute: infatti,  per  un  verso,  il
tipo di censure formulate dalla  ricorrente,  avendo  ad  oggetto  in
sostanza le modalita' di svolgimento del procedimento  di  formazione
della legge, involgono il testo normativo nella  sua  globalita',  e,
per altro verso, la assoluta omogeneita' delle disposizioni contenute
nella legge n. 117 del 2009 ne consente, in ogni caso, la complessiva
impugnazione. 
    2.1. - Sempre in via  preliminare,  va  rilevato  che  esula  dal
presente giudizio la circostanza che la  legge  censurata  sia  stata
promulgata facendo uso della formula di promulgazione ordinaria e non
di quella specifica prevista dall'art. 46, terzo comma,  della  legge
25  maggio  1970,  n.  352  (Norme  sui  referendum  previsti   dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), per le leggi
che dispongono una variazione territoriale ai  sensi  dell'art.  132,
secondo comma, della Costituzione, in quanto la  suddetta  evenienza,
pur evidenziata dalla Regione nell'ampio  ed  analitico  esame  delle
questioni attinenti all'attuazione dell'art. 132 Cost., non e'  stata
oggetto di censura. 
    3. - La questione non e' fondata. 
    3.1. - Rileva questa Corte che,  con  riferimento  alla  asserita
violazione del secondo comma dell'art. 132 della Costituzione,  detta
disposizione consente, ove si intenda distaccare uno o piu' Comuni  -
o Province - da una Regione onde aggregarli  ad  un'altra,  che  cio'
avvenga  solo  attraverso  un  procedimento  speciale,   plurifasico,
aggravato  dal  previo  svolgimento  di  due  adempimenti   ulteriori
rispetto a quelli legislativi ordinari. In particolare,  e'  previsto
che sia dapprima  acquisita,  tramite  l'esperimento  di  un'apposita
consultazione popolare condotta secondo le forme del  referendum,  la
approvazione  della  maggioranza   delle   popolazioni   degli   enti
territoriali interessati all'operazione di distacco e di aggregazione
e che, quindi, siano, altresi', «sentiti i Consigli regionali»  delle
due Regioni coinvolte dalla operazione. 
    Con riferimento a  tale  secondo  adempimento,  questa  Corte  ha
chiarito, come piu' volte ricordato dalla stessa ricorrente, che esso
ha la finalita' di consentire la complessiva emersione di  tutti  gli
interessi locali implicati nella operazione - e, pertanto,  non  solo
di quelli di cui sono portatori gli abitanti dei Comuni  oggetto  del
distacco  e  della  conseguente  aggregazione,  il  cui  momento   di
valorizzazione  e'   specificamente   fornito   dalla   consultazione
referendaria - e la loro organica valutazione: in tal senso e' stata,
infatti, affermata la «sicura incidenza [...che i predetti pareri...]
avranno [...] ai fini della eventuale  approvazione  della  legge  di
modifica territoriale» (sentenza n. 334 del 2004). 
    Si tratta di una conclusione che viene senz'altro ribadita  anche
in  questa  sede,  tenendo  peraltro  presente  il  quadro  generale,
delineato dalla  citata  disposizione  costituzionale,  entro  cui  i
suddetti pareri si collocano. 
    3.2. - Al riguardo, e' opportuno sottolineare che, costituendo la
legge impugnata la prima applicazione di quanto previsto dal  secondo
comma  dell'art.  132  Cost.  -  tra  l'altro  nel  testo  modificato
dall'art.  9  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione)  -  la
Commissione affari costituzionali, della Presidenza del  Consiglio  e
interni della Camera  ha  ritenuto  di  approfondire,  anche  in  via
generale, la materia effettuando una  apposita  indagine  conoscitiva
sulle problematiche relative al distacco dei Comuni da una Regione ed
alla  loro  conseguente  aggregazione  ad  un'altra,  giungendo  alla
conclusione, secondo le parole di un suo componente, che  «in  nessun
caso il Parlamento possa essere considerato una sorta  di  notaio  in
questo procedimento, per effetto di una serie di fasi precedenti  che
si sono determinate». In realta', secondo quanto e'  stato  affermato
nel corso dell'indagine e delle relative audizioni,  «le  Camere  del
Parlamento sono chiamate a valutare questa tematica, cosi' come tutte
le  altre,  alla  luce  [...]  dell'interesse  generale,  dell'intera
comunita' politica e dell'intera Repubblica». 
    E' senz'altro rispondente al vero che la difesa della Regione non
contesta che il  Parlamento  possa  disattendere  la  volonta'  della
Regione medesima espressa tramite il parere del suo  Consiglio,  dato
che pone al centro della questione di  costituzionalita'  un  diverso
aspetto  attinente  alla  assenza,  nell'atto  legislativo  e   negli
adempimenti  formali  che  lo  hanno  accompagnato  e   seguito,   di
valutazioni che esplicitino i motivi della mancata considerazione  di
detto  parere,  si'  che,  portando  alle  estreme  conseguenze  tale
argomentazione, potrebbe addirittura dubitarsi della circostanza  che
esso sia stato preso  in  esame.  Cosi'  argomentando  la  ricorrente
giunge, pero', a porre a carico del legislatore nazionale vincoli non
previsti nel normale iter di formazione delle leggi. 
    3.3. - Questa  Corte  non  ritiene,  ne'  lo  ha  ritenuto  nella
sentenza n. 334 del 2004, che la  «sicura  incidenza»  che  i  pareri
espressi dalle Regioni vengono ad avere nell'ambito  della  procedura
prevista dal secondo comma dell'art. 132 Cost.  possa  concretizzarsi
nell'esistenza  a  carico   del   Parlamento   di   ulteriori   oneri
procedimentali susseguenti alla espressione del parere  ed  alla  sua
acquisizione in sede parlamentare. 
    La norma costituzionale infatti,  l'unica  che  possa  porre  dei
vincoli  di  carattere  procedimentale   all'operato   degli   organi
legislativi, non prescrive che, esauritasi la prima delle due fasi in
cui si articola lo speciale procedimento di cui all'art. 132, secondo
comma,  della  Costituzione  (cioe'  quella  avente  ad  oggetto   la
consultazione referendaria e la espressione del parere  dei  Consigli
regionali interessati), la seconda fase (quella cioe' che  ha  inizio
con la presentazione del disegno di legge) si  svolga  secondo  forme
sostanzialmente diverse  rispetto  a  quelle  legislative  ordinarie.
Richiedere, pertanto, come preteso dalla ricorrente, che  gli  organi
parlamentari «rendano conoscibili  le  specifiche  ragioni  in  forza
delle quali ess(i) si  siano  eventualmente  determinat(i)  in  senso
difforme  rispetto  ai  punti  di  vista   espressi   dalle   Regioni
interessate», o che  abbiano  oneri  motivazionali,  equivarrebbe  ad
inserire un ulteriore  aggravamento  della  procedura  non  richiesto
dalla disposizione che si assume violata. 
    3.4. - Ne' da quanto precede potrebbe scaturire  un  vulnus  alle
forme di tutela  che  l'ordinamento  appresta  alla  Regione  che  si
vedesse, in maniera arbitraria ed in contrasto  col  parere  da  essa
espresso, privata o accresciuta  di  una  parte  del  suo  territorio
abituale, posto che la medesima potrebbe (sentenza n. 241  del  2008)
impugnare di fronte a questa Corte la legge attraverso  la  quale  si
realizzasse la modifica territoriale allegandone, ai sensi  dell'art.
3 della Costituzione, la  eventuale  arbitrarieta'  sotto  la  specie
della irragionevolezza, essendo evidente,  in  questo  caso,  che  il
vizio  dedotto,  sebbene  non  direttamente  relativo   a   parametri
attributivi di competenze regionali, ridonderebbe,  tuttavia  -  dato
che  verrebbe  ad  incidere  in  via   immediata   sulla   estensione
territoriale entro la quale la Regione eserciterebbe la sua potestas,
ampliandone o  riducendone  l'ambito  di  applicazione  -  sulle  sue
competenze,  cosi   rendendo   ammissibile,   secondo   la   costante
giurisprudenza costituzionale, la doglianza formulata da parte  della
Regione. 
    4. - E' opportuno, infine, per completezza, soffermarsi anche  su
una argomentazione piu' volte sottolineata dalla ricorrente,  vale  a
dire il vulnus alla integrale conoscenza  dei  necessari  presupposti
della decisione che i parlamentari  stavano  per  assumere,  ed  alle
prescrizioni contenute nel secondo comma  dell'art.  132  Cost.,  che
sarebbe stato rappresentato dal mancato  inserimento  nel  cosiddetto
«fascicolo d'Assemblea» dei pareri espressi  dai  Consigli  regionali
interessati. A prescindere dalla circostanza  di  fatto  che  l'esame
degli  atti  parlamentari  evidenzia  che  tali  pareri   erano   ben
conosciuti da coloro che sono intervenuti nel dibattito parlamentare,
che il diverso contenuto dei due pareri e' emerso  anche  durante  lo
svolgimento della citata  indagine  conoscitiva  svoltasi  presso  la
prima Commissione della Camera e che ad essi fa esplicito riferimento
il parere espresso dalla Commissione parlamentare  per  le  questioni
regionali a conclusione dell'esame della proposta di  legge  relativa
al distacco dei suddetti comuni dalla  Regione  Marche  e  alla  loro
aggregazione alla Regione  Emilia-Romagna,  deve  osservarsi  che  le
modalita' di predisposizione della documentazione relativa ai  lavori
delle Commissioni e  dell'Aula  rientrano  pienamente  negli  interna
corporis delle Assemblee parlamentari e che,  quindi,  si  tratta  di
un'indagine   relativa   ad   adempimenti   materiali    propedeutici
all'espressione  del  voto  che  deve  ritenersi   «assorbita   dalla
valutazione circa il corretto svolgimento  dei  lavori  parlamentari,
che solo la Camera e' competente a compiere»  (sentenza  n.  379  del
1996). 
    5. - Egualmente infondato e' il motivo di censura svolto sotto il
profilo della violazione del principio di leale collaborazione. 
    Invero, salva ed impregiudicata la assai  dubbia  congruita'  del
parametro invocato nei confronti di una fattispecie avente ad oggetto
lo svolgimento della funzione legislativa (da ultimo, sentenze n. 247
del 2009, n. 371, n. 222 e n. 159 del 2008), anche  ove  si  aderisse
alla tesi formulata da parte ricorrente, volta a rivendicare, invece,
la pertinenza al caso del parametro costituzionale dedotto, non  puo'
non osservarsi  che,  anche  in  questa  solo  astratta  ipotesi,  la
previsione di un onere di informazione - il cui contenuto  formale  e
sostanziale non e',  peraltro,  univocamente  chiarito  dalla  stessa
Regione ricorrente - gravante sulle Camere, in favore  del  Consiglio
regionale che abbia reso il parere ai sensi  dell'art.  132,  secondo
comma, della Costituzione, si risolverebbe in un appesantimento della
procedura di approvazione  della  legge  che  dispone  la  variazione
territoriale,   non   giustificato   da   alcuna   norma   di   rango
costituzionale. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
della  legge  3  agosto  2009,  n.  117  (Distacco  dei   Comuni   di
Casteldieci, Maiolo, Novafeltria,  Pennabilli,  San  Leo,  Sant'Agata
Feltria e Talamello dalla Regione Marche  e  loro  aggregazione  alla
Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della  Provincia  di  Rimini,  ai
sensi  dell'articolo  132,  secondo   comma,   della   Costituzione),
sollevata dalla Regione Marche, in riferimento all'art. 132,  secondo
comma, della Costituzione ed al principio  di  leale  collaborazione,
con il ricorso in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria l'8 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola