N. 96 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 settembre 2010

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 28 settembre 2010 (della Regione Valle d'Aosta). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Economie negli Organi costituzionali, di
  governo e negli  apparati  politici  -  Incarichi  conferiti  dalle
  pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive,  inclusa
  la partecipazione ad organi collegiali - Previsione che diano luogo
  esclusivamente al rimborso delle spese sostenute  e  che  eventuali
  gettoni di presenza non possano superare l'importo  di  30  euro  a
  seduta - Lamentata introduzione di una misura di contenimento della
  spesa pubblica di estremo dettaglio - Ricorso della  Regione  Valle
  d'Aosta -  Denunciata  lesione  delle  attribuzioni  statutarie  in
  materia   di   "finanze   regionali",   esorbitanza   dai    limiti
  costituzionali imposti allo Stato  nella  materia  concorrente  del
  coordinamento  della  finanza   pubblica,   indebita   compressione
  dell'autonomia finanziaria di spesa. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 5, comma 5. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 119, comma  secondo;  legge
  costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3,  art.  10;  statuto  della
  Regione Valle d'Aosta, art. 3, comma 1, lett. f). 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica  -  Riduzione  dei  costi  degli  apparati
  amministrativi - Misure di vario contenuto  volte  al  contenimento
  della  spesa  pubblica,  quali  la  riduzione   delle   indennita',
  compensi, gettoni, retribuzioni o  altre  utilita'  corrisposti  ai
  componenti di organi collegiali  e  ai  titolari  di  incarichi  di
  qualsiasi tipo, riduzione  del  numero  dei  componenti  di  organi
  collegiali, riduzione della spesa annua per studi ed  incarichi  di
  consulenza, riduzione di spese per relazioni  pubbliche,  convegni,
  mostre, pubblicita' e rappresentanza, divieto di  sponsorizzazioni,
  riduzione di spese per missioni,  formazione  e  auto,  divieti  in
  materia  di  attivita'  societaria  -  Lamentata  introduzione   di
  puntuali e dettagliate limitazioni a singole voci  di  spesa  degli
  enti pubblici, anche regionali e comunali - Ricorso  della  Regione
  Valle d'Aosta - Denunciata lesione delle  attribuzioni  statutarie,
  legislative e amministrative,  in  materia  di  "ordinamento  degli
  uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato  giuridico  ed
  economico del personale", in materia  di  "ordinamento  degli  enti
  locali", in materia di "finanze regionali e comunali",  esorbitanza
  dai  limiti  costituzionali  imposti  allo  Stato   nella   materia
  concorrente  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  lesione
  dell'autonomia finanziaria regionale, violazione del  principio  di
  ragionevolezza. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, commi 2, 3, 5, 6, 7, 8,
  9, 12, 13, 14, 19 e 20, primo periodo. 
- Costituzione, artt.  117,  commi  terzo  e  quarto,  e  119,  comma
  secondo; legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3,  art.  10;
  statuto della Regione Valle d'Aosta, artt. 2, comma 1, lett.  a)  e
  b), 3, comma 1, lett. f) ed l), e 4. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Divieto  per  le  pubbliche  amministrazioni  di
  incrementare  le  risorse  destinate  annualmente  al   trattamento
  accessorio del personale anche  di  livello  dirigenziale  rispetto
  agli importi stanziati per  l'anno  2010  -  Divieto,  riferito  ai
  rinnovi  contrattuali  del  personale  dipendente  dalle  pubbliche
  amministrazioni per il biennio 2008/2009,  di  determinare  aumenti
  retributivi superiori al 3,2  per  cento,  anche  con  riguardo  ai
  contratti e agli accordi gia' stipulati - Obbligo per  le  Regioni,
  le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale di
  ridurre del 50 per cento la spesa sostenuta nell'anno 2009  per  il
  personale a tempo determinato o utilizzato con  convenzioni  o  con
  contratti  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa,   salva
  prevista  deroga  -  Previsione  che   le   disposizioni   predette
  costituiscano principi generali ai  fini  del  coordinamento  della
  finanza pubblica ai quali  si  adeguano  le  Regioni,  le  Province
  autonome e gli enti del Servizio sanitario  nazionale  -  Lamentata
  introduzione di norme puntuali e dettagliate che  non  lasciano  al
  legislatore regionale alcun margine di discrezionalita',  lamentato
  carico alla sola Regione dell'onere di istituire risorse aggiuntive
  per i contratti a  tempo  determinato  prorogati  in  virtu'  della
  deroga - Ricorso della Regione Valle d'Aosta -  Denunciata  lesione
  delle attribuzioni statutarie,  legislative  e  amministrative,  in
  materia di "ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti  dalla
  Regione e stato giuridico ed economico del personale" e in  materia
  di "ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni",
  esorbitanza dai limiti  costituzionali  imposti  allo  Stato  nella
  materia  concorrente  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,
  lesione   dell'autonomia   finanziaria   della   Regione,   lesione
  dell'autonomia finanziaria dei comuni. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, artt. 9, commi 2-bis, 4 e 28, e
  14, comma 24-bis. 
- Costituzione, artt.  117,  commi  terzo  e  quarto,  e  119,  comma
  secondo; legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3,  art.  10;
  statuto della Regione Valle d'Aosta, artt. 2, comma 1, lett.  a)  e
  b), 3, comma 1, lett. f) ed l), 4, comma 1, e 12, e relative  norme
  di attuazione. 
Amministrazione pubblica - Partecipazioni pubbliche - Misure  urgenti
  in materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'
  economica - Divieto ai Comuni con popolazione  inferiore  a  30.000
  abitanti  di  costituire  societa'  e  obbligo  di   liquidare   le
  partecipazioni  gia'  detenute  entro  il  31   dicembre   2011   -
  Limitazione del numero delle societa' partecipabili  per  i  Comuni
  con popolazione superiore a 30.000 abitanti - Previsione di decreto
  ministeriale per la  determinazione  delle  modalita'  attuative  -
  Lamentata indebita compressione dell'autonomia organizzativa  della
  Regione, introduzione di norme puntuali e autoapplicative, mancanza
  di coinvolgimento della  Regione  -  Ricorso  della  Regione  Valle
  d'Aosta - Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa  e
  regolamentare della Regione in materia di "ordinamento  degli  enti
  locali" e in materia di "finanze comunali", esorbitanza dai  limiti
  costituzionali imposti allo  Stato  in  materia  di  ordinamento  e
  organizzazione amministrativa e in materia di  coordinamento  della
  finanza pubblica, lesione del principio di leale collaborazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 14, comma 32. 
- Costituzione, artt. 5, 117,  commi  secondo,  lett.  g),  quarto  e
  sesto, 119, comma secondo, e 120; legge costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Valle d'Aosta, artt.  2,
  comma 1, lett. b), e 3, comma 1, lett. f). 
Amministrazione pubblica -  Iniziativa  economica  privata  -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita'  economica  -   Introduzione   della   "Segnalazione
  certificata di inizio attivita'" (SCIA) sostitutiva della "Denuncia
  di inizio attivita'" (DIA) - Lamentata modifica con  norma  statale
  della  preesistente  normativa  sia   statale   che   regionale   -
  Dichiarazione che la disciplina predetta attiene alla tutela  della
  concorrenza e  costituisce  livello  essenziale  delle  prestazioni
  concernenti i diritti civili e sociali - Lamentata erroneita' della
  autoqualificazione, ritenuta incidenza su  ambiti  di  legislazione
  regionale di natura esclusiva o concorrente, in subordine  mancanza
  di coinvolgimento della  Regione  -  Ricorso  della  Regione  Valle
  d'Aosta - Denunciata violazione della competenza legislativa  della
  Regione in materia di artigianato, industria alberghiera, turismo e
  tutela del paesaggio, industria  e  commercio,  urbanistica,  piani
  regolatori per zone di particolare  importanza  turistica,  lesione
  del principio di leale collaborazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella  legge  30  luglio  2010,  n.  122,  art.  49,  comma  4-ter,
  modificativo dell'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 
- Costituzione, artt. 5, 117 e 120; legge costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Valle d'Aosta, artt.  2,
  comma 1, lett. g), p) e q), e 3, comma  1,  lett.  a),  e  relative
  norme di attuazione. 
Amministrazione pubblica -  Iniziativa  economica  privata  -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita'  economica  -  Semplificazione  e  riduzione   degli
  adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese -
  Previsione dello strumento della delegificazione e definizione  dei
  principi  e  criteri  direttivi  da  seguirsi   nell'adozione   dei
  regolamenti  governativi  -  Lamentata  incidenza  su   ambiti   di
  legislazione  regionale  di  natura  esclusiva  o  concorrente,  in
  subordine mancanza di coinvolgimento della Regione - Ricorso  della
  Regione Valle d'Aosta  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa  e  regolamentare   della   Regione   in   materia   di
  artigianato, industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio,
  industria e commercio, urbanistica, piani regolatori  per  zone  di
  particolare importanza turistica, lesione del  principio  di  leale
  collaborazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n.  122,  art.  49,  commi  4-quater  e
  4-quinquies. 
- Costituzione, artt. 5, 117, commi quarto  e  sesto,  e  120;  legge
  costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3,  art.  10;  statuto  della
  Regione Valle d'Aosta, artt. 2, comma 1, lett. g), p) e  q),  e  3,
  comma 1, lett. a), e relative norme di attuazione. 
(GU n.45 del 10-11-2010 )
     Ricorso della Regione Valle d'Aosta, con sede  in  Aosta,  P.zza
Deffeyes, n. 1, c.f. n. 80002270074, in persona  del  Presidente  pro
tempore, Augusto Rollandin,  rappresentato  e  difeso,  in  forza  di
procura a margine del presente atto ed in virtu' della  Deliberazione
della Giunta regionale n. 2519 del 2010,  dal  Prof.  Avv.  Francesco
Saverio Marini (c.f. MRNFNC73D28H501U), presso il cui studio in Roma,
via dei Monti Parioli n. 48, ha eletto domicilio, ricorrente; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo  Chigi,
Piazza  Colonna  n.  370,  resistente,  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.
78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita' economica», convertito  con  modificazioni  dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel supplemento ordinario n.
174 alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 176 del  30  luglio
2010, limitatamente all'art. 5, comma 5, art. 6, commi 2, 3, 5, 6, 7,
8, 9, 12, 13, 14, 19, e 20, primo periodo, art. 9, commi 2-bis,  4  e
28, art. 14, commi 24-bis e  32,  art.  49,  commi  4-ter,  4-quater,
4-quinquies. 
 
                              F a t t o 
 
    1. - Il decreto-legge 31 maggio  2010,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122-  pubblicata  nel
supplemento ordinario n. 174 alla Gazzetta Ufficiale, serie generale,
n. 176 del 30 luglio 2010  -  reca  «Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica». 
    2. - Alcune delle norme contenute nel  citato  decreto  appaiono,
tuttavia,   lesive   dell'autonomia   legislativa,   finanziaria   ed
organizzativa della Regione Autonoma Valle  d'Aosta.  Si  tratta,  in
estrema sintesi, delle seguenti previsioni normative: 
        del comma 5 dell'articolo 5, nella parte in cui  dispone  che
lo  svolgimento  di  qualsiasi  incarico  conferito  dalle  pubbliche
amministrazioni di cui  all'articolo  1,  comma  3,  della  legge  n.
196/2009 ai titolari di cariche elettive, inclusa  la  partecipazione
ad organi collegiali, puo' dar luogo  unicamente  al  rimborso  delle
spese sostenute; 
        dei commi 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, 14 e 19  dell'articolo
6, nella parte in cui impongono misure di vario  contenuto  volte  al
contenimento della spesa pubblica,  le  quali,  ai  sensi  del  primo
periodo del  comma  20  del  medesimo  articolo,  «non  si  applicano
direttamente alle regioni, alle province autonome  e  agli  enti  del
servizio sanitario regionale per i quali  costituiscono  disposizioni
di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica»; 
        dei commi 2-bis, 4 e 28 dell'articolo 9, letti congiuntamente
all'art. 14, comma  24-bis,  nella  parte  in  cui,  rispettivamente,
dispongono: a) il divieto per le  pubbliche  amministrazioni  di  cui
all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001  di  incrementare  le
risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale
anche di livello dirigenziale rispetto  agli  importi  stanziati  per
l'anno 2010; b) il divieto,  riferito  ai  rinnovi  contrattuali  del
personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per  il  biennio
2008/2009, di determinare aumenti retributivi superiori  al  3,2  per
cento, anche con riguardo ai contratti e agli accordi gia' stipulati,
le cui clausole eventualmente difformi sono dichiarate inefficaci; c)
l'obbligo per le  regioni,  le  province  autonome  e  gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale di ridurre del 50  per  cento  la  spesa
sostenuta nell'anno 2009 per  il  personale  a  tempo  determinato  o
utilizzato  con  convenzioni  o  con  contratti   di   collaborazione
coordinata e continuativa, salva la possibilita' indicata  al  citato
articolo 14, comma 24-bis, di superare il predetto limite in  ragione
della proroga dei rapporti di lavoro a  tempo  determinato  stipulati
dalle regioni a statuto speciale e dagli  enti  territoriali  facenti
parte delle predette regioni,  a  valere  sulle  risorse  finanziarie
aggiuntive  appositamente  reperite  da  queste   ultime   attraverso
apposite  misure   di   riduzione   razionalizzazione   della   spesa
certificata dagli organi di controllo interno, con obbligo  a  carico
di   tali   amministrazioni   di   attingere   prioritariamente   per
l'attuazione dei  processi  assunzionali  ai  lavoratori  interessati
dalle predette proroghe; 
        del comma 32 dell'articolo 14, nella parte in  cui  vieta  ai
comuni con popolazione inferiore  a  30.000  abitanti  di  costituire
societa', obbligandoli a liquidare le  partecipazioni  gia'  detenute
entro il  31  dicembre  2011,  e  limita  il  numero  delle  societa'
partecipabili  per  i  comuni  con  popolazione  superiore  a  30.000
abitanti, nonche' nella parte  in  cui  demanda  ad  un  decreto  del
Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni  e   per   la   coesione
territoriale, di  concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e  delle
finanze e per le riforme per il federalismo, la determinazione  delle
modalita' attuative  della  disposizione  in  argomento  e  ulteriori
ipotesi di esclusione del relativo ambito di applicazione. 
    Oggetto di censura e' altresi' la disciplina recata dall'art.  49
del decreto-legge n. 78/2010, sulla quale  e'  opportuno  soffermarsi
sin d'ora, data la complessita' delle questioni che la  stessa  pone.
L'art. 49 contiene disposizioni in materia di conferenza di  servizi,
apportando una pluralita' di modifiche alla disciplina dell'istituto,
dettata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 
    In particolare, l'art. 49, comma 4-bis, sostituisce integralmente
l'art. 19 della legge  n.  241/1990,  introducendo  la  «Segnalazione
certificata  di  inizio  attivita'»  (SCIA)  e  prevedendo  che  tale
Segnalazione sostituisca la «Denuncia di inizio attivita'» (DIA). 
    L'art. 49, comma 4-ter, , dispone che il comma 4-bis del medesimo
art. 49 «attiene alla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo
117, secondo comma, lettera e),  della  Costituzione,  e  costituisce
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali ai sensi della lettera m)  del  medesimo  comma»,  prevedendo
altresi' che «le  espressioni  "segnalazione  certificata  di  inizio
attivita'"  e  "Scia"  sostituiscono,  rispettivamente,   quelle   di
"dichiarazione di inizio attivita'" e "Dia", ovunque ricorrano, anche
come parte di una espressione piu' ampia».  Infine,  il  comma  4-ter
stabilisce che «la disciplina  di  cui  al  comma  4-bis  sostituisce
direttamente,  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del  presente  decreto,  quella  della  dichiarazione  di
inizio attivita' recata da ogni normativa statale e regionale». 
    Nel presente ricorso si denunzia l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 49, comma 4-ter, del decreto-legge  n.  78/2010.  Tuttavia,
poiche' tale disposizione introduce  una  disciplina  «complementare»
rispetto  a  quella  dettata  dal  comma  precedente  (comma  4-bis),
regolandone, in particolare,  gli  effetti  normativi,  e'  opportuno
richiamare brevemente anche il contenuto della  disciplina  contenuta
nell'art. 49, comma 4-bis, del decreto. 
    Il comma 1 dell'art. 19  della  legge  n.  241/1990,  cosi'  come
sostituito dall'art. 49, comma 4-bis, del d.1.  n.  78/2010,  dispone
che  «ogni  atto  di   autorizzazione,   licenza,   concessione   non
costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato,  comprese  le
domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l'esercizio
di  attivita'  imprenditoriale,  commerciale  o  artigianale  il  cui
rilascio dipenda  esclusivamente  dall'accertamento  di  requisiti  e
presupposti  richiesti  dalla  legge  o  da  atti  amministrativi   a
contenuto generale, e non sia previsto  alcun  limite  o  contingente
complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il
rilascio  degli   stessi,   e'   sostituito   da   una   segnalazione
dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in  cui  sussistano
vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati
dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale,  alla  pubblica
sicurezza,   all'immigrazione,    all'asilo,    alla    cittadinanza,
all'amministrazione  della   giustizia,   all'amministrazione   delle
finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione
del gettito, anche derivante dal gioco,  nonche'  di  quelli  imposti
dalla normativa comunitaria». Il medesimo comma  disciplina  altresi'
la presentazione di certificazioni, attestazioni e dichiarazioni  che
devono  corredare  la  segnalazione  di  inizio  attivita'  da  parte
dell'interessato. 
    I  successivi  commi  del  novellato  art.   19   prevedono   che
«l'attivita' oggetto della segnalazione puo'  essere  iniziata  dalla
data  della  presentazione  della  segnalazione   all'amministrazione
competente» (comma 2)  e  che  quest'ultima,  in  caso  di  accertata
carenza dei requisiti e dei presupposti  richiesti,  nel  termine  di
sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione, «adotta  motivati
provvedimenti  di  divieto  di  prosecuzione  dell'attivita'   e   di
rimozione degli eventuali effetti dannosi di  essa,  salvo  che,  ove
cio'  sia  possibile,  l'interessato  provveda  a   conformare   alla
normativa vigente detta attivita' ed i suoi effetti entro un  termine
fissato dall'amministrazione, in ogni caso  non  inferiore  a  trenta
giorni»  (comma  3).  Lo  stesso  comma  3   fa   salvo   il   potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via  di
autotutela e prevede che, in caso  di  dichiarazioni  sostitutive  di
certificazione  e  dell'atto   di   notorieta'   false   o   mendaci,
l'amministrazione  «puo'  sempre  e  in   ogni   tempo   adottare   i
provvedimenti di cui al primo periodo», ferma restando l'applicazione
delle sanzioni penali previste dal successivo comma  6  (in  base  al
quale «ove il fatto non costituisca piu' grave reato, chiunque, nelle
dichiarazioni  o  attestazioni  o  asseverazioni  che  corredano   la
segnalazione di  inizio  attivita',  dichiara  o  attesta  falsamente
l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al  comma  1  e'
punito con la reclusione da uno a tre anni»), nonche'  di  quelle  di
cui al capo VI del testo unico adottato col  decreto  del  Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 
    Il comma 4 dell'art. 19  della  legge  n.  241/1990,  cosi'  come
sostituito dall'art. 49, comma 4-bis, del decreto-legge  n.  78/2010,
dispone poi che «decorso il termine per l'adozione dei  provvedimenti
di  cui  al  primo  periodo  del  comma  3,  all'amministrazione   e'
consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno  per
il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per  la  salute,
per la sicurezza pubblica o la difesa  nazionale  e  previo  motivato
accertamento dell'impossibilita' di tutelare comunque tali  interessi
mediante conformazione  dell'attivita'  dei  privati  alla  normativa
vigente». 
    Infine, il comma 5 dell'art. 19 della legge  n.  241/1990,  cosi'
come sostituito dall'art.  49,  comma  4-bis,  del  decreto-legge  n.
78/2010, prevede che lo stesso art. 19 «non si applica alle attivita'
economiche a prevalente carattere finanziario» e dispone altresi' che
ogni controversia relativa all'applicazione del medesimo art.  19  e'
devoluta alla giurisdizione esclusiva del  giudice  amministrativo  e
che il relativo  ricorso  giurisdizionale,  esperibile  da  qualunque
interessato nei termini di legge, puo' riguardare anche gli  atti  di
assenso formati in virtu' delle norme sul silenzio  assenso  previste
dall'art. 20 della legge n. 241/1990. 
    L'art. 49  del  decreto-legge  n.  78/2010  introduce,  ai  commi
4-quater e 4-quinquies, una disciplina volta alla  semplificazione  e
riduzione degli adempimenti amministrativi gravanti sulle  piccole  e
medie  imprese,  prevedendo   il   ricorso   allo   strumento   della
delegificazione. 
    In particolare, il citato art. 49, comma 4-quater,  dispone  che,
«al fine di promuovere  lo  sviluppo  del  sistema  produttivo  e  la
competitivita' delle imprese, anche sulla  base  delle  attivita'  di
misurazione degli oneri amministrativi di  cui  all'articolo  25  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n.  133,  il  Governo  e'  autorizzato  ad
adottare uno o piu' regolamenti ai sensi dell'articolo 17,  comma  2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri  per  la
pubblica amministrazione  e  l'innovazione,  per  la  semplificazione
normativa e dello sviluppo economico, sentiti i Ministri  interessati
e le associazioni imprenditoriali, volti a semplificare e ridurre gli
adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, in
base ai seguenti principi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto
previsto dagli articoli 20, 20-bis e  20-ter  della  legge  15  marzo
1997, n. 59, e successive modificazioni:  a)  proporzionalita'  degli
adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione  dell'impresa
e al settore di attivita', nonche'  alle  esigenza  di  tutela  degli
interessi pubblici  coinvolti;  b)  eliminazione  di  autorizzazioni,
licenze,   permessi,   ovvero   di    dichiarazioni,    attestazioni,
certificazioni,  comunque  denominati,  nonche'   degli   adempimenti
amministrativi e delle procedure non necessarie rispetto alla  tutela
degli interessi pubblici in relazione  alla  dimensione  dell'impresa
ovvero  alle  attivita'  esercitate;  c)   estensione   dell'utilizzo
dell'autocertificazione, delle attestazioni e delle asseverazioni dei
tecnici abilitati nonche' delle dichiarazioni di conformita' da parte
dell'Agenzia delle imprese di  cui  all'articolo  38,  comma  4,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge  6  agosto  2008,  n.  133;  d)  informatizzazione  degli
adempimenti e delle procedure amministrative, secondo  la  disciplina
del  decreto  legislativo  7  marzo  2005,  n.  82,  recante   codice
dell'amministrazione digitale; e) soppressione delle autorizzazioni e
dei controlli per le imprese in  possesso  di  certificazione  ISO  o
equivalente, per le attivita'  oggetto  di  tale  certificazione;  f)
coordinamento  delle  attivita'  di  controllo  al  fine  di  evitare
duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalita' degli
stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici  coinvolti».
L'art. 49, comma 4-quinquies, prevede che i  regolamenti  di  cui  al
succitato comma 4-quater sono emanati entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n.  78/2010  ed
entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla  data  della
loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto  dalla  data
di entrata in vigore dei predetti regolamenti sono abrogate le norme,
anche  di  legge,  regolatrici  dei   relativi   procedimenti.   Tali
interventi confluiscono nel processo di riassetto di cui all'art.  20
della legge 15 marzo 1997, n. 59. 
    3. - Cio' premesso, con il presente ricorso la  Regione  autonoma
Valle d'Aosta, come in epigrafe rappresentata e  difesa,  impugna  il
decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  limitatamente  alle  norme  piu'
sopra  menzionate,  in  quanto  lesive  delle  proprie   attribuzioni
costituzionali e statutarie, e ne chiede,pertanto, la declaratoria di
illegittimita' costituzionale alla luce dei seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
I. Illegittimita' costituzionale della norma contenuta nel  comma  5,
dell'art. 5,  del  decreto-legge  n.  78  del  2010  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  per  violazione
dell'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale per  la  Valle
d'Aosta (legge cost. n. 4 del  1948),  nonche'  degli  articoli  117,
comma 3 e 119, comma 2, Cost., in combinato disposto con  l'art.  10,
legge cost. n. 3 del 2001. 
    1. - L'art. 5,  comma  5,  del  decreto-legge  n.  78  del  2010,
convertito con modificazioni dalla legge n.  122  del  2010,  dispone
quanto segue: «Ferme le  incompatibilita'  previste  dalla  normativa
vigente,  nei  confronti  dei  titolari  di   cariche   elettive   lo
svolgimento  di  qualsiasi   incarico   conferito   dalle   pubbliche
amministrazioni di cui al comma 3  dell'articolo  1  della  legge  31
dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi  collegiali
di qualsiasi tipo, puo' dar luogo esclusivamente  al  rimborso  delle
spese sostenute. Eventuali gettoni di presenza non  possono  superare
l'importo di 30 euro a seduta». 
    Con tale  disposizione,  come  risulta  evidente  dalla  semplice
lettura della stessa, il legislatore statale ha stabilito il  divieto
assoluto di corresponsione di indennita', di qualsivoglia  genere  in
favore dei titolari di cariche elettive per le prestazioni svolte  su
incarico delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma  3,
della legge di contabilita' e finanza pubblica 31 dicembre  2009,  n.
196. 
    I soggetti contemplati dalla norma impugnata,  infatti,  potranno
beneficiare  unicamente  del  rimborso  delle  spese   sostenute   in
occasione dell'espletamento dell'incarico loro conferito. 
    In  proposito  e'  bene  rilevare,  anzitutto,   la   sostanziale
differenza esistente tra rimborso spese  ed  indennita',  atteso  che
queste ultime, diversamente dai rimborsi, si configurano quali  somme
di  denaro  dovute  a  titolo  di  corrispettivo,  caratterizzate  da
contenuto patrimoniale e dalla proporzionalita' (in base  ai  criteri
stabiliti di volta in volta dalla legge) alla prestazione effettuata.
I  rimborsi  spese,  invece,  assolvono  ad  una  funzione  meramente
reintegrativa dei costi anticipati dal beneficiario. 
    Ebbene, la norma recata dall'art. 5, comma 5,  del  decreto-legge
n.  78/2010  risulta  illegittima  poiche'   lede   le   attribuzioni
statutarie e costituzionali della Regione  ricorrente,  comprimendone
indebitamente l'autonomia finanziaria di spesa. 
    Risulta violato, infatti, l'art.  3,  comma  1,  lett.  f)  dello
Statuto speciale (legge cost. n. 4/1948), che riconosce,  come  noto,
alla Valle  la  potesta'  di  legiferare,  nell'ambito  dei  principi
individuati con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali»,
al fine adattare la normativa statale alle «condizioni regionali». 
    La previsione statutaria, letta alla luce dei novellati  articoli
117, comma 3 e 119, comma 2, Cost., qualifica la competenza normativa
della Valle D'Aosta in materia di «finanze regionali» non  piu'  come
meramente  suppletiva  rispetto  a  quella  statale,   ma   garantita
nell'ambito dei principi  di  coordinamento  stabiliti  dallo  Stato.
Quest'ultimo deve, dunque,  limitarsi  alla  individuazione  di  tali
principi. 
    Nel caso di specie,  tuttavia,  il  legislatore  statale  non  ha
arrestato la  propria  competenza  all'adozione  di  disposizioni  di
principio, ma ha imposto alla ricorrente una misura  di  contenimento
della  spesa  pubblica  estremamente  dettagliata.  Siffatta   misura
produce, quale effetto diretto, quello  di  privare  radicalmente  la
Regione sia del potere di svolgere qualsivoglia valutazione in ordine
all'an e al quomodo di una eventuale corresponsione di indennita'  ai
titolari delle cariche elettive indicati dalla norma, sia di adattare
la previsione statale alle condizioni regionali. 
    E' evidente, pertanto, la lesione del citato  art.  3,  comma  1,
lett. f) dello Statuto (legge cost. n. 4/1948), atteso che  la  norma
impugnata non lascia alla ricorrente alcuna possibilita' di  desumere
i principi cui ispirare o adeguare la propria produzione  legislativa
in materia. 
    Parimenti violato  risulta,  poi,  il  combinato  disposto  degli
articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost., resi  applicabili  alla
Valle, come noto, in virtu' della clausola di cui all'art. 10,  legge
cost. n. 3/2001. 
    Le citate disposizioni costituzionali impongono, come piu'  volte
affermato dalla  giurisprudenza  costituzionale,  che  la  competenza
dello Stato si limiti unicamente alla determinazione dei principi  di
coordinamento della finanza pubblica, risultando illegittime le norme
statali,  quali   quella   oggetto   di   sindacato,   che   superano
indebitamente tale soglia. 
    Ed infatti, le previsioni che fissano - esattamente  al  pari  di
quella all'esame - vincoli puntuali relativi a singole voci di  spesa
dei bilanci delle regioni  e  degli  enti  locali  non  costituiscono
principi fondamentali di coordinamento  della  finanza  pubblica,  ai
sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., e  ledono  pertanto  l'autonomia
finanziaria  di  spesa  garantita  dall'art.  119  Cost.  agli   enti
territoriali (Corte cost., sent. n. 417/2005;  in  termini  analoghi,
cfr. sent. n. 36 del 2004; sent. n. 376 del 2003; sent.  n.  390  del
2004). La legge dello Stato, infatti, puo'  legittimamente  stabilire
soltanto un «limite complessivo, che lascia agli  enti  stessi  ampia
liberta' di  allocazione  delle  risorse  tra  i  diversi  ambiti  ed
obiettivi  di  spesa»  (sent.  n.  36  del   2004),   ma   non   puo'
legittimamente spingersi, come  e'  accaduto  nel  presente  caso,  a
determinare la singola voce di spesa  destinataria  della  misura  di
contenimento. 
    In proposito occorre richiamare anche la  sentenza  n.  159/2008,
con la quale codesta ecc.ma Corte ha  annullato  alcune  norme  della
legge finanziaria per il 2007 che  imponevano  alle  regioni  e  alle
province autonome l'adeguamento ai principi,  puntualmente  indicati,
relativi alla disciplina  dei  compensi  degli  amministratori  delle
societa' partecipate e al numero massimo dei componenti i consigli di
amministrazione di dette societa'. 
    Disposizioni di questo  tipo  -  molto  simili,  strutturalmente,
all'art. 5, comma 5, di  cui  si  discute  -  sono  state  dichiarate
costituzionalmente illegittime in ragione del fatto che le stesse  si
risolvono nella imposizione di misure dettagliate  o  autoapplicative
che  non  consentono  di  adeguare  in  alcun  modo   la   produzione
legislativa  regionale  a  quella   statale,   con   la   conseguente
illegittima  compressione  dell'autonomia  finanziaria   degli   enti
regionali e provinciali (Corte cost., sent. n. 159/2008). 
    Conclusivamente sul punto, atteso  che  il  divieto  assoluto  di
remunerazione posto  dall'art.  5,  comma  5,  del  decreto-legge  n.
78/2010, vincola del tutto la Regione, non e' possibile dubitare  che
siffatto divieto, oltre a contraddire la richiamata giurisprudenza di
questa Corte, leda la sfera di autonomia finanziaria di  spesa  della
Regione Valle d'Aosta, violando l'art. 3, comma  1,  lett.  f)  dello
Statuto nonche' gli articoli 117, comma 3, Cost.,  e  119,  comma  2,
Cost. in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3  del
2001. 
    Si insiste,  pertanto,  alla  luce  delle  considerazioni  sinora
svolte,  nella  declaratoria  di  incostituzionalita'   della   norma
impugnata. 
II. Illegittimita' costituzionale delle norme contenute nei commi  2,
3, 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 19 e 20, primo periodo, dell'art. 6 del
decreto-legge n. 78/2010, come  convertito  con  modificazioni  dalla
legge n. 122/2010, per violazione degli artt. 2, comma 1,  lett.  a);
2, comma 1, lett. b); 3, comma 1, lett. f); 3, comma 1, lett. l) e  4
dello Statuto della Valle d'Aosta (legge  cost.  n.  4/1948)  nonche'
dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e per vizio di ragionevolezza. 
    I commi 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, 14  e  19  dell'art.  6  del
decreto-legge n. 78/2010 pongono norme che  sono  accomunate  da  una
analoga ratio di intervento (la «riduzione dei costi  degli  apparati
amministrativi») e che  si  palesano,  tutte,  lesive  di  competenze
attribuite da norme di rango costituzionale alla Regione ricorrente. 
    Per  accertarsene,  e'  sufficiente  menzionare  le  prescrizioni
salienti contenute nelle  disposizioni  appena  citate,  che  qui  si
impugna. Per il comma 2 dell'art. 6,  «a  decorrere  dall'entrata  in
vigore del presente decreto la partecipazione agli organi collegiali,
anche  di  amministrazione,  degli  enti,   che   comunque   ricevono
contributi a carico delle finanze pubbliche, nonche'  la  titolarita'
di organi dei  predetti  enti  e'  onorifica;  essa  puo'  dar  luogo
esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove  previsto  dalla
normativa vigente; qualora siano gia' previsti i gettoni di  presenza
non possono superare  l'importo  di  30  euro  a  seduta  giornaliera
[...]». Ai sensi del comma 3 «a decorrere  dal  10  gennaio  2011  le
indennita', i  compensi,  i  gettoni,  le  retribuzioni  o  le  altre
utilita'   comunque   denominate,   corrisposti    dalle    pubbliche
amministrazioni [...] ai componenti di organi di indirizzo, direzione
e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque
denominati ed ai  titolari  di  incarichi  di  qualsiasi  tipo,  sono
automaticamente ridotte  del  10  per  cento  rispetto  agli  importi
risultanti alla data del 30 aprile 2010 [...]». Il comma 5, dal canto
suo, prevede che «tutti gli enti pubblici,  anche  economici,  e  gli
organismi pubblici,  anche  con  personalita'  giuridica  di  diritto
privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di
assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di
entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione
e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma  monocratica,
nonche' il collegio dei revisori, siano costituiti da un  numero  non
superiore, rispettivamente, a cinque e a tre  componenti  [...]».  In
base al  comma  6,  «nelle  societa'  inserite  nel  conto  economico
consolidato  della  pubblica  amministrazione  [...],  nonche'  nelle
societa'  possedute   direttamente   o   indirettamente   in   misura
totalitaria,  alla  data  di   entrata   in   vigore   del   presente
provvedimento dalle amministrazioni pubbliche,  il  compenso  di  cui
all'articolo 2389, primo comma, del  codice  civile,  dei  componenti
degli organi di amministrazione e di quelli di controllo  e'  ridotto
del 10 per cento [...]». Per la prescrizione del comma 7, «al fine di
valorizzare  le  professionalita'  interne  alle  amministrazioni,  a
decorrere dall'anno 2011 la spesa annua per  studi  ed  incarichi  di
consulenza,  inclusa  quella  relativa  a  studi  ed   incarichi   di
consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche
amministrazioni [...], non puo' essere superiore al 20 per  cento  di
quella sostenuta nell'anno 2009 [...]». Per il comma 8, «a  decorrere
dall'anno  2011  le  amministrazioni  pubbliche  inserite  nel  conto
economico   consolidato   della   pubblica   amministrazione,    come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31  dicembre  2009,  n.  196,
[...] non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni,
mostre, pubblicita' e di rappresentanza, per un  ammontare  superiore
al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le  medesime
finalita' [...]», mentre ai sensi del successivo comma 9 le  medesime
amministrazioni  pubbliche  «non   possono   effettuare   spese   per
sponsorizzazioni», ne' possono, per il comma  12,  «effettuare  spese
per missioni, anche all'estero, [...] per un ammontare  superiore  al
50 per cento  della  spesa  sostenuta  nell'anno  2009  [...]»  e  «a
decorrere dalla data di entrata in vigore  del  presente  decreto  le
diarie  per  le  missioni  all'estero  di   cui   all'art.   28   del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, convertito con  legge  4  agosto
2006, n. 248, non sono piu' dovute [...]». 
    Le stesse pubbliche amministrazioni, poi, per quanto previsto dal
comma 13, a decorrere dall'anno 2011 non possono sostenere una  spesa
«per attivita' esclusivamente di formazione [...] superiore al 50 per
cento della spesa sostenuta nell'anno 2009  [...]»,  ne'  possono,  a
decorrere dallo stesso anno - per quanto previsto dal  comma  14  del
medesimo articolo - «effettuare spese di ammontare  superiore  all'80
per cento della spesa sostenuta nell'anno  2009  per  l'acquisto,  la
manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture,  nonche'  per
l'acquisto di buoni taxi [...]».  Ai  sensi,  infine,  del  comma  19
dell'art. 6, le citate pubbliche amministrazioni «[...] non  possono,
salvo  quanto  previsto  dall'art.  2447  codice  civile,  effettuare
aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito,
ne' rilasciare garanzie  a  favore  delle  societa'  partecipate  non
quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite
di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il
ripianamento di perdite anche infrannuali [...]». 
    Cio'  chiarito,   tutte   le   disposizioni   dell'art.   6   del
decreto-legge  n.  78/2010  dianzi  menzionate   incidono   in   modo
stringente in ambiti che sono agevolmente individuabili: quelli della
disciplina degli uffici ed agli enti pubblici, anche dipendenti dalla
regione ricorrente, e del relativo stato giuridico ed  economico  del
personale, nonche' quello finanziario, attraverso  l'introduzione  di
una puntuale limitazione a singole voci di spesa degli enti pubblici,
anche regionali e comunali. 
    Pertanto,  non  potrebbe  essere  piu'  evidente,  anzitutto,  il
contrasto con l'art. 2, comma 1,  lett.  a)  dello  Statuto  speciale
valdostano (legge cost. n. 4/1948) (ai sensi del  quale  spetta  alla
regione ricorrente la potesta' legislativa nella materia «ordinamento
degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato  giuridico
ed  economico  del  personale»).   Le   norme   impugnate,   infatti,
illegittimamente pretendono sia di dettare una  disciplina  attinente
all'organizzazione degli enti pubblici regionali (in particolare,  si
consideri l'impugnato comma 5  dell'art.  6),  sia  di  regolarne  il
funzionamento e l'attivita' (su cio' intervengono, in particolare,  i
commi 8, 9, 12, 13, 14 e 19), sia di ridefinire lo  stato  «giuridico
ed economico del personale» (cio' mirano a realizzare, peculiarmente,
i commi 2, 3, 6 e 7). 
    D'altro canto, poiche' la normazione statale nelle materie di cui
si e' detto, abusivamente posta, non puo' non incidere,  limitandole,
sull'esercizio delle funzioni amministrative regionali  nei  medesimi
ambiti, ne risulta altresi' violato l'art. 4 dello  Statuto  speciale
della Regione Valle d'Aosta, ai sensi del quale «la Regione  esercita
le funzioni amministrative sulle  materie  nelle  quali  ha  potesta'
legislativa a norma degli articoli 2 e 3» dello Statuto stesso. 
    Ne' avrebbe senso il tentativo, invero del  tutto  infondato,  di
qualificare le norme impugnate come miranti a tutelare gli «interessi
nazionali», o a  porre  «principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica»,   o   quali   «norme    fondamentali    delle    riforme
economico-sociali della Repubblica», che ai sensi dell'art.  2  dello
Statuto speciale possono costituire un limite allo svolgimento  della
potesta' legislativa regionale  valdostana.  Anzitutto,  infatti,  le
disposizioni censurate non perseguono affatto lo scopo di  introdurre
ne' principi dell'ordinamento repubblicano, ne' norme fondamentali di
riforma economica  o  sociale,  poiche'  si  limitano  ad  introdurre
previsioni  -  secondo  quanto  espressamente  chiarito  dal   titolo
dell'art. 6 del decreto-legge n. 78/2010 - meramente  e  puntualmente
finalizzate alla «riduzione dei costi degli apparati amministrativi».
Ma tali generici limiti, inoltre, debbono intendersi  superati  nelle
materie che lo Statuto speciale attribuisce alla potesta' legislativa
regionale, almeno in relazione a quelle materie - come  nel  presente
caso -  che  per  le  regioni  ordinarie  ricadono  nella  competenza
legislativa residuale ex art. 117, comma 4, Cost. Cio'  si  determina
in virtu' dell'art. 10 della legge cost. n. 3/2001 (il quale pertanto
- in combinato disposto con gli artt. 117, commi 3 e 4, e 118 Cost. -
risulterebbe altresi' violato), che estende alle regioni speciali  le
piu' ampie competenze attribuite alle regioni ordinarie, come codesta
ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire in piu' occasioni (si veda, ad
es., la  sent.  n.  274/2003).  Pertanto,  in  seguito  alla  riforma
introdotta dalla  citata  legge  costituzionale  e'  da  considerarsi
illegittimo ogni intervento legislativo dello  Stato  che,  come  nel
presente caso, risulti sine  titulo,  poiche'  incidente  in  materie
diverse da quelle previste dall'art. 117, secondo  comma,  Cost.:  le
uniche  su  cui  lo  Stato  e'  titolare  di  competenza  legislativa
esclusiva. E la lett. g) di tale ultima disposizione attribuisce allo
Stato esclusivamente la potesta' di  dettare  norme  legislative  con
riguardo allo  «ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  dello
Stato e degli enti pubblici  nazionali»,  non  certamente  di  quelli
regionali o locali. Al riguardo, sembra utile ricordare  ancora  come
codesta ecc.ma Corte, con la  sent.  n.  159/2008,  abbia  dichiarato
costituzionalmente  illegittime   norme   legislative   statali   che
fissavano per le regioni e le province  autonome  la  disciplina  dei
compensi degli amministratori delle societa' partecipate ed il numero
massimo  dei  componenti  i  consigli  di  amministrazione  di  dette
societa', in quanto impositive - analogamente alle  disposizioni  ora
impugnate - di misure dettagliate o autoapplicative che non lasciano,
a livello regionale o provinciale, alcun margine di adeguamento della
relativa produzione legislativa. 
    Ancor   piu'   patente,   poi,   risulterebbe    l'illegittimita'
costituzionale se, tra gli enti pubblici cui le  norme  impugnate  si
riferiscono,  venisse  ritenuta  inclusa  anche  l'Azienda  sanitaria
valdostana, ente dipendente dalla Regione. In questo  caso,  infatti,
si  verrebbe  oltretutto  ad  incidere  altresi'   sulla   competenza
legislativa in materia di «igiene e sanita', assistenza ospedaliera e
profilattica»   (con   profili   che   attengono,   in   particolare,
all'organizzazione dei servizi sanitari): competenza  spettante  alla
regione ai sensi  dell'art.  3,  comma  1,  lett.  l)  dello  Statuto
speciale, che risulterebbe, quindi, anch'esso violato. In tale ambito
materiale, peraltro, l'art. 117 Cost., a seguito della citata riforma
del 2001 del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, delinea
forme di  autonomia  piu'  ampie  di  quelle  gia'  attribuite  dallo
Statuto, giacche' la sanita' - come ribadito da codesta  Corte  nella
sent. n. 328 del 2006 - risulta  ora  ripartita  fra  la  materia  di
competenza regionale concorrente della «tutela  della  salute»  (art.
117, terzo comma), che deve essere  intesa  come  «assai  piu'  ampia
della  precedente  materia  assistenza  sanitaria   ed   ospedaliera»
contemplata nell'originario art. 117, primo comma (sent. n.  181  del
2006  e  sent.  n.  270  del  2005),  e  quella   dell'organizzazione
sanitaria, in cui le Regioni possono adottare «una propria disciplina
anche sostitutiva di quella statale» (come gia' aveva rilevato  nella
sent. n. 510/2002). Ne deriva, pertanto, ai sensi dell'art. 10  della
legge cost.  n.  3/2001,  che  la  particolare  forma  di  autonomia,
riconosciuta dal novellato art. 117 della Costituzione  alle  regioni
ad  autonomia  ordinaria  in  materia  di  tutela  della  salute   ed
organizzazione sanitaria, deve applicarsi anche  alla  Regione  Valle
d'Aosta in quanto piu' ampia rispetto a quella prevista dallo Statuto
speciale. 
    Alla  luce   delle   considerazioni   fin   qui   esposte,   deve
conseguentemente ritenersi che le norme  impugnate,  se  intese  come
applicabili   all'Azienda   sanitaria   valdostana,    si    palesano
costituzionalmente illegittime anche  in  riferimento  all'art.  117,
quarto comma,  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale n. 3 del 2001. 
    Anche a ritenere, in maniera inesatta, che  l'organizzazione  dei
servizi sanitari, non costituisca una materia di competenza residuale
regionale  ai  sensi  del   quarto   comma   dell'art.   117   Cost.,
considerandolo come un aspetto rientrante nella materia «tutela della
salute» di competenza  concorrente  ai  sensi  del  terzo  comma  del
medesimo  art.  117,  le   disposizioni   impugnate,   se   applicate
all'Azienda sanitaria valdostana, si  paleserebbero  comunque  lesive
della  competenza  regionale.  La  disciplina  che  esse  recano  non
rappresenta, infatti, un principio  fondamentale  di  organizzazione,
estendendosi  ampiamente   anche   ai   profili   di   dettaglio   di
quest'ultima. Basti considerare, a mero titolo  esemplificativo,  che
le disposizioni censurate individuerebbero: la puntuale riduzione del
10 per cento, rispetto a  quanto  percepito  ad  aprile  2010,  delle
utilita'  corrisposte  ai  componenti  degli  organi  di   indirizzo,
direzione e controllo dell'Azienda sanitaria (art. 6,  comma  3);  la
necessita'  che  gli  organi  di  amministrazione  e   di   controllo
dell'Azienda  non  superino,  rispettivamente,  i  cinque  e  i   tre
componenti (art. 6, comma 5); addirittura il  divieto  per  l'Azienda
sanitaria di organizzare convegni  scientifici  a  partire  dall'anno
2011 per un ammontare di spesa superiore del 20 per cento rispetto al
dato del 2009 per la medesima finalita' (art. 6, comma 8)! Si  tratta
di norme estremamente specifiche e dettagliate che non hanno  nessuna
delle caratteristiche tipiche delle disposizioni di principio.  Tanto
piu' illegittime, poi, esse si mostrano, se soltanto si consideri che
esse verrebbero applicate  ad  un  ente,  quale  l'Azienda  sanitaria
valdostana, che risulta interamente finanziata dalla  regione,  senza
alcun apporto a  carico  del  bilancio  dello  Stato,  come  peraltro
affermato dall'art. 34, comma 3, della legge n. 724/1994. 
    Da tale ultima notazione bisogna prendere le mosse per tornare  a
considerazioni di carattere piu'  generale.  Vale  a  dire,  i  commi
dell'art.  6  qui  impugnati  intervengono  altresi',  ledendola,  in
materia di autonomia finanziaria regionale,  garantita  da  norme  di
rango costituzionale, quali l'art. 3, comma 1, lett. f) dello Statuto
speciale della Valle d'Aosta e dagli artt. 117, comma 3, Cost. e 119,
comma 2, Cost. in combinato disposto con l'art. 10,  legge  cost.  n.
3/2001. Poiche' le disposizioni censurate stabiliscono una  specifica
riduzione di spesa a carico degli  enti  pubblici  e  delle  societa'
regionali, il loro carattere illegittimo non  verrebbe  meno  neppure
ove  si  tentasse,  precariamente,  di  accreditarne   il   carattere
vincolante  per  la  Regione  ricorrente,  in  quanto  «principi   di
coordinamento  della  finanza  pubblica»,  adottati  dallo  Stato  in
applicazione dell'art. 119, comma 2, Cost. 
    Come accennato, infatti, si tratta di norme che  in  nessun  modo
possono essere ricondotte  alla  figura  del  «principio»  -  che  di
necessita'  risulta  caratterizzato  da  una   portata   marcatamente
generale - se soltanto si consideri il livello di specificazione e di
dettaglio che le caratterizza. 
    I commi 2, 3, 6, 7, 8, 9, 12, 13 e 14 dell'art.  6  del  d.1.  n.
78/2010 qui impugnati, infatti, non  si  propongono  di  definire  un
limite complessivo della spesa degli enti pubblici regionali,  ma  si
spingono fino a disciplinare in modo specifico e puntuale le  singole
voci di spesa, al fine di realizzare la  riduzione  dei  costi  degli
apparati amministrativi. Pertanto, alla luce della giurisprudenza  di
codesta Corte, siffatte previsioni  non  possono  essere  lette  come
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica cui  le
regioni (ai sensi dell'art. 119, comma 2) sono tenute  ad  attenersi,
manifestandosi piuttosto quali vincolanti e puntuali  limitazioni  di
spesa lesive dell'autonomia finanziaria della Regione ricorrente,  in
contrasto con la disciplina di rango costituzionale in materia, ed in
particolare con l'art. 117, comma 3, Cost. che limita  la  competenza
statale  in  materia  di   coordinamento   della   finanza   pubblica
esclusivamente alla fissazione dei principi fondamentali (cfr. sentt.
nn. 417/2005; 390/2004; 376/2003). Codesta ecc.ma Corte, nella  sent.
n.  88  del  2006,  ha  avuto  modo  di   ribadire   l'illegittimita'
costituzionale delle leggi statali che impongano  «limiti  precisi  e
puntuali (e non gia' di principio [...] - idonei a contenere la spesa
corrente) non giustificabili dall'esigenza  di  coordinare  la  spesa
pubblica». Allo stesso modo, nella sent. n.  95  del  2007  e'  stato
definitivamente ribadito che «secondo quanto costantemente  affermato
dalla giurisprudenza di questa Corte, la previsione, da  parte  della
legge statale, di un limite all'entita' di una singola voce di  spesa
della regione non puo' essere considerata un  principio  fondamentale
in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e di  coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,
perche' pone un precetto  specifico  e  puntuale  sull'entita'  della
spesa  e  si  risolve,  di  conseguenza,  in  un'indebita   invasione
dell'area riservata dall'art.  119  Cost.  all'autonomia  finanziaria
delle Regioni». 
    Appare  evidente,  allora,  che  l'espresso  riferimento,   nelle
disposizioni impugnate,  a  limitazioni  di  singole  voci  di  spesa
riguardanti enti pubblici e societa' regionali, quali voci da ridurre
o contenere, si pone in contrasto netto e diretto  con  le  norme  di
livello costituzionale che la Corte ha piu'  volte  individuato  come
parametro. Per gli stessi motivi  risulta  altresi'  violato  sia  il
comma 1, lett. b) dell'art. 2 dello Statuto speciale  valdostano  (ai
sensi del quale,  ricade  nella  potesta'  legislativa  regionale  la
materia dell'ordinamento degli enti locali), sia il  comma  1,  lett.
f), dell'art. 3 dello stesso Statuto speciale, che  attribuisce  alla
Regione la competenza legislativa in materia di «finanze regionali  e
comunali»  (competenza  da  qualificarsi,  a  seguito  della  Novella
costituzionale del 2001, come in precedenza rilevato, non  piu'  come
meramente suppletiva). 
    Al che  si  aggiunge,  infine,  la  violazione  della  competenza
legislativa regionale  in  materia  di  autonomia  finanziaria  anche
comunale, la quale spetta alla Valle ai sensi  del  citato  comma  1,
lett. f), dell'art. 3 dello Statuto speciale: competenza riconosciuta
da codesta ecc.ma Corte nella sent. n. 47 del 2004  ed  espressamente
ribadita nella sent. n. 95/2007. 
    Ne' la incostituzionalita' delle menzionate norme puo'  ritenersi
esclusa per effetto della previsione contenuta nel primo periodo  del
comma 20 dello stesso art. 6 dell'atto normativo impugnato - ai sensi
del quale «le disposizioni del presente articolo non si applicano  in
via diretta alle regioni, alle province  autonome  e  agli  enti  del
Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono  disposizioni
di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». 
    Le disposizioni censurate, infatti, sono connotate da un  elevato
grado di dettaglio e  specificita',  che  impedisce  di  configurarle
quali disposizioni di principio. 
    Basti pensare, a mero titolo esemplificativo, alla previsione  di
cui al comma 3, che impone una puntuale riduzione  delle  indennita',
compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilita' comunque denominata,
corrisposti dalle pubbliche amministrazioni ai componenti  di  organi
collegiali  comunque  denominati  ed  ai  titolari  di  incarichi  di
qualsiasi tipo; oppure alla previsione contenuta nel comma 7, secondo
cui la spesa annua per studi ed  incarichi  di  consulenza  sostenuta
dalle pubbliche amministrazioni [...], non puo' essere  superiore  al
20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009. 
    Si tratta, come e' evidente, di  disposizioni  di  dettaglio  che
eccedono  la  sfera  di  competenza  statale,  violando  i  parametri
normativi piu' sopra indicati. Da  ultimo,  occorre  soffermarsi  sul
comma 12 dell'art. 6 del decreto, atteso che la norma da esso  recata
si mostra costituzionalmente illegittima sotto un  profilo  ulteriore
rispetto a quelli gia' esaminati. 
    Con tale disposizione, giova ribadirlo, il legislatore statale ha
stabilito che le amministrazioni pubbliche  «non  possono  effettuare
spese  per  missioni,  anche  all'estero,  [...]  per  un   ammontare
superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 [...]»
e «a decorrere dalla data di entrata in vigore del  presente  decreto
le  diarie  per  le  missioni  all'estero  di  cui  all'art.  28  del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, convertito con  legge  4  agosto
2006, n. 248, non sono  piu'  dovute  [...]».  Inoltre,  la  medesima
disposizione ha previsto che  al  personale  contrattualizzato  delle
pubbliche amministrazioni non si applicano, a far data dal 31  maggio
2010, gli artt. 15,  legge  n.  836/1973  e  8,  legge  n.  417/1978,
riguardanti, tra l'altro, l'utilizzo del mezzo proprio da  parte  dei
dipendenti per spostamenti di  servizio  e  la  corresponsione  della
relativa indennita' chilometrica. 
    Ebbene, si  tratta  di  una  previsione  che  incide,  anzitutto,
sull'organizzazione e sulle modalita' di  svolgimento  dell'attivita'
degli  enti  pubblici   regionali,   comprimendo   indebitamente   la
competenza legislativa della Valle in materia di  «ordinamento  degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione  e  stato  giuridico  ed
economico del personale», garantita ai sensi dell'art.  2,  comma  1,
lett. a) dello Statuto speciale, che risulta, quindi, violato. 
    Lo stesso comma  12  lede,  poi,  l'autonomia  finanziaria  della
Regione ricorrente, tutelata sia dall'art. 3, comma 1, lett. f),  che
dagli articoli 117, comma 2, Cost. e 119, comma 2 Cost., in combinato
disposto con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001. 
    Sotto quest'ultimo profilo e' evidente,  infatti,  come  e'  dato
desumere dalla semplice lettura  della  disposizione  impugnata,  che
quest'ultima  si  traduce  in  un  vincolo  di  spesa  dettagliato  e
puntuale, che eccede la competenza statale  e  si  mostra,  pertanto,
lesivo dell'autonomia finanziaria regionale. 
    La illegittimita' del comma 12 rileva, infine, anche per vizio di
irragionevolezza - il quale  ridonda  in  un  vizio  di  incompetenza
statale. 
    Ed infatti la norma, nel prevedere l'inapplicabilita' degli arti.
15,  legge  n.  836/1973  e  8,  legge  n.  417/1978   al   personale
contrattualizzato   delle   pubbliche   amministrazioni,    impedisce
l'utilizzo del mezzo proprio da parte dei dipendenti per  spostamenti
di servizio. Tuttavia  e'  ragionevole  ritenere  che  l'utilizzo  di
vetture proprie sia idoneo a produrre, almeno a  lungo  termine,  una
riduzione della spesa pubblica e non certo un aggravio della  stessa.
Infatti, tenuto anche conto delle caratteristiche morfologiche  della
Regione   valdostana,   e'   senz'altro    piu'    conveniente    per
l'amministrazione   (anche   sotto   il   profilo    dell'efficienza)
corrispondere un'indennita' chilometrica piuttosto che pagare un taxi
o un mezzo di trasporto ad esso analogo, specialmente nei casi in cui
il dipendente deve  raggiungere  sedi  amministrative  dislocate  sul
territorio e non servite o mal servite da mezzi pubblici. 
III. Illegittimita' costituzionale dell'articolo 9,  comma  2-bis,  e
del combinato disposto degli  articoli  9,  comma  28,  e  14,  comma
24-bis, del decreto-legge n. 78/2010,  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 122/2010, per violazione degli artt. 2, comma 1, lett.
a) e 4, comma 1, dello Statuto della Valle d'Aosta (legge.  cost.  n.
4/1948) nonche' dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001. 
    Il comma 2-bis dell'art. 9 del d.1. n. 122/2010, introdotto dalla
legge di conversione n. 122/2010, prevede che  «a  decorrere  dal  1°
gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle
risorse  destinate  annualmente   al   trattamento   accessorio   del
personale,  anche  di  livello  dirigenziale,   di   ciascuna   delle
amministrazioni  di  cui  all'articolo  1,  comma  2,   del   decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n.   165,   non   puo'   superare   il
corrispondente   importo   dell'anno   2010    ed    e',    comunque,
automaticamente ridotto in misura proporzionale  alla  riduzione  del
personale in servizio». Dal canto suo, l'articolo 9,  comma  28,  del
decreto-legge n. 78/2010, stabilisce, tra l'altro, quanto  segue:  «A
decorrere  dall'anno  2011,  le  amministrazioni  dello  Stato  [...]
possono avvalersi di personale a tempo determinato o con  convenzioni
ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'
nell'anno 2009. 
    Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a
contratti di formazione lavoro, ad  altri  rapporti  formativi,  alla
somministrazione di lavoro, nonche' al lavoro accessorio  [...],  non
puo' essere superiore al 50 per cento della spesa  sostenuta  per  le
rispettive finalita' nell'anno 2009.». 
    La  stessa  disposizione,  specifica,  poi,  che   le   riportate
previsioni in essa contenute «costituiscono principi generali ai fini
del coordinamento della finanza pubblica  ai  quali  si  adeguano  le
Regioni, le Province autonome  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale». 
    Con la norma impugnata, dunque, il legislatore statale ha imposto
la riduzione del 50% della spesa pubblica per  il  personale  non  di
ruolo   sostenuta   nell'anno   2009,   mediante   il    contenimento
dell'utilizzo  delle  forme  contrattuali  flessibili  di  assunzione
(contratti   a   tempo   determinato,   convenzioni,   collaborazioni
coordinata e continuativa). 
    Per quanto riguarda la specifica posizione della Regione Autonoma
Valle d'Aosta, occorre altresi' rilevare come il citato  articolo  9,
comma 28, vada coordinato con quanto previsto dall'articolo 14, comma
24-bis,  del  medesimo  decreto-legge.  Ai  sensi   di   quest'ultima
disposizione, il limite di spesa previsto dall'articolo 9, comma  28,
puo' essere superato esclusivamente nel caso di proroga dei  rapporti
di lavoro a tempo  determinato  stipulati  dalle  regioni  a  statuto
speciale,  nonche'  dagli  enti  territoriali  facenti  parte   delle
predette regioni, «a  valere  sulle  risorse  finanziarie  aggiuntive
appositamente reperite da queste ultime attraverso apposite misure di
riduzione e razionalizzazione della spesa», fatto comunque  salvo  il
rispetto  dei  vincoli  ed  obiettivi  di  contenimento  della  spesa
pubblica previsti dal patto di stabilita' interno. 
    Inoltre, sempre  secondo  il  comma  24-bis,  dell'art.  14,  per
l'attuazione dei «processi  assunzionali  la  regione  e'  tenuta  ad
attingere prioritariamente ai lavoratori a tempo determinato». 
    Cio' premesso, occorre sin d'ora rilevare come sia il comma 2-bis
dell'art. 9, sia il combinato disposto degli artt. 9, comma 28, e 14,
comma 24-bis, del decreto-legge n. 78/2010, si pongano  in  contrasto
con l'art. 2, comma 1, lett. a) e art.  4,  comma  1,  dello  statuto
della Valle d'Aosta (legge cost. n. 4/1948), nonche' con  l'art.  10,
legge cost. n. 3/2001, in  quanto  ledono  gravemente  la  competenza
legislativa e amministrativa della Regione ricorrente. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a)  dello  Statuto,
la Regione Valle d'Aosta gode di una competenza primaria  in  materia
di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione  e
stato giuridico ed economico del personale». Conseguentemente,  nella
relativa disciplina, la Regione valdostana non puo'  essere  limitata
dall'intervento del  legislatore  statale,  essendo  peraltro  venuto
meno,  al   riguardo,   il   limite   del   rispetto   dei   principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica, dell'interesse nazionale
e delle norme fondamentali di riforma  economico-sociale,  in  virtu'
della previsione di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3  del  2001
(si veda Corte cost. sent. n. 274/2003). 
    Nella medesima materia, poi, in forza del c.d. parallelismo posto
dall'art. 4 dello Statuto regionale, la Valle esercita le  rispettive
funzioni amministrative. 
    In considerazione  di  cio',  risulta  evidente  l'illegittimita'
della  disciplina  posta  sia  dall'art.  9,  comma  2-bis,  sia  dal
combinato disposto di cui agli articoli  9  comma  28,  e  14,  comma
24-bis del  decreto-legge  oggetto  di  sindacato,  atteso  che  tali
previsioni introducono dei limiti allo status giuridico ed  economico
del  personale  dipendente  della  Regione,   traducendosi   in   una
menomazione delle  richiamate  attribuzioni  statutarie  della  Valle
d'Aosta. La normativa statale, in effetti,  impone  dei  pervasivi  e
rigidi vincoli  al  potere  di  gestione  dei  rapporti  contrattuali
relativi al personale amministrativo valdostano. 
    Ed infatti, il citato art. 9,  comma  2-bis,  opera  un  «blocco»
della  cifra  complessiva,  per  il  triennio   2011-2013,   che   le
amministrazioni pubbliche regionali e comunali possono  destinare  al
trattamento accessorio del relativo personale; mentre l'art. 9, comma
28, fissa un tetto massimo alla spesa relativa al personale  a  tempo
determinato, o con convenzioni  o  con  contratti  di  collaborazione
coordinata  e  continuativa,  nonche'  a  quello  con  contratti   di
formazione  lavoro,  ed  altri  rapporti   formativi,   compresa   la
somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio  di  cui  all'art.
70, comma 1, lett. d), del decreto legislativo n. 276 del 2003. 
    Da cio' consegue che la Regione, cosi'  come  gli  enti  pubblici
regionali,  per  effetto  delle   norme   impugnate,   non   potranno
autonomamente  determinarsi  circa  il  trattamento   accessorio   da
destinare al personale, ne' potranno -  per  la  parte  eccedente  il
puntuale limite fissato con legge statale - assumere nuovo  personale
o mantenere i rapporti contrattuali in essere,  dovendo,  altrimenti,
rideterminarne,  in  senso  peggiorativo,  il  relativo   trattamento
economico. 
    Ora, non sembra necessario ricorrere a particolari  dimostrazioni
per render palese come le norme impugnate, per quanto  si  e'  appena
detto, incidono in maniera diretta, puntuale e paradigmatica, proprio
su un aspetto che concerne lo «stato economico» del personale. 
    D'altro canto, neanche la deroga introdotta dall'art.  14,  comma
24-bis del medesimo decreto-legge, risulta esente da censure. 
    La  legge  statale,  infatti,  nel  consentire  alla  Regione  di
superare il tetto massimo di spesa posto dal  comma  28  dell'art.  9
solo nell'ipotesi della proroga di  contratti  a  tempo  determinato,
impone all'Ente la scelta di uno specifico  modello  contrattuale  ed
incide negativamente  sulle  attribuzioni  regionali  in  materia  di
status giuridico del personale, in violazione dell'art. art. 2, comma
1, lett. a) dello Statuto. 
    Analoghe considerazioni valgono, poi, con riferimento  all'ultimo
periodo dell'art. 14, comma  24-bis  del  decreto-legge,  laddove  e'
fatto obbligo alla Regione - nelle ipotesi di nuove assunzioni  -  di
attingere  prioritariamente  a  personale  a  tempo  determinato.  La
pervasivita' del vincolo e' resa tanto piu' evidente dall'obbligo  di
motivazione che il medesimo comma impone in  capo  alla  Regione  nel
caso in cui quest'ultima intenda assumere personale diverso da quello
indicato  dal  legislatore  statale  (cioe'  dal  personale  a  tempo
determinato). In  argomento  si  richiama  la  sentenza  n.  95/2008,
relativa ad una fattispecie analoga a quella di cui si  discute,  con
la  quale  codesta  ecc.ma  Corte  ha  dichiarato  la  illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 560, legge n. 296  del  2006.  Tale
disposizione imponeva alle  regioni  che  intendessero  procedere  ad
assunzioni di personale a tempo determinato, l'obbligo  di  riservare
una quota di posti a favore di  chi  avesse  gia'  intrattenuto  (con
l'amministrazione banditrice del concorso) rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa. La Corte, piu' in particolare,  ha  basato
la citata  pronuncia  sull'assunto  che  «la  regolamentazione  delle
modalita' di accesso al lavoro pubblico  regionale  e'  riconducibile
alla materia dell'organizzazione amministrativa delle regioni e degli
enti pubblici regionali e rientra nella  competenza  residuale  delle
regioni». Lo Stato, pertanto, non ha titolo per intervenire  su  tali
ambiti materiali. 
    Conclusivamente,  le  norme  che  hanno   introdotto   le   tante
limitazioni di cui si e' detto, gravando su una materia di  esclusiva
competenza - sia  legislativa  che  amministrativa  -  della  Regione
ricorrente ai sensi dei menzionati articoli 2, comma 1, lett. a) e 4,
comma 1,  dello  Statuto,  esorbitano  dalla  competenza  legislativa
statale e  devono,  pertanto,  essere  dichiarate  costituzionalmente
illegittime. 
    In  subordine,  qualora,  errando,  dovesse  ritenersi   che   un
intervento del legislatore statale in materia di  «ordinamento  degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione  e  stato  giuridico  ed
economico del personale» sia ammissibile se volto alla fissazione dei
principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica,  non
puo'  che  ugualmente  rilevarsene  l'illegittimita'  costituzionale,
sotto i seguenti ulteriori profili. 
A)  Sulla  natura  dei  vincoli  apposti  dal   legislatore   statale
all'autonomia finanziaria  di  spesa  della  Regione  Valle  d'Aosta.
Violazione ad  opera  dell'art.  9,  comma  2-bis,  e  del  combinato
disposto di cui agli articoli 9, comma 28, e  14,  comma  24-bis  del
decreto-legge n. 78/2010 dell'art. 3, comma 1, lett. f) dello Statuto
della Valle (legge cost. n.  4/1948),  nonche'  degli  articoli  117,
comma 3, 119, comma 2, Cost., resi  applicabili  ex  art.  10,  legge
cost. n. 3/2001. 
    Le norme impugnate sono affette da illegittimita'  costituzionale
per violazione dell'art. 3, comma 1, lett. f)  dello  Statuto  (legge
cost. n. 4/1948), nonche' degli articoli 117, comma 3, 119, comma  2,
Cost., resi applicabili ex art. 10, legge cost. n. 3/2001. 
    E' noto infatti  che  il  coordinamento  della  finanza  pubblica
rientra nell'ambito di applicazione dell'art.  117,  comma  3,  Cost.
Pertanto,  trattandosi  di  materia  di  competenza  concorrente,  la
legislazione statale deve arrestarsi alla individuazione dei principi
generali. 
    Le previsioni censurate, invece, lungi  dall'introdurre  principi
fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica  si  risolvono
nella imposizione  di  misure  analitiche  e  di  dettaglio  che  non
lasciano alcun margine di  intervento  al  legislatore  regionale  in
materia e che  ledono,  quindi,  i  parametri  normativi  piu'  sopra
indicati (in tal senso Corte cost., sent. nn. 417/2005;  n.  376  del
2003; n. 390 del 2004). 
    Ed infatti, in base alle norme oggetto di sindacato,  la  Regione
valdostana non potra' assumere alcuna determinazione con riguardo  al
trattamento accessorio del personale; ne' potra' destinare, a partire
dal 2011, alla spesa  per  il  personale  non  di  ruolo,  una  somma
superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno  2009,  per
le medesime finalita'. 
    Il che significa che non residua in capo  alla  ricorrente  alcun
margine di apprezzamento in ordine alla scelta di strumenti idonei  a
perseguire l'obiettivo del contenimento  della  spesa  pubblica,  ne'
circa  la  fissazione  del  quantum  delle  riduzioni  necessarie  al
contenimento stesso. 
    Per non considerare,  poi,  la  irragionevolezza  intrinseca  del
limite del 50 per cento, che e' stato indifferentemente stabilito per
tutte le regioni senza tenere nella dovuta considerazione il  diverso
grado di efficienza di ciascun Ente territoriale  relativamente  alla
gestione del personale ed alla allocazione delle relative risorse. 
    Ne'  la  indebita  ingerenza  nelle  attribuzioni  statutarie   e
costituzionali della Regione puo' ritenersi esclusa dalla  previsione
della   deroga   introdotta   dall'art.   14,   comma   24-bis,   del
decreto-legge. 
    Tale  disposizione,  infatti,  riconnette  la   possibilita'   di
superare il  predetto  limite  di  spesa  del  50  per  cento  a  due
circoscritte ipotesi: che si tratti di una proroga di contratti  gia'
in essere e che la stessa concerna  soltanto  rapporti  di  lavoro  a
tempo determinato. 
    La Valle, dunque, non potra', per un importo eccedente il 50  per
cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalita',
ne'  rinnovare  contratti  di  tipo  diverso  da   quelli   a   tempo
determinato, tantomeno procedere all'assunzione di nuovo personale. 
    Si tratta, quindi, come e' evidente, di una deroga surrettizia ed
asfittica, che non lascia al legislatore regionale alcun  margine  di
discrezionalita'. Alla luce di quanto rilevato, non vi e' dubbio  che
le norme  recate  dall'articolo  9,  comma  2-bis,  e  dal  combinato
disposto  degli  articoli  9,  comma  28  e  14,  comma  24-bis,  del
decreto-legge n. 78/2010, si traducono nella imposizione di misure di
immediata e diretta applicazione. Tali misure non  possono  in  alcun
modo qualificarsi come principi fondamentali di  coordinamento  della
finanza pubblica atteso che, come  in  precedenza  rilevato,  pongono
obiettivi  precisi  e  permanenti  di  riequilibrio  della  spesa   e
prevedono  in  modo  esaustivo  gli  strumenti  e  modalita'  per  il
perseguimento degli obiettivi stessi (sul punto Corte  cost.,  sentt.
nn. 289/2008, n. 120/2008; n. 412/2007, n. 169/2007, n. 88/2006). 
    Risulta, conseguentemente, che le  norme  impugnate  eccedono  la
competenza legislativa spettante allo Stato ex  art.  117,  comma  3,
Cost. e determinano una illegittima quanto intollerabile  menomazione
dell'autonomia finanziaria della Valle tutelata,  come  detto,  dagli
articoli 3, comma 1, lett. f) dello Statuto,  nonche'  dal  combinato
disposto degli articoli 119, comma 2, Cost.  e  10,  legge  cost.  n.
3/2001. 
    A conferma di quanto sin qui argomentato, si  richiama,  inoltre,
l'orientamento piu' volte espresso, e di recente ribadito, da codesta
ecc.ma Corte circa la natura del rapporto intercorrente tra norma  di
principio e  di  dettaglio,  secondo  il  quale  «l'una  e'  volta  a
descrivere  criteri  ed  obiettivi,  mentre   all'altra   spetta   la
individuazione  degli  strumenti  concreti  per  raggiungere   quegli
obiettivi» (Corte cost., sent. 26/2010, 237/2009, 181/2006). 
    Ebbene, non v'e' chi non veda come  le  misure  introdotte  dalle
disposizioni statali in  epigrafe  indicate,  non  presentano  alcuna
delle caratteristiche delle norme di principio.  Le  stesse,  quindi,
esorbitano dalla competenza concorrente statale ex art. 117, comma 3,
Cost. ingerendo indebitamente  sull'autonomia  finanziaria  di  spesa
della Regione, in contrasto con la disciplina di rango costituzionale
piu' volte invocata dalla ricorrente. 
    Inoltre, le disposizioni impugnate si mostrano illegittime  anche
in  relazione  alla  limitazione  che  esse  apportano  all'autonomia
finanziaria dei Comuni.  situati  nella  Regione  Valle  d'Aosta.  La
competenza in tale materia, infatti, spetta alla  Regione  ricorrente
ai sensi del citato comma 1, lett.  f),  dell'art.  3  dello  Statuto
speciale: competenza che, si ribadisce, codesta ecc.ma Corte ha  piu'
volte riconosciuto (si vedano, ad es., la sent. n. 47 del 2004  e  la
sent. n. 95/2007). 
B)  Sulla  natura  dei  vincoli  apposti  dal   legislatore   statale
all'autonomia finanziaria di entrata  della  Regione  Valle  d'Aosta.
Violazione ad opera del combinato disposto di cui  agli  articoli  9,
comma 28, e 14, comma 24-bis del decreto-legge n. 78/2010,  dell'art.
3, comma 1, lett. f) e art. 12 dello Statuto della Valle (legge cost.
n. 4/1948), nonche' degli articoli, 119, comma 2, Cost. e  10,  legge
cost. n. 3/2001. 
    L'art.   14,   comma   24-bis,   determina,   poi,   la   lesione
dell'autonomia  finanziaria   di   entrata   della   Valle   d'Aosta,
costituzionalmente tutelata dagli articoli 3, comma 1, lett. f) e  12
dello Statuto (legge cost. n. 4/1948), nonche' dall'art. 119 Cost.  e
art. 10, legge cost. n. 3/2010. 
    Ed  infatti,  la  disposizione  impugnata,  in  contrasto  con  i
parametri normativi ora menzionati, dispone che i contratti  a  tempo
determinato prorogati dalla Regione in virtu' della deroga di cui  al
medesimo articolo, gravino solo «sulle risorse finanziarie aggiuntive
appositamente reperite» dalla Valle «attraverso  apposite  misure  di
riduzione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di
controllo interno». 
    Il legislatore statale, in estrema sintesi, ben al di  la'  della
sua competenza  in  materia  di  fissazione  di  norme  di  principio
nell'ambito del coordinamento della finanza  pubblica  ex  art.  117,
comma  3,  Cost.,  ha  seccamente  imposto  alla  Regione  valdostana
l'istituzione di risorse aggiuntive, ne ha fissato  le  modalita'  di
reperimento, nonche' individuato la  relativa  destinazione  -  cosi'
violando qualsivoglia garanzia afferente all'autonomia finanziaria di
entrata della ricorrente. 
    Peraltro, che la  norma  impugnata  non  sia  configurabile  alla
stregua di un principio e' circostanza chiaramente  confermata  dallo
stesso tenore letterale della disposizione, nel punto in cui il comma
24-bis fa riferimento a «risorse appositamente  reperite»,  «apposite
misure di riduzione e razionalizzazione»,  «certificazione  ad  opera
degli organi di controllo interni». 
    Da cio' consegue, pertanto, anche sotto questo ulteriore profilo,
la illegittimita' costituzionale  dell'art.  14,  comma  24-bis,  per
violazione dei parametri piu' sopra indicati. 
III. 2) Relativamente al Servizio Sanitario Nazionale. 
    Per espressa  previsione  normativa,  l'art.  9,  comma  28,  del
decreto-legge di cui si discute si applica, altresi', agli  enti  del
Servizio sanitario nazionale (Snn), ai quali e' parimenti imposto  di
non superare il 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per
il personale non di ruolo. 
    La norma censurata risulta, a ben vedere, invasiva dell'autonomia
legislativa e finanziaria regionale sotto una pluralita' di  profili.
Valgano in proposito tutti i  rilievi  gia'  formulati  nel  presente
ricorso (relativamente alla incostituzionalita' delle  norme  che  si
riferiscono  agli  enti  del  Ssn),  ai  quali,  per  brevita',   sia
consentito rinviare. 
III. 3) Violazione degli artt. 117, commi 3 e 4,  e  119,  Cost.,  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3/2001, nonche'
degli artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lett.  f),  e  4
dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge  cost.  n.  4  del
1948) e delle relative norme di attuazione,  da  parte  dell'art.  9,
comma 4, del d.l. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    L'art. 9, comma 4, del d.1. n.  78/2010,  cosi'  come  modificato
dalla legge  di  conversione  n.  122/2010,  prevede  che  i  rinnovi
contrattuali    del    personale    dipendente    dalle     pubbliche
amministrazioni, cosi' come i. miglioramenti economici del  rimanente
personale  in  regime  di  diritto  pubblico,  relativi  al   biennio
2008-2009 non possono, in ogni caso, determinare aumenti  retributivi
superiori al 3,2 per cento. Restano esclusi dall'applicazione di tale
previsione il comparto sicurezza-difesa ed i Vigili del fuoco. 
    Il divieto di introdurre i citati aumenti retributivi si  applica
anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data  di  entrata
in vigore del decreto  n.78/2010,  determinando  l'inefficacia  delle
clausole difformi contenute  nei  predetti  contratti  ed  accordi  a
decorrere dalla mensilita' successiva alla data di entrata in  vigore
dello stesso decreto, con  conseguente  adeguamento  dei  trattamenti
retributivi. 
    Cio' premesso, ove si ritenesse che  la  disciplina  dettata  dal
citato art. 9, comma 4, - la quale si riferisce, in  modo  del  tutto
generico, alle  «pubbliche  amministrazioni»  senza  contenere  alcun
espresso riferimento  alle  Regione  ad  autonomia  speciale  -  vada
applicata   anche   alla   Valle   d'Aosta,   valgano   le   seguenti
considerazioni. 
    La disposizione impugnata stabilisce una misura  di  contenimento
della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni che, ove
ritenuta vincolante anche per la Regione Valle d'Aosta ed agli  altri
enti   del   comparto   unico   valdostano,   determina   un'indebita
compressione dell'autonomia legislativa, organizzativa e  finanziaria
della Regione, in violazione dello Statuto  speciale  e  delle  norme
costituzionali applicabili alla Regione in virtu' dell'art. 10  della
legge cost. n. 3/2001. 
    Deve anzitutto considerarsi che il divieto di determinare aumenti
retributivi superiori al 3,2 per cento - divieto riferito ai  rinnovi
contrattuali del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni
per il biennio 20082009 ed ai miglioramenti economici  del  rimanente
personale in regime di diritto pubblico nel  medesimo  biennio  -  si
riferisce ad una singola e puntuale voce di spesa della Regione e non
puo'  quindi  qualificarsi  come   un   principio   fondamentale   di
coordinamento  della  finanza  pubblica  spettante  alla   competenza
statale ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost. La definizione  di  un
limite massimo, calcolato  in  termini  percentuali,  applicabile  ai
rinnovi contrattuali del personale  non  esprime,  infatti,  un  mero
indirizzo rivolto al legislatore  regionale,  ne'  un  obiettivo  che
quest'ultimo possa  perseguire  con  autonome  decisioni,  ma  incide
direttamente su una specifica e puntuale voce della spesa  regionale,
privando la Regione della possibilita' di decidere  autonomamente  su
quali  voci  e  con  quali  modalita'  realizzare   l'obiettivo   del
contenimento della spesa. 
    La norma censurata, dunque, nel fissare un  vincolo  puntuale  ad
una singola voce di spesa  regionale,  lede  l'autonomia  finanziaria
della Regione e si pone in insanabile contrasto con l'art. 117, comma
3, Cost. e con l'art. 119 Cost. che garantiscono, ai sensi  dell'art.
10 della legge cost. n. 3 del  2001,  anche  la  sfera  di  autonomia
finanziaria della Regione Valle d'Aosta. 
    A tale proposito, deve osservarsi che codesta ecc.ma Corte ha  in
piu'  occasioni  ribadito  che  non  possono  qualificarsi   principi
fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica  tutte  quelle
norme statali che intervengono a fissare vincoli puntuali  a  singole
voci di spesa dei bilanci delle  regioni  e  degli  enti  locali  (ex
plurimis,  sent.  n.  417  del  2005).  La  legge  dello  Stato  puo'
legittimamente fissare soltanto un «limite  complessivo,  che  lascia
agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle  risorse  tra  i
diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentt. nn. 88 del 2006, 36  del
2004). 
    La disposizione censurata, invece, nell'impedire che in  sede  di
rinnovi  contrattuali  del  personale  dipendente   dalle   pubbliche
amministrazioni relativi  al  biennio  2008-2009  possano  prevedersi
aumenti retributivi superiori al 3,2 per  cento,  non  stabilisce  un
limite complessivo alla spesa per il personale, ma vincola la Regione
nell'allocazione delle risorse fra i diversi possibili  ambiti  della
suddetta spesa, imponendo un «livellamento» degli aumenti retributivi
per il personale regionale e degli  altri  enti  del  comparto  unico
valdostano. 
    Ne' puo' sostenersi che la previsione di un «tetto» massimo  alla
previsione  di  aumenti  retributivi,  lasciando  alla   Regione   la
possibilita' di differenziare e graduare gli aumenti retributivi  del
personale purche' inferiori  a  tale  soglia,  possa  percio'  stesso
qualificarsi  come  un  principio  di  coordinamento  della   finanza
pubblica. La giurisprudenza di codesta  Corte  ha  infatti  chiarito,
come in precedenza ricordato, che la previsione di  limiti  specifici
all'entita' di una singola voce di spesa  della  Regione,  come  pure
l'imposizione degli strumenti concreti  da  utilizzare  al  fine  del
perseguimento del contenimento della  spesa  pubblica,  si  risolvono
nella indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle
autonomie regionali e degli enti locali (Corte cost.,  sent.  n.  449
del 2005). La norma statale impugnata,  impedendo  alla  Regione  non
solo di compiere una scelta tra i diversi possibili  strumenti  volti
al perseguimento del contenimento della spesa per  il  personale,  ma
anche di selezionare le modalita' attraverso le quali  distribuire  i
possibili aumenti retributivi tra le diverse strutture  organizzative
e le diverse  figure  professionali  -  dovendo  comunque  per  tutte
allinearsi al di sotto del limite percentuale fissato dal legislatore
statale - si muove, pertanto, in direzione opposta rispetto a  quanto
piu' volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Da tale prospettiva, non assume alcun rilievo che  la  previsione
contenuta nell'art. 9, comma 4, del d.l. n. 78/2010 sia temporalmente
limitata al biennio  2008/2009.  La  determinazione  temporale  della
misura di contenimento della spesa per il personale non puo'  infatti
giustificare l'indebita sostituzione del legislatore statale a quello
regionale in una scelta che concerne  la  sfera  organizzativa  della
Regione e degli altri enti  del  comparto  unico  valdostano  per  il
profilo relativo alle risorse umane in  essa  coinvolte  ed  al  loro
trattamento economico. 
    Ad  avvalorare  le  considerazioni  fin  qui   svolte   concorre,
peraltro, anche l'ulteriore disciplina dettata dall'art. 9, comma  4,
del d.l. n. 78/2010, laddove si prevede che  il  divieto  di  aumenti
retributivi superiori al 3,2 per cento si applica anche ai  contratti
ed accordi stipulati prima  della  data  di  entrata  in  vigore  del
decreto-legge, cosicche' «le clausole difformi contenute nei predetti
contratti ed accordi sono inefficaci  a  decorrere  dalla  mensilita'
successiva alla data di entrata in vigore» dello stesso  decreto.  La
norma statale impugnata produce dunque un puntuale effetto abrogativo
sulle clausole contrattuali che abbiano disposto aumenti  retributivi
superiori al 3,2 per cento, con cio' palesando la natura  dettagliata
ed autoapplicativa della  previsione  in  esame,  in  violazione  del
riparto di competenze  costituzionalmente  garantito  che  impone  al
legislatore  statale  di  arrestarsi  alla  fissazione  di   principi
fondamentali in materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
suscettibili di ulteriori sviluppi normativi da parte del legislatore
regionale. 
    La disciplina introdotta dall'art. 9, comma 4, del  decreto-legge
n. 78/2010 determina, altresi', una violazione dell'art. 2, comma  1,
lett. a) dello Statuto speciale per la  Valle  d'Aosta,  che  riserva
alla potesta' legislativa regionale primaria la disciplina in materia
di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione  e
stato giuridico ed economico del personale». 
    La norma  impugnata,  che  vieta  la  determinazione  di  aumenti
contributivi  superiori  al  3,2  per  cento  in  sede   di   rinnovi
contrattuali    del    personale    dipendente    delle     pubbliche
amministrazioni, incide infatti in maniera diretta e  puntuale  sullo
«stato economico» di  tale  personale.  Pertanto,  la  norma  statale
impugnata, proponendosi di regolare un aspetto che, ex art. 2,  comma
1, lett. a), dello Statuto speciale per  la  Valle  d'Aosta,  risulta
attribuito  alla  piena  competenza   legislativa   regionale,   deve
ritenersi costituzionalmente illegittima anche in  relazione  a  tale
parametro costituzionale. 
    Analogamente, deve ritenersi che l'art. 9, comma 4, del  d.l.  n.
78/2010, laddove ritenuto  applicabile  anche  agli  altri  enti  del
comparto unico valdostano, sia lesivo  della  competenza  legislativa
primaria attribuita alla Regione Valle d'Aosta dall'art. 2, lett. b),
dello Statuto speciale in materia di «ordinamento degli enti locali e
delle relative circoscrizioni». A tale  riguardo  deve  sottolinearsi
che, ai sensi dell'art. 47 della legge regionale 23 luglio  2010,  n.
22      (recante      «Nuova      disciplina      dell'organizzazione
dell'Amministrazione regionale e degli enti del comparto unico  della
Valle d'Aosta. Abrogazione della legge regionale 23 ottobre 1995,  n.
45, e di altre leggi in  materia  di  personale»),  costituiscono  un
unico comparto di contrattazione (oltre alle strutture della Regione)
tutti gli enti contemplati nell'art. 1 della medesima legge  e  cioe'
gli enti pubblici non economici dipendenti dalla  Regione,  gli  enti
locali e le loro forme associative.  La  previsione  contenuta  nella
norma statale impugnata, qualora ritenuta  applicabile  a  tutti  gli
enti del comparto unico  valdostano,  appare  pertanto  lesiva  anche
della competenza legislativa primaria attribuita dallo  Statuto  alla
Regione Valle d'Aosta in materia di ordinamento  degli  enti  locali:
tale competenza implica infatti che spetta alla  Regione  dettare  la
disciplina riguardante l'organizzazione amministrativa di tali  enti,
non esclusi gli aspetti concernenti lo stato economico del  personale
dipendente. 
    Inoltre, l'art. 9, comma 4, del d.1. n. 78/2010 deve considerarsi
costituzionalmente illegittimo anche in riferimento al  parametro  di
legittimita' rappresentato dall'art.  3,  comma  1,  lett.  f)  dello
Statuto  speciale,  che  attribuisce  alla  Regione  la  potesta'  di
introdurre  norme  legislative   di   integrazione   ed   attuazione,
nell'ambito dei  principi  individuati  con  legge  dello  Stato,  in
materia di «finanze regionali e comunali». Alla stregua di tale norma
statutaria, il legislatore statale non puo' vincolare la spesa per il
personale delle  amministrazioni  locali  valdostane  attraverso  una
disciplina di  dettaglio  ed  auto-applicativa,  come  fa  invece  la
disposizione censurata, ma deve  limitarsi  alla  fissazione  di  una
disciplina di principio. Sussiste, dunque, un  ulteriore  e  distinto
profilo di illegittimita' della norma impugnata, dal momento che essa
pretende di porre un vincolo diretto e puntuale anche ad una voce  di
spesa riguardante gli enti locali della  Regione  Valle  d'Aosta,  in
violazione dell'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale. 
    Infine, l'art. 9, comma 4, del d.l. n. 78/2010 deve  considerarsi
costituzionalmente illegittimo  anche  in  riferimento  al  parametro
costituito dall'art. 4 dello Statuto  speciale  della  Regione  Valle
d'Aosta, che attribuisce  alla  Regione  le  funzioni  amministrative
sulle materie nelle quali la stessa Regione e' titolare  di  potesta'
legislativa.  Tale  disposizione  statutaria  implicitamente   tutela
l'autonomia  regionale  in  materia  di  attivita'   -   e   relative
determinazioni  di  spesa  -  che  hanno  ad  oggetto  il   personale
necessario sia a svolgere dette funzioni, sia ad assicurare  il  buon
andamento ed il funzionamento degli uffici e  degli  enti  dipendenti
dalla Regione stessa. Da questo punto di  vista,  il  limite  imposto
dalla  disposizione  statale  censurata  agli   aumenti   retributivi
disposti dai rinnovi  contrattuali  del  personale  dipendente  delle
pubbliche amministrazioni, qualora  applicabile  anche  alla  Regione
Valle d'Aosta, comporterebbe una illegittima menomazione anche  delle
competenze   amministrative   regionali,   dal   momento    che    la
determinazione dello stato economico del personale regionale e  degli
altri enti rientranti nel comparto  unico  valdostano  incide  su  un
aspetto determinante della contrattazione relativa alle risorse umane
attraverso  cui  l'Ente  regionale  esercita  le   proprie   funzioni
amministrative. 
    Pertanto, l'art. 9, comma 4, del d.l. n.  78/2010,  ponendosi  in
contrasto con l'art. 4 dello Statuto speciale per la  Valle  d'Aosta,
e'  da  considerarsi  anche  sotto  tale  aspetto  costituzionalmente
illegittimo. 
IV. Violazione ad opera dell'art. 14, comma 32, del decreto-legge  n.
78 del 2010 convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, degli articoli 2, comma 1, lett. b) e 3, comma 1, lett.
f) dello  Statuto  speciale  della  Valle  d'Aosta  (legge  cost.  n.
4/1948), nonche' del combinato disposto degli articoli 117, comma  2,
lett. g) Cost. e 117, comma 4, Cost. e dell'art. 117, comma 6, Cost. 
    L'art. 14, comma 32, del decreto-legge impugnato  cosi'  dispone:
«Fermo quanto previsto dall'art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24
dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione  inferiore  a  30.000
abitanti non possono costituire societa'. Entro il 31 dicembre 2011 i
comuni mettono in liquidazione le societa' gia' costituite alla  data
di entrata in vigore  del  presente  decreto,  ovvero  ne  cedono  le
partecipazioni. La disposizione di  cui  al  presente  comma  non  si
applica  alle  societa',  con  partecipazione  paritaria  ovvero  con
partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite  da
piu' comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000  abitanti;
i comuni con  popolazione  compresa  tra  30.000  e  50.000  abitanti
possono detenere la partecipazione di una sola societa'; entro il  31
dicembre 2011 i predetti comuni  mettono  in  liquidazione  le  altre
societa' gia' costituite. Con decreto del Ministro per i rapporti con
le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i Ministri
dell'economia e delle finanze e per le riforme per il federalismo, da
emanare entro novanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della
legge di  conversione  del  presente  decreto,  sono  determinate  le
modalita' attuative del presente comma nonche' ulteriori  ipotesi  di
esclusione dal relativo ambito di applicazione». 
    Riassumendo, il legislatore statale ha previsto: 
        a) il divieto per i comuni con meno  di  30.000  abitanti  di
costituire societa' di qualunque tipo o parteciparvi e l'obbligo, per
gli stessi, di mettere in liquidazione, entro il  31  dicembre  2011,
tutte le societa' gia' costituite, ovvero cederne le partecipazioni; 
        b) il divieto per  i  comuni  con  popolazione  compresa  tra
30.000 e 50.000 abitanti di detenere la partecipazione a  piu'  d'una
societa' e l'obbligo, per gli stessi,  di  mettere  in  liquidazione,
entro il 31 dicembre 2011, tutte le societa' gia' costituite; 
        c) la rimessione ad  un  decreto  ministeriale  (da  emanarsi
entro 90 giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione) della individuazione  delle  modalita'  attuative  della
norma e di ipotesi di esclusione dell'applicazione della stessa. 
    Cio' premesso, anche tale previsione si mostra costituzionalmente
illegittima poiche' - oltre a violare il principio costituzionale  di
leale collaborazione, come in seguito si chiarira'  -  determina  una
indebita compressione dell'autonomia organizzativa  della  ricorrente
sotto almeno due profili. 
    Anzitutto risulta violato l'art.  2,  comma  1,  lett.  b)  dello
Statuto speciale della Valle (legge cost. n.  4/1948)  che  riconosce
alla Regione, come noto, la potesta' legislativa primaria in  materia
di  «ordinamento  degli  enti  locali».  E  non  vi  e'  dubbio   che
l'intervento  statale  realizzato  attraverso  il  citato  comma  32,
dell'art. 14, incida proprio su tale ambito materiale.  In  proposito
sia sufficiente rilevare che i divieti  ed  obblighi,  in  precedenza
riassunti, posti dalla norma impugnata in capo  alle  amministrazioni
comunali valdostane, non solo condizionano  del  tutto  le  modalita'
organizzative dei servizi resi dagli  enti  locali,  ma  ne  limitano
fortemente l'iniziativa economica e la capacita' di agire,  ingerendo
negativamente sul relativo assetto ordinamentale e organizzativo. 
    Ebbene, in proposito non puo' non rilevarsi come  il  legislatore
statale non abbia titolo competenziale costituzionale per  legiferare
nella materia «ordinamento degli enti locali». L'esercizio del potere
legislativo in tale settore, infatti, e' riservato alla Regione Valle
d'Aosta in base all'art. 2, comma 1, lett. b) dello Statuto  speciale
- disposizione che risulta, pertanto,  gravemente  lesa  dalla  norma
impugnata. 
    La illegittimita' di quest'ultima rileva, peraltro,  anche  sotto
l'ulteriore profilo della violazione del combinato-disposto dei commi
secondo e quarto dell'art. 117 Cost. 
    Il comma secondo dell'art. 117, lett.  g),  infatti,  attribuendo
alla   potesta'   legislativa   statale   soltanto   la    disciplina
dell'«ordinamento  e  organizzazione  amministrativa  dello   Stato»,
derubrica   la    materia    dell'«ordinamento    e    organizzazione
amministrativi degli enti sub statali».  Tale  materia,  non  essendo
«espressamente riservata»  alla  competenza  statale,  ricade  quindi
nella potesta' legislativa regionale, per effetto  del  comma  quarto
dello stesso articolo, ai sensi del quale  «spetta  alle  regioni  la
potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello  Stato».  Le  norme  costituzionali
appena  citate,  come  noto,  sono  pacificamente   invocabili   come
parametro di legittimita' anche dalla Regione Valle d'Aosta, in forza
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Per tali ragioni, l'art.  14,  comma  32,  del  decreto-legge  n.
78/2010 e' da  ritenersi  costituzionalmente  illegittimo  in  quanto
contrario all'art. 2, comma primo, lett. b)  dello  Statuto  speciale
per la Valle d'Aosta e all'art. 117, commi 2 e 4, Cost. 
    A quanto precede deve, inoltre, essere  aggiunto  il  riferimento
all'art. 3, comma 1, lett. f)  dello  Statuto  speciale,  che  appare
parimenti violato. 
    Tale  norma  statutaria,  infatti,  riconosce,  come  noto,  alla
Regione la potesta' di introdurre norme legislative  di  integrazione
ed attuazione, nell'ambito dei principi individuati con  legge  dello
Stato, in materia di «finanze comunali». Ed e' chiaro che la  finanza
comunale venga in evidenza nel presente caso, atteso che  si  discute
del potere dei comuni di operare scelte in materia societaria. 
    Ora,  alla  luce  del  combinato-disposto  tra  la   disposizione
statutaria citata e gli artt. 117, comma 3 e 119, comma 2, Cost.,  la
competenza normativa della Valle in  tale  materia,  in  forza  della
clausola di cui all'art. 10, legge  cost.  n.  3/2001,  e'  garantita
nell'ambito dei principi di coordinamento stabiliti dallo  Stato  che
deve, pertanto, limitarsi ad individuare tali principi. 
    Nel caso di  specie,  tuttavia,  con  l'art.  14,  comma  32,  il
legislatore statale si e' spinto, come  e'  evidente,  ben  oltre  la
determinazione dei suddetti principi, invadendo la potesta' normativa
regionale in materia di «finanze comunali». Ne'  varrebbe  sostenere,
facendo leva sull'orientamento espresso da codesta  ecc.ma  Corte  in
materia di societa' partecipate dalle amministrazioni  pubbliche  con
la sentenza n. 326/2008 (che  ha  dichiarato  non  fondata  la  q.lc.
dell'art. 13 del decreto-legge n. 223/2006,  c.d.  Decreto  Bersani),
che la materia relativa alla  capacita'  dei  comuni  di  costituire,
partecipare, dismettere societa' di qualsiasi  tipo  vada  ricondotta
anziche',  correttamente,  alla  potesta'  legislativa  regionale  in
materia di «ordinamento degli enti locali» e «finanze comunali», alle
diverse materie «ordinamento civile» e «tutela della concorrenza», di
spettanza esclusiva statale. 
    Ed invero, la fattispecie che ha  formato  oggetto  della  citata
pronuncia n. 326/2008 si mostra sensibilmente diversa  da  quella  in
esame. 
    In quell'occasione, infatti, diversamente da  quanto  accade  nel
nostro caso, le disposizioni censurate, come  chiarito  dalla  stessa
Corte costituzionale, miravano «a definire  il  regime  giuridico  di
soggetti di diritto privato e a tracciare il  confine  tra  attivita'
amministrativa e attivita' di persone  giuridiche  private»  -  cosi'
incidendo sulla materia «ordinamento civile». 
    Le stesse disposizioni,  poi,  avevano  il  dichiarato  scopo  di
tutelare la concorrenza. 
    L'art. 14, comma 32, del  decreto-legge  impugnato,  invece,  non
solo  non  persegue  alcuna  finalita'  anti-distorsiva  del  mercato
concorrenziale, ma mira, in ultima analisi, a regolare lo svolgimento
dell'azione  amministrativa  dei   comuni,   incidendo   direttamente
sull'iniziativa economica e la capacita' di agire degli enti locali e
sull'assetto ordinamentale e organizzativo dei medesimi. 
    E' evidente, pertanto, che i vincoli  posti  dal  comma  32  alla
Regione ricorrente  eccedono  la  competenza  legislativa  statale  e
ledono gli articoli 2, comma 1, lett. b) e 3, comma 1, lett. f) dello
Statuto speciale della Valle d'Aosta. 
    L'ultimo periodo dell'art. 14, comma  32,  del  decreto-legge  n.
78/2010 rimette, come in  precedenza  rilevato,  ad  un  decreto  del
Ministro  per  i  rapporti  con  le  Regioni  e   per   la   coesione
territoriale, di  concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e  delle
finanze e per le riforme  per  il  federalismo  -  da  emanare  entro
novanta giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione -, la determinazione delle modalita' attuative del citato
comma nonche' la individuazione di ipotesi di esclusione dal relativo
ambito di applicazione. 
    Anche tale previsione si mostra palesemente illegittima per  piu'
di una ragione. 
    Anzitutto per violazione del combinato  disposto  degli  articoli
117, comma 6, Cost. e 10, legge cost. n. 3/2001 i  quali  fondano  la
potesta' regolamentare della Valle d'Aosta in tutte  le  materie  che
non siano di competenza esclusiva dello. Stato. 
    Ora, atteso che la norma impugnata  incide,  come  in  precedenza
rilevato, sulla materia «ordinamento degli enti  locali»  e  «finanze
comunali» di competenza regionale, e'  evidente  che  il  legislatore
centrale risulta sprovvisto del titolo costituzionale su cui  basare,
in tali ambiti, la propria potesta' regolamentare. 
    Da cio' consegue, all'evidenza, la illegittimita' del citato art.
14, comma 32, poiche' la norma da esso recata - rimettendo al Governo
la  determinazione  delle  modalita'  attuative  della   disposizione
nonche' la individuazione  di  ipotesi  di  esclusione  dal  relativo
ambito di applicazione - attribuisce allo Stato il potere di incidere
con regolamento su  materie  che  esulano  dalla  propria  competenza
esclusiva e che rientrano, di converso, nella sfera  di  attribuzioni
della Regione ricorrente. 
    Ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'  della   disposizione
censurata va ravvisato, poi, con riferimento agli articoli  5  e  120
Cost., nella misura in cui non contempla alcun  meccanismo  di  leale
collaborazione  tra  Stato  e  Regioni  nell'adozione   dei   decreti
attuativi della previsione di divieto. 
    Ora, anche nell'ipotesi, piu' sopra criticata, che la  disciplina
recata dall'art. 14, comma 32, fosse ritenuta conforme a Costituzione
in quanto ascrivibile alla competenza  esclusiva  dello  Stato  nelle
materie dell'ordinamento civile e della tutela della concorrenza,  e'
pur vero che la competenza riconosciuta al Ministro  per  i  rapporti
con le regioni  e  per  la  coesione  territoriale,  ed  ai  Ministri
dell'economia e delle finanze e per le riforme  per  il  federalismo,
incide su ambiti materiali riferibili anche a settori  di  competenza
regionale, rendendosi quindi  necessari  -  ai  fini  dell'attuazione
della  norma  -  meccanismi  di   reciproco   coinvolgimento   e   di
coordinamento dei livelli di governo  statale  e  regionale  (in  tal
senso, tra le altre, Corte cost., sent. n. 213/2006). 
    Nessuno di tali meccanismi, tuttavia,  e'  stato  previsto  dalla
disposizione oggetto di sindacato. Essa, infatti, consente al Governo
di fissare le modalita' attraverso cui i comuni  valdostani  dovranno
mettere in liquidazione le societa' gia' costituite ovvero cederne le
partecipazioni, nonche' di individuare le  fattispecie  da  escludere
dall'ambito  di  applicazione  della  norma,  a   prescindere   dalla
consultazione della Regione nell'ambito delle Conferenze (Unificata e
Stato-Regioni), ovvero dal raggiungimento di qualsivoglia accordo con
la stessa. 
    Il che determina, a ben vedere, una illegittima compressione  del
principio costituzionale di leale collaborazione, che secondo la nota
giurisprudenza di questa ecc.ma Corte  «deve  presiedere  a  tutti  i
rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni» (cfr., tra  le  altre,
Corte cost., sent. n.  31/2006;  Sulla  leale  collaborazione,  quale
principio  che  «si  deve  sostanziare  in   momenti   di   reciproco
coinvolgimento  istituzionale  e  di  necessario  coordinamento   dei
livelli di governo statale e regionale», cfr., ex plurimis, sent.  n.
213/2006; 240/2007). 
    Alla luce di quanto detto non puo' non dubitarsi, pertanto, della
conformita' a Costituzione,  sotto  il  profilo  appena  esplicitato,
dell'art. 14, comma 32, del decreto-legge n. 78/2010. 
    Ad ulteriore sostengo di tale  assunto  sia  consentito,  infine,
richiamare la sentenza n. 76/2009 resa da  codesta  ecc.ma  Corte  in
materia di turismo. Con tale pronuncia e' stato affermato che ove  lo
Stato intenda, pur in materie di competenza residuale delle  regioni,
predisporre una disciplina uniforme di procedure acceleratorie  e  di
semplificazione dirette alla realizzazione di economie di scala e  al
contenimento   dei   costi   di   gestione   delle   imprese,    deve
necessariamente provvedervi mediante lo strumento incisivo  di  leale
collaborazione  con  le  regioni  rappresentato  dall'intesa  con  la
Conferenza Stato-Regioni, trattandosi di discipline che  incidono  in
maniera significativa sulle competenze regionali. 
    Per tutti motivi che precedono, si chiede,  pertanto,  a  codesta
ecc.ma Corte di volere annullare la norma desumibile dal  piu'  volte
richiamato  art.  14,  comma  32,  del  decreto-legge   n.   78/2010,
convertito con modificazioni, dalla legge n. 122/2010. 
V) Violazione ad opera dell'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78  del
2010 convertito, con modificazioni, dalla legge 30  luglio  2010,  n.
122, dell'art. 117 Cost., in combinato disposto con l'art.  10  della
legge cost. n. 3/2001, nonche' degli artt. 2, comma 1, lettere g), p)
e q), e 3, comma 1, lett. a), dello Statuto  speciale  per  la  Valle
d'Aosta (legge cost. n.  4  del  1948)  e  delle  relative  norme  di
attuazione, nonche', in subordine, del  principio  costituzionale  di
leale collaborazione. 
    L'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78/2010, dispone che il comma
4-bis del medesimo art. 49 «attiene alla tutela della concorrenza  ai
sensi  dell'articolo  117,   secondo   comma,   lettera   e),   della
Costituzione, e  costituisce  livello  essenziale  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m)  del
medesimo comma». Tale previsione, nel definire l'ambito materiale cui
deve ascriversi la  disciplina  sulla  «Segnalazione  certificata  di
inizio attivita'» (SCIA) dettata dall'art. 49, comma 4-bis  del  d.1.
n. 78/2010, riconduce tale  disciplina  alla  legislazione  esclusiva
dello Stato e dunque individua nella  legge  statale  la  sola  fonte
competente ad intervenire in tema di SCIA. Inoltre, l'art. 49,  comma
4-ter, nel prevedere che «le espressioni "segnalazione certificata di
inizio attivita'" e "Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle  di
"dichiarazione di inizio  attivita'"  e  "Dia"»,  ovunque  ricorrano,
anche come parte di una espressione piu' ampia», stabilisce  che  «la
disciplina di cui al comma 4-bis sostituisce direttamente, dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
quella  della  dichiarazione  di  inizio  attivita'  recata  da  ogni
normativa statale e regionale».  Stando  a  tale  ultima  previsione,
dunque, la nuova disciplina sulla SCIA si sostituisce a  quella  gia'
esistente  in  tema  di  DIA,  modificando  non  solo  la  previgente
normativa statale ma anche quella regionale. 
    La disposizione statale censurata, qualora  ritenuta  applicabile
anche alla Regione  Valle  d'Aosta,  viola  l'assetto  costituzionale
delle competenze regionali delineato nello Statuto speciale (adottato
con legge cost. n. 4/1948) nonche' nell'art. 117 Cost., per la  parte
in cui devono applicarsi anche alla Regione  Valle  d'Aosta  le  piu'
ampie forme di autonomia ivi previste ai  sensi  dell'art.  10  della
legge cost. n. 3/2001. 
    Pur   nella   consapevolezza,   maturata   sulla    base    della
giurisprudenza di questa ecc.ma Corte, che  «l'autoqualificazione  di
una norma  come  inerente  alla  materia  della  concorrenza  non  ha
carattere precettivo e vincolante» e che pertanto, «ancora  prima  di
ogni  valutazione  sulla  correttezza  o  meno  della  qualificazione
stessa, una previsione di tal fatta e' priva di contenuto lesivo» per
la Regione ricorrente (cfr., ex multis, sentt. nn. 414 del 2004  e  1
del 2008), sembra opportuno svolgere  alcune  considerazioni  proprio
sull'autoqualificazione contenuta nella disciplina statale censurata. 
    Deve considerarsi, infatti, che l'art. 49, comma 4-ter, del  d.1.
n. 78/2010 effettua un'erronea individuazione  dell'ambito  materiale
cui ascrivere la disciplina della Segnalazione certificata di  inizio
attivita'. Quest'ultima, infatti,  non  attiene  alla  «tutela  della
concorrenza»,  annoverata  tra  le  voci  di  legislazione  esclusiva
statale ex art. 117, comma 2, lett. e), Cost., e nemmeno  costituisce
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali di cui alla lett. m) dell'art. 117, comma 2, Cost. 
    Quanto al primo aspetto, deve osservarsi che la disciplina  sulla
Segnalazione certificata di inizio attivita' non mira a  tutelare  la
concorrenza  del   mercato,   bensi'   ad   alleggerire   gli   oneri
amministrativi ricadenti sul privato per l'avvio di talune  attivita'
di rilievo imprenditoriale, commerciale o artigianale, nell'ottica di
agevolare l'esercizio di tali attivita' nonche'  di  semplificare  le
funzioni amministrative di controllo ad esse relative. La ratio della
disciplina non e' quella di eliminare pratiche  anticoncorrenziali  o
di rimuovere elementi distorsivi del mercato,  e  nemmeno  quella  di
promuovere un ampliamento delle possibilita' di accesso degli  attori
che vi operano. Essa, invece, si propone, da un lato, di  ridurre  il
costo ed i tempi che gravano sui privati che intendano  intraprendere
un'attivita' imprenditoriale, commerciale o artigianale, in  tutti  i
casi in cui non siano  coinvolti  rilevanti  interessi  pubblici  che
giustifichino  il  permanere  di  atti   amministrativi   di   natura
autorizzativi o permissiva;  dall'altro,  di  razionalizzare  l'agire
delle pubbliche amministrazioni, riducendo i  costi  organizzativi  e
finanziari connessi al rilascio degli atti  amministrativi  enunciati
nell'art. 19, comma 1, della legge n. 241/1990, cosi' come sostituito
dall'art. 49, comma 4-bis, del  d.1.  n.  78/2010.  Certo,  non  puo'
escludersi che indirettamente la disciplina in  tema  di  SCIA  possa
anche avere come effetto quello di ridurre  una  delle  barriere  che
possono ostacolare, in fatto, l'ingresso del  privato  nell'esercizio
di una nuova attivita' imprenditoriale o commerciale,  nel  senso  di
contribuire ad abbassare i  costi  legati  all'avvio  dell'impresa  e
dunque a  facilitarne  l'inserimento  sul  mercato  offrendo  beni  o
servizi a prezzi piu'  competitivi,  soprattutto  nel  settore  delle
esportazioni. Ma tale disciplina non  si  propone  di  eliminare  una
disparita' di trattamento tra gli operatori economici o di  rimuovere
una barriera all'ingresso degli stessi operatori sul mercato,  bensi'
di  semplificarne  gli  oneri  procedimentali  nei  rapporti  con  le
pubbliche amministrazioni. Pertanto e' senz'altro da escludere che la
disciplina sulla SCIA possa per cio' stesso ascriversi, anche solo in
via prevalente, al titolo competenziale individuato  dal  legislatore
statale nell'art. 117, comma 2, lett. e), e cioe' alla  tutela  della
concorrenza. A tale riguardo  puo'  altresi'  osservarsi  che  questa
ecc.ma Corte, gia' nella sent. n. 14 del 2004, ha  sottolineato  come
«dal punto di vista del diritto interno, la  nozione  di  concorrenza
non puo' non riflettere quella operante in  ambito  comunitario,  che
comprende interventi regolativi, la  disciplina  antitrust  e  misure
destinate a promuovere un mercato aperto e  in  libera  concorrenza».
Esulano  dunque  da  tale  «materia   trasversale»   gli   interventi
legislativi che incidono - come l'art. 49-bis del d.l. n.  78/2010  -
sulla disciplina delle modalita' attraverso  le  quali  le  pubbliche
amministrazioni sono chiamate a controllare l'attivita'  dei  privati
in campo economico per la salvaguardia degli  interessi  pubblici  di
volta in volta coinvolti. 
    Nemmeno   puo'   condividersi   l'autoqualificazione    contenuta
nell'art. 49, comma 4-bis, del d.1.  n.  78/2010,  che  definisce  la
disciplina sulla segnalazione certificata di  inizio  attivita'  come
«livello essenziale delle prestazioni», riconducibile alla competenza
trasversale annoverata nell'art. 117, comma 2, lett. m),  Cost.,  tra
le voci di  legislazione  esclusiva  dello  Stato.  Come  piu'  volte
osservato da questa ecc.ma  Corte,  infatti,  la  determinazione  dei
livelli essenziali non costituisce una «materia» in senso stretto, ma
una «competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte  le
materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve  poter  porre
le norme necessarie per assicurare a  tutti,  sull'intero  territorio
nazionale, il godimento  di  prestazioni  garantite,  come  contenuto
essenziale di tali diritti» (sent. n. 282 del 2002). Tale  competenza
presuppone dunque  l'individuazione  di  prestazioni  garantite  come
contenuto essenziale  di  diritti  e  non  puo'  essere  invocata  in
relazione a norme statali volte ad altri  fini,  quali,  ad  esempio,
«l'individuazione del fondamento costituzionale della disciplina,  da
parte dello Stato, di interi settori materiali o la  regolamentazione
dell'assetto organizzativo e gestorio di enti preposti all'erogazione
delle prestazioni» (ex plurimis, sentt.  nn.  371/2008  e  207/2010).
Appare di immediata evidenza come la disciplina introdotta  dall'art.
49-bis del d.1. n. 78/2010 non  abbia  nulla  a  che  vedere  con  la
determinazione   dei   livelli   essenziali   di   prestazioni,   non
configurando ne' prestazioni che costituiscano  contenuto  essenziale
di diritti e nemmeno livelli essenziali riferiti a tali  prestazioni.
Del tutto erronea  deve  pertanto  considerarsi  l'autoqualificazione
contenuta, per questo secondo profilo, nel censurato art.  49,  comma
4-ter, del d.l. n. 78/2010. 
    Alle considerazioni  fin  qui  svolte  deve  aggiungersi  che  la
disciplina introdotta dall'art. 49, comma 4-bis, non puo'  ricondursi
ad un'unica materia o voce contenuta negli elenchi del novellato art.
117 Cost., ma coinvolge una pluralita' di materie,  in  relazione  al
settore sul quale incidono i relativi procedimenti amministrativi  ed
in  considerazione  dei  diversi  interessi  che  possono  risultarne
coinvolti. Deve tuttavia ritenersi che la disciplina della  SCIA  sia
ascrivibile,  in  modo  prevalente,  all'ambito  dell'industria,  del
commercio  e  dell'artigianato,  cioe'  a  materie   spettanti   alla
competenza  residuale  delle  regioni  ai  sensi  del  quarto   comma
dell'art. 117 Cost. e dunque anche alla competenza legislativa  della
Regione Valle d'Aosta in virtu' della clausola  di  cui  all'art.  10
della  legge  cost.  n.  3/2001.   Inoltre,   la   disciplina   sulla
segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'   coinvolge   ambiti
materiali  che  ricadono  nella   competenza   legislativa   primaria
attribuita alla Regione Valle d'Aosta dall'art. 2, comma  1,  lettere
p) e q) dello Statuto speciale, e  che  consistono,  rispettivamente,
nelle materie «artigianato»  ed  «industria  alberghiera,  turismo  e
tutela del paesaggio», nonche'  nella  competenza  della  Regione  ad
emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi
della Repubblica nella materia  «industria  e  commercio»,  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, lett. a), del medesimo Statuto. 
    Qualora si ritenesse, poi, che la disciplina recata  dalla  norma
impugnata  si  estenda,  altresi',  ad  aspetti  riconducibili   alla
pianificazione territoriale, essa finirebbe  per  incidere  anche  in
materia  «urbanistica,  piani  regolatori  per  zone  di  particolare
importanza turistica», di competenza legislativa primaria della Valle
ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. g) dello Statuto speciale. 
    La disciplina dei profili procedimentali connessi alle  richieste
per  l'esercizio  di   attivita'   imprenditoriale,   commerciale   o
artigianale non puo' dunque ascriversi, nella sua totalita',  ad  una
competenza esclusiva dello Stato, dal momento  che  essa  insiste  in
modo prevalente  su  ambiti  di  legislazione  regionale,  di  natura
esclusiva o concorrente. 
    Cio'  premesso,  la  previsione  contenuta  nella  seconda  parte
dell'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78/2010, in  base  alla  quale
«le espressioni "segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'"  e
"Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle  di  "dichiarazione  di
inizio attivita'" e "Dia", ovunque ricorrano, anche come parte di una
espressione piu' ampia,  e  la  disciplina  di  cui  al  comma  4-bis
sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto, quella  della  dichiarazione  di
inizio attivita' recata da ogni normativa statale e regionale»,  deve
ritenersi  lesiva  delle  competenze  legislative  attribuite   dalle
succitate norme costituzionali alla Regione Valle d'Aosta. 
    La norma impugnata, infatti, stabilisce l'abrogazione  immediata,
diretta ed indiscriminata di ogni normativa di settore adottata dalla
Regione Valle d'Aosta nella quale sia stata prevista la  Denuncia  di
inizio  attivita'  (DIA),  indipendentemente  dall'ambito   materiale
coinvolto, disponendo la contestuale sostituzione di  tale  normativa
con quella dettata dal legislatore statale in tema di SCIA. La  norma
statale censurata si  pone  cosi'  in  contrasto  insanabile  con  le
garanzie  costituzionali  concernenti  il  riparto  delle  competenze
legislative  tra  lo  Stato  e  le  regioni  ed  in  particolare  con
l'autonomia  legislativa  della  Regione   ricorrente.   Anzi,   puo'
affermarsi  che  la  previsione  del   legislatore   statale   sembra
disconoscere le piu' elementari  regole  che  presiedono  al  riparto
delle  competenze  legislative   accolto   nel   nostro   ordinamento
costituzionale, e segnatamente quella che impedisce  di  risolvere  i
rapporti tra le fonti statali e quelle regionali in termini  di  mera
gerarchia, riconoscendo al legislatore  statale  la  possibilita'  di
abrogare la disciplina regionale senza  alcuna  considerazione  delle
sfere  di  competenza  coinvolte.  Tale  illegittima  deviazione  dal
modello  costituzionale,  censurabile  gia'  in  base  all'originaria
formulazione dell'art. 117 Cost., si pone  in  palese  contrasto  con
l'assetto delle competenze legislative attribuite alla Regione  Valle
d'Aosta dal nuovo art. 117 Cost., ai sensi dell'art. 10, della  legge
cost. n. 3/2001, nonche' dallo Statuto speciale. 
    Peraltro  puo'  osservarsi  che,  anche  laddove  il  legislatore
statale intendesse disciplinare e regolare l'esercizio delle funzioni
amministrative che attengono alla  conformazione  dell'attivita'  dei
privati in ambito imprenditoriale, commerciale o artigianale, al fine
di assicurare esigenze di uniformita', non potrebbe comunque disporre
legittimamente  l'abrogazione  delle  vigenti  discipline  settoriali
della Regione Valle d'Aosta, procedendo alla sostituzione di esse con
la nuova disciplina  statale,  ma  semmai  prevedere  un  obbligo  di
adeguamento  da  parte  della  Regione,  che  sarebbe   chiamata   ad
intervenire comunque con fonti  regionali,  attraverso  un  rinnovato
esercizio della potesta' legislativa ad essa attribuita negli  ambiti
materiali coinvolti. In tale  ultima  ipotesi,  peraltro,  stante  la
significativa incidenza della disciplina statale su ambiti  materiali
spettanti alla competenza esclusiva o concorrente regionale, dovrebbe
essere  assicurato  il  coinvolgimento  della  Regione  stessa  nella
decisione del legislatore statale, attraverso meccanismi di  raccordo
o concertazione reputati idonei al sostanziale rispetto del principio
di leale collaborazione. 
    Alla luce delle considerazioni svolte, si chiede a questa  ecc.ma
Corte di dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  49,
comma 4-ter, del d.1.  n.  78/2010,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 122/2010, per violazione dell'art. 2, comma 1, lettere
g), p), q), e 3, comma 1, lett. a), della legge  cost.  n.  4/1948  e
delle relative norme di attuazione, nonche'  del  combinato  disposto
dell'art. 117, comma 4, Cost. e dell'art. 10  della  legge  cost.  n.
3/2001. 
    In via subordinata, ove si ritenesse che  la  disciplina  statale
censurata sia riconducibile alla competenza trasversale  dello  Stato
in  materia  di  «concorrenza»  e  di   «livelli   essenziali   delle
prestazioni», la stessa risulterebbe ugualmente incostituzionale  per
violazione del principio di leale collaborazione di cui agli articoli
5 e 120 Cost. 
    Tale disciplina, infatti, incide in maniera  significativa  sulle
competenze regionali, con la conseguenza che lo Stato avrebbe  dovuto
- diversamente da  quanto  fatto  nel  caso  di  specie  -  prevedere
meccanismi di reciproco coinvolgimento e di coordinamento del livello
di governo statale e regionale,  come  in  piu'  occasioni  affermato
dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte  (cfr.,  tra  le  altre,
Corte cost., sentt. nn. 213/2006; 240/2007; 78/2010). 
V.1) Violazione ad opera dell'art. 49, commi 4-quater e  4-quinquies,
del d.l. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122, dell'art. 117 Cost., commi 4 e 6,  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge cost.  n.  3/2001,  nonche'  degli
artt. 2, comma 1, lettere g), p) e q), e 3, comma 1, lett. a),  dello
Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del  1948)  e
delle relative  norme  di  attuazione,  nonche',  in  subordine,  del
principio di leale collaborazione. 
    L'art. 49 del d.l. n.  78/2010,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 122/2010, introduce, ai commi 4-quater e  4-quinquies,
una  disciplina  volta  alla  semplificazione   e   riduzione   degli
adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, al
fine  di  promuovere  lo  sviluppo  del  sistema  produttivo   e   la
competitivita' delle imprese. L'art. 49, comma 4-quater, del d.l.  n.
78/2010, dispone, a tale riguardo, il ricorso  allo  strumento  della
delegificazione. Si autorizza infatti il Governo ad  adottare  uno  o
piu' regolamenti ai sensi dell'art.  17,  comma  2,  della  legge  23
agosto 1988, n.  400,  su  proposta  dei  Ministri  per  la  pubblica
amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione  normativa  e
dello  sviluppo  economico,  sentiti  i  Ministri  interessati  e  le
associazioni imprenditoriali, «volti a  semplificare  e  ridurre  gli
adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e  medie  imprese».
Il medesimo comma individua  i  principi  e  criteri  direttivi,  nel
rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter  della
legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive  modificazioni,  che  devono
essere seguiti nell'adozione dei relativi regolamenti. Tali  principi
e criteri direttivi consistono, tra l'altro,  nella  proporzionalita'
degli  adempimenti  amministrativi  in  relazione   alla   dimensione
dell'impresa e al settore di  attivita',  nonche'  alle  esigenza  di
tutela  degli  interessi  pubblici   coinvolti   (lett.   a),   nella
eliminazione  di  autorizzazioni,  licenze,   permessi,   ovvero   di
dichiarazioni,  attestazioni,  certificazioni,  comunque  denominati,
nonche'  degli  adempimenti  amministrativi  e  delle  procedure  non
necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione
alla dimensione dell'impresa ovvero alle attivita' esercitate  (lett.
b), nella  estensione  dell'utilizzo  dell'autocertificazione,  delle
attestazioni e delle  asseverazioni  dei  tecnici  abilitati  nonche'
delle  dichiarazioni  di  conformita'  da  parte  dell'Agenzia  delle
imprese (lett. c), nella informatizzazione degli adempimenti e  delle
procedure amministrative, secondo la disciplina  dettata  dal  Codice
dell'amministrazione digitale (lett.  d),  nella  soppressione  delle
autorizzazioni  e  dei  controlli  per  le  imprese  in  possesso  di
certificazione ISO o equivalente, per le attivita'  oggetto  di  tale
certificazione (lett. e), e  nel  coordinamento  delle  attivita'  di
controllo  al  fine  di  evitare  duplicazioni   e   sovrapposizioni,
assicurando la proporzionalita' degli stessi in relazione alla tutela
degli interessi pubblici coinvolti (lett. f). 
    L'art. 49, comma 4-quinquies, prevede poi che  i  regolamenti  di
cui al succitato comma 4-quater sono emanati entro dodici mesi  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  d.l.  n.
78/2010 ed entrano in vigore il quindicesimo giorno  successivo  alla
data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  Con  effetto
dalla data  di  entrata  in  vigore  dei  predetti  regolamenti  sono
abrogate  le  norme,  anche  di  legge,  regolatrici   dei   relativi
procedimenti. Si precisa infine che tali interventi confluiscono  nel
processo di riassetto di cui all'art. 20 della legge n. 59 del 1997. 
    La  disciplina  contenuta  nell'art.   49,   commi   4-quater   e
4-quinquies, laddove  ritenuta  applicabile  alla  Regione  Valle  d'
Aosta, deve ritenersi costituzionalmente illegittima, per  violazione
di  una  pluralita'  di  parametri   costituzionali   che   assistono
l'autonomia legislativa e regolamentare della Regione. 
    Anzitutto deve osservarsi che i commi 4-quater e 4-quinquies, nel
disciplinare la semplificazione  e  la  riduzione  degli  adempimenti
amministrativi a carico delle piccole e  medie  imprese  al  fine  di
promuovere  la  loro  competitivita'  e  lo  sviluppo   del   sistema
produttivo, incidono prevalentemente in  ambiti  materiali  spettanti
alla competenza esclusiva o concorrente della Regione Valle  d'Aosta.
In  particolare,  la  disciplina  censurata  investe  l'ambito  delle
attivita'  industriali,  commerciali  e  artigianali  spettanti  alla
competenza  residuale  delle  regioni  ai  sensi  del  quarto   comma
dell'art. 117 Cost. e dunque anche alla competenza legislativa  della
Regione Valle d'Aosta in virtu' della clausola  di  cui  all'art.  10
della legge  cost.  n.  3/2001.  Inoltre,  non  v'e'  dubbio  che  la
disciplina  delle  attivita'  amministrative  relative  all'attivita'
delle piccole e medie imprese coinvolge le materie  «artigianato»  ed
«industria alberghiera, turismo e tutela  del  paesaggio»  attribuite
alla competenza piena della Regione Valle d'Aosta dall'art. 2,  comma
1, lettere p)  e  q)  dello  Statuto  speciale,  nonche'  la  materia
«industria e commercio», attribuita dall'art. 3, comma  1,  lett.  a)
del medesimo statuto alla competenza della Regione di  emanare  norme
legislative  di  integrazione  e  di  attuazione  delle  leggi  della
Repubblica. 
    Parimenti coinvolto sarebbe l'ambito materiale tutelato dall'art.
2, comma 1, lett. g) dello Statuto speciale, relativo a «urbanistica,
piani regolatori per zone  di  particolare  importanza  turistica»  -
nell'ipotesi  in  cui  si  ritenesse  che  rientrano  nell'ambito  di
applicazione  delle  norme  impugnate  anche  aspetti  relativi  alla
pianificazione territoriale. 
    Dunque, la disciplina introdotta dall'art. 49, commi  4-quater  e
4-quinquies, non puo' certo ascriversi, nella sua totalita',  ad  una
competenza esclusiva dello Stato, dal momento  che  essa  insiste  in
modo prevalente  su  ambiti  di  legislazione  regionale,  di  natura
esclusiva o concorrente. 
    Se dunque si  esclude  che  le  previsioni  contenute  nei  commi
4-quater e 4-quinquies rientrino in ambiti materiali  spettanti  alla
competenza  esclusiva  dello  Stato,  ne  consegue  che  il   rinvio,
contemplato nei medesimi commi, ad un regolamento governativo per  la
disciplina  degli  adempimenti  amministrativi  cui  sono  tenute  le
piccole e medie imprese si pone in  immediato  contrasto  con  l'art.
117, comma 6, Cost., in  base  al  quale  la  potesta'  regolamentare
spetta allo Stato soltanto nelle materie di  legislazione  esclusiva,
fatta salva la possibilita' di delega alle Regioni. L'art. 117, comma
6, attribuisce infatti alle regioni la potesta' regolamentare in ogni
altra materia. 
    Deve pertanto ritenersi che la previsione contenuta nell'art. 49,
comma 4-quinquies, in base alla quale,  con  effetto  dalla  data  di
entrata in vigore dei regolamenti di cui  al  comma  4-quater,  «sono
abrogate  le  norme,  anche  di  legge,  regolatrici   dei   relativi
procedimenti», laddove ritenuta applicabile anche alla Regione  Valle
d'Aosta,  determini  una  lesione  delle  competenze  legislative   e
regolamentari  attribuite  alla  medesima  Regione.   I   regolamenti
governativi di delegificazione, infatti,  non  posso  intervenire  in
materie spettanti  alla  competenza  esclusiva  o  concorrente  della
Regione Valle d'Aosta, tra le quali devono annoverarsi  anche  quelle
concernenti, in generale, le attivita' produttive  sopra  richiamate.
D'altra parte, l'effetto abrogativo connesso  all'entrata  in  vigore
dei regolamenti adottati dal Governo ai  sensi  dell'art.  49,  commi
4-quater e 4-quinquies, genericamente riferito alle «norme, anche  di
legge, regolatrici dei relativi procedimenti», determina  un'indebita
intromissione della  legge  statale  nell'ordinamento  della  Regione
Valle d'Aosta, ponendosi ancora una volta in palese contrasto con  il
principio di competenza che regola i rapporti tra le fonti statali  e
le fonti regionali nel nostro ordinamento. 
    Conseguentemente,   le   norme   censurate    devono    ritenersi
costituzionalmente illegittime  anzitutto  per  violazione  dell'art.
117, commi 4 e 6, Cost., in combinato disposto con  l'art.  10  della
legge cost. n. 3/201, nonche' dell'art. 2, comma l, lettere  g),  p),
q), e 3, comma  1,  lett.  a),  dello  Statuto  della  Regione  Valle
d'Aosta. 
    In subordine,  qualora  si  volesse  rintracciare  il  fondamento
dell'intervento  legislativo  statale   censurato,   concernente   la
semplificazione dei procedimenti amministravi relativi alle piccole e
medie imprese, nell'esigenza  di  soddisfare  esigenze  unitarie  che
devono,  necessariamente  essere  sottoposte   ad   una   regolazione
uniforme, sebbene invasiva delle  attribuzioni  regionali,  nondimeno
l'art.  49,  commi  4-quater  e  4-quinquies,  determinerebbero   una
violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt.  5
e 120 Cost., giacche' le disposizioni censurate non  prevedono  alcun
meccanismo di raccordo  e  di  concertazione  con  il  sistema  delle
autonomie territoriali, e segnatamente con la Regione Valle  d'Aosta.
In assenza di tali meccanismi di concertazione e  raccordo,  infatti,
la   previsione   statale   relativa   al   citato   istituto   della
delegificazione, in grado di determinare  l'abrogazione  delle  norme
regolatrici  della  materia  adottate  dalla  Regione  Valle  d'Aosta
nell'esercizio delle proprie competenze normative, costituzionalmente
garantite, nel settore  dello  sviluppo  economico  e  competitivita'
delle piccole  e  medie  imprese,  appare  del  tutto  sproporzionata
rispetto alla finalita' perseguita per violazione  del  principio  di
leale collaborazione e dunque costituzionalmente illegittima. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale,  in  accoglimento
del   presente   ricorso,    voglia    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale del decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,  recante
«Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica», convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n.  122,  limitatamente  all'art.  5,  comma  5,  per
violazione dell'art. 3, comma 1, lett. f), dello Statuto speciale per
la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4/1948), nonche' degli articoli 117,
comma 3, Cost. e 119, comma  2,  Cost.,  in  combinato  disposto  con
l'art. 10, legge cost. n. 3/2001; all'art. 6, commi 2, 3, 5, 6, 7, 8,
9, 12, 13, 14, 19, e 20, primo periodo, per violazione degli artt. 2,
comma 1, lett. a); 2, comma 1, lett. b); 3, comma  1,  lett.  f);  3,
comma 1, lett. l) e 4 dello Statuto della Valle d'Aosta (legge  cost.
n. 4/1948), nonche' dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001 e  per  vizio
di irragionevolezza; all'art. 9, comma 2-bis,  nonche'  al  combinato
disposto degli  articoli  9,  comma  28,  e  14,  comma  24-bis,  per
violazione degli artt. 2, comma 1, lett. a), comma 1,  lett.  f),  3,
comma 1, lett. l), 4, comma  1,  e  12,  dello  Statuto  della  Valle
d'Aosta (legge cost. n. 4/1948) e delle relative norme di attuazione,
nonche' dell'art. 10, legge cost. n. 3/2001  e  degli  articoli  117,
commi 3 e 4, Cost., 119, comma 2, Cost., letti in combinato  disposto
con l'art. 10, legge cost.  n.  3/2001;  all'art.  9,  comma  4,  per
violazione degli artt. 117, commi 3 e 4, e 119, Cost.,  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge cost.  n.  3/2001,  nonche'  degli
artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lett. f),  e  4  dello
Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge cost. n. 4 del  1948)  e
delle relative norme di.  attuazione;  all'art.  14,  comma  32,  per
violazione degli articoli 2, comma 1, lett. b) e 3, comma 1, lett. f)
dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (legge cost.  n.  4/1948),
nonche' del combinato .disposto degli articoli 117, comma 2, lett. g)
Cost. e 117, comma 4 Cost.  e.  dell'art.  117,  comma  6,  Cost.  in
combinato disposto con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, nonche'  per
violazione del  principio  costituzionale  di  leale  collaborazione;
all'art. 49, comma 4-ter, per. violazione dell'art.  117  Cost.,  in.
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3/2001, nonche'
degli artt. 2, comma 1, lettere g), p) e q), e 3, comma 1, lett.  a),
dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge  cost.  n.  4  del
1948) e delle relative norme di attuazione,  nonche',  in  subordine,
per violazione del principio costituzionale di leale  collaborazione;
all'art. 49, commi 4-quater e 4-quinquies, per  violazione  dell'art.
117 Cost., commi 4 e 6, in combinato disposto  con  l'art.  10  della
legge cost. n. 3/2001, nonche' degli artt. 2, comma 1, lettere g), p)
e q), e 3, comma 1, lett. a), dello Statuto  speciale  per  la  Valle
d'Aosta (legge cost. n.  4  del  1948)  e  delle  relative  norme  di
attuazione,  nonche',  in   subordine,   del   principio   di   leale
collaborazione -  nella  parte  in  cui  risultano  applicabili  alla
Regione  Valle  d'Aosta  e   ne   ledono   le   relative   competenze
costituzionalmente garantite, sotto profili e per le ragioni  dinanzi
esposte. 
    Si  depositera',  unitamente  al  presente  ricorso   debitamente
notificato, la seguente documentazione: 
        1) Delibera della Giunta regionale  della  Valle  d'Aosta  n.
2519 del 22 settembre 2010. 
          Roma, addi' 23 settembre 2010 
 
                 Prof. avv. Francesco Saverio Marini