N. 315 SENTENZA 3 - 11 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Caccia - Norme della Regione Liguria - Esercizio venatorio nelle aree
  contigue dei parchi, nella forma di caccia controllata riservata ai
  cacciatori aventi diritto all'accesso negli Ambiti territoriali  di
  caccia e dei Comprensori alpini  su  cui  insiste  l'area  contigua
  naturale protetta - Estensione anche a soggetti non residenti nelle
  aree contigue - Eccezione di inammissibilita' della  questione  per
  omessa sperimentazione di una lettura costituzionalmente  orientata
  della disposizione censurata - Reiezione. 
- Legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29, art.  25,  comma
  18. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); legge  6  dicembre
  1991, n. 394, art. 32, comma 3. 
Caccia - Norme della Regione Liguria - Esercizio venatorio nelle aree
  contigue dei parchi, nella forma di caccia controllata riservata ai
  cacciatori aventi diritto all'accesso negli Ambiti territoriali  di
  caccia e dei Comprensori alpini  su  cui  insiste  l'area  contigua
  naturale protetta - Estensione anche a soggetti non residenti nelle
  aree contigue - Contrasto  con  la  normativa,  riconducibile  alla
  competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente
  e di aree naturali protette, che abilita le regioni a  disciplinare
  l'esercizio della caccia all'interno delle aree  contigue  soltanto
  nella forma della caccia controllata, riservata  ai  residenti  dei
  comuni  dell'area  naturale  protetta  e   dell'area   contigua   -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29, art.  25,  comma
  18. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); legge  6  dicembre
  1991, n. 394, art. 32, comma 3. 
Caccia - Norme della Regione Liguria - Esercizio venatorio nelle aree
  contigue dei parchi, nella forma di caccia controllata riservata ai
  cacciatori aventi diritto all'accesso negli Ambiti territoriali  di
  caccia e dei Comprensori alpini  su  cui  insiste  l'area  contigua
  naturale protetta - Estensione anche a soggetti non residenti nelle
  aree contigue -  Eccezione  di  inammissibilita'  della  questione,
  proposta dalla ricorrente nel giudizio a  quo  in  via  subordinata
  rispetto alla domanda principale di accoglimento,  per  difetto  di
  rilevanza - Reiezione. 
- Legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29, art.  25,  comma
  18. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. s); legge  6  dicembre
  1991, n. 394, art. 32, comma 3. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 25,  comma  18,
della legge della Regione  Liguria  1°  luglio  1994,  n.  29  (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per  il  prelievo
venatorio), promosso dal Tribunale amministrativo della  Liguria  nel
procedimento vertente tra la  Onlus  Associazione  Verdi  Ambiente  e
Societa' - V.A.S. e la Regione Liguria ed altri, con ordinanza del  9
dicembre 2009, iscritta al numero 134 del registro ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione  della  Onlus  Associazione  Verdi
Ambiente e Societa' - V.A.S. e della Regione Liguria; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  2010  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Udito l'avvocato Gigliola Benghi per la Regione Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Con  ordinanza  del  9   dicembre   2009,   il   Tribunale
amministrativo della Liguria ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma  18,  della  legge  della  Regione
Liguria 1° luglio 1994, n. 29  (Norme  regionali  per  la  protezione
della fauna omeoterma e per il prelievo  venatorio),  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    1.1. - Il giudice a quo e' investito del ricorso  proposto  dalla
Onlus Associazione Verdi Ambiente  e  Societa'  -  V.A.S.  contro  la
Regione  Liguria,  l'Ente  Parco  di  Portovenere  ed  il  Comune  di
Portovenere, per l'annullamento, previa  sospensione  dell'efficacia,
della deliberazione del Consiglio regionale -  Assemblea  legislativa
della Liguria 11 ottobre 2007, n. 38 (Piano del Parco di Portovenere.
Articolo 18 legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 - Riordino  delle
aree protette - e successive modifiche). 
    1.1.1. - Il rimettente, dopo aver  precisato  che  l'Associazione
ricorrente  e'  legittimata  ad  agire  in  sede   di   giurisdizione
amministrativa  ex  art.  18  della  legge  8  luglio  1986,  n.  349
(Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di  danno
ambientale), illustra le censure prospettate  nel  ricorso,  relative
all'art.  15.2  del  piano  del  parco  di  Portovenere,  concernente
l'esercizio della caccia nelle cosiddette aree contigue (AC), ed agli
artt. 14.4, lettera C), e 20.6 del medesimo  piano,  che  individuano
come centro produttivo speciale (CPS)  quello  denominato  «Cavetta»,
consentendovi, sia pure a certe condizioni, l'estrazione di materiale
litoide fino alla scadenza dell'autorizzazione all'esercizio di  cava
(prevista per il 6 agosto 2011). 
    L'Associazione ricorrente deduce tre motivi di ricorso: 
        1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 32 della legge 6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette); eccesso  di
potere  per  difetto   del   presupposto,   per   contraddittorieta',
illogicita' ed irrazionalita' manifeste. 
    In particolare, l'art. 15.2 del piano del parco violerebbe l'art.
32, comma 3, della legge n. 394 del  1991:  a)  nella  parte  in  cui
attribuisce la facolta' di esercitare l'attivita' venatoria nell'area
contigua a tutti i soggetti abilitati all'esercizio della caccia  nel
territorio  sul  quale  la  detta  area  insiste,  anziche'  ai  soli
residenti  dei  Comuni  dell'area  naturale  protetta   e   dell'area
contigua; b) nella parte in cui non contiene limitazioni di tempo, di
luogo e di capi da abbattere,  all'attivita'  venatoria  esercitabile
all'interno dell'area contigua, secondo le modalita' della cosiddetta
caccia controllata. 
        2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 32  della  legge
n. 394 del 1991; eccesso di potere per difetto del  presupposto,  per
contraddittorieta' intrinseca ed  illogicita'  manifeste;  sviamento;
violazione  del  principio  di  ragionevolezza  e  del  principio  di
proporzionalita' degli atti amministrativi; violazione del  principio
di  buon  andamento  e  imparzialita'  dell'amministrazione  di   cui
all'art. 97 Cost. 
    In proposito, la ricorrente osserva che la facolta' di esercitare
la caccia nelle aree contigue, le quali, pur essendo esterne all'area
protetta del parco, sono a questa funzionalmente connesse, rischia di
compromettere  le   finalita'   di   difesa   della   fauna   sottese
all'istituzione dell'area protetta. 
        3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 11  della  legge
n. 394 del 1991; eccesso di potere per difetto di  istruttoria  e  di
motivazione  e  per  contraddittorieta'  intrinseca  ed   illogicita'
manifeste. 
    La creazione del CPS «Cavetta» introdurrebbe, infatti, una deroga
non motivata al divieto di esercizio di cave  e  miniere  nell'ambito
delle aree protette, previsto dal citato art. 11,  comma  3,  lettera
b). 
    1.1.2. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Liguria
riferisce, altresi', che nel giudizio principale si e' costituita  la
Regione Liguria, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    Quanto ai primi due motivi di ricorso, la  Regione  ha  obiettato
che l'art. 15.2 del piano del parco non avrebbe  portata  innovativa,
limitandosi a rinviare sul punto alla disciplina regionale esistente.
In particolare, l'art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria  n.  29
del 1994 stabilisce che «L'esercizio venatorio  nelle  aree  contigue
dei parchi individuate dalla Regione ai sensi dell'articolo 3 comma 2
della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si svolge nella forma di  caccia
controllata riservata ai cacciatori aventi diritto all'accesso  negli
Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste
l'area contigua naturale protetta». 
    Dunque, a parere della Regione Liguria, il  piano  del  parco  si
limiterebbe a recepire la normativa regionale  in  materia,  in  base
alla quale gli aventi diritto all'accesso negli  ambiti  territoriali
di caccia (A.T.C.), su cui insiste l'area contigua, sono non  solo  i
residenti ma anche, «potenzialmente»,  i  cacciatori  provenienti  da
altri A.T.C., da altre Province  o,  addirittura,  da  altre  Regioni
(art. 25, comma 6, della legge reg. Liguria n. 29 del 1994), entro  i
limiti di densita'  venatoria  ai  quali  le  Province  debbono  fare
riferimento per la programmazione e per l'individuazione  del  numero
di cacciatori ammessi annualmente ad ogni A.T.C. ex art. 25, comma 1,
della legge reg. Liguria n. 29 del 1994. 
    In definitiva, l'art. 15.2 del  piano  del  parco,  ancorche'  in
contrasto con l'art. 32, comma  3,  della  legge  n.  394  del  1991,
sarebbe conforme all'art. 25, comma 18, della legge reg.  Liguria  n.
29 del 1994. 
    1.2. - Dopo aver riassunto le  argomentazioni  prospettate  dalle
parti nel giudizio a quo, il Tribunale amministrativo regionale della
Liguria illustra le ragioni per le quali  ha  ritenuto  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale del citato  art.  25,  comma
18, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    1.2.1. - In merito alla rilevanza della questione, il  rimettente
assume che  il  giudizio  principale  non  potrebbe  essere  definito
indipendentemente dalla sua risoluzione, giacche' la norma del  piano
del parco, censurata con i primi due motivi di ricorso  (art.  15.2),
si limita a recepire sul punto la disciplina della caccia nelle  aree
contigue stabilita dall'art. 25, comma 18, della legge  reg.  Liguria
n. 29 del 1994. 
    1.2.2. - La questione sarebbe anche non manifestamente infondata.
Al riguardo, il Tribunale amministrativo sottolinea  che  l'art.  32,
comma 3, della legge n. 394 del 1991  contiene  una  disposizione  di
principio, la quale - come riconosciuto  dalla  Corte  costituzionale
nella  sentenza  n.  366  del  1992  -  si  impone  addirittura  alla
competenza legislativa esclusiva in materia di  caccia,  riconosciuta
alla Regione Sardegna dal proprio statuto speciale. 
    In  particolare,  il  giudice  a  quo  evidenzia  come  la  Corte
costituzionale abbia precisato che «Il  divieto  della  caccia  nella
zona protetta e la  limitazione  della  stessa  nelle  zone  contigue
ineriscono alle finalita' essenziali della protezione della natura e,
in  particolare,  a  quelle  attinenti  ai  parchi  e  alle   riserve
naturali». Da  questo  assunto  il  rimettente  deduce  che  siffatta
limitazione della caccia costituiva, prima della riforma del Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, «un principio fondamentale al
cui  rispetto  era  vincolata  anche  la   legislazione   concorrente
precedentemente riconosciuta alle regioni  ordinarie  in  materia  di
caccia». 
    Dunque,  secondo  il  Tribunale  amministrativo,  nel  previgente
assetto costituzionale, la norma di cui all'art. 25, comma 18,  della
legge reg. Liguria n. 29 del 1994  si  poneva  in  contrasto  con  la
disposizione di principio dettata dall'art. 32, comma 3, della  legge
quadro statale n. 394 del 1991. 
    Sempre  secondo  il  giudice  a  quo,  a  seguito  della  riforma
costituzionale del 2001 la disciplina  relativa  alle  aree  naturali
deve  ritenersi  «senz'altro  compresa  nell'ambito  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, rientrante nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.».  Inoltre,
in base all'esigenza unitaria  espressa  dalla  norma  costituzionale
appena  citata,  la  disciplina  statale  finalizzata   alla   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema puo' incidere sulla materia "caccia",
riservata alla  potesta'  legislativa  regionale,  «ove  l'intervento
statale sia rivolto a garantire standards minimi e uniformi di tutela
della fauna,  trattandosi  di  limiti  unificanti  che  rispondono  a
esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza  esclusiva
dello Stato». 
    Nel caso di specie, il rimettente ritiene che  la  norma  di  cui
all'art. 32, comma 3, della legge n. 394 del 1991,  essendo  inerente
«alle finalita'  essenziali  della  protezione  della  natura  e,  in
particolare, a quelle attinenti ai parchi e alle  riserve  naturali»,
sarebbe rivolta a garantire standard  minimi  e  uniformi  di  tutela
della fauna nelle aree contigue e, pertanto, si imporrebbe anche alla
legislazione regionale esclusiva in materia di caccia. 
    Al riguardo, il Tribunale amministrativo richiama quanto disposto
dall'art. 1, comma 2, secondo periodo, della legge 5 giugno 2003,  n.
131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3),  secondo  cui  «Le
disposizioni normative regionali vigenti  alla  data  di  entrata  in
vigore  della  presente  legge  nelle   materie   appartenenti   alla
legislazione esclusiva statale continuano  ad  applicarsi  fino  alla
data di entrata in vigore  delle  disposizioni  statali  in  materia,
fatti  salvi  gli  effetti  di   eventuali   pronunce   della   Corte
costituzionale». 
    Secondo il giudice a quo, dalla norma appena  citata  deriverebbe
che le disposizioni regionali  di  dettaglio  (nel  caso  di  specie,
l'art. 25, comma 18, della legge reg.  Liguria  n.  29  del  1994)  -
vigenti in una materia gia' appartenente alla legislazione  regionale
concorrente ed ora riferibile alla legislazione esclusiva statale  ex
art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. - continuano ad applicarsi
fino alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni  statali
di dettaglio, salvo che non risultino in  contrasto  con  i  principi
fondamentali  gia'  dettati  dalle  leggi  statali   previgenti.   In
quest'ultimo caso, si imporrebbe la proposizione della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    In conclusione, la norma censurata, nella parte in  cui  consente
la caccia nelle aree contigue anche a soggetti ivi non residenti,  si
porrebbe in aperto  contrasto  con  la  norma  di  principio  di  cui
all'art. 32, comma 3, della legge quadro  statale  n.  394  del  1991
sulle aree protette, «la quale, inerendo  alle  finalita'  essenziali
della protezione della natura e, in particolare, a  quelle  attinenti
ai parchi ed alle riserve naturali, mira a garantire standards minimi
e uniformi di  tutela  della  fauna  nelle  aree  contigue,  mediante
l'apposizione  di  limiti  unificanti  che  rispondono   a   esigenze
riconducibili ad ambiti  oggi  riservati  alla  competenza  esclusiva
dello Stato». 
    2. - Nel giudizio si e' costituita la Regione  Liguria  chiedendo
che la  questione  sia  dichiarata  «inammissibile,  improcedibile  e
comunque sia respinta nel merito, siccome infondata». 
    2.1. - La difesa regionale ritiene che il percorso  argomentativo
seguito dal Tribunale  rimettente  non  sia  convincente  e  presenti
«gravi lacune nella ricostruzione  normativa»,  tali  da  indurre  ad
un'errata interpretazione della disposizione censurata. 
    In particolare, la Regione sottolinea come la ratio dell'art.  32
della legge n. 394 del 1991 sia quella di limitare il libero  accesso
nelle aree contigue da parte di cacciatori provenienti  da  tutto  il
territorio nazionale; accesso che era invece consentito  dalla  legge
vigente a quel tempo (legge 27  dicembre  1977,  n.  968  -  Principi
generali e disposizioni per la protezione e la tutela della  fauna  e
la disciplina della caccia), la  quale  si  limitava  a  regolare  la
«caccia controllata» (cioe' soggetta a limitazioni di tempo, di luogo
e di capi da abbattere) mentre per il resto l'esercizio venatorio era
libero su tutto il territorio nazionale. 
    Successivamente, pero', la legge 11 febbraio 1992, n. 157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio) ha introdotto profonde innovazioni nel  sistema.  Infatti,
al concetto di  «caccia  controllata»  si  e'  sostituito  quello  di
«caccia     programmata»      (fondato      sulla      pianificazione
faunistico-venatoria, finalizzata alla conservazione delle specie  ed
al conseguimento della densita' ottimale) ed e' stato  introdotto  il
criterio della «residenza venatoria», che collega il cacciatore ad un
preciso ambito territoriale. 
    La difesa regionale precisa altresi' come il carattere innovativo
della disciplina introdotta nel 1992  sia  stato  riconosciuto  dalla
Corte costituzionale, la quale, piu' volte, ha attribuito alle  norme
recate dalla legge in questione il  carattere  di  «norme  di  grande
riforma economico-sociale», come tali vincolanti anche per le Regioni
speciali. 
    Secondo la medesima difesa, pertanto, le Regioni non possono  non
applicare il nuovo sistema delle modalita'  di  caccia,  anziche'  la
vecchia rigida norma di cui all'art. 32, comma 3, della legge n.  394
del 1991, la quale «aveva come obiettivo il mero restringimento della
platea dei cacciatori rispetto al potenziale nazionale consentito, ma
non permetteva alcuna modulazione proporzionale». 
    La Regione Liguria  ritiene  che  la  normativa  censurata  abbia
attuato il sistema previsto dalla legge n. 157 del 1992,  consentendo
l'esercizio  della  caccia  entro  limiti  flessibili  dettati  dalla
valutazione dei dati a disposizione, «in modo da  individuare  regole
aderenti alle reali necessita' del territorio». Anzi, le norme  sulle
aree contigue, recate dalla  legge  reg.  Liguria  n.  29  del  1994,
conterrebbero    «ulteriori    cautele    ambientali»,     prevedendo
l'obbligatoria intesa fra Province, organi di gestione  degli  Ambiti
territoriali di caccia e organi di gestione dell'area protetta  (art.
25, commi 19 e 20). 
    Secondo la difesa regionale, il rimettente non avrebbe  preso  in
considerazione il contesto normativo  in  cui  si  colloca  la  norma
censurata e si sarebbe limitato a richiamare le valenze di  carattere
ambientale della legge n. 394 del 1991  e  la  sua  prevalenza  sulla
disciplina  regionale  in  materia  di  caccia,  come  sancito  dalla
sentenza n. 366 del 1992  della  Corte  costituzionale.  Quest'ultima
pronunzia, poi, non sarebbe pertinente al caso in esame, sia  perche'
con  essa  e'  stata  dichiarata  la  primarieta'   della   normativa
ambientale su quella dell'esercizio della caccia  e  sia  perche'  il
relativo giudizio e' stato  attivato  prima  dell'entrata  in  vigore
della legge n. 157 del 1992. 
    In definitiva, per la Regione  Liguria  il  Tribunale  rimettente
avrebbe  omesso  di  sperimentare  una   lettura   costituzionalmente
orientata  della  disposizione  censurata,  attraverso   l'interposta
normativa di tutela dell'ambiente dettata  dalla  legge  n.  157  del
1992.  Per   questa   ragione,   la   questione   sollevata   sarebbe
inammissibile, ancor prima che infondata. 
    2.2. - Da ultimo, la difesa regionale  rileva  come  l'ambito  di
applicazione  dell'art.  32  della  legge  n.  394  del  1991   debba
intendersi  limitato  alle  sole  zone  contigue  ad  aree   protette
nazionali.  Se  cosi'  non  fosse,  infatti,  non  avrebbe  senso  la
precisazione, contenuta nel comma  2  dell'art.  32,  secondo  cui  i
confini delle aree contigue sono determinati dalle  Regioni  sul  cui
territorio si trova l'area naturale protetta. 
    Tale interpretazione sarebbe  confortata  dalla  circostanza  che
nessuna delle norme dettate dal Titolo III  (Aree  naturali  protette
regionali) della legge n. 394 del 1991 contempla le aree contigue. 
    Cosi' individuato l'ambito di  applicazione  dell'art.  32  della
legge n. 394 del  1991,  la  prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale   sarebbe   infondata   in   quanto   mancherebbe   un
qualsivoglia «collegamento» fra l'atto  impugnato  (piano  del  parco
regionale di Portovenere) e la legge reg. Liguria n. 29 del 1994,  da
un lato, e il citato art. 32, dall'altro. 
    3. - Nel giudizio si e' costituita anche  la  Onlus  Associazione
Verdi Ambiente e Societa' - V.A.S. chiedendo  che  la  questione  sia
dichiarata fondata o, in subordine,  inammissibile  per  carenza  del
requisito della rilevanza. 
    3.1. -  L'Associazione  ambientalista,  dopo  aver  riassunto  il
contento dell'ordinanza di rimessione, sottolinea come  la  questione
sollevata sia rilevante e meriti di essere accolta. 
    3.1.1. - Quanto alla rilevanza, la parte privata  evidenzia  come
la delibera del Consiglio regionale, impugnata nel  giudizio  a  quo,
sia applicativa della disciplina contenuta nell'art. 25  della  legge
reg. Liguria n. 29 del 1994, della cui legittimita' costituzionale si
dubita. Tale norma, cosi' come la previsione di attuazione  contenuta
nel piano del parco di Portovenere,  permette  l'esercizio  venatorio
nelle aree contigue ai parchi, nella forma della caccia  controllata,
a tutti i cacciatori aventi a qualsiasi  titolo  diritto  all'accesso
negli Ambiti territoriali di caccia e nei Comprensori alpini  su  cui
insiste l'area contigua. 
    Pertanto, sia la disposizione del piano del parco  sia  la  norma
regionale sulla quale si fonda la prima, si porrebbero  in  contrasto
con l'art. 32, comma 3, della legge  n.  394  del  1991,  che  limita
l'accesso  con  finalita'  venatoria  all'area   contigua   ai   soli
cacciatori residenti nella zona  contigua  medesima,  od  all'interno
dell'area protetta. 
    La parte costituita esamina, poi, il contesto normativo statale e
regionale in cui si colloca la norma censurata, evidenziando come,  a
seguito  della  riforma  del  Titolo  V  della  Parte  seconda  della
Costituzione, la competenza legislativa delle Regioni in  materia  di
caccia si sia trasformata da concorrente a residuale. 
    Tuttavia  -  aggiunge  l'Associazione  -  la  gran  parte   delle
disposizioni  di  principio  contenute  nelle  leggi  statali  ancora
vigenti  ha  assunto,  in  virtu'   dell'opera   di   esegesi   della
giurisprudenza costituzionale, la nuova veste di standard  minimo  di
tutela della fauna, in quanto  parte  fondamentale  del  primario  ed
assoluto interesse costituzionale alla salvaguardia  dell'ambiente  e
dell'ecosistema,  attribuito  alla  competenza  piena   dello   Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  Quindi,  la  tutela
della fauna, come  componente  dell'unitario  valore  «ambiente»,  e'
sottoposta ai requisiti minimi di tutela introdotti  dal  legislatore
statale, ai quali le Regioni devono uniformarsi. 
    Tra  i  requisiti  minimi  citati  rientrerebbe,  sempre  secondo
l'Associazione ambientalista, la norma di cui all'art. 32,  comma  3,
della legge n. 394 del 1991, che limita fortemente l'accesso  a  fini
venatori alle aree contigue ai parchi naturali al fine di  proteggere
la fauna selvatica ivi stanziata. 
    Questa ricostruzione troverebbe conferma nell'art. 21,  comma  1,
lettera b), della legge n. 157 del 1992, secondo cui le  Regioni,  in
ossequio all'esigenza di salvaguardia dell'ambiente  e  della  fauna,
provvedono  «all'eventuale  riperimetrazione  dei   parchi   naturali
regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma 3»,
sopra citato. 
    Sulla  base   delle   suddette   argomentazioni,   l'Associazione
ambientalista ritiene che il Tribunale rimettente non possa in  alcun
modo definire  il  giudizio  senza  prima  sciogliere  il  dubbio  di
costituzionalita' in ordine all'art. 25, comma 18, della  legge  reg.
Liguria n. 29 del 1994, dal  quale  la  deliberazione  impugnata  nel
giudizio a quo trae il proprio  fondamento  giuridico,  costituendone
immediata e diretta attuazione. 
    3.1.2. - La fondatezza della questione si evincerebbe gia'  dalla
semplice  interpretazione  letterale  delle  disposizioni  coinvolte:
infatti, mentre l'art. 32, comma 3,  della  legge  n.  394  del  1991
stabilisce  che  l'accesso  a  fini  venatori  all'area  contigua  e'
consentito «ai soli residenti dei comuni dell'area naturale  protetta
e dell'area contigua», l'art. 25, comma 18, della legge reg.  Liguria
n. 29 del 1994 prevede  che  l'attivita'  venatoria  nella  zona  sia
«riservata ai cacciatori  aventi  diritto  all'accesso  negli  Ambiti
territoriali di caccia e dei Comprensori alpini su cui insiste l'area
contigua naturale protetta». 
    Secondo l'Associazione ambientalista, «e' di tutta evidenza  come
la formula utilizzata dal legislatore regionale abbia  un  ambito  di
applicazione  diverso  e  piu'  esteso  di  quella   introdotta   dal
legislatore statale, che, tra tutti i titoli che possono  legittimare
l'accesso alla zona contigua,  ha  scelto  di  privilegiare  il  solo
status  di  residente  ai  fini  dello   svolgimento   dell'attivita'
venatoria in loco». 
    In particolare, l'interpretazione sistematica del censurato comma
18 e degli altri commi (specialmente il comma 6) del  censurato  art.
25,  nonche'   dell'art.   27   della   medesima   legge   regionale,
dimostrerebbe la maggiore ampiezza dell'ambito di applicazione  della
norma oggetto dell'odierno giudizio di legittimita' costituzionale. 
    Da   quanto   appena   detto    discenderebbe    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 25, comma 18, della legge reg. Liguria n. 29
del 1994, nella parte in cui, violando lo standard minimo  di  tutela
previsto dal legislatore statale nell'art. 32, comma 3,  della  legge
n. 394 del 1991, permette l'accesso a fini venatori all'area contigua
al parco  naturale  di  Portovenere  «ai  cacciatori  aventi  diritto
all'accesso»,  anziche'  «ai  soli  residenti  dei  comuni  dell'area
naturale protetta e dell'area contigua»,  per  contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    3.2. - In subordine, la difesa dell'Associazione costituitasi  in
giudizio assume che l'art. 32, comma 3, della legge n. 394  del  1991
sia direttamente applicabile nel giudizio a quo e quindi  chiede  che
la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  in  quanto  priva   di
rilevanza. 
    In particolare, si sostiene che l'art. 25, comma 18, della  legge
reg. Liguria n. 29 del 1994 goda di «una particolare forza  attiva  e
passiva,  in  forza  del  criterio  di  risoluzione  delle  antinomie
cosiddetto "della competenza"». In ossequio al suddetto criterio,  la
palese antinomia esistente tra la norma regionale e quella statale  e
l'«assoluta preminenza del principio  della  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema  rispetto  ai  frammentari  interessi  sottesi   alla
disciplina regionale» avrebbero potuto condurre il giudice a  quo  «a
risolvere la questione  in  via  interpretativa,  individuando  nella
disposizione statale l'unica applicabile al caso di specie». 
    4. - In prossimita' dell'udienza, hanno depositato memorie sia la
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa' - V.A.S. sia la  Regione
Liguria, ciascuna insistendo nelle conclusioni  gia'  rassegnate  nei
rispettivi atti di costituzione in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Tribunale  amministrativo  della  Liguria  ha  sollevato
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  comma  18,
della legge della Regione  Liguria  1°  luglio  1994,  n.  29  (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per  il  prelievo
venatorio), per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),
della Costituzione. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1.  -  La  norma  regionale  censurata  nel  presente  giudizio
consente l'esercizio venatorio nelle aree contigue dei parchi  «nella
forma di caccia controllata riservata ai  cacciatori  aventi  diritto
all'accesso negli Ambiti territoriali di  caccia  e  dei  Comprensori
alpini su cui insiste l'area contigua naturale protetta». 
    Per stabilire quali cacciatori abbiano  diritto  all'accesso,  in
base alla norma citata, negli Ambiti territoriali di caccia,  occorre
fare riferimento agli altri  commi  dell'art.  25  della  legge  reg.
Liguria n. 29 del 1994. 
    In particolare,  secondo  il  comma  2,  «La  Provincia  comunica
annualmente agli organismi di gestione il numero dei  cacciatori  che
possono essere ammessi in ogni Ambito territoriale di  caccia  tenuto
conto degli indici di cui al  comma  1».  Il  comma  4  prevede:  «Il
cacciatore ha diritto di accesso all'Ambito territoriale di caccia  o
al Comprensorio alpino dove ha la  residenza  anagrafica  o  dove  ha
domicilio per motivi di pubblico servizio». I commi 5 e  6  prevedono
la  possibilita'  di  accesso  all'ambito  territoriale   anche   per
cacciatori che non abbiano in esso la residenza . In particolare,  il
comma 5 dispone che, nel  caso  in  cui  il  numero  dei  «cacciatori
residenti» sia superiore a quello dei «cacciatori  ammissibili»,  «la
Provincia provvede a destinare  i  cacciatori  in  esubero  in  altri
Ambiti territoriali o Comprensori alpini»; il comma 6, a  sua  volta,
prevede che possano essere ammessi, per i posti disponibili, dopo  le
iscrizioni compiute secondo le modalita' di cui ai commi  precedenti,
soggetti residenti nella Regione (lettera d), soggetti non  residenti
che svolgono l'attivita' lavorativa principale nella Regione (lettera
e) e infine soggetti residenti in altre Regioni (lettera f).  Inoltre
il  comma   8   stabilisce:   «Il   cacciatore   che   sia   titolare
dell'autorizzazione alla costituzione di  un  appostamento  fisso  di
caccia con o senza l'uso  di  richiami  vivi  ha  diritto  ad  essere
iscritto   all'Ambito   o   Comprensorio   in   cui    e'    compreso
l'appostamento». Ed ancora, il comma 9 dispone:  «Limitatamente  alla
caccia  alla  selvaggina  migratoria  ed  al  cinghiale  gli   Ambiti
territoriali di caccia e/o i Comprensori  alpini  possono  consentire
l'accesso sui territori di competenza e per  un  numero  di  giornate
prestabilite ad altri cacciatori residenti in  altri  A.T.C.  o  C.A.
della stessa provincia o di altre province  pur  ricadenti  in  altre
regioni, anche oltre il limite di densita' venatoria». 
    2.2. - L'art. 32, comma 3, della legge 6 dicembre  1991,  n.  394
(Legge quadro sulle aree protette),  invocato  dal  rimettente  quale
norma interposta, stabilisce: «All'interno  delle  aree  contigue  le
regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in  deroga  al
terzo comma dell'art. 15  della  legge  27  dicembre  1977,  n.  968,
soltanto nella forma della  caccia  controllata,  riservata  ai  soli
residenti  dei  comuni  dell'area  naturale  protetta   e   dell'area
contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso  articolo  15
della medesima legge». 
    3. - Dal raffronto tra le norme  regionali  e  la  norma  statale
prima riportate si deduce agevolmente il contrasto tra esse, giacche'
quelle regionali ammettono, a vario titolo e sulla  base  di  diversi
presupposti, l'esercizio venatorio anche per soggetti che  non  siano
residenti nei Comuni dell'area protetta o delle aree  contigue,  come
stabilito  invece  tassativamente  dalla   norma   statale.   L'esito
dell'odierno  giudizio  dipende  pertanto   dalla   possibilita'   di
riconoscere all'art. 32,  comma  3,  della  legge  n.  394  del  1991
efficacia vincolante nei confronti della Regione, che, come e'  noto,
e' titolare di competenza legislativa residuale in materia di caccia,
ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    3.1. - Le norme contenute nella legge  n.  394  del  1991,  nella
vigenza del testo originario del Titolo V della Parte  seconda  della
Costituzione,   costituivano   principi   fondamentali,    ai    fini
dell'esercizio della competenza legislativa concorrente delle Regioni
in materia di caccia. 
    A   seguito   della   riforma   costituzionale   del   2001,   la
trasformazione della competenza legislativa regionale in  materia  da
concorrente a residuale non ha fatto venir meno la  forza  vincolante
delle suddette norme statali, le quali  oggi  assumono  la  veste  di
standard  minimi  uniformi,  previsti  dalla  legislazione   statale,
nell'esercizio della competenza esclusiva dello Stato in  materia  di
tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. Con riferimento alla questione in oggetto, la Regione  pertanto
non  puo'  prevedere  soglie  inferiori  di  tutela,   mentre   puo',
nell'esercizio di una sua  diversa  potesta'  legislativa,  prevedere
livelli  maggiori,  che  implicano  logicamente  il  rispetto   degli
standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi  statali  (sentenze
n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009). 
    Gia' sotto l'impero del precedente  testo  dell'art.  117  Cost.,
questa Corte, con riferimento  alla  potesta'  legislativa  esclusiva
delle Regioni a statuto speciale,  aveva  precisato  che  il  vincolo
derivante dalla norma  statale  prima  citata  «non  dipende  da  una
determinata  qualificazione  della  norma   che   ne   esplicita   la
consistenza, ma dalla stessa previsione costituzionale  della  tutela
della natura attraverso lo strumento delle  aree  naturali  protette»
(sentenza n. 366 del 1992). 
    Dopo  la  riforma  del  Titolo  V  della  Parte   seconda   della
Costituzione, questa Corte ha riconosciuto, come si accennava  sopra,
con giurisprudenza costante, la competenza  legislativa  piena  dello
Stato in materia di aree naturali protette (ex plurimis, sentenze  n.
272 del 2009, n. 387 del 2008, n. 108 del 2005, n. 422 del 2002). 
    4. - Devono essere ritenute prive di fondamento le  ricostruzioni
prospettate dalla difesa  regionale,  la  quale  lamenta  il  mancato
esperimento, da  parte  del  giudice  a  quo,  di  un'interpretazione
conforme a Costituzione della disposizione censurata. In particolare,
secondo la Regione Liguria, il rimettente non  avrebbe  tenuto  conto
del mutamento del contesto normativo operato dalla legge 11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), che si ispirerebbe al  principio  della
«caccia programmata», al posto del precedente criterio della  «caccia
controllata», cui invece si ispiravano la legge 27 dicembre 1977,  n.
968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e  la  tutela
della fauna e la disciplina della caccia) e la legge n. 394 del 1991. 
    Sul punto si deve chiarire che l'oggetto delle leggi n.  394  del
1991, relativa alle aree protette, e n. 157 del 1992, relativa invece
alla protezione della fauna e al prelievo venatorio, e'  diverso.  La
prima si occupa soltanto del prelievo venatorio nelle aree protette e
nelle zone contigue e  presenta  pertanto  carattere  di  specialita'
rispetto alla seconda. 
    Inoltre, il tenore letterale  della  disposizione  censurata  non
consente un'interpretazione conforme a Costituzione, vale a dire alla
normativa statale interposta, che, per il criterio di specialita', e'
la legge  n.  394  del  1991  e  non,  come  affermato  dalla  difesa
regionale, la legge n. 157 del 1992. 
    Non puo' neppure essere accolto il rilievo della Regione Liguria,
secondo cui l'art. 32 della legge n. 394 del 1991  non  riguarderebbe
le aree naturali protette regionali, ma solo quelle statali. Si  deve
notare, in senso contrario, che l'art. 21, comma 1, lettera b), della
legge n. 157 del 1992, richiamata dalla stessa difesa regionale quale
normativa interposta, prevede espressamente l'applicazione  dell'art.
32, comma  3,  della  legge  n.  394  del  1991  ai  parchi  naturali
regionali. 
    Peraltro,  lo  stesso  legislatore   ligure   ha   esplicitamente
riconosciuto l'applicabilita' del citato  art.  32  anche  alle  aree
naturali protette regionali (art. 17,  comma  3,  della  legge  della
Regione Liguria 22  febbraio  1995,  n.  12  -  Riordino  delle  aree
protette). 
    5. - Deve essere disattesa infine la richiesta, avanzata  in  via
subordinata rispetto alla domanda principale di  accoglimento,  dalla
interveniente Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa' -  V.A.S.,
tendente alla dichiarazione di inammissibilita' della  questione,  in
quanto il giudice rimettente avrebbe dovuto applicare direttamente la
norma statale interposta,  anche  alla  luce  della  primarieta'  del
valore della tutela dell'ambiente. 
    L'assunto e' infondato, perche' il rapporto tra norme regionali e
norme statali interposte non puo' essere confuso con quello tra norme
statali e norme comunitarie, che, come e' noto, legittima il  giudice
comune a non applicare  la  norma  interna  contrastante  con  quella
comunitaria ad efficacia diretta. 
    6. - Per le considerazioni svolte nei  paragrafi  precedenti,  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  comma  18,
della legge reg. Liguria n.  29  del  1994,  proposta  dal  Tribunale
amministrativo regionale della  Liguria,  deve  essere  accolta,  nei
limiti di cui al dispositivo della presente sentenza. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma  18,
della legge della Regione  Liguria  1°  luglio  1994,  n.  29  (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per  il  prelievo
venatorio), nella parte in cui consente la  caccia  nelle  cosiddette
aree contigue anche a soggetti non residenti nelle aree medesime. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria l'11 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola