N. 346 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 2010

Ordinanza del 19 aprile  2010  emessa  dal  Tribunale  di  Lecco  nel
procedimento penale a carico di Ka Abdoulaye. 
 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continua a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato - Mancata inserimento  nella  descrizione  della  fattispecie
  della  clausola  «senza  giustificato   motivo»   -   Irragionevole
  disparita' di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all'art.
  14, comma 5-ter, del medesimo decreto legislativo. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, art. 3. 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continua a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato  -  Denunciata  possibile  reiterazione  delle   condanne   -
  Irragionevole sproporzione del trattamento sanzionatorio -  Lesione
  della liberta' personale. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 13. 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continua a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato - Denunciata reiterazione della sanzione  in  relazione  alle
  plurime  inosservanze  della  mera  intimazione   a   lasciare   il
  territorio  nazionale,  in  assenza  dell'adozione   del   servizio
  pubblico di accompagnamento ai  confini  -  Lesione  del  principio
  della finalita' rieducativa della pena. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, art. 27. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letti gli atti del procedimento a carico di: Ka  Abdoulaye,  nato
in Senegal il 14 settembre  1985,  e  alias  come  in  atti,  libero,
assente - assistito e difeso di fiducia dall'avv. del foro di  Lecco,
imputato in ordine al reato di cui all'art. 99 co. 4 c.p., 14  co.  5
quater, D.lgs. 286/1998, come modificato  dalla  L.  94/09,  perche',
essendo destinatario del decreto di espulsione del prefetto di  Lecco
del 12  agosto  2009,  ai  sensi  dell'art.  14  comma  5-ter  D.lgs.
286/1998, continuava a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
Stato in violazione del nuovo ordine impartito dal Questore di  Lecco
ai sensi dell'art. 14 co. 5 bis con provvedimento notificatogli il 26
novembre 2009. 
    Con  la  recidiva  specifica,  reiterata   e   infraquinquennale,
accertato a Olgiate Molgora il 14 marzo 2010. 
 
                            O s s e r v a 
 
    Ka Abdoulaye e' stato tratto in arresto in data 14 marzo 2010 per
rispondere del reato meglio descritto in epigrafe. 
    L'ultimo provvedimento notificato  all'imputato  e'  l'ordine  di
allontanamento emesso dal Questore di Lecco il 26 novembre 2010. 
    Nel provvedimento si da' atto che nei confronti di Ka Abdulaye: 
      e'  stato  disposta  l'espulsione  con   accompagnamento   alla
frontiera con decreto emesso dal Prefetto di Lecco in data 12  agosto
2009; 
      il prevenuto si e' trattenuto nel territorio dello Stato  senza
giustificato motivo in violazione dell'ordine impartito dal  Questore
di Como l'8 ottobre 2009; 
      e' stata disposta nuovamente l'espulsione  con  accompagnamento
alla frontiera con decreto 26 novembre 2009 del prefetto di Lecco; 
      non e' possibile eseguire  con  immediatezza  l'espulsione  con
accompagnamento alla frontiera; 
      non e' possibile trattenere la persona espulsa presso i  centri
di identificazione ed espulsione. 
    Dall'esame del certificato penale dell'imputato e dell'ordine  di
carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica in sede si  rileva
che Ka Abdoulaye ha riportato, in un brevissimo  arco  di  tempo,  le
seguenti condanne: 
    1. 12/8/2009 Tribunale Lecco, es. 1/10/2009: mesi 5 e gg.  10  di
reclusione per il reato di cui all'art. 14 co. 5 ter D.  L.vo  286/98
accertato il g.  11/8/2009  in  Cernusco  Lombardone;  Pena  Sospesa:
beneficio revocato con sentenza sub 3); 
    2. 8/10/2009 Tribunale Como, es. 14/11/2009; mesi 5 e gg.  20  di
reclusione per il reato di cui all' art. 14 co. 5 ter D. L.vo  286/98
commesso fino 7/10/2009 in Como; nonche' art. 6 co. 3 D. L.vo  286/98
commesso il 7/10/2009 in Como; 
    3. 26/11/2009 Tribunale Lecco, es. 3/1/2010: anni I di reclusione
per il reato di  cui  agli  artt.14  co.  5  quater  D.  L.vo  286/98
accertato il 25/11/2009 - 495 co. I c.p. accertato il 25/ 11 /2009 in
Cernusco Lombardone. 
    Il totale delle pene inflitte ammonta  ad  anni  1,  mesi  11  di
reclusione. 
    Il presente procedimento viene  dunque  sulla  situazione  di  un
soggetto gia' condannato, in epoca recente per la stessa  ipotesi  di
reato oggi in esame. 
    La norma e' stata introdotta con la L. 94/09. 
    La nuova fattispecie incriminatrice determina sostanzialmente una
decisa anticipazione  della  soglia  di  applicazione,  giacche'  non
presuppone piu' che  l'autore  del  reato  sia  stato  effettivamente
espulso e successivamente sia rientrato nel territorio  italiano,  ma
piu' semplicemente che egli sia  stato  destinatario  dell'ordine  di
espulsione emesso ai sensi del precedente comma 5-ter e di  un  nuovo
ordine di allontanamento adottato nei casi previsti dal  comma  5-bis
dello stesso art. 14. 
    Al di la' dell'ipertrofia raggiunta dell'intera procedura il dato
saliente della modifica legislativa e' costituito dal fatto che,  per
la consumazione del delitto in questione, lo straniero non deve  piu'
aver prima fisicamente lasciato il territorio  italiano,  com'era  in
precedenza. 
    A questo punto il tratto  differenziale  con  la  fattispecie  in
commento  e  quelle  previste  dal  comma  5-ter  (inequivocabilmente
costituito  in   precedenza   dall'eclatanza   del   nuovo   ingresso
clandestino) tende a sfumare ed in definitiva la nuova incriminazione
viene  a  trovare  la  sua  ratio  nella  volonta'  di  punire   piu'
severamente la recidivanza nel non ottemperare  ai  provvedimenti  di
espulsione. 
    Appare infatti indiscutibile  che  il  legislatore  abbia  voluto
espressamente travolgere la giurisprudenza formatasi a partire  dalla
sentenza 580/2006, posto che: 
      a) nell'ordine di allontanamento questorile post legem 2009  e'
contemplato l'avvertimento circa le conseguenze  sanzionatorie  della
permanenza illegale anche reiterata  dell'immigrato  espulso,  mentre
nulla diceva in proposito la precedente versione del comma 5 bis; 
      b) la prassi delle espulsioni «a catena» o,  per  meglio  dire,
degli «ordini di allontanamento reiterati», con cui semplicemente  il
Questore intima all'espulso di adempiere spontaneamente,  illegittima
fino al 7 agosto 2009 viene legittimata expressis verbis dal comma  5
ter  nella  nuova   versione:   se   non   e'   possibile   procedere
all'accompagnamento  alla  frontiera  poiche'  non  ci  sono  vettori
disponibili per il viaggio oltreconfine o se lo stesso viaggio non e'
praticabile per mancanza di identificazione certa  dell'espellendo  o
per carenza di documentazione e se mancano, infine, posti disponibili
nei  C.I.E.  il  Questore   puo'   riemettere   una   seconda   volta
l'intimazione alla c.d. «autoespulsione» nei canonici cinque  giorni.
Ebbene, qualsiasi operatore del settore sa bene che nell'80% dei casi
si procede in tal senso, per cui  la  regola  applicata  in  concreto
sara' quella delle intimazioni reiterate; 
      c)  le  intimazioni  potranno  essere  reiterate  ad   libitum:
infatti, anche in  sede  di  secondo  accertamento  dell'inosservanza
spontanea da parte del destinatario, si potra' nuovamente far ricorso
al terzo ordine  di  allontanamento  (si  consideri  la  «catena  dei
rinvii»: il comma 5 quater dell'art. 14 t.u. rinvia al comma  5  ter,
ultimo periodo, che, a  sua  volta,  rinvia  ai  commi  1  e  5  bis,
disciplinanti nell'ordine il trattenimento nel G.I.E. e  l'ordine  di
allontanamento spontaneo entro cinque giorni); 
    Il  reato  commesso  a  partire  dal  secondo   accertamento   di
violazione dell'ordine questorile sara' quello previsto dal  comma  5
quater, mentre in precedenza si e'  visto  che  non  veniva  commesso
nemmeno il reato punito dal comma 5 ter: cio' perche',  da  un  lato,
l'intimazione reiterata a lasciare  l'Italia  e'  ora  consentita  e,
dall'altro, la condotta dell'«essere trovato», che presupponeva anche
da un punto di  vista  lessicale  un  «rientro»  dell'immigrato  gia'
materialmente  espulso  (si  vedano  le  tante  sentenze  della  S.C.
conformi alla 580/2006) e' stata inequivocamente sostituita da quella
del «continuare a permanere»  nel  novellato  comma  5  quater,  che,
peraltro, contempla espressamente il presupposto della violazione  di
un nuovo ordine emesso ai sensi del comma 5 bis. 
    La problematica che assume concreto rilievo nel caso in esame  e'
dunque quella della reiterabilita'  dell'intimazione  a  lasciare  lo
Stato per lo straniero gia' condannato per il reato di cui al 14 c. 5
ter,  del  quale  non  sia  possibile  eseguire   immediatamente   il
rimpatrio, e, di conseguenza, la questione (dall'importante  risvolto
applicativo) della reiterazione di condanne cui,  come  nel  caso  di
specie, potrebbe andare incontro lo straniero di cui non si riesca ad
effettuare il rimpatrio, e che non adempia spontaneamente  all'ordine
di allontanamento. 
    La riforma dei commi 5 ter e 5 quater  ha  mutato  il  precedente
quadro di riferimento, in quanto il legislatore ha inteso sconfessare
l'indirizzo giurisprudenziale, consentendo ora di punire per un nuovo
reato lo straniero, gia' condannato ex art. 14 c. 5 ter, che continui
a soggiornare illegalmente in Italia. A questo  risultato  si  giunge
oggi in virtu' tanto del nuovo testo del  comma  5  ter  (ove  si  fa
esplicito riferimento alla possibilita' che, ove  non  si  riesca  ad
accompagnare alla frontiera il soggetto  gia'  condannato  per  avere
disottemperato il primo ordine di allontanamento ed una volta scaduti
i termini del suo trattenimento amministrativo nei CIE, venga  emesso
un nuovo ordine di allontanamento ex art. 14 c. 5 bis), quanto  delle
modifiche che hanno interessato  il  comma  5  quater,  che  oggi  e'
espressamente applicabile allo straniero destinatario dell'ordine  di
allontanamento del comma 5 ter che «continui a permanere illegalmente
nel territorio dello Stato». 
    Pertanto, dopo la riforma: lo straniero che, gia' condannato  una
prima volta per il reato di inottemperanza di cui all'art.  14  c.  5
ter, continui a  soggiornare  illegalmente  in  Italia,  puo'  andare
incontro ad una nuova condanna per il reato di cui al 14 c. 5  quater
(punito tra l'altro con pena ancora piu' grave del 14 c. 5 ter). 
    Alcuni problemi rimangono aperti quanto al nuovo delitto  di  cui
al 14 c. 5 quater. 
    Il primo riguarda la mancanza nella  fattispecie  della  clausola
esimente del  «senza  giustificato  motivo»,  presente  invece  nella
«fattispecie gemella» dell'art. 14 c. 5 ter (in entrambi i  casi,  si
tratta di un soggetto che non adempie all'intimazione a  lasciare  lo
Stato). 
    La Corte Costituzionale, nel vagliare la  legittimita'  dell'art.
14 c. 5 ter, ha in diverse occasioni (2004  e  2007)  avuto  modo  di
sottolineare  l'importanza  che  nell'economia  di  tale  fattispecie
riveste la clausola del giustificato motivo, che agendo come «valvola
di sicurezza» del sistema permette  di  mandare  esente  da  pena  lo
straniero quando la sua permanenza illegale sia determinata da  gravi
cause  ostative  (come  l'assoluta  impossidenza  e  la   conseguente
impossibilita' di procurarsi il biglietto di viaggio, oppure lo stato
di salute  che  non  gli  consenta  di  lasciare  l'Italia)  tali  da
rendergli   non   rimproverabile   l'inottemperanza   all'ordine   di
allontanamento. 
    Nel caso in esame l'imputato ha dichiarato di  essere  sprovvisto
di risorse economiche tali da consentirgli il rimpatrio. 
    La Suprema Corte (Sez. 1, Sentenza n. 30779 del 7 luglio 2006) ha
affermato, in tema di immigrazione, che ai fini della sussistenza del
«giustificato motivo», idoneo ad escludere  la  configurabilita'  del
reato  di  inosservanza  all'ordine  del  questore  di  lasciare   il
territorio dello Stato, i motivi che, in base all'art. 14 comma primo
del D.Lgs. n. 286 del 1998,  legittimano  la  P.A.  a  non  procedere
all'esecuzione dell'espulsione  con  accompagnamento  coattivo  dello
straniero  alla  frontiera,  ossia  la  necessita'  di  soccorso,  la
difficolta'  nell'ottenimento   dei   documenti   per   il   viaggio,
l'indisponibilita' del vettore o di altro mezzo di trasporto  idoneo,
costituiscono indici di  riconoscimento  della  inesigibilita'  della
condotta richiesta allo straniero, in applicazione del  principio  ad
impossibilia nemo tenetur. In particolare,  costituisce  giustificato
motivo  l'inadempimento  conseguente  alle  condizioni  di   assoluta
impossidenza dello straniero il quale non possa recarsi  nel  termine
alla frontiera, ne' acquistare il biglietto di viaggio  -  ovvero  al
mancato rilascio da parte della competente  autorita'  diplomatica  o
consolare dei documenti necessari, peraltro sollecitamente  richiesti
dallo straniero stesso. 
    Ora, dal momento che nel 14 c. 5 quater questa  clausola  non  e'
stata inserita, ritiene il giudicante che  gli  atti  vadano  rimessi
alla Corte  Costituzionale,  per  l'evidente  irragionevolezza  della
diversita' di disciplina tra fattispecie  di  reato  identiche  tanto
sotto il profilo strutturale che valoriale. 
    Nella fattispecie in  esame  lo  straniero,  gia'  inottemperanze
all'ordine di uscire dai confini nazionali, non ha  piu',  a  partire
dal secondo accertamento della sua permanenza irregolare  nel  Paese,
alcuna possibilita' di allegare quelle stesse situazioni che  rendono
impossibile o pericoloso adempiere all'ordine di espulsione. 
    Eppure, tali impedimenti ben  possono  sopravvenire  rispetto  al
primo accertamento della violazione: si pensi  a  malattie  oppure  a
stati di guerra o calamita' naturale nella nazione di provenienza del
cittadino   straniero   sorti   dopo    la    prima    inottemperanza
all'intimazione di lasciare il territorio italiano,  gia'  sanzionata
con l'arresto ed il contestuale processo con rito direttissimo. 
    Ne deriva che l'imputato che si trovi  a  dover  fronteggiare  le
suddette evenienze - assolutamente estranee alla sua sfera volitiva -
non avra' alcuna possibilita' di far valere fondamentali  elementi  a
discarico nel processo instaurato contro di lui  per  la  commissione
del reato previsto dal comma 5 quater dell'art.  14  t.u.  immigraz.,
divenendo soggetto per questa via ad una serie indefinita di arresti,
processi e condanne per tutta la  durata  della  situazione  ostativa
alla partenza dall'Italia. 
    Il   secondo   profilo   di   incostituzionalita'   riguarda   la
possibilita'  che  l'attuale  dato  normativo  conduca  o  meno  alla
ripetizione in perpetuo del rimprovero penale per lo  straniero  che,
nonostante le condanne per i reati di cui ai commi 5  ter  e  quater,
rimanga comunque in Italia. 
    Si potrebbe  giungere  infatti  al  risultato  di  condannare  in
perpetuo lo straniero per il suo  rifiuto  di  abbandonare  l'Italia:
situazione che richiamerebbe da vicino la «spirale di  condanne»  per
diserzione  cui  andavano  incontro  i  renitenti  alla  leva   prima
dell'abolizione  del  servizio  militare,  situazione  che  la  Corte
Costituzionale (con la sentenza 343/1993) aveva dichiarato  contraria
ai principi di proporzione e della finalita' rieducativa della  pena,
visto  il  carattere  ontologicamente  unitario  della   condotta   e
l'inammissibilita' di un sacrificio delle liberta'  personale  capace
di protrarsi sostanzialmente all'infinito. 
    In particolare, volendo richiamare  le  motivazioni  della  Corte
Costituzionale in esame, la possibilita'  reale  della  c.d.  spirale
delle condanne in relazione ai reati di mancata ottemperanza al nuovo
ordine di allontanamento, specie se correlata alla  mancata  presenza
della  clausola  di  esonero  da  responsabilita'  del  «giustificato
motivo» - costituisce manifestazione  della  palese  irragionevolezza
del bilanciamento operato dal legislatore,  in  sede  di  trattamento
sanzionatorio tra il reato per cui si procede e quello della liberta'
personale (art. 13 della Costituzione). 
    La Corte Costituzionale, con  la  sentenza  n.  62  del  1994  ha
precisato  che  quando  venga  riferito  al  godimento  dei   diritti
inviolabili dell'uomo, quale e' nel caso la  liberta'  personale,  il
principio costituzionale  di  uguaglianza  in  generale  non  tollera
discriminazioni  tra  la  posizione  del  cittadino  e  quello  dello
straniero. 
    La difesa dei confini nazionale e dell'ordine  pubblico  se  deve
condurre a un sacrificio della liberta' personale, non puo'  tuttavia
estendere questo sacrificio sino al punto  da  sottoporre  colui  che
abbia commesso i relativi reati «a una serie di condanne penali cosi'
lunga e pesante da poterne distruggere  la  sua  intima  personalita'
umana e la speranza di una vita normale» (v. sent. n. 467 del  1991).
La palese sproporzione del sacrificio della  liberta'  personale  che
cosi' si  realizza  produce,  infatti,  una  vanificazione  del  fine
rieducativo della pena prescritto dall'art. 27,  terzo  comma,  della
Costituzione,  che  di  quella  liberta'  costituisce  una   garanzia
istituzionale in relazione allo stato di detenzione. 
    Il comma 5 quater dell'art. 14 d.lgs. 286/98  pare  in  contrasto
con l'art. 27, 1° comma, della  Costituzione  anche  sotto  ulteriori
profili. 
    La disposizione, come si e' detto, incrimina in  modo  automatico
ogni  accertamento  della  perdurante  inottemperanza  ad  ordini  di
espulsione emessi ai sensi del comma 5 bis dell'art. 14, non  ponendo
alcun  limite  numerico  al  numero  di  tali  accertamenti,  con  il
risultato di poter determinare una  serie  illimitata  di  arresti  e
processi penali. 
    La protrazione ulteriore della condotta illecita e la conseguente
commissione del distinto reato (rispetto all'ipotesi-base incriminata
tuttora dal comma 5 ter)  previsto  dall'art.  14,  comma  5  quater,
D.lgs. 286/1998 vengono  ad  essere  in  concreto  determinate  dalla
inefficienza  della  RA.   nell'esecuzione   dei   provvedimenti   di
espulsione. 
    In definitiva, se la commissione di un reato  e'  influenzata  in
modo determinante dall'attivita' di un organo statuale  e'  possibile
dubitare della legittimita' costituzionale della norma istitutiva del
relativo precetto penale, poiche' ne  risulta  svilito  il  principio
della responsabilita' personale, potendo  l'imputato  subire  pesanti
conseguenze dalla concorrente inerzia  proprio  degli  enti  pubblici
deputati all'applicazione delle norme sull'immigrazione: si pensi, ad
esempio, alla impossibilita' di fruire della sospensione condizionale
della  pena  nei  casi  di  molteplici  condanne  determinate   dalla
reiterata inerzia nel procedere all'accompagnamento  alla  frontiera.
Inoltre, proprio l'art. 16, comma 5°,  del  t.u.,  esclude  anche  la
possibilita'   dell'espulsione   come   sanzione   sostitutiva   alla
detenzione, poiche' il  reato  in  esame  appartiene  al  novero  dei
delitti previsti dal medesimo t.u., per  i  quali  il  beneficio  non
opera. 
    Ne', tornando alla struttura della fattispecie, puo'  richiamarsi
in senso contrario il dominante orientamento della  Cassazione  sulla
natura  permanente  del  reato  di   inottemperanza   all'ordine   di
espulsione (VI sez. pen., 19.3.2008-3.7.2008 cit.). 
    Infatti, la notevole - ed indefinita  -  dilatazione  dell'ambito
applicativo del nuovo art. 14, comma 5 quater, t.u. non  si  concilia
proprio con la giurisprudenza costituzionale, che  ha  agganciato  la
natura permanente o meno di una fattispecie criminosa  non  tanto  ad
una  estemporanea  definizione  legislativa,  quanto  alla  oggettiva
manifestazione della condotta tipica, cosi' come  interpretata  dalla
giurisprudenza. 
    In proposito, puo' citarsi la sentenza della Corte Costituzionale
del 26 novembre 1987, n. 520. Si tenga conto, infine, che, mentre  in
diversi  casi  disciplinati  da  altre  norme  penali  il   perdurare
dell'omissione  acquistava   rilevanza   penale   anche   in   virtu'
dell'incoercibilita' della condotta  doverosa,  nel  caso  in  esame,
poiche' il provvedimento di espulsione  e'  eseguibile  coattivamente
senza una particolare collaborazione da parte del  destinatario,  non
puo' ascriversi alla volonta' dell'immigrato la  responsabilita'  per
le   condotte   successive   al   primo   accertamento    processuale
dell'inottemperanza. 
    Alla stregua di questa elaborazione dell'alta Corte  sui  confini
della punibilita', la norma in esame deve ritenersi  compatibile  con
il principio di responsabilita' personale posto dall'art.  27  Cost.,
nella misura in cui  la  permanenza  della  condotta  omissiva  cessi
comunque con la sentenza di condanna non seguita da provvedimento  di
espulsione effettiva, non potendosi  ritenere  ammissibile  sotto  il
profilo costituzionale  un  meccanismo  indefinito  di  processi  con
«arresti a catena» di una persona inottemperante ad un  primo  ordine
di espulsione, che non sia stato accompagnato alla frontiera all'atto
del secondo accertamento della violazione, in virtu'  dell'apodittica
formulazione dell'ultimo periodo del comma 5 ter  («qualora  non  sia
possibile procedere all'accompagnamento»). 
    Tuttavia,  poiche'  la  normativa  fin  qui  esaminata  e'  stata
introdotta  proprio  per  permettere  il  meccanismo  indefinito   di
processi con «arresti a catena», con  la  sostanziale  surroga  della
detenzione (in virtu' dell'accumulo delle condanne  e  degli  effetti
della recidiva) alla piu' proporzionata e doverosa esecuzione in  via
amministrativa delle disposizioni sull'immigrazione  (accompagnamenti
e respingimenti motivati di soggetti specificamente individuati), non
pare  manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 5 quater dell'art. 14, d.lgs. 286/98,  nella
parte in cui richiama l'ultimo periodo del precedente comma 5  ter  e
sanziona reiteratamente plurime inosservanze della mera intimazione a
lasciare il  territorio  nazionale,  senza  l'adozione  del  servizio
pubblico di accompagnamento ai confini. 
    Si deduce quindi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14 co.
5 quater, D.lgs. 286/1998, in riferimento agli artt. 3- 13 e 27 della
Costituzione; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Lecco visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. n. 87/53; 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  comma  5  quater  D.lgs.
286/1998, come modificato dalla L. 94/09, per irragionevolezza  della
sanzione e per violazione degli 3 (principio di  ragionevolezza),  13
(liberta' personale) e 27 (funzione rieducativa della pena). 
    Dispone  la  sospensione  del   procedimento   e   la   immediata
trasmissione  degli  atti  del  presente  procedimento   alla   Corte
Costituzionale; 
    Dispone  che  del  presente   disposto   venga   data   immediata
comunicazione alla Questura di Lecco. 
    Ordina che a cura della Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata all'imputato, al difensore e al Pubblico Ministero, e  che
venga altresi' comunicata al Presidente della Camera dei  Deputati  e
al Presidente del Senato della Repubblica. 
        Lecco, addi' 19 aprile 2010 
 
                          Il giudice: Ceron