N. 313 SENTENZA 3 - 11 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia   -   Norme    della    Regione    Toscana    -    Necessita'
  dell'autorizzazione regionale  per  l'installazione  di  "linee  ed
  impianti di trasmissione, trasformazione, distribuzione di  energia
  elettrica di tensione nominale superiore a 100  mila  volt  qualora
  assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA)
  regionale" - Ricorso del Governo -  Asserita  interferenza  con  le
  regole  concernenti  la  rete  nazionale  ad  alta  tensione,   con
  violazione dei principi  fondamentali  fissati  dalla  legislazione
  statale  nella  materia  "produzione,  trasporto  e   distribuzione
  nazionale  dell'energia"  -  Suscettibilita'   di   interpretazione
  conforme a Costituzione della  norma  impugnata  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71, art. 1,  comma
  1, che sostituisce l'art. 3, comma 1, lett. d), della  legge  della
  Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 39. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 29  dicembre  2003,  n.
  387, art. 12. 
Energia - Norme della Regione Toscana -  Impianti  di  produzione  di
  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  -  Applicazione   della
  disciplina della denuncia di inizio attivita' (DIA)  agli  impianti
  la cui capacita' di generazione sia  inferiore,  per  tipologia  di
  fonte, alle soglie di 100 kw, per l'eolica, e di  200  kw,  per  la
  solare fotovoltaica - Ricorso del Governo - Asserito contrasto  con
  la legislazione statale costituente  principio  fondamentale  della
  materia   "produzione,   trasporto   e   distribuzione    nazionale
  dell'energia" - Eccezione di inammissibilita' della  questione  per
  indeterminatezza della formulazione - Reiezione. 
- Legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71, art. 10, comma
  2, che sostituisce il comma 3, lett. f), nn. 1 e  2,  dell'art.  16
  della legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 39. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 29  dicembre  2003,  n.
  387, art. 12, comma 5, e tabella A. 
Energia - Norme della Regione Toscana -  Impianti  di  produzione  di
  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  -  Applicazione   della
  disciplina della denuncia di inizio attivita' (DIA)  agli  impianti
  la cui capacita' di generazione sia  inferiore,  per  tipologia  di
  fonte, alle soglie di 100 kw, per l'eolica, e di  200  kw,  per  la
  solare  fotovoltaica  -  Contrasto  con  la  legislazione   statale
  costituente  principio  fondamentale  della  materia   "produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71, art. 10, comma
  2, che sostituisce il comma 3, lett. f), nn. 1 e  2,  dell'art.  16
  della legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 39. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 29  dicembre  2003,  n.
  387, art. 12, comma 5, e tabella A. 
Energia - Norme della Regione Toscana -  Impianti  di  produzione  di
  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  -  Applicazione   della
  disciplina della denuncia di inizio attivita' (DIA)  agli  impianti
  la cui capacita' di generazione sia  inferiore,  per  tipologia  di
  fonte, alle soglie di 100 kw, per l'idraulica, di 200  kw,  per  le
  biomasse, e 250 kw, per i gas di discarica,  o  gas  residuati  dei
  processi di depurazione o biogas - Ricorso del Governo  -  Asserito
  contrasto  con  la  legislazione  statale   costituente   principio
  fondamentale della materia "produzione, trasporto  e  distribuzione
  nazionale  dell'energia"  -  Esclusione  -  Non  fondatezza   della
  questione. 
- Legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71, art. 10, comma
  2, che sostituisce il comma 3, lett. f), nn. 3, 4 e 5, dell'art. 16
  della legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 39. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Energia - Norme della Regione Toscana  -  Installazione  di  pannelli
  solari fotovoltaici di potenza nominale  uguale  o  inferiore  a  1
  megawatt, di impianti eolici di potenza nominale uguale o inferiore
  a 1 megawatt, di impianti a fonte  idraulica  di  potenza  nominale
  uguale  o  inferiore  a  200  chilowatt  -  Esonero   dal   "titolo
  abilitativo" (DIA) quando "la  Regione  e  gli  enti  locali  siano
  soggetti responsabili" degli interventi, realizzati  tenendo  conto
  delle  condizioni  fissate  dal  piano  di   indirizzo   energetico
  regionale  (PIER)   -   Violazione   del   modello   procedimentale
  individuato, per  ragioni  di  uniformita',  dalla  legge  statale,
  costituente  principio  fondamentale  della  materia   "produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" -  Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento delle ulteriori questioni. 
- Legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71, art. 11, comma
  4, che inserisce il comma 1-quater dell'art. 17 della  legge  della
  Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 39. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma (artt. 3 e 117, comma  secondo,
  lett. e); d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma  1,
10, comma 2 e 11, comma 4,  della  legge  della  Regione  Toscana  23
novembre 2009, n. 71 (Modifiche  alla  legge  regionale  24  febbraio
2005, n. 39 - Disposizioni in materia di energia), che inserisce  gli
artt. 3, 16, comma 3, 17, comma 1-quater, della legge  della  Regione
Toscana  24  febbraio  2005,  n.  39,  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-29 gennaio  2010,
depositato in cancelleria il 28 gennaio 2010 ed iscritto al n. 11 del
registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  ottobre  2010  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Massimo Santoro  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Lucia  Bora  per  la  Regione
Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato alla Regione Toscana  il  26  gennaio
2010 e depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale il
28 gennaio 2010 (reg.  ric.  n.  11  del  2010),  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha chiesto la declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 1, 10, comma 2  e  11,  comma  4,
della legge della Regione Toscana 23 novembre 2009 n.  71  (Modifiche
alla legge regionale 24  febbraio  2005,  n.  39  -  Disposizioni  in
materia di energia), per violazione, da  parte  di  tutte  e  tre  le
norme, dell'art. 117, terzo comma, Cost., e,  da  parte  dell'ultima,
anche degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    1.1. - L'art. 1 della legge della Regione Toscana n. 71 del 2009,
che sostituisce l'art. 3 comma 1, lettera d), della legge 24 febbraio
2005, n. 39 (Disposizioni  in  materia  di  energia),  nel  prevedere
l'autorizzazione regionale per «linee ed  impianti  di  trasmissione,
trasformazione,  distribuzione  di  energia  elettrica  di   tensione
nominale superiore a 100 mila volt qualora assoggettati  a  procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale», interferirebbe
- secondo il ricorrente - sulla rete nazionale ad alta  tensione,  in
contrasto con i principi fondamentali fissati in materia dalla  legge
dello Stato, cosi' violando l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Il ricorrente rileva che l'art.  1-sexies  del  decreto-legge  29
agosto 2003, n. 239 (Disposizioni  urgenti  per  la  sicurezza  e  lo
sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza
di  energia  elettrica),  convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1 della legge 27 ottobre 2003,  n.  290,  al  comma  1,  ha
confermato  l'autorizzazione  unica  ministeriale  -  gia'   prevista
dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico  nazionale),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 aprile 2002, n. 55 - per
la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti «facenti parte  delle
rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia   elettrica»,   definita
dall'art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999,  n.  79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica),  come  «il  complesso  delle
stazioni di trasformazione e delle linee elettriche  di  trasmissione
ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente».  La
legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies e' stata  riconosciuta
dalla Corte con la sentenza n. 383 del 2005. Con la sentenza  n.  282
del 2009 (come gia' con la sentenza n. 364 del 2006) e'  stato,  poi,
confermato che nell'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
n.  387  (Attuazione  della  direttiva   2001/77/CE   relativa   alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita')   si   trovano
enunciati i principi fondamentali della materia. 
    Osserva, poi, il ricorrente,  che  riguardo  alla  costruzione  e
all'esercizio degli elettrodotti, la giurisprudenza costituzionale ha
riconosciuto «l'attribuzione di rilevanti responsabilita'  ad  organi
statali e quindi la parallela disciplina legislativa da  parte  dello
Stato di  settori  che  di  norma  dovrebbero  essere  di  competenza
regionale ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost.» (sentenza  n.
383 del 2005), e, a proposito dell'autorizzazione unica ministeriale,
ha affermato che «la stessa finalita' per la quale tale disciplina e'
stata  posta  verrebbe  frustrata  da  un  assetto  delle  competenze
amministrative  diverso  da  quello  da  essa  stabilito,  anche   in
considerazione delle necessaria  celerita'  con  cui  -  al  fine  di
evitare il pericolo della interruzione della fornitura di energia  su
tutto  il  territorio  nazionale   -   le   funzioni   amministrative
concernenti la  costruzione  o  il  ripotenziamento  di  impianti  di
energia  elettrica  di  particolare  rilievo  devono  essere  svolte»
(sentenza n. 6 del 2004). 
    La legittimita' costituzionale della norma impugnata, aggiunge il
ricorrente, non puo' essere dedotta dalla limitazione dell'intervento
regionale  alle  linee  ed  impianti  «assoggettati  a  procedura  di
valutazione di impatto ambientale  (VIA)  regionale  ai  sensi  della
legge regionale 3 novembre 1998, n.  79»:  gli  interessi  energetici
sono diversi da quelli ambientali, non  potendo  incidere  i  secondi
sulle competenze per la tutela dei primi. 
    La irrazionalita' di tale accostamento sarebbe evidente anche  da
un diverso punto di vista: gli interessi energetici  nazionali  vanno
presi in considerazione gia' nella fase di progettazione delle  linee
e degli impianti. Solo successivamente i  progetti  sono  soggetti  a
VIA. Oltre che singolare,  sarebbe  irragionevole  che,  in  sede  di
progettazione, si dovesse tenere conto della competenza a valutare in
futuro progetti per fini diversi  e  territorialmente  limitati,  per
estenderla alla interpretazione di interessi preliminari, di  portata
nazionale, che sono del tutto diversi da quelli tutelati  dalla  VIA,
rispetto ai quali deve ricorrere solo la compatibilita'. 
    1.2. - Con l'art. 10, comma 2, della legge  regionale,  e'  stato
riscritto  il  terzo  comma  dell'art.  16  della  precedente   legge
regionale n. 39 del 2005. Con la lettera f), nonostante  il  richiamo
del  d.lgs.  n.  387  del  2003,  sono  state  introdotte   modifiche
rilevanti, che il ricorrente ritiene non consentite. L'art. 12, comma
5,  del  citato  decreto  legislativo,  dispone  che  si  applica  la
disciplina  della  denuncia  di  inizio  dell'attivita'  (DIA)   agli
impianti la cui capacita' di generazione sia  inferiore  alle  soglie
individuate nella Tabella A allegata, che sono di 60 kW per l'energia
eolica e di 20 kW per l'energia solare fotovoltaica. 
    La norma, che attiene alla funzionalita'  della  rete  nazionale,
esprimerebbe principi fondamentali, necessariamente uniformi su tutto
il territorio nazionale.  Basti  solo  considerare  -  sottolinea  il
ricorrente - i rischi ai quali verrebbe sottoposta  la  funzionalita'
della rete se ogni  Regione  avesse  la  possibilita'  di  elevare  a
propria discrezione le soglie, al di sotto delle quali la DIA non  e'
richiesta. 
    Contrariamente  alla  finalita'  della  norma  di  principio,  la
Regione Toscana ha innalzato le soglie per le  quali  e'  ammessa  la
DIA, per gli impianti eolici da 60  a  100  kW  (art.  10,  comma  2,
lettera f, n. 1) e per i fotovoltaici da 20 a 200 kW (art. 10,  comma
2, lettera f, n. 2). 
    La norma, pertanto, sarebbe  costituzionalmente  illegittima  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.3. - L'art. 11, comma 4, della legge regionale n. 71 del  2009,
inserendo il comma 1-quater dopo il comma 1-ter  dell'art.  17  della
precedente  legge  regionale  n.  39  del  2005,  esenta  da   titolo
abilitativo  alcuni  interventi  realizzati   tenendo   conto   delle
condizioni fissate dal piano energetico regionale e dai provvedimenti
attuativi dello stesso, di cui la Regione e gli enti locali  siano  i
soggetti responsabili (installazione di pannelli solari  fotovoltaici
di potenza nominale uguale o inferiore a 1 megawatt; installazione di
impianti eolici di potenza nominale uguale o inferiore a 1  megawatt;
installazione di impianti  a  fonte  idraulica  di  potenza  nominale
uguale o inferiore a 200 chilowatt). 
    L'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in cui,  come  detto,  sono
enunciati i principi fondamentali della materia,  non  prevede  pero'
alcun trattamento differenziato in favore delle Regioni e degli  enti
locali,  sotto  il  profilo  della   non   necessita'   del   «titolo
abilitativo» (costituito dalla DIA: art. 10,  comma  1),  quando  «la
Regione e gli enti locali siano soggetti responsabili». 
    Non e' dato individuare, d'altro canto, la ragione per  la  quale
la DIA perderebbe la sua utilita' in funzione della natura, anche  se
pubblica, dei soggetti responsabili, la cui «responsabilita'» attiene
solo  all'esercizio  e  per  questo  non  puo'   essere   considerata
automaticamente  rilevante  anche  nella   fase   preliminare   della
costruzione. 
    Sarebbe evidente la violazione anche  dell'art.  3  Cost.:  tutti
coloro che esercitano impianti per energia rinnovabile debbono  avere
lo stesso trattamento a proposito della loro installazione. 
    La natura pubblica, del  resto,  non  costituisce,  di  per  se',
nessuna garanzia ne' giustifica perche'  uno  stesso  impianto  debba
essere soggetto a  controllo  (e  quindi  possa  incorrere  in  certe
limitazioni) quando e' esercitato  da  soggetti  diversi  dagli  enti
territoriali, con la  conseguenza  che  a  questi  ultimi  potrebbero
essere consentiti l'installazione e l'esercizio di impianti che altri
non potrebbero realizzare. 
    Se poi si tiene presente che l'uguaglianza in questo caso attiene
ad una attivita' di produzione di energia, destinata ad inserirsi  in
un mercato concorrenziale,  la  norma  finirebbe  per  violare  anche
1'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  che  riserva  alla
legislazione dello Stato la «tutela della  concorrenza»  che,  com'e'
noto, puo' essere realizzata solo  assicurando  l'uguaglianza  tra  i
soggetti che operano nello stesso mercato. 
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione  Toscana,  chiedendo
dichiararsi l'infondatezza del ricorso del Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    2.1. - Riguardo alla prima censura la Regione osserva che  l'art.
1-sexies del d.l. n. 239 del 2003 (norma che  secondo  il  ricorrente
sarebbe stata  violata  dalla  disposizione  regionale)  sancisce  il
preminente   interesse   statale   riguardo   alla   costruzione    e
all'esercizio degli elettrodotti facenti parte della  rete  nazionale
di trasporto dell'energia  elettrica,  e  per  questo  li  assoggetta
all'autorizzazione unica ministeriale. 
    L'art. 3, lettera d) della legge della Regione Toscana n. 39  del
2005, come sostituito dall'art. 1 della legge n.  71  del  2009,  non
prevede affatto che la Regione  autorizzi  gli  elettrodotti  facenti
parte della  rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia  elettrica.
L'art. 3 della legge regionale n. 39 del 2005, come sostituito  dalla
norma in esame, tratta infatti  delle  competenze  regionali,  mentre
l'art. 3-bis individua  le  competenze  provinciali  e  l'art.  3-ter
individua le competenze comunali; alla lettera d), l'art.  3  prevede
che la Regione rilasci le autorizzazioni di cui agli artt. 11 e 13  e
le concessioni di cui  all'art.  14,  per  quanto  concerne  impianti
geotermici, impianti eolici di potenza superiore  a  1  megawatt,  in
coerenza con la semplificazione introdotta dall'art.  27,  comma  43,
lettera b), della legge 23 luglio 2009, n. 99  (Disposizioni  per  lo
sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia
di   energia),   nonche'   linee   e   impianti   di    trasmissione,
trasformazione,  distribuzione  di  energia  elettrica  di   tensione
nominale superiore a 100 mila volt, qualora assoggettati a  procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale ai  sensi  della
legge della Regione  Toscana  3  novembre  1998,  n.  79  (Norme  per
l'applicazione della valutazione di  impatto  ambientale)  o  qualora
interessino un ambito territoriale interregionale. 
    Secondo la Regione Toscana sarebbe evidente che si tratta di  una
specificazione delle competenze regionali, rispetto  alle  competenze
provinciali e comunali, all'interno dell'insieme di impianti soggetti
alle autorizzazioni di cui agli artt. 11 e 13 (e alle concessioni  di
cui  all'art.  14)  del  Capo   III   (Disciplina   delle   attivita'
energetiche) della legge regionale, tutte relative  ad  impianti  non
statali. 
    Che  siano  esclusi  gli  impianti  di  competenza   statale   lo
chiarirebbe l'art. 10, contenente i principi  generali  dello  stesso
Capo  III:  al  comma  1  esso  precisa  che  sono  soggette  ad  una
autorizzazione unica o a denuncia  di  inizio  dell'attivita'  (DIA),
«per cio' che concerne le  competenze  della  Regione  e  degli  enti
locali», la costruzione ed  esercizio  di  impianti  per  produzione,
trasporto, trasmissione e distribuzione di energia, di  impianti  per
lavorazione e stoccaggio di idrogeno, oli minerali e gas  naturali  e
liquefatti, in qualunque forma, nonche' di impianti di  illuminazione
esterna. 
    Il  ricorso  statale  non  avrebbe  considerato  che   tutta   la
disciplina degli impianti di cui al Capo III  della  legge  regionale
esclude gli impianti di competenza statale. L'enucleazione  «linee  e
impianti di trasmissione, trasformazione,  distribuzione  di  energia
elettrica di tensione nominale superiore a 100 mila  volt»  individua
semplicemente  che,  all'interno   degli   impianti   energetici   di
competenza della Regione e degli enti locali, gli  elettrodotti  e  i
relativi  impianti,  sia  che  distribuiscano  energia,  sia  che  la
raccolgano, sono di competenza autorizzatoria della  Regione  qualora
di tipologia superiore a determinate soglie (mentre sotto tali soglie
l'autorizzazione sara' provinciale) e non rientranti tra gli impianti
riservati alla competenza  statale  perche'  appartenenti  alla  rete
nazionale ad alta tensione. 
    2.2. - L'impugnazione dell'art. 10, comma 2, secondo  la  Regione
resistente, sarebbe, invece, inammissibile, per  mancata  indicazione
dei motivi, nei confronti dell'intera  disposizione,  mentre  sarebbe
infondata la censura prospettata avverso la lettera f). 
    La valutazione del ricorrente, secondo  cui  la  norma  impugnata
avrebbe elevato le soglie per gli  impianti  eolici  e  fotovoltaici,
rispetto a quelle previste nella tabella A allegata al d.lgs. n.  387
del 2003, non terrebbe conto che l'art. 123 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia  edilizia)  assimila  alla  manutenzione  straordinaria   gli
interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all'art. 1 della
legge 9 gennaio  1991,  n.  10  (Norme  per  l'attuazione  del  Piano
energetico nazionale in materia di  uso  razionale  dell'energia,  di
risparmio  energetico  e  di  sviluppo  delle  fonti  rinnovabili  di
energia), in edifici  ed  impianti  industriali,  cosi'  sottraendoli
all'obbligo di autorizzazione specifica. 
    Nell'intento, poi, di semplificare e razionalizzare le  procedure
amministrative e regolamentari, l'art. 11 del decreto legislativo  30
maggio 2008, n. 115 (Attuazione della direttiva  2006/32/CE  relativa
all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e
abrogazione della direttiva  93/76/CEE),  al  comma  3,  richiama  la
disposizione da ultimo citata, stabilendo tipologie  di  impianti  da
fonte  rinnovabile  che  sono  assimilate  a  manutenzione  ordinaria
(quindi non necessitanti ne' di autorizzazione unica ne' di DIA) e al
comma  4  dichiara  che  tale  disciplina  trova  applicazione   fino
all'emanazione di apposita normativa regionale che renda operativi  i
principi di esenzione minima ivi contenuti. 
    I principi dettati dall'art. 12 del d.lgs.  n.  387  del  2003  e
dall'art.  11  del  d.lgs.  n.  115  del  2008   sono   principi   di
semplificazione amministrativa per il perseguimento  degli  obiettivi
indicati  dall'Unione  Europea  (direttiva  27  settembre  2001,   n.
2001/77/CE, Direttiva del Parlamento europeo e  del  Consiglio  sulla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno   dell'elettricita'),   cui   deve
conformarsi il legislatore regionale. 
    Sostiene, quindi, la  Regione,  che  l'individuazione  in  ambito
nazionale, operata con la tabella A del d.lgs. n. 387  del  2003,  di
alcune tipologie di impianti che sicuramente accedono  alla  DIA,  e'
una individuazione minima, ma non esaustiva, tanto che il citato art.
11 del d.lgs. n. 115 del 2008 prevede che si applichi  la  DIA  anche
per gli interventi di utilizzo delle fonti rinnovabili in edifici  ed
impianti industriali. 
    La Regione, nell'esercizio della propria competenza legislativa e
secondo  la  sua  politica  di  governo   del   territorio,   proprio
perseguendo  i  principi  di  semplificazione  dettati  dalle   norme
comunitarie e statali, puo' anche, nel proprio  ambito  territoriale,
individuare impianti a fonte rinnovabile realizzabili con DIA  al  di
fuori di quelli indicati dalla Tabella A (di cui deve  rispettare  le
soglie minime), se opera secondo le logiche date dalla stessa tabella
(impianti con dimensioni analoghe), nel rispetto  dell'art.  123  del
d.P.R. n. 380  del  2003  (utilizzo  dell'energia  rinnovabile  negli
edifici) e dell'art. 11 del d.lgs. n. 115 del  2008  (semplificazione
per modalita' di installazione meno impattanti). 
    Ne  conseguirebbe  la  piena  legittimita'   della   disposizione
contestata. Essa richiede per tutti gli impianti  il  rispetto  degli
strumenti urbanistici (modalita' di installazione  meno  impattanti);
individua per l'eolico una soglia di 100 chilowatt, che  rispetto  ad
un impianto di 60 chilowatt si risolve in  un  rotore  del  10%  piu'
grande; individua per il fotovoltaico  la  soglia  di  200  chilowatt
invece di 20 chilowatt: l'aumento e' qui piu' rilevante ma  asseconda
il forte impulso di semplificazione dato dal d.lgs. n. 115  del  2008
su  tale  fonte  rinnovabile,  nel  senso  di  qualificare  tutte  le
installazioni di impianti fotovoltaici integrati come  interventi  di
manutenzione ordinaria, e rispetta le nuove  soglie  individuate  dal
decreto  ministeriale  18   dicembre   2008   (Incentivazione   della
produzione di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) per  la
disciplina dello «scambio sul posto» (portate appunto da 20 chilowatt
a 200 chilowatt). 
    2.3. - La censura concernente l'art. 11, comma 4,  ai  sensi  del
quale,  nelle  aree  non  soggette  ai  vincoli  paesaggistici,   non
necessitano  di  titolo  abilitativo  gli  interventi  indicati  alle
lettere a, b e c, realizzati tenendo conto delle  condizioni  fissate
dal piano energetico regionale e dai  provvedimenti  attuativi  dello
stesso,  di  cui  la  Regione  e  gli  enti  locali  siano   soggetti
responsabili, sarebbe infondata. 
    La norma regionale ha inteso perseguire l'obiettivo della massima
semplificazione degli adempimenti per la costruzione  degli  impianti
di produzione di energia elettrica da energie  rinnovabili,  indicato
dalle norme europee di riferimento (direttive 2001/77/CE, cit., e  23
aprile 2009, n. 2009/28/CE, Direttiva del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio   sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE)  considerando  che,  nel  rispetto
delle necessarie tutele dei territori interessati dagli impianti, ove
si tratti di impianti di energie rinnovabili di cui sono responsabili
la Regione e  gli  enti  locali,  la  valutazione  di  compatibilita'
urbanistica e' stata effettuata a monte, in sede di approvazione  del
piano energetico e dei relativi atti attuativi. 
    Tale elemento, unito alla natura dei soggetti  responsabili,  che
sono appunto gli stessi enti territoriali che hanno adottato gli atti
di pianificazione e programmazione ove sono previsti quegli impianti,
rende osservato il principio posto dal legislatore nazionale (che  e'
quello  del  controllo   della   compatibilita'   urbanistica   degli
impianti), unitamente  a  quello  della  semplificazione  procedurale
volta ad incentivare l'uso delle energie rinnovabili. 
    La norma in oggetto non rappresenta dunque  una  disposizione  di
favore per gli enti territoriali (che accertano sempre la conformita'
urbanistica dei progetti di impianti), ma  semplifica  le  procedure,
evitando che quello stesso accertamento sia ripetuto in diverse fasi. 
    Il  riscontro  di  legittimita'   della   disposizione   potrebbe
rinvenirsi nell'art. 2, comma 173, della legge 24 dicembre  2007,  n.
244  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008),  che  ha  stabilito
che gli impianti fotovoltaici, i cui soggetti responsabili sono  Enti
locali,   rientrano   nella   tipologia   di   impianto    integrato,
indipendentemente  dalle  effettive  caratteristiche  architettoniche
dell'installazione:  essi  quindi  accedono  alla   massima   tariffa
incentivante fra quelle previste dal decreto ministeriale 19 febbraio
2007 (Criteri e modalita' per incentivare la  produzione  di  energia
elettrica mediante conversione fotovoltaica della  fonte  solare,  in
attuazione dell'art. 7 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387). 
    Non vi e' quindi disparita' di  trattamento,  perche'  questa  si
puo' ipotizzare a fronte di identita' di situazioni, mentre nel  caso
in  esame,  e'  differente,  per  le  competenze  istituzionali,   la
posizione dell'ente territoriale  rispetto  a  quella  dell'operatore
privato, in  quanto  il  primo  valuta  direttamente  la  conformita'
urbanistica dell'impianto in sede di esercizio dei propri compiti  al
momento dell'adozione degli atti di governo del territorio. 
    E nemmeno  puo'  ravvisarsi  la  violazione  della  tutela  della
concorrenza, perche' la  norma,  lungi  dall'incidere  sugli  aspetti
afferenti alla gestione della rete energetica,  e'  volta  a  fissare
criteri  per  la  disciplina  urbanistica   e   limita   la   propria
operativita'  ai  soli  profili  di  impatto  sul  territorio,  senza
intaccare la competenza statale di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera e), Cost. 
    3. - Nell'imminenza dell'udienza, sia il Presidente del Consiglio
dei ministri, che la Regione Toscana hanno  presentato  memorie,  con
cui ampliano le proprie argomentazioni difensive, in  particolare  la
Regione avallandole alla luce dell'evoluzione normativa piu' recente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna  gli  artt.
1, comma 1, 10, comma 2, e 11, comma 4,  della  legge  della  Regione
Toscana 23 novembre 2009 n. 71 (Modifiche  alla  legge  regionale  24
febbraio 2005, n. 39 -  Disposizioni  in  materia  di  energia),  per
violazione, da parte di tutte e tre le norme,  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., e da parte dell'ultima  anche  degli  artt.  3  e  117,
secondo comma, lett. e), Cost. 
    Il ricorso, pur omettendo ogni premessa  in  ordine  alla  natura
della legge oggetto di censura, esamina  direttamente  le  specifiche
disposizioni impugnate, e all'interno  della  prima  censura,  elenca
sinteticamente  ma  sufficientemente  gli  interventi   della   Corte
costituzionale che hanno configurato le competenze statali in materia
(sulla cui connotazione non s'intrattiene, dandola per scontata). 
    2. - L'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana  n.  71
del 2009, sostituendo l'art. 3, comma 1, lettera d), della precedente
legge regionale n. 39 del 2005, che prevede, tra  le  funzioni  della
Regione in materia di energia, il  rilascio  dell'autorizzazione  per
quanto concerne, tra l'altro, «linee  ed  impianti  di  trasmissione,
trasformazione,  distribuzione  di  energia  elettrica  di   tensione
nominale superiore a 100 mila volt qualora assoggettati  a  procedura
di valutazione di impatto ambientale (VIA) regionale»,  e'  censurato
per  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   in   quanto
detterebbe regole concernenti la rete nazionale ad alta tensione,  in
contrasto con i principi fondamentali fissati in materia dalla  legge
dello Stato. 
    2.1. - La questione non e' fondata. 
    2.2. - La disposizione impugnata  va  infatti  interpretata  come
riferita esclusivamente agli  impianti  non  appartenenti  alla  rete
nazionale. 
    Si verte, indubbiamente, nella materia «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale  dell'energia»  rientrante  nella  competenza
legislativa concorrente (sentenze n. 364 del 2006 e n. 383 del 2005),
in cui lo Stato detta i principi fondamentali (sentenze nn. 124 e 168
del  2010,  n.  282  del  2009).  Ragioni  di  uniformita',  inoltre,
determinano la chiamata in sussidiarieta', in capo  ad  organi  dello
Stato, di funzioni amministrative relative ai problemi energetici  di
livello nazionale (sentenze n. 103 del 2006, n. 6 del 2004). 
    Il decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), agli artt. 29, comma 2, lettera g), 30 e 31, comma  2,  prevede,
in  generale,  che  la  competenza   autorizzatoria   relativa   agli
elettrodotti con tensione non superiore a  150  chilovolts  spetti  a
Regioni e Province. Successivamente, il comma  1  dell'art.  1-sexies
del decreto-legge n.  239  del  2003  (Disposizioni  urgenti  per  la
sicurezza e lo sviluppo del sistema  elettrico  nazionale  e  per  il
recupero di potenza di energia elettrica), convertito in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre  2003,  n.  290,  e  modificato
dall'art. 1, comma 26, della legge 23 agosto 2004, n.  239  (Riordino
del settore energetico, nonche' delega al Governo  per  il  riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di  energia),  abbandonando  il
criterio della potenza, ha previsto il rilascio di  un'autorizzazione
unica da parte del Ministro delle attivita' produttive per tutti  gli
impianti appartenenti alla «rete nazionale di trasporto  dell'energia
elettrica». 
    Quanto  alla  individuazione   della   consistenza   della   rete
nazionale, il sistema prevede una serie  di  «adeguati  strumenti  di
codecisione paritaria tra lo Stato  ed  il  sistema  delle  autonomie
regionali» (sentenza n. 383 del 2005). 
    E' evidente, pertanto, che non puo' spettare alla  Regione  alcun
potere di autorizzazione con riguardo agli impianti costituenti parte
della rete nazionale. 
    Nulla,  pero',  consente  di  concludere  che   la   disposizione
impugnata non possa  avere  per  oggetto  soltanto  le  linee,  e  le
relative opere, di potenza non superiore a 150  chilovolts,  che  non
siano state incluse nella rete nazionale, per le quali  necessita  la
competenza    autorizzatoria     regionale:     la     giurisprudenza
costituzionale,  del  resto,  ha  dichiarato   l'infondatezza   della
questione  quando  la  norma  regionale  e'   suscettibile   di   una
interpretazione tale da non determinare una lesione della  competenza
legislativa statale (sentenze n. 248 del 2006, n. 8 del 2004, n.  246
del 2006). Cio' risulta avvalorato dal contesto in cui s'inserisce la
disposizione impugnata, essendo seguito l'art.  3,  sostituito  dalla
disposizione  oggetto  di  censura,  dagli  artt.  3-bis   e   3-ter,
rispettivamente attribuenti le funzioni amministrative alle  Province
ed ai Comuni, sicche' alla norma impugnata puo' riconoscersi lo scopo
di specificare le  competenze  regionali,  rispetto  alle  competenze
provinciali e comunali, all'interno del sistema autorizzatorio di cui
agli artt. 11 e 13 (e delle concessioni di cui all'art. 14) del  Capo
III della legge regionale, per definizione relativo ad  impianti  non
rientranti nella competenza statale. 
    Del resto, l'art. 10 della legge regionale, contenente i principi
generali dello stesso  Capo  III,  precisa,  al  comma  1,  che  sono
soggette  ad  autorizzazione   unica   o   a   denuncia   di   inizio
dell'attivita', «per cio' che concerne le competenze della Regione  e
degli enti locali», la  costruzione  ed  esercizio  di  impianti  per
produzione, trasporto, trasmissione e distribuzione  di  energia,  di
impianti per lavorazione e stoccaggio di idrogeno, oli minerali e gas
naturali e liquefatti, in qualunque forma,  nonche'  di  impianti  di
illuminazione esterna, cosi' implicitamente escludendo  gli  impianti
di competenza statale. 
    La precisazione della  competenza  autorizzatoria  regionale  per
linee e impianti «qualora assoggettati a procedura di valutazione  di
impatto ambientale  (VIA)  regionale»,  va  posta  in  relazione  con
l'intento di ripartire  la  competenza  all'interno  delle  autonomie
locali: in linea generale, discende dall'art. 7, comma 4, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale)  e
dalle elencazioni di cui all'allegato III alla parte II dello  stesso
d.lgs. n. 152 del  2006,  che  alla  Regione  spetta  la  valutazione
d'impatto ambientale per  gli  «elettrodotti  aerei  esterni  per  il
trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a  100
chilovolts e con tracciato di lunghezza superiore a  3  km.»,  mentre
allo  Stato  spetta  la  valutazione  d'impatto  ambientale  per  gli
«elettrodotti aerei con tensione nominale di  esercizio  superiore  a
150 chilovolts e con tracciato di lunghezza  superiore  a  15  km  ed
elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata,  con  tracciato
di lunghezza superiore a 40 chilometri» (art. 7, comma 3, del  d.lgs.
n. 152 del 2006 e all. II alla parte II). 
    E' evidente che  la  competenza  autorizzatoria  attribuita  alla
Regione dalla norma censurata riguarda gli impianti con  tensione  (a
partire da 100 chilovolts) comunque contenuta entro i 150 chilovolts,
e non appartenenti alla rete  nazionale,  e,  all'interno  di  questo
ambito, quelli per i quali la normativa regionale (art. 7 della legge
della Regione Toscana 3 novembre 1998,  n.  79,  recante  «Norme  per
l'applicazione della valutazione di impatto ambientale»)  attribuisce
alla Regione la VIA, mentre la competenza delle Province e' residuale
(art. 3-bis, comma 1, lettera c, della  legge  regionale  n.  39  del
2005, aggiunto dall'art. 2 della legge regionale  n.  71  del  2009):
conformemente, del resto, all'esigenza indicata dalla  norma  statale
(art. 10, comma 2, del d.lgs. n.  152  del  2006),  di  coordinamento
delle procedure di VIA e di rilascio dell'autorizzazione (sentenza n.
225 del 2009). 
    Conseguentemente, essendo la norma impugnata suscettibile di  una
interpretazione conforme a Costituzione, la questione non e' fondata. 
    3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri censura,  altresi',
l'art. 10, comma 2, della citata legge regionale n. 71 del 2009,  che
sostituendo l'art. 16, comma 3, lettera f) della legge  regionale  n.
39 del 2005, avrebbe innalzato le soglie  per  le  quali  i  principi
della legislazione statale ammettono la denuncia di inizio  attivita'
(DIA), per gli impianti eolici da 60 a 100 chilowatt (lettera  f,  n.
1) e per i fotovoltaici da 20 a 200 chilowatt (lettera f, n. 2). 
    3.1. - La questione e' fondata. 
    3.2.  -  L'installazione  degli  impianti  alimentati  da   fonti
rinnovabili di energia e' regolata dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del
2003, il quale prevede, ai commi  3  e  4,  una  disciplina  generale
caratterizzata da un procedimento che si conclude con il rilascio  di
una  autorizzazione  unica.  A  tale   disciplina   fanno   eccezione
determinati impianti che, se producono energia in misura inferiore  a
quella indicata dalla tabella allegata allo stesso d.lgs. n. 387  del
2003, sono  sottoposti  alla  disciplina  della  denuncia  di  inizio
attivita' (art. 12, comma 5). In  particolare,  la  indicata  tabella
distingue i suddetti impianti in base alla  tipologia  di  fonte  che
utilizzano (eolica, soglia 60 chilowatt; solare, soglia 20 chilowatt;
etc). Sempre l'indicato art. 12, comma 5, prevede  che  «con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa  con
la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo  28
agosto 1997, n.  281,  e  successive  modificazioni,  possono  essere
individuate  maggiori  soglie   di   capacita'   di   generazione   e
caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede  con
la medesima disciplina della denuncia di inizio attivita'». 
    L'art. 10, comma 2, della legge della Regione Toscana n.  71  del
2009 - la cui censura e' agevolmente riferibile alla lettera  f)  del
comma 3, dell'art. 16, della  legge  regionale  n.  39  del  2005,  e
dovendosi dunque disattendere l'eccezione della difesa  regionale  di
inammissibilita' per indeterminatezza - prevede l'applicazione  della
disciplina della DIA agli impianti la cui  capacita'  di  generazione
sia inferiore alle soglie di 100 chilowatt per l'energia eolica e  di
200 chilowatt per quella solare fotovoltaica. 
    L'aumento della soglia di potenza per  la  quale,  innalzando  la
capacita', rispetto ai limiti di  cui  alla  tabella  A  allegata  al
d.lgs.  n.  387  del  2003,  la  costruzione  dell'impianto   risulta
subordinata a  procedure  semplificate,  e'  illegittimo,  in  quanto
maggiori soglie di capacita' di  generazione  e  caratteristiche  dei
siti di installazione, per i quali si proceda con diversa disciplina,
possono essere  individuate  solo  con  decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio  e  del  mare,  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata, senza  che  la  Regione  possa  provvedervi  autonomamente
(sentenze nn. 119, 124 e 194 del 2010). 
    La  norma  censurata  finisce  per  incidere   sulla   disciplina
amministrativa  di  impianti,  costruiti  nel  territorio  regionale,
destinati alla produzione di energia elettrica da fonti  rinnovabili,
per i quali l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, attesa la capacita'
di generazione  degli  stessi,  superiore  a  determinati  valori  di
soglia,  prevede  un'autorizzazione  unica,  mirata  al  vaglio   dei
molteplici interessi coinvolti. 
    Le norme statali di riferimento, citate dalla Regione  resistente
a giustificazione  del  proprio  intervento,  attengono  al  limitato
settore  della  disciplina   edilizia   (decreto   Presidente   della
Repubblica  6  giugno  2001  n.  380,  recante  «Testo  unico   delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»), nella
parte in cui essa persegue il contenimento  del  consumo  di  energia
nelle costruzioni, incentivando l'utilizzo  delle  fonti  di  energia
rinnovabile, e stabilendo che gli interventi a cio' finalizzati negli
edifici e negli impianti industriali, sono equiparati alle  opere  di
manutenzione straordinaria (art. 123). La difesa  regionale  richiama
anche l'art. 11 del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115  (Attuazione  della
direttiva  2006/32/CE  relativa  all'efficienza  degli   usi   finali
dell'energia e i servizi energetici  e  abrogazione  della  direttiva
93/76/CEE),  che  nell'ottica  di  semplificazione  delle   procedure
autorizzatorie,  classifica  come  opera  di  manutenzione  ordinaria
l'installazione di piccoli generatori eolici  e  di  impianti  solari
termici o fotovoltaici sui tetti degli edifici. 
    Le norme citate non appaiono richiamate a proposito:  la  diversa
categoria concettuale, fatta palese dall'oggetto di sistemi normativi
del tutto autonomi - la produzione dell'energia elettrica da inserire
in rete, e dunque finalizzata al  mercato,  da  un  lato,  l'utilizzo
delle fonti alternative mediante apparecchi  omogenei  agli  edifici,
anche   industriali,   per    l'autoconsumo,    dall'altro    -    e'
inequivocabilmente confermata  dalle  descrizione  delle  opere,  che
l'art. 11 del  d.lgs.  n.  115  del  2008,  limita  nelle  dimensioni
(generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5  metri
e diametro non superiore a 1 metro) e nella  forma  (impianti  solari
termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti  degli  edifici
con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda  e  i
cui componenti  non  modificano  la  sagoma  degli  edifici  stessi),
considerando evidentemente l'irrilevanza funzionale di  queste  opere
nel sistema di produzione dell'energia elettrica. 
    La stessa legge regionale, di cui e' impugnato l'art.  10,  comma
2, modificando, all'art. 11, comma  2,  l'art.  17  della  precedente
legge n. 39  del  2005,  cui  aggiunge  un  comma  1-bis,  mostra  di
considerare   separatamente   il   fenomeno   dell'utilizzo   diretto
dell'energia alternativa, di cui dimensiona  i  supporti  tecnologici
con riproduzione delle caratteristiche prescritte  dall'art.  11  del
d.lgs. n. 115 del 2008, al  fine  di  esentarli,  come  la  normativa
statale, dalla necessita' del titolo abilitativo. Che gli impianti di
utilizzo dell'energia  rinnovabile  costituiscano  categoria  a  se',
rilevante ai soli effetti della disciplina  urbanistica,  in  cui,  a
seconda dei casi, sono assoggettati alla disciplina della DIA, quando
non costituiscono attivita' libera, e' fatto  palese  dal  linguaggio
legislativo impiegato dalla stessa norma  regionale  impugnata,  che,
invece,  richiama  l'art.  12  del  d.lgs.  n.  387   del   2003,   e
significativamente ne ripete la formulazione,  nel  riferimento  alla
costruzione e all'esercizio «degli impianti di produzione di  energia
elettrica da fonti  rinnovabili»,  senza  ulteriore  connotazione  (e
dunque diversi dagli impianti  tecnologici  di  edifici  abitativi  e
industriali), per i quali illegittimamente oltrepassa le  soglie  che
la normativa statale ha imposto all'ambito  del  regime  semplificato
della DIA. 
    In conclusione, cio' che rileva ai fini della questione in esame,
e' che prevedendo  soglie  diverse  di  capacita'  generatrice  degli
impianti di produzione di energia  elettrica  da  fonti  alternative,
agli  effetti  del  titolo  abilitativo,  la   norma   regionale   e'
illegittima,   con   la   conseguenza   che    ne    va    dichiarata
l'incostituzionalita' limitatamente ai numeri 1 e 2 della lettera  f)
(impianti eolici e impianti solari fotovoltaici), posto  che,  per  i
numeri 3, 4 e 5 della  stessa  lettera  f),  le  soglie  della  legge
regionale coincidono con quelle dell'all. A del  d.lgs.  n.  387  del
2003. 
    3.3. - La piu' recente normativa in tema energetico, citata dalla
Regione nella memoria integrativa, non sembra portare ad un mutamento
della conclusione che precede, essendo sempre presente il  differente
regime tra gli interventi assimilabili alla  disciplina  edilizia,  e
gli interventi di produzione dell'energia in senso stretto  (vedi  in
particolare l'art. 6 novellato del d.P.R. n. 380 del 2001). 
    Anche l'art. 1-quater del decreto-legge n. 105 del 2010, inserito
dalla legge di conversione n. 129 del 2010, che fa salvi gli  effetti
relativi alle procedure  di  denuncia  di  inizio  attivita'  per  la
realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, che risultino  avviate  in  conformita'  a  disposizioni
regionali recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabella A del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, introduce,  nel  quadro
della decretazione d'urgenza nel settore dell'energia, una  sanatoria
limitata nel tempo, tanto da porre la condizione  «che  gli  impianti
siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data  di
entrata in vigore della legge di conversione del  presente  decreto».
Il proposito e' chiaro nel senso di  non  pregiudicare  i  limiti  di
principio contenuti nella tabella allegata al d.lgs. n. 387 del 2003. 
    L'apertura  verso  una  ulteriore  liberalizzazione  del   regime
autorizzatorio  per  la  costruzione  e  l'esercizio  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili, si coglie semmai nella recente legge
4 giugno 2010, n. 96  (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge
comunitaria 2009), che delega il  governo  ad  attuare  la  Direttiva
2009/28/CE, estendendo il regime della DIA alla  realizzazione  degli
impianti per la produzione di  energia  elettrica  con  capacita'  di
generazione non superiore ad  1  megawatt  elettrico  (art.  17).  Il
recepimento della direttiva spetta allo Stato (entro  il  5  dicembre
2010), per ragioni di uniformita' sul  territorio  nazionale,  legate
alla funzionalita' della rete,  e  non  e'  consentito  alla  Regione
derogare  frattanto  ai  limiti  vigenti,  sia  pure  anticipando  il
recepimento della normativa comunitaria. 
    4. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri si  duole,  infine,
che con l'art. 11, comma 4, della legge regionale n. 71 del 2009, che
inserisce un comma 1-quater nell'art. 16 della legge regionale n.  39
del 2005, si siano individuati alcuni  interventi  che,  per  esserne
«soggetti responsabili» la Regione o gli enti locali, costituirebbero
«attivita' libera», ovvero sottratta all'obbligo di DIA. 
    La norma impugnata esonera dal titolo  abilitativo  (identificato
dal ricorrente nella DIA) l'installazione di alcuni tipi di  impianti
(pannelli solari fotovoltaici di potenza nominale uguale o  inferiore
a 1 megawatt, impianti eolici di potenza nominale uguale o  inferiore
a 1 megawatt, impianti a fonte idraulica di potenza nominale uguale o
inferiore a 200 chilowatt), quando la Regione e gli enti locali siano
soggetti responsabili  degli  interventi,  realizzati  tenendo  conto
delle condizioni fissate dal piano di indirizzo energetico  regionale
(PIER). 
    4.1. - La questione e' fondata. 
    4.2.  -  Nell'individuazione  del  contrasto  con  la  disciplina
statale, costituita dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003,  pur  se
il ricorso denuncia  la  creazione,  da  parte  del  legislatore,  di
categorie di interventi che sarebbero sottratti al titolo abilitativo
costituito dalla DIA di cui all'art. 10, comma 1, la tipologia  degli
interventi, indicati alle lettere a), b) e c) della norma  sospettata
d'incostituzionalita', li fa considerare in gran  parte  assoggettati
all'ambito di applicazione dell'autorizzazione unica regionale, e non
della semplice DIA. Resta a maggior ragione valida la  doglianza  del
ricorrente per il fatto  che  la  norma  regionale  ha  liberalizzato
attivita' comunque soggette a controllo.  La  questione  riguarda  in
particolare  l'ammissibilita'  di  un  regime  deregolamentato,   ove
responsabili degli interventi siano la Regione e gli enti locali. 
    Va considerato che la titolarita' dell'intervento non toglie  che
nella realizzazione di un impianto di generazione di energia da fonti
rinnovabili, come di qualsiasi  opera  pubblica,  sia  necessaria  la
compartecipazione  di  tutti  i  soggetti  portatori   di   interessi
(ambientale,  culturale,  urbanistico,  sanitario)  coinvolti   nella
realizzazione  dell'opera.  La  finalita'   di   composizione   degli
interessi    coinvolti     e'     perseguita     dalla     previsione
dell'autorizzazione unica  (sentenza  n.  249  del  2009),  che,  pur
attribuita  alla  competenza  regionale,  e'  il  risultato  di   una
conferenza di servizi, che assume, nell'intento della semplificazione
e  accelerazione   dell'azione   amministrativa,   la   funzione   di
coordinamento e mediazione  degli  interessi  in  gioco  al  fine  di
individuare, mediante il contestuale confronto  degli  interessi  dei
soggetti  che  li  rappresentano,  l'interesse  pubblico  primario  e
prevalente. 
    La precisazione contenuta nella norma impugnata, che fa salva  la
necessita' di  ottenere  l'autorizzazione  paesaggistica  nelle  aree
vincolate, non esaurisce la valutazione degli interessi variegati  di
cui l'autorizzazione unica e' la risultante,  e  per  la  tutela  dei
quali sono chiamati a partecipare alla conferenza di servizi soggetti
diversi dai responsabili dell'istallazione degli impianti. Escludendo
dal procedimento di codecisione tali  soggetti,  la  legge  regionale
fuoriesce dal modello  procedimentale  individuato,  per  ragioni  di
uniformita', dalla legge statale (sentenze n. 62 del 2008  e  n.  383
del 2005). 
    Il riconosciuto contrasto con l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
assorbe gli ulteriori profili di doglianza (artt. 3  e  117,  secondo
comma, lettera e, Cost.). 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10,  comma  2,
della legge della Regione Toscana 23 novembre 2009, n. 71  (Modifiche
alla legge regionale 24  febbraio  2005,  n.  39  -  Disposizioni  in
materia di energia), nella parte  in  cui,  sostituendo  il  comma  3
dell'art. 16, della legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005,  n.
39 (Disposizioni in materia di energia), ha inserito i numeri 1  e  2
della lettera f); 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11,  comma  4,
della legge della Regione Toscana n. 71 del 2009; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, e dell'art. 10, comma 2, per  il  resto,  della
legge della Regione Toscana n. 71 del 2009, promossa, in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                      Il redattore: Finocchiaro 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria  l'11 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola