N. 316 SENTENZA 3 - 11 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza  -  Previsione,  per  l'anno  2008,   del   blocco   della
  rivalutazione automatica delle pensioni superiori ad otto volte  il
  trattamento minimo INPS -  Ritenuta  violazione  del  canone  della
  adeguatezza  della  prestazione  previdenziale,  con  irragionevole
  preclusione della proporzionalita' tra pensione e  retribuzione,  e
  lesione dei principi di perequazione e di eguaglianza -  Esclusione
  - Non fondatezza della questione. 
- Legge 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 19. 
- Costituzione, artt. 3, 36 e 38, secondo comma. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  19,
della legge 24  dicembre  2007,  n.  247  (Norme  di  attuazione  del
Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e  competitivita'
per favorire l'equita' e la crescita sostenibili,  nonche'  ulteriori
norme in materia  di  lavoro  e  previdenza  sociale),  promosso  dal
Tribunale di Vicenza nel procedimento vertente tra P.A. E. ed altro e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale  (INPS)  con  ordinanza
del 17 aprile 2009, iscritta al n. 205 del registro ordinanze 2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione di P.A. E. ed  altro  e  dell'INPS
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  ottobre  2010  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi gli avvocati Mattia Persiani per P.A. E.  ed  altro,  Mauro
Ricci per l'INPS e l'avvocato dello  Stato  Massimo  Santoro  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 17  aprile  2009,
ha  sollevato   questione   di   legittimita'   costituzionale,   con
riferimento  agli  articoli  38,  secondo  comma,  36   e   3   della
Costituzione, dell'art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n.
247 (Norme di  attuazione  del  Protocollo  del  23  luglio  2007  su
previdenza, lavoro e  competitivita'  per  favorire  l'equita'  e  la
crescita sostenibili, nonche' ulteriori norme in materia di lavoro  e
previdenza sociale). 
    Tale norma stabilisce che per le pensioni superiori a otto  volte
il trattamento minimo INPS non venga concessa per l'anno 2008  alcuna
perequazione automatica. 
    1.1. - Riferisce il giudice rimettente  che  P.A.  E.  e  R.  T.,
titolari di pensioni INPS eccedenti otto volte il trattamento minimo,
anche per effetto della perequazione automatica  per  legge,  avevano
contestato la decisione dell'INPS di  non  perequare  automaticamente
tale emolumento a partire dal gennaio 2008 in applicazione  dell'art.
1, comma 19, della legge n. 247 del 2007, lamentando la  perdita  del
potere  d'acquisto  conseguentemente   determinatasi,   con   effetti
destinati a  prodursi  anche  in  futuro,  incidenti  definitivamente
sull'ammontare della pensione stessa. 
    1.2.  -  Secondo  il  Tribunale  di  Vicenza,  la  questione   di
legittimita' costituzionale sarebbe, innanzitutto, rilevante, perche'
la  chiara  ed  univoca  lettera  della  norma   censurata   non   ne
consentirebbe una interpretazione diversa da quella che  univocamente
conduce  all'esclusione  dell'applicabilita'  del   beneficio   della
perequazione. 
    1.3.  -  La  questione  sarebbe,  inoltre,   non   manifestamente
infondata, perche', anche in attuazione dell'art. 38, secondo  comma,
Cost., il legislatore ha previsto la  perequazione  automatica  delle
pensioni erogate in tutti  i  regimi,  compresi  quelli  integrativi,
nonche'  delle  forme  di  previdenza  complementare,   secondo   una
disciplina  improntata  alla  copertura  integrale   delle   pensioni
economicamente piu' contenute  e  parziale  per  altre  tipologie  di
pensioni piu' elevate (con l'unica  eccezione  di  cui  all'art.  59,
comma 13, della legge  27  dicembre  1997,  n.  449,  Misure  per  la
stabilizzazione della finanza  pubblica).  Con  la  norma  censurata,
invece, e' stato  disposto  il  blocco  totale  (temporaneo,  ma  con
riflessi  permanenti)  della   perequazione   automatica,   con   una
valutazione che il giudice  a  quo  sospetta  non  essere  rispettosa
dell'art.  38  Cost.  e  del  principio  di  ragionevolezza  previsto
dall'art. 3 Cost., in  quanto,  nel  bilanciamento  tra  principi  di
uguale rango costituzionale (quello dell'art. 38 Cost. e quello della
solidarieta' sociale sotteso  alle  esigenze  di  contenimento  della
spesa pubblica e di tenuta finanziaria  del  sistema  previdenziale),
sarebbe stato inciso totalmente uno di questi - il diritto a  che  lo
Stato assicuri i mezzi adeguati alle esigenze di vita dei  lavoratori
pensionati - e tutelato integralmente l'altro. 
    Il giudice rimettente ritiene altresi' che la pensione totalmente
non perequata, con effetti non solo nell'immediato, ma anche  per  il
futuro (in difetto di qualunque previsione di recupero per  gli  anni
successivi), non risponda al canone della adeguatezza sancito, per le
prestazioni  previdenziali,  dall'art.  38,  secondo   comma,   della
Costituzione. 
    La mancata rivalutazione automatica delle pensioni  superiori  ad
un certo importo, oltre ad impedire la conservazione  nel  tempo  del
valore  del  trattamento   di   quiescenza,   andrebbe   altresi'   a
pregiudicare la proporzionalita' tra pensione e  retribuzione  goduta
nel corso dell'attivita' lavorativa, tutelata dagli  artt.  38  e  36
Cost.,  discriminando  irragionevolmente  i  percettori  di  pensioni
medio-alte rispetto ai percettori di pensioni meno elevate;  i  primi
esposti  globalmente  al  rischio  inflattivo,  i  secondi   protetti
integralmente da esso. 
    Secondo  il  Tribunale  di  Vicenza,  infine,  il  principio   di
solidarieta', cui si raccordano le  esigenze  di  contenimento  della
spesa pubblica, di salvaguardia del bilancio dello Stato,  di  tenuta
finanziaria  del  sistema  previdenziale,  giustificherebbe  soltanto
meccanismi  normativi  di  rivalutazione  parziale  e  non  anche  la
radicale  esclusione  della  perequazione   per   certune   tipologie
pensionistiche, foriera  di  nette  ed  irragionevoli  disparita'  di
trattamento tra pensionati. 
    2. - Con memoria depositata in data  2  settembre  2009  si  sono
costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio principale, instando
per  la   declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale   della
disposizione legislativa censurata, in relazione all'art. 38, secondo
comma, Cost. - o allo stesso articolo in combinazione con  l'art.  36
Cost. - e all'art. 3 della Costituzione. 
    Pur non ignorando l'insegnamento reso dalla Corte con l'ordinanza
n. 256 del 2001, la quale ha escluso la illegittimita' costituzionale
del  meccanismo  di   temporanea   sospensione   della   perequazione
automatica di cui all'art. 59, comma 13, della legge n. 449 del 1997,
i pensionati interessati evidenziano che  tutti  i  provvedimenti  di
blocco della perequazione  automatica,  anche  se  temporanei,  hanno
prodotto, e producono tuttora, un danno economico sui  livelli  delle
pensioni di importo  piu'  elevato  e  che  dunque  non  si  dovrebbe
continuare a legittimare, anche per il futuro,  l'esistenza  di  quel
danno. 
    A loro giudizio la mancata rivalutazione automatica, sia pure con
riguardo alle pensioni  di  un  certo  importo,  pregiudicherebbe  la
realizzazione della "adeguatezza" delle prestazioni  previdenziali  e
impedirebbe, o almeno concorrerebbe  ad  impedire,  la  realizzazione
della proporzionalita' tra pensione e retribuzione goduta  nel  corso
dell'attivita' lavorativa. 
    Sotto il profilo della ragionevolezza  viene,  infine,  osservato
che i titolari di pensioni superiori ad  otto  volte  il  trattamento
minimo INPS sarebbero stati  privati  della  perequazione  automatica
senza  una  giustificazione  adeguata,  non  ricavabile  neppure  dal
principio di solidarieta'. 
    2.1. - Con memoria illustrativa depositata il 10  settembre  2010
la  difesa  dei  ricorrenti  in  via   principale   ha   ribadito   e
ulteriormente sviluppato le argomentazioni gia' svolte  nell'atto  di
costituzione  a  sostegno  dell'illegittimita'  costituzionale  della
norma impugnata. 
    3. - Con atto depositato il 15 settembre 2009  si  e'  costituito
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),  chiedendo  che
la questione di legittimita' costituzionale sollevata  dal  Tribunale
di  Vicenza  con  l'ordinanza  sopra   specificata   sia   dichiarata
inammissibile o infondata e richiamando l'orientamento consolidato di
questa Corte,  secondo  cui  «appartiene  alla  discrezionalita'  del
legislatore,  con  il  solo  limite  della   palese   irrazionalita',
stabilire la misura dei trattamenti di  quiescenza  e  le  variazioni
dell'ammontare delle prestazioni» (ordinanza n. 256 del 2001). 
    La misura dei trattamenti interessati  dall'intervento  normativo
sarebbe tale da escludere a priori la paventata lesione dell'art.  38
Cost., tanto meno potendo risultarne sacrificate le «esigenze  minime
di protezione della persona». 
    La  ragionevolezza  e  tollerabilita'  della  sospensione   della
perequazione automatica, per il solo 2008, delle  pensioni  superiori
ad otto volte il trattamento minimo dipenderebbe dal fatto  che  essa
e' limitata nel tempo ed incide su fasce di reddito elevate. 
    Non sarebbe, inoltre, ravvisabile alcun contrasto con  gli  artt.
36 e 38 Cost.,  avendo  il  legislatore,  alla  luce  delle  esigenze
fondamentali di politica economica,  discrezionalmente  bilanciato  i
contrapposti interessi secondo criteri non arbitrari o illogici. 
    Rispetto al canone dell'art. 3 Cost., infine,  la  norma  avrebbe
regolato situazioni fra loro disomogenee e percio' non comparabili. 
    4. - Con atto depositato il 15 settembre 2009 e' intervenuto  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  instando   per   la
dichiarazione  di  manifesta   infondatezza   -   o,   comunque,   di
inammissibilita' - della questione sollevata dal Tribunale di Vicenza
con l'ordinanza succitata, poiche' non motivata con  argomenti  nuovi
rispetto all'analoga questione decisa dalla Corte costituzionale  con
ordinanza n. 256 del 2001. 
    Con  specifico  riferimento  alla   norma   censurata,   la   sua
conformita'  alla  Costituzione  troverebbe  ampio  riscontro   nella
giurisprudenza di questa Corte, univocamente attestata  sui  principi
dell'inesistenza  di  un   vincolo   costituzionale   di   automatico
adeguamento delle pensioni agli stipendi (sentenza n. 62  del  1999);
dell'appartenenza alla discrezionalita' del legislatore, con il  solo
limite della palese irrazionalita', dei modi, delle  misure  e  delle
variazioni dei trattamenti di pensione, attraverso il contemperamento
delle esigenze di vita dei beneficiari con le concrete disponibilita'
finanziarie e le esigenze di bilancio (sentenza  n.  372  del  1998),
discrezionalita' peraltro  destinata  a  manifestarsi  specificamente
nella  modulazione  in  concreto  dei  meccanismi   di   perequazione
(sentenze n. 241 del 2002 e n. 439 del 2001). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Viene all'esame di questa Corte la questione di legittimita'
costituzionale sollevata, con l'ordinanza indicata in  epigrafe,  dal
Tribunale di Vicenza, relativamente all'articolo 1, comma  19,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di  attuazione  del  Protocollo
del 23  luglio  2007  su  previdenza,  lavoro  e  competitivita'  per
favorire l'equita' e la crescita sostenibili, nonche' ulteriori norme
in materia di lavoro e previdenza sociale). 
    2. - Il Tribunale di Vicenza sospetta che la norma,  nella  parte
in  cui,  per  l'anno  2008,  prevede  il  blocco   integrale   della
perequazione automatica delle pensioni  superiori  a  otto  volte  il
trattamento  minimo,  violi  l'art.  38,  secondo  comma,  anche   in
combinato disposto con l'art. 36, e l'art. 3 della Costituzione. 
    Il giudice rimettente dubita, in primo  luogo,  che  la  pensione
totalmente non perequata, con evidenti effetti  nell'immediato  («per
l'anno 2008»), ma  pure  con  inevitabili  riflessi  permanenti  (non
essendo stato previsto  alcun  recupero  per  gli  anni  successivi),
risponda al canone della  adeguatezza  sancito,  per  la  prestazione
previdenziale,   dall'art.   38,   secondo   comma,   Cost.,   avendo
temporaneamente reso inefficace l'unico istituto posto a tutela della
conservazione nel tempo del valore del trattamento pensionistico. 
    A suo avviso, inoltre, la mancata rivalutazione automatica  delle
pensioni superiori ad un certo importo contribuirebbe a precludere la
proporzionalita'  tra  pensione  e  retribuzione  goduta  nel   corso
dell'attivita' lavorativa,  tutelata  dagli  artt.  38  e  36  Cost.,
discriminando irragionevolmente i percettori di  pensioni  medio-alte
rispetto ai percettori di pensioni  meno  elevate;  i  primi  esposti
globalmente al rischio inflattivo, i secondi  protetti  integralmente
da esso. 
    La norma impugnata, infine, contrasterebbe con l'art. 38 Cost., e
con il principio di ragionevolezza previsto dall'art.  3  Cost.,  per
avere totalmente sacrificato il diritto  all'assicurazione  da  parte
dello Stato di mezzi adeguati  ai  bisogni  di  vita  dei  lavoratori
pensionati  alla  solidarieta'  sociale  sottesa  alle  esigenze   di
contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema
previdenziale, evitando qualunque forma di bilanciamento  tra  valori
di pari rango costituzionale, quale avrebbe potuto essere  realizzata
con  interventi  piu'  calibrati  di  attenuazione   della   dinamica
perequativa. 
    3. - La questione non e' fondata. 
    L'art. 1, comma 19, della legge n. 247 del 2007 -  disponendo  il
blocco della perequazione automatica, per il solo  anno  2008,  delle
pensioni con importo superiore a otto  volte  il  trattamento  minimo
INPS -  ha  lo  scopo  dichiarato  di  contribuire  al  finanziamento
solidale   degli   interventi   sulle   pensioni    di    anzianita',
contestualmente adottati con l'art. 1, commi 1 e  2,  della  medesima
legge. 
    In particolare, la mancata rivalutazione dei predetti trattamenti
ha concorso a compensare l'eliminazione dell'innalzamento repentino a
sessanta anni, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dell'eta' minima gia'
prevista  per  l'accesso  alla  pensione  di   anzianita'   in   base
all'articolo 1, comma 6, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in
materia  pensionistica  e  deleghe  al  Governo  nel  settore   della
previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare  e
all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed
assistenza obbligatoria),  e  l'introduzione,  in  sua  vece,  di  un
sistema  piu'  graduale  e  flessibile  delle  "uscite",  basato  sul
raggiungimento   di   quote   risultanti   dall'eta'   anagrafica   e
dall'anzianita' contributiva. 
    3.1. - Cosi' ricostruitane la ratio, la norma impugnata e' immune
da tutti i vizi denunciati. 
    L'art. 38, secondo comma, Cost. impone che  al  lavoratore  siano
garantiti «mezzi adeguati» alle  esigenze  di  vita  in  presenza  di
determinate situazioni che richiedono tutela. La mancata perequazione
per un solo anno della pensione  non  tocca  il  problema  della  sua
adeguatezza. 
    Dal principio enunciato nell'art. 38  Cost.,  infatti,  non  puo'
farsi discendere, come  conseguenza  costituzionalmente  necessitata,
quella dell'adeguamento con cadenza annuale di  tutti  i  trattamenti
pensionistici. E cio', soprattutto ove si consideri che  le  pensioni
incise dalla norma impugnata, per il loro importo piuttosto  elevato,
presentano  margini  di  resistenza  all'erosione   determinata   dal
fenomeno inflattivo. L'esigenza di una rivalutazione sistematica  del
correlativo valore monetario e', dunque, per esse meno  pressante  di
quanto non sia per quelle di piu' basso importo. 
    3.2. - Anche rispetto  al  principio  di  proporzionalita'  delle
pensioni alle retribuzioni, contenuto nell'art. 36 Cost., la  lesione
ipotizzata  dal  giudice  rimettente  non  sussiste.   In   relazione
all'adeguatezza dei trattamenti di quiescenza alle esigenze  di  vita
del lavoratore e della sua famiglia, questa  Corte  ha  ripetutamente
affermato che tale principio non  impone  un  aggancio  costante  dei
trattamenti pensionistici agli stipendi (ex plurimis, sentenza n.  62
del 1999 e ordinanza n. 531 del 2002). 
    Spetta, infatti, al legislatore, sulla  base  di  un  ragionevole
bilanciamento dei valori costituzionali, dettare la disciplina di  un
adeguato  trattamento  pensionistico,  alla  stregua  delle   risorse
finanziarie attingibili e  fatta  salva  la  garanzia  irrinunciabile
delle  esigenze  minime  di  protezione  della  persona  (per  tutte,
sentenza n. 30 del 2004). Esigenze, queste, che il livello  economico
dei trattamenti previsti dalla norma impugnata non scalfisce,  per  i
suoi effetti limitati al 2008. 
    3.3. - Quanto poi all'irragionevole  sperequazione  ascritta  dal
giudice rimettente all'intervento normativo censurato, questa Corte -
proprio  nell'affrontare   un'analoga   questione   di   legittimita'
costituzionale riguardante altra norma  (art.  59,  comma  13,  della
legge n. 449 del 1997) che pure  escludeva  per  un  anno  (1998)  la
perequazione  automatica   dei   trattamenti   pensionistici   allora
superiori a cinque volte il minimo INPS - ha ribadito che «appartiene
alla discrezionalita' del legislatore, col solo limite  della  palese
irrazionalita', stabilire la misura dei trattamenti di  quiescenza  e
le  variazioni  dell'ammontare  delle  prestazioni,   attraverso   un
bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto,  accanto  alle
esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilita'
finanziarie e delle esigenze di bilancio» (ordinanza n. 256 del 2001;
nello stesso senso, sentenza n. 372 del 1998). 
    Allo stesso modo, anche in questo caso dev'essere riconosciuta al
legislatore   -   all'interno   di   un   disegno   complessivo    di
razionalizzazione  della  precedente  riforma  previdenziale   -   la
liberta' di adottare misure,  come  quella  denunciata,  di  concorso
solidaristico al finanziamento  di  un  riassetto  progressivo  delle
pensioni  di  anzianita',  onde  riequilibrare  il  sistema  a  costo
invariato. 
    3.4. - In tale prospettiva, neppure  puo'  ritenersi  violato  il
principio  di  eguaglianza,  perche'  il  blocco  della  perequazione
automatica per l'anno 2008,  operato  esclusivamente  sulle  pensioni
superiori ad un limite d'importo di  sicura  rilevanza,  realizza  un
trattamento  differenziato  di  situazioni   obiettivamente   diverse
rispetto a quelle, non incise dalla norma impugnata, dei titolari  di
pensioni piu' modeste. E che  si  tratti  di  situazioni  disomogenee
trova conferma nella stessa disciplina «a regime» della  perequazione
automatica, la quale prevede una copertura decrescente, a mano a mano
che aumenta il valore della prestazione. 
    Inoltre, la chiara finalita'  solidaristica  dell'intervento,  in
contrappeso all'espansione  della  spesa  pensionistica  dovuta  alla
graduazione dell'entrata in vigore di nuovi piu' rigorosi criteri  di
accesso al pensionamento di  anzianita',  offre  una  giustificazione
ragionevole alla soppressione annuale della rivalutazione  automatica
prevista a scapito dei titolari dei trattamenti medio-alti.  Il  loro
sacrificio, infatti, serve ad attuare la scelta  non  arbitraria  del
legislatore  di  soddisfare  -  cancellando  la   brusca   elevazione
dell'eta'  minima  pensionabile  -  le   aspettative   maturate   dai
lavoratori,  i  quali,  in  base  alla  piu'  favorevole   disciplina
previgente, erano prossimi al raggiungimento del prescritto requisito
anagrafico. 
    La norma impugnata  si  sottrae,  infine,  a  censure  di  palese
irragionevolezza,  perche',  limitandosi  a  rallentare  la  dinamica
perequativa delle pensioni di valore  piu'  cospicuo,  non  determina
alcuna riduzione quantitativa  dei  trattamenti  in  godimento.  Essa
cosi' finisce per imporre ai relativi percettori un costo  contenuto,
sia pure tenendo conto dei riflessi futuri  del  mancato  adeguamento
circoscritto al 2008. 
    4.  -  Va,   in   definitiva,   riaffermato   che   la   garanzia
costituzionale  della  adeguatezza  e  della   proporzionalita'   del
trattamento  pensionistico,  cui  lo  strumento  della   perequazione
automatica  e'  certamente  finalizzato,  incontra  il  limite  delle
risorse disponibili. A tale limite il Governo e il Parlamento  devono
uniformare  la  legislazione  di  spesa,  con  particolare  rigore  a
presidio degli equilibri del sistema previdenziale. 
    Dev'essere,  tuttavia,  segnalato  che  la  sospensione  a  tempo
indeterminato  del  meccanismo  perequativo,  ovvero   la   frequente
reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema
ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di  ragionevolezza
e  proporzionalita'  (su  cui,  nella  materia  dei  trattamenti   di
quiescenza, v. sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del  1985),  perche'
le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non  essere
sufficientemente  difese  in  relazione  ai  mutamenti   del   potere
d'acquisto della moneta. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 1, comma 19, della  legge  24  dicembre  2007,  n.  247
(Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,
lavoro  e  competitivita'  per  favorire  l'equita'  e  la   crescita
sostenibili,  nonche'  ulteriori  norme  in  materia  di   lavoro   e
previdenza sociale), sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  38,
secondo comma, 36 e 3 della Costituzione, dal  Tribunale  di  Vicenza
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Mazzella 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria l'11 novembre 2010 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola