N. 318 ORDINANZA 3 - 11 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato  -  Esclusione  della  rilevanza  penale  dell'indebito
  trattenimento  dello  straniero  sul  territorio  dello  Stato  ove
  ricorra un giustificato motivo  -  Mancata  previsione  -  Ritenuta
  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla  fattispecie
  criminosa di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.  n.  286  del
  1998, nonche' asserita violazione del principio di  colpevolezza  -
  Carente descrizione della fattispecie, con conseguente  difetto  di
  rilevanza attuale della questione o impossibilita' di  compiere  il
  relativo controllo - Manifesta inammissibilita'. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, introdotto dall'art. 1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Ricorrenza di un giustificato motivo  quale  esimente
  della  condotta  sanzionata  -  Mancata   previsione   -   Ritenuta
  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla  fattispecie
  criminosa di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.  n.  286  del
  1998, nonche' asserita violazione del principio di  colpevolezza  -
  Assenza di riferimenti  alla  fattispecie  concreta  -  Difetto  di
  motivazione  sulla  rilevanza  e  sulle  ragioni   del   denunciato
  contrasto con gli evocati parametri  -  Manifesta  inammissibilita'
  delle questioni. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, introdotto dall'art. 1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato  -  Esclusione  della  rilevanza  penale  dell'indebito
  trattenimento  dello  straniero  sul  territorio  dello  Stato  ove
  ricorra il giustificato motivo di cui all'art. 14, comma 5-ter, del
  d.lgs.  n.  286  del  1998  -   Mancata   previsione   -   Ritenuta
  ingiustificata  disparita'   di   trattamento,   nonche'   asserita
  violazione dei principi di ragionevolezza e di  personalita'  della
  responsabilita' penale - Questione sollevata da giudice palesemente
  privo della competenza a  condurre  il  procedimento  principale  -
  Difetto di rilevanza - Manifesta inammissibilita'. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, introdotto dall'art. 1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato  -  Esclusione  della  rilevanza  penale  dell'indebito
  trattenimento  dello  straniero  sul  territorio  dello  Stato  ove
  ricorra un giustificato motivo a norma dell'art. 14,  comma  5-ter,
  del d.lgs.  n.  286  del  1998  -  Mancata  previsione  -  Ritenuta
  ingiustificata  disparita'   di   trattamento,   nonche'   asserita
  violazione dei principi  di  ragionevolezza  e  di  colpevolezza  -
  Assenza di riferimenti  alla  fattispecie  concreta  -  Difetto  di
  motivazione  sulla  rilevanza  e  sulle  ragioni   del   denunciato
  contrasto con gli evocati parametri  -  Manifesta  inammissibilita'
  della questione. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, introdotto dall'art. 1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello  Stato   -   Omessa   esclusione   della   rilevanza   penale
  dell'indebito trattenimento dello straniero  sul  territorio  dello
  Stato ove ricorra un giustificato motivo - Mancata previsione di un
  termine dilatorio per gli  stranieri  in  condizione  di  soggiorno
  irregolare  al  momento  di   entrata   in   vigore   della   norma
  incriminatrice - Sentenza di non luogo  a  procedere  nel  caso  di
  sopravvenuta    espulsione    amministrativa    dello     straniero
  indebitamente trattenutosi in Italia -  Denunciata  violazione  dei
  principi  di  uguaglianza,  di  ragionevolezza  e  della  finalita'
  rieducativa della pena - Carente descrizione della fattispecie, con
  conseguente  difetto  di  rilevanza  attuale  della   questione   o
  impossibilita' di compiere il relativo controllo - Indeterminatezza
  del  petitum  -  Richiesta  di  pronuncia  additiva  dai  contenuti
  indefiniti e  non  costituzionalmente  obbligati,  incidente  sulla
  discrezionalita' del legislatore - Manifesta inammissibilita' delle
  questioni. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, introdotto dall'art. 1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3 e 27. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), promossi dal Giudice  di  pace  di
Lecco, sezione distaccata di Missaglia, con ordinanza del 26 novembre
2009, dal Giudice di pace di  La  Spezia  con  sei  ordinanze  del  6
ottobre e con due ordinanze del 3 novembre  2009,  dal  Tribunale  di
Trento con ordinanza del 25 settembre 2009, dal Giudice  di  pace  di
Vasto con ordinanza del 19 ottobre 2009 e  dal  Giudice  di  pace  di
Perugia con ordinanza del 21 dicembre 2009, ordinanze rispettivamente
iscritte ai nn. 13, da 34 a 41, 73, 78 e 114 del  registro  ordinanze
2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6, 8,
12 e 17, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre  2010  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Lecco, sezione  distaccata  di
Missaglia, con ordinanza del 26 novembre 2009 (r.o. n. 13 del  2010),
ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione  -
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come introdotto dall'art. 1, comma 16, lettera  a),
della legge 15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica), nella parte in cui non esclude, per  i  casi  in
cui  ricorra  un   «giustificato   motivo»,   la   rilevanza   penale
dell'indebito trattenimento  dello  straniero  sul  territorio  dello
Stato; 
        che il rimettente procede  nei  confronti  di  una  cittadina
straniera denunciata, in  occasione  degli  accertamenti  riguardanti
fatti ulteriori, per il reato di «ingresso e soggiorno  illegale  nel
territorio dello  Stato»,  essendosi  in  particolare  trattenuta  in
Italia pur dopo la risalente scadenza del suo permesso di soggiorno; 
        che  lo  stesso  rimettente  dubita   della   conformita'   a
Costituzione di una norma che, come quella censurata,  sia  priva  di
una clausola di esclusione della punibilita' per  fatti  commessi  in
presenza di un «giustificato motivo»; 
        che infatti una clausola  corrispondente,  nell'ambito  della
fattispecie prevista dall'art. 14, comma 5-ter, dello  stesso  d.lgs.
n. 286 del 1998, sarebbe stata piu'  volte  valorizzata  dalla  Corte
costituzionale quale «valvola di sicurezza» del sistema repressivo in
materia di immigrazione, necessaria ad  assicurare  il  rispetto  dei
principi di colpevolezza e proporzionalita' (sono citate le  sentenze
n. 5 del 2004 e n. 22 del 2007); 
        che  dovrebbe   considerarsi,   in   particolare,   come   la
Costituzione  imponga  un  regime  di   scusabilita'   dell'ignoranza
incolpevole a proposito della legge penale, e come la  rilevanza  del
«giustificato motivo» assicuri l'effettivita' del  principio  in  una
materia segnata per lo  straniero  da  difficolta'  di  comprensione,
anche  di  ordine  linguistico,  circa  le   norme   dell'ordinamento
giuridico nazionale; 
        che, inoltre, sarebbe violato il  principio  di  uguaglianza,
non essendo giustificata la  discriminazione  tra  la  situazione  di
indebito trattenimento regolata dalla disposizione censurata e quella
punita a norma dell'art. 14, comma 5-ter,  del  T.u.  in  materia  di
immigrazione, visto che le  condotte  a  raffronto,  pur  presentando
diversa gravita', sarebbero pienamente assimilabili sotto il  profilo
strutturale; 
        che il giudice a  quo  assume,  in  riferimento  al  caso  di
specie,  che  la  difesa  non  avrebbe  avuto  la   possibilita'   di
documentare le ragioni per le quali l'imputata, dopo la scadenza  del
suo permesso di soggiorno,  non  si  e'  allontanata  dal  territorio
nazionale, proprio  in  quanto  i  motivi  della  condotta  sarebbero
attualmente irrilevanti; 
        che  la  necessita'  di  conferire  rilievo  scriminante   al
«giustificato motivo» risulterebbe tanto piu'  evidente,  di  contro,
considerando la concreta fattispecie, ove l'imputata, quanto meno nel
momento della richiesta di presentazione immediata  al  giudizio,  si
trovava detenuta per altra causa, e dunque di fatto impossibilitata a
lasciare il territorio nazionale; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio mediante atto depositato in data 2 marzo 2010, chiedendo che
la questione sollevata sia dichiarata infondata; 
        che la norma censurata, ad avviso della difesa  dello  Stato,
sarebbe  frutto  del  ragionevole  esercizio  della  discrezionalita'
spettante al legislatore, anche in rapporto alla  mancata  previsione
della «scriminante atipica»; 
        che sarebbe priva di fondamento la comparazione istituita dal
rimettente tra la predetta norma e quella prevista all'art. 14, comma
5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998,  data  l'obiettiva  disomogeneita'
delle relative fattispecie; 
        che andrebbe considerata, nel caso concretamente sottoposto a
giudizio, la condizione detentiva dell'imputata, tale da  determinare
l'irrilevanza  penalistica  del  mancato   suo   allontanamento   dal
territorio nazionale; 
        che il Giudice  di  pace  di  La  Spezia,  con  otto  diverse
ordinanze di identico tenore, deliberate in date comprese  tra  il  6
ottobre ed il 3 novembre 2009 (r.o. numeri da 34 a 41 del  2010),  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27  Cost.  -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs.  n.  286  del
1998, come introdotto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della  legge
n. 94 del 2009, nella parte in cui non prevede la  ricorrenza  di  un
«giustificato motivo» quale esimente della condotta sanzionata; 
        che, nei provvedimenti indicati, il rimettente  osserva  come
la norma censurata, pur  avendo  «funzione  sussidiaria»  rispetto  a
quella contenuta nell'art. 14, comma 5-ter, dello  stesso  d.lgs.  n.
286 del 1998, non contenga un'analoga fattispecie di esclusione della
punibilita'; 
        che, su questa premessa, il giudice a quo esprime un  «dubbio
di legittimita' costituzionale», evocando nel solo dispositivo  delle
proprie ordinanze, quali parametri violati, gli artt. 3 e 27 Cost.; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio r.o. n. 40 del 2010, mediante atto  depositato  in  data  16
marzo 2010, chiedendo  che  la  questione  sollevata  sia  dichiarata
«inammissibile e infondata»; 
        che la prospettata inammissibilita' deriverebbe dalla carenza
di indicazioni, ad opera del rimettente,  sulle  caratteristiche  del
fatto  sottoposto  a  giudizio  e  sulla  rilevanza  della  questione
sollevata; 
        che detta questione sarebbe comunque  infondata,  poiche'  il
legislatore   avrebbe    esercitato    correttamente    la    propria
discrezionalita'  in  materia  di   determinazione   delle   condotte
punibili,  anche  in   rapporto   alla   mancata   previsione   della
«scriminante atipica», e  poiche',  data  l'obiettiva  disomogeneita'
delle relative fattispecie, sarebbe ingiustificata  la  comparazione,
proposta dal rimettente, tra la norma oggetto  di  censura  e  quella
prevista all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che il Tribunale di Trento (in composizione monocratica), con
ordinanza del 25 settembre 2009 (r.o. n. 73 del 2010), ha sollevato -
in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost. -  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis del d.lgs.  n.  286  del  1998,  come
introdotto dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n.  94  del
2009,  nella  parte  in  cui  non   esclude   la   rilevanza   penale
dell'indebito trattenimento  dello  straniero  sul  territorio  dello
Stato quando ricorra il «giustificato motivo»  di  cui  all'art.  14,
comma 5-ter, dello stesso d.lgs. n. 286 del 1998; 
        che nel procedimento a quo l'imputato e' stato presentato per
il giudizio direttissimo dopo essere stato tratto in arresto,  il  21
settembre 2009, per il reato di cui all'art.  14,  comma  5-ter,  del
T.u.  in  materia  di  immigrazione,  non  avendo  egli   ottemperato
all'intimazione, rivoltagli  dal  questore  di  Alessandria  dopo  un
pregresso decreto di espulsione, a lasciare entro  cinque  giorni  il
territorio dello Stato; 
        che,  nel  corso  dell'udienza,  il  pubblico  ministero   ha
contestato all'imputato il reato «concorrente» di cui all'art. 10-bis
dello stesso d.lgs. n. 286 del 1998, commesso fino alla data  del  21
settembre 2009; 
        che il giudice a quo riferisce, trascrivendo  per  intero  la
relativa  motivazione,  d'aver  deliberato  sentenza  di  assoluzione
quanto al  delitto  di  cui  all'art.  14,  comma  5-ter,  attesa  la
ricorrenza  di  un   «giustificato   motivo»   per   l'inottemperanza
all'ordine di allontanamento; 
        che in particolare, secondo il Tribunale, non sarebbero stati
raccolti  nel  giudizio  elementi   idonei   a   smentire   l'assunto
dell'imputato secondo cui le risorse economiche  a  sua  disposizione
non gli avrebbero permesso l'acquisto di biglietti di viaggio; 
        che,  proprio  in  ragione   dell'intervenuto   provvedimento
assolutorio,  residuerebbe   una   responsabilita'   per   il   reato
contravvenzionale di recente introduzione, dal quale  l'imputato  non
potrebbe essere prosciolto, pur ricorrendo un  «giustificato  motivo»
per la condotta di trattenimento, dato che  la  relativa  fattispecie
non contiene la corrispondente clausola di salvaguardia; 
        che  la  decisione  sul  merito  dell'accusa  spetterebbe  al
giudice a quo, data l'iniziale sua competenza a norma dell'art. 6 del
decreto legislativo  28  agosto  2000,  n.  274  (Disposizioni  sulla
competenza penale del giudice di pace, a  norma  dell'art.  14  della
legge 24 novembre 1999, n. 468), in forza del  rapporto  di  concorso
formale tra la contravvenzione contestata  ed  il  delitto  posto  ad
oggetto dell'imputazione originaria; 
        che,  sul  piano  della  non   manifesta   infondatezza,   il
rimettente  osserva  come  la  nuova  fattispecie   contravvenzionale
costituisca un  «reato  sussidiario»  rispetto  a  quella  sanzionata
dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, e come  dunque
non si giustifichi l'omessa previsione, proprio e solo per la  figura
sussidiaria, del «giustificato  motivo»  quale  causa  di  esclusione
della punibilita'; 
        che non  varrebbe  a  legittimare  l'indicata  disparita'  di
trattamento  il  rilievo  della  discrezionalita'  legislativa  nella
determinazione delle condotte punibili e delle relative sanzioni; 
        che,  infatti,  il  sindacato  della   Corte   costituzionale
dovrebbe comunque esercitarsi di fronte ad  evidenti  violazioni  del
canone della ragionevolezza, come nel caso, asseritamente  ricorrente
nella specie, di un  rapporto  di  proporzionalita'  inversa  tra  la
gravita' dei fatti ed il  rispettivo  trattamento  sanzionatorio  (e'
citata, al proposito, la sentenza n. 22 del 2007); 
        che, del resto, la giurisprudenza costituzionale avrebbe gia'
sancito l'essenzialita' della clausola concernente  il  «giustificato
motivo» come presidio del principio di colpevolezza (sono  citate  le
sentenze n. 5 del 2004 e n. 22 del 2007); 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio mediante atto depositato in data 13 aprile  2010,  chiedendo
che  la  questione  sollevata   sia   dichiarata   «inammissibile   e
infondata»; 
        che  la  punibilita'  della  nuova  fattispecie  di  indebito
trattenimento, per quanto non condizionata  dalla  ricorrenza  di  un
«giustificato motivo», e' comunque  subordinata  alla  carenza  delle
ordinarie cause di esclusione,  tra  le  quali  vengono  evocate,  in
particolare,   l'ignoranza   non   colpevole    della    disposizione
incriminatrice,  l'inesigibilita'  del  comportamento  lecito  e   la
cosiddetta «buona fede» nella materia contravvenzionale; 
        che il Giudice di pace di Vasto, con ordinanza del 19 ottobre
2009 (r.o. n. 78 del 2010), ha sollevato - in riferimento agli  artt.
3 e 27 Cost. - questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998, come introdotto dall'art. 1, comma
16, lettera a), della legge n. 94 del 2009, nella parte  in  cui  non
esclude  la  rilevanza  penale  dell'indebito   trattenimento   dello
straniero sul territorio dello Stato quando ricorra un  «giustificato
motivo» a norma dell'art. 14, comma 5-ter, dello stesso d.lgs. n. 286
del 1998; 
        che, secondo il rimettente, la differenza di trattamento  tra
la fattispecie oggetto di censura e quella  evocata  in  comparazione
sarebbe  ingiustificata,  trattandosi  in  sostanza  di  «una  stessa
condotta di illecito trattenimento»; 
        che peraltro la disciplina censurata  violerebbe  il  «canone
della ragionevolezza», poiche' la condotta di cui al citato art.  14,
comma 5-ter, pur connotata da  maggior  gravita'  rispetto  a  quella
prevista dal precedente  art.  10-bis,  sarebbe  piu'  favorevolmente
disciplinata, con una «sproporzione sanzionatoria che  non  penalizza
le condotte piu' gravi»; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio mediante atto depositato in data 13 aprile  2010,  chiedendo
che  la  questione  sollevata   sia   dichiarata   «inammissibile   e
infondata»; 
        che il rimettente, in primo luogo, non avrebbe fornito alcuna
indicazione  sulle  circostanze  che,  nel  caso  sottoposto  al  suo
giudizio, dovrebbero fondare un «giustificato motivo» per la condotta
in contestazione; 
        che, nel merito, la questione sarebbe infondata, dato che  la
punibilita' della nuova fattispecie di  indebito  trattenimento,  per
quanto non esclusa in  base  ad  un  «giustificato  motivo»,  sarebbe
comunque  subordinata  alla  carenza   delle   ordinarie   cause   di
esclusione, tra le quali vengono evocate, in particolare, l'ignoranza
non colpevole della disposizione incriminatrice, l'inesigibilita' del
comportamento lecito e  la  cosiddetta  «buona  fede»  nella  materia
contravvenzionale; 
        che il Giudice di pace  di  Perugia,  con  ordinanza  del  21
dicembre 2009 (r.o. n. 114 del 2010), ha sollevato -  in  riferimento
agli artt. 3 e 27 Cost. - questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  10-bis  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  come  introdotto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 94 del 2009,  nella
parte in cui non esclude, quando ricorra un «giustificato motivo», la
rilevanza penale  dell'indebito  trattenimento  dello  straniero  sul
territorio dello Stato; 
        che  la  norma  censurata  sarebbe  illegittima,  in   quanto
irragionevole, anche nella parte in cui non prevede un termine  entro
il quale, dopo l'entrata in vigore della legge n. 94  del  2009,  gli
stranieri in condizione  di  soggiorno  irregolare  avrebbero  potuto
sottrarsi ad una responsabilita' di tipo penale; 
        che ulteriori profili di  illegittimita',  in  rapporto  agli
artt. 3 e  27  Cost.,  si  connetterebbero  alla  previsione  che  il
giudice, nel caso di sopravvenuta espulsione per  via  amministrativa
dello  straniero  indebitamente  trattenutosi  in  Italia,   pronunci
sentenza di non  luogo  a  procedere  (comma  5  del  censurato  art.
10-bis); 
        che nel giudizio principale e'  contestato  ad  un  cittadino
extracomunitario di essersi trattenuto indebitamente  nel  territorio
dello Stato dopo l'entrata in vigore della legge n. 94  del  2009,  e
fino alla data del 24 settembre 2009; 
        che nell'ambito della fattispecie incriminatrice  contestata,
a parere del rimettente, la rilevanza di un «giustificato motivo» per
la condotta di indebito trattenimento  sarebbe  palesemente  esclusa,
tanto  da  precludere  ogni  possibilita'  di   una   interpretazione
«costituzionalmente orientata»; 
        che la norma censurata, dunque, sarebbe priva della  «valvola
di sicurezza» necessaria ad evitare che la sanzione  penale  colpisca
condotte tenute in situazione  di  sostanziale  inesigibilita'  (sono
citate, in proposito la ordinanza n. 386 del 2006 e la sentenza n. 22
del 2007 della Corte costituzionale); 
        che l'omessa previsione della  clausola  sarebbe  tanto  piu'
rilevante se riferita alla situazione, ricorrente anche nella specie,
di stranieri presenti da anni sul territorio nazionale,  e  posti  di
fronte ad una penalizzazione della condotta senza, tra  l'altro,  che
fossero dettate regole «transitorie»  per  una  regolarizzazione  del
soggiorno o per un utile  adempimento  dell'obbligo  di  lasciare  il
territorio nazionale; 
        che la norma censurata determina una  illegittima  disparita'
di trattamento, secondo il rimettente, in rapporto  alla  fattispecie
di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, ove, pur
trattandosi di condotta piu' grave di quella  delineata  nella  norma
oggetto  di  censura,  e'  assegnata   rilevanza   esimente   ad   un
«giustificato motivo» per l'indebito trattenimento; 
        che la disciplina nascente dal raccordo fra il comma 1  e  il
comma 5 dell'art. 10-bis comporterebbe una ulteriore  violazione  del
principio di  uguaglianza,  posto  che  la  punibilita'  viene  fatta
dipendere da circostanze sottratte al controllo  dell'interessato,  e
dato che lo straniero espulso andrebbe esente dalla sanzione,  mentre
resterebbe perseguibile e punibile lo straniero  il  quale,  dopo  un
periodo di soggiorno irregolare, decida di lasciare spontaneamente il
territorio dello Stato; 
        che la stessa disciplina,  escludendo  la  punizione  per  lo
straniero espulso, frustrerebbe «anche la finalita'  rieducativa  che
e' coessenziale alla pena ex art. 27 Cost.  [...]  in  difetto  della
quale non si giustifica la qualificazione come reato  delle  condotte
contemplate nel comma 1 dell'art. 10-bis»; 
        che le questioni sollevate sarebbero rilevanti, perche' dalla
loro soluzione dipenderebbe l'accertamento di responsabilita' rimesso
al rimettente. 
    Considerato che i Giudici di pace di Lecco (sezione distaccata di
Missaglia), La Spezia, Vasto e Perugia, ed il Tribunale di Trento (in
composizione monocratica) - ciascuno con le ordinanze sopra  indicate
-  hanno  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e   27   della
Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), come introdotto dall'art. 1,
comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni
in materia di sicurezza pubblica), nella parte in  cui  non  esclude,
per i casi in cui ricorra  un  «giustificato  motivo»,  la  rilevanza
penale dell'indebito trattenimento  dello  straniero  sul  territorio
dello Stato; 
        che il Giudice di pace di Perugia  (r.o.  n.  114  del  2010)
dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  indicata,  in
rapporto all'art. 3 Cost., anche nella parte in cui  non  prevede  un
termine entro il quale, dopo l'entrata in vigore della  legge  n.  94
del  2009,  gli  stranieri  in  condizione  di  soggiorno  irregolare
avrebbero potuto sottrarsi ad una responsabilita' di tipo penale; 
        che  lo  stesso  rimettente  censura,  inoltre,  il  comma  1
dell'art. 10-bis  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  in  relazione  al
successivo comma 5, in quanto la previsione che il  giudice  pronunci
sentenza  di  non  luogo  a  procedere  per  il  reato  di   indebito
trattenimento,   quando   sopravvenga   l'espulsione   amministrativa
dell'interessato, comporterebbe una violazione degli  artt.  3  e  27
Cost.; 
        che  i  dubbi   di   legittimita'   costituzionale   relativi
all'irrilevanza del «giustificato  motivo»  nell'ambito  della  norma
censurata sono argomentati, con vario accento, in base  al  raffronto
tra  la  nuova  previsione  contravvenzionale  e  la  fattispecie  di
inottemperanza delineata al comma 5-ter  dell'art.  14  dello  stesso
d.lgs. n. 286 del 1998, ove  invece  e'  prevista  la  corrispondente
clausola di non punibilita'; 
        che la  differenza  di  trattamento  sarebbe  ingiustificata,
considerando l'asserita  analogia  delle  condotte  sul  piano  della
struttura, e valutando, per altro verso, come la  legge  esprima  una
tolleranza per il fatto di maggior  gravita'  piu'  ampia  di  quella
riservata alla condotta di minor rilievo; 
        che l'irrilevanza del  «giustificato  motivo»  priverebbe  la
fattispecie contravvenzionale della «valvola di sicurezza» necessaria
ad assicurare  il  principio  di  colpevolezza  e  la  finalizzazione
rieducativa della sanzione penale; 
        che, secondo il Giudice di pace di  Perugia,  la  transizione
«immediata» da un regime di responsabilita' amministrativa ad uno  di
responsabilita' penale, senza la previsione  di  un  termine  per  la
regolarizzazione del  soggiorno  o  per  l'abbandono  del  territorio
nazionale, avrebbe violato il principio di ragionevolezza; 
        che, sempre a parere dello stesso Giudice, il regime  di  non
punibilita'  dello  straniero  espulso   e   quello   di   permanente
responsabilita'  dello  straniero  allontanatosi  spontaneamente  dal
territorio  dello  Stato  darebbero  luogo  ad   una   ingiustificata
disparita' di trattamento, facendo dipendere la punizione da  fattori
estranei al controllo dell'interessato e  comportando,  nel  caso  di
proscioglimento,  una  violazione  del  principio  di  finalizzazione
rieducativa della pena; 
        che, data la comunanza di oggetto delle questioni  sollevate,
puo' disporsi la riunione dei relativi procedimenti; 
        che  tutte  le   indicate   questioni   sono   manifestamente
inammissibili, per ragioni  diverse  e,  in  alcuni  casi,  tra  loro
concorrenti; 
        che nell'ordinanza del Giudice di pace di Lecco (r.o.  n.  13
del 2010) non e' prospettata, neppure con riguardo a mere allegazioni
difensive, alcuna circostanza  che,  nel  caso  di  specie,  potrebbe
assumere rilievo quale «giustificato motivo»; 
        che tale non potrebbe considerarsi  la  condizione  detentiva
dell'imputata al momento della presentazione a giudizio, sia  perche'
la contestazione riguarda  una  condotta  di  trattenimento  indebito
interrotta proprio nel  giorno  dell'arresto  per  altra  causa,  sia
perche' non potrebbe  considerarsi  illegittima,  anche  nell'attuale
quadro  normativo,  la  presenza  sul  territorio  nazionale  di  uno
straniero sottoposto a restrizione della liberta'; 
        che la  carenza  di  elementi  potenzialmente  giustificativi
della condotta, nella  descrizione  della  fattispecie  sottoposta  a
giudizio, priva  la  questione  sollevata  di  attuale  rilevanza,  o
comunque non consente il necessario controllo al riguardo; 
        che il carattere ipotetico della  questione  non  e'  escluso
dalla pretesa inibizione di  attivita'  istruttorie  pertinenti  alle
ragioni dell'indebito  trattenimento,  che  avrebbero  potuto  essere
almeno allegate, e che avrebbero assunto rilievo, del resto, anche  a
fini di quantificazione della pena da irrogare; 
        che anche le questioni sollevate dal Giudice di  pace  di  La
Spezia, con otto ordinanze del tutto identiche (r.o. numeri da  34  a
41 del 2010), sono manifestamente inammissibili, per  una  pluralita'
di ragioni concomitanti; 
        che,  infatti,  ciascuno  dei  provvedimenti  e'   privo   di
qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta cui si  riferisce,  e
di una qualunque motivazione in punto di rilevanza, di talche'  resta
inibita per questa Corte la  necessaria  verifica  circa  l'influenza
della  questione  di  legittimita'  sulla  decisione   richiesta   al
rimettente; 
        che ciascuno dei  provvedimenti  in  questione,  inoltre,  e'
privo di motivazione adeguata  quanto  alle  ragioni  dell'ipotizzata
violazione dell'art. 3 Cost., e del pur minimo  cenno  ai  denunciati
profili di contrasto tra la norma censurata e l'art. 27 Cost.; 
        che la questione sollevata dal Tribunale di Trento  (r.o.  n.
73  del  2010)  e'  manifestamente  inammissibile  per   difetto   di
rilevanza, posta l'incompetenza per materia  del  medesimo  Tribunale
riguardo all'attuale imputazione; 
        che la contestazione in udienza del  reato  di  cui  all'art.
10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998,  attribuito  alla  cognizione  del
giudice di pace, e' stata giustificata in rapporto all'unica  ipotesi
di connessione che determina la competenza di  un  giudice  superiore
(art. 6, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000,  n.  274  -
Disposizioni sulla competenza penale del giudice  di  pace,  a  norma
dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), cioe' ipotizzando
un «concorso formale» tra  la  fattispecie  contravvenzionale  ed  il
delitto di cui all'art. 14, comma  5-ter,  del  T.u.  in  materia  di
immigrazione; 
        che una  siffatta  prospettazione,  riferita  ad  accuse  che
riguardano  (anche  in  termini  di  durata)  un  medesimo   contegno
omissivo, risulta  del  tutto  inattendibile,  dato  il  rapporto  di
sussidiarieta' esistente tra la contravvenzione ed il  delitto,  reso
palese dalla clausola introduttiva  che  caratterizza  la  previsione
dell'art. 10-bis («salvo che il fatto costituisca piu' grave reato»); 
        che lo stesso rimettente ha rilevato,  del  resto,  come  «il
reato sussidiario  previsto  [...]  dall'art.  10-bis»  debba  essere
apprezzato «a seguito  della  assoluzione»  per  il  delitto  di  cui
all'art. 14, comma 5-ter, descrivendo un rapporto alternativo  e  non
certo una relazione concorsuale tra i due illeciti; 
        che in ogni caso, a prescindere  dall'inesistenza  originaria
del fattore che avrebbe dovuto radicare la competenza del  Tribunale,
e' priva di fondamento  la  tesi  d'una  perpetuatio  iurisdictionis,
utile a conservare la competenza del giudice superiore  pur  dopo  la
decisione assolutoria concernente i reati muniti  di  vis  actractiva
nella fase iniziale del giudizio; 
        che infatti, come questa Corte ha  rilevato  con  riguardo  a
fattispecie  per  molti  versi  analoga  all'attuale,  la  disciplina
ordinaria della cosiddetta incompetenza per eccesso (artt. 23,  comma
2, e 521, comma 1, del codice di procedura penale) trova una  deroga,
per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, nell'art.
48 del d.lgs. n. 274 del 2000, ove e' stabilito  che  il  giudicante,
qualora «in ogni stato e grado del processo» constati  che  il  reato
perseguito  appartiene  alla  competenza  del  giudice  onorario,  lo
dichiara con  sentenza  ed  ordina  la  trasmissione  degli  atti  al
pubblico ministero (ordinanza n. 252 del 2010); 
        che, dunque, l'odierno  rimettente  non  potrebbe  deliberare
circa il merito dell'attuale imputazione, e procedere in  ipotesi  ad
una condanna dell'imputata pur nella ricorrenza di  un  «giustificato
motivo»; 
        che, per la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  va
considerata  irrilevante,  e  dunque  inammissibile,   la   questione
sollevata dal giudice che risulti palesemente privo della  competenza
a condurre il procedimento principale (ordinanze n. 82 del 2005 e  n.
120 del 1993); 
        che anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Vasto
(r.o. n. 78  del  2010)  e'  manifestamente  inammissibile,  per  una
pluralita' di ragioni concomitanti; 
        che,  infatti,  l'ordinanza  di  rimessione   e'   priva   di
riferimenti alla fattispecie concreta  cui  si  riferisce  e  di  una
qualunque motivazione in punto di rilevanza, di talche' resta inibita
per  questa  Corte  la  necessaria  attivita'  di   controllo   circa
l'effettiva influenza della questione di legittimita' sulla decisione
richiesta al rimettente; 
        che il giudice a quo, inoltre,  non  ha  fornito  motivazione
adeguata quanto alle ragioni dell'ipotizzata violazione  dell'art.  3
Cost., e  non  ha  compiuto  alcun  cenno  ai  profili  del  ritenuto
contrasto tra la norma censurata e l'art. 27 Cost.; 
        che,  infine,  sono  manifestamente  inammissibili  anche  le
questioni sollevate dal Giudice di pace di Perugia (r.o. n.  114  del
2010), attese le gravi  carenze  che  segnano  la  descrizione  della
fattispecie concreta e la motivazione in punto di rilevanza; 
        che infatti nell'ordinanza di rimessione non e'  prospettata,
neppure con riguardo a mere allegazioni difensive, alcuna circostanza
che nel caso di specie potrebbe assumere rilievo quale  «giustificato
motivo» della condotta di indebito trattenimento; 
        che sono privi di  pertinenza,  al  proposito,  i  cenni  del
rimettente all'omessa previsione di un termine per gli stranieri  che
volessero regolarizzare il proprio soggiorno o lasciare il territorio
nazionale, sia perche' non si  tratta  di  questione  concernente  in
fatto le ragioni della condotta omissiva,  sia  perche'  l'argomento,
ove mai assumesse un senso, varrebbe per un tempo  indefinito  e  con
riguardo a tutti gli stranieri in condizione di soggiorno irregolare; 
        che la  carenza  di  elementi  potenzialmente  giustificativi
della condotta, nella  descrizione  della  fattispecie  sottoposta  a
giudizio, priva  la  questione  sollevata  di  attuale  rilevanza,  o
comunque non consente il necessario controllo al riguardo; 
        che analogo giudizio deve formularsi  quanto  alla  questione
concernente il difforme trattamento dello straniero espulso  per  via
amministrativa (esonerato dalla punizione con sentenza di  non  luogo
procedere)  e  dello  straniero  allontanatosi   spontaneamente   dal
territorio dello Stato  (da  assoggettare  comunque  al  processo  ed
all'eventuale condanna); 
        che infatti, a prescindere dal  carattere  indeterminato  del
petitum  formulato  dal  rimettente   al   fine   di   eliminare   la
sperequazione prospettata, il giudice a quo non ha indicato se, nella
specie, l'imputato si trovi ancora sul  territorio  nazionale  e,  in
caso  negativo,  se   sia   stato   espulso   o,   piuttosto,   abbia
volontariamente interrotto la propria permanenza illegale; 
        che di conseguenza  non  e'  documentata,  qualunque  ne  sia
l'oggetto, l'attuale rilevanza della questione sollevata (sentenza n.
250 del 2010); 
        che analoghi rilievi vanno svolti in rapporto alla  questione
concernente il  pregiudizio  che  la  normativa  oggetto  di  censura
recherebbe al principio di  finalizzazione  rieducativa  della  pena,
pregiudizio che d'altronde il rimettente ha fatto oggetto di una mera
enunciazione; 
        che, infine, questa Corte ha gia' ritenuto  inammissibile  la
questione relativa all'omessa previsione di un termine dilatorio  per
gli stranieri che intendessero sottrarsi alla responsabilita'  penale
sopravvenuta  per  la  loro  condizione  di  soggiornanti  irregolari
(sentenza n. 250 del 2010); 
        che  la  questione  medesima,  infatti,  si   risolve   nella
richiesta di una pronuncia additiva, dai contenuti indefiniti  e  non
costituzionalmente  obbligati,   tale   da   investire   uno   spazio
discrezionale di esclusiva spettanza del legislatore. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come introdotto dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica),  sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  27  della
Costituzione, dai Giudici di pace di  Lecco  (sezione  distaccata  di
Missaglia), La Spezia, Vasto e Perugia, e dal  Tribunale  di  Trento,
con le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria l'11 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola