N. 320 ORDINANZA 3 - 11 novembre 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello  Stato
  -  Configurazione  della  fattispecie  come  reato  -   Trattamento
  sanzionatorio - Ritenuta lesione dei diritti inviolabili  dell'uomo
  alla propria identita' personale e alla cittadinanza e del  diritto
  di difesa - Asserita violazione dei principi di  uguaglianza  e  di
  ragionevolezza,  della  finalita'  rieducativa  della  pena  e   di
  materialita'  del  reato  -  Ritenuto  contrasto   con   le   norme
  internazionali pattizie -  Carente  descrizione  della  fattispecie
  nonche' carente  motivazione  sulla  rilevanza  della  questione  -
  Manifesta inammissibilita'. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, aggiunto  dall'art.  1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt.  2,  3,  24,  25,  secondo  comma,  27  e  117,
  quest'ultimo  in  riferimento  all'art.  14   della   Dichiarazione
  universale dei diritti  dell'uomo  ed  all'art.  5  del  protocollo
  addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite conto  il  crimine
  organizzato transazionale. 
(GU n.46 del 17-11-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo  MADDALENA,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Sabino CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI. 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica),  promosso  dal  Giudice  di  pace  di
Trieste, nel procedimento penale a carico di D. A. con ordinanza  del
14 gennaio 2010, iscritta al n. 129 del  registro  ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  19,  prima
serie speciale, dell'anno 2010. 
    Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre  2010  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2010, nel  corso
di un processo penale nei confronti di  uno  straniero  imputato  del
reato previsto dalla norma censurata, il Giudice di pace  di  Trieste
ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
agli artt. 2, 3, 24, 25, secondo comma, 27 e 117 della  Costituzione,
dell'art. 10-bis del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), il quale punisce con
l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, «salvo  che  il  fatto  costituisca
piu' grave reato, lo straniero che fa ingresso  ovvero  si  trattiene
nel territorio dello Stato,  in  violazione  delle  disposizioni  del
[citato] testo unico nonche' di quelle di cui all'art. 1 della  legge
28 maggio 2007, n. 68»; 
        che, in accoglimento dell'eccezione  formulata  dal  pubblico
ministero nel corso dell'udienza, il giudice a  quo  ritiene  che  la
norma impugnata si ponga in contrasto, in primo luogo, con l'art.  27
Cost., giacche' la comminatoria di una pena pecuniaria nei  confronti
di  persone  prive  di  fonti  di  reddito  risulterebbe   «meramente
pretestuosa» e inidonea ad esplicare qualsiasi funzione rieducativa; 
        che sarebbe inoltre violato l'art. 24  Cost.,  in  quanto  la
norma  censurata  non  consentirebbe  all'imputato   «di   dimostrare
efficacemente [...] a fini assolutori la  esistenza  di  una  qualche
causa di giustificazione»; 
        che risulterebbe leso anche l'art. 117 Cost., in  riferimento
all'art. 14 della «Convenzione Onu  sui  Diritti  dell'Uomo»  [recte:
della  Dichiarazione  universale  dei  diritti  dell'uomo,   adottata
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10  dicembre  1948]  e
all'art. 5 del «Preambolo del Protocollo della Convenzione di Palermo
12-15  dicembre  2000»  [recte:  del  Protocollo  addizionale   della
Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalita' transnazionale
organizzata per combattere  il  traffico  illecito  di  migranti  via
terra, via mare e via aria, adottato dall'Assemblea  generale  il  15
novembre  2000],  in  forza  del  quale  «i  migranti  non  diventano
assoggettabili all'azione penale per il fatto di essere oggetto delle
condotte di cui all'art. 6»; 
        che l'art. 10-bis del d.lgs. n. 286  del  1998  si  porrebbe,
poi, in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto plurimi profili; 
        che la scelta legislativa di criminalizzare l'ingresso  e  la
permanenza  «clandestini»  dello  straniero  nello   Stato   italiano
risulterebbe,   infatti,   irragionevole,   stante   la   coincidenza
dell'ambito applicativo della nuova fattispecie criminosa con  quello
della preesistente misura amministrativa dell'espulsione; 
        che apparirebbe,  altresi',  priva  di  ogni  valida  ragione
giustificativa la preclusione dell'oblazione di cui all'art. 162  del
codice penale, sancita dalla norma censurata; 
        che sarebbe ravvisabile,  inoltre,  anche  una  irragionevole
disparita'  di  trattamento  rispetto  alla   fattispecie   criminosa
contemplata dall'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n.  286  del  1998,
che punisce lo straniero inottemperante all'ordine di  allontanamento
del questore solo quando lo stesso si trattenga nel territorio  dello
Stato oltre il  termine  stabilito  e  «senza  giustificato  motivo»:
limitazione che non  si  rinviene,  per  contro,  nella  disposizione
impugnata; 
        che detta disposizione - sottoponendo  a  pena  il  «migrante
economico» - violerebbe, ancora, il  principio  di  eguaglianza,  che
vieta ogni discriminazione fondata su condizioni personali o sociali; 
        che la nuova norma risulterebbe, poi, irrazionale nella parte
in cui  -  nell'elevare  a  reato  lo  stato  di  clandestinita',  in
precedenza penalmente irrilevante - anziche' prevedere una  «adeguata
tempistica», ha concesso ai «clandestini» un termine di soli quindici
giorni per allontanarsi dal territorio dello Stato,  ponendoli  cosi'
nella  concreta   impossibilita'   di   evitare   di   incorrere   in
responsabilita' penale per un fatto anteriormente commesso; 
        che l'art. 10-bis del d.lgs.  n.  286  del  1998  violerebbe,
infine,  l'art.  2  Cost.,  in  quanto  pregiudicherebbe  «i  diritti
inviolabili  dell'uomo  alla  propria  identita'  personale  ed  alla
propria cittadinanza»,  nonche'  l'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,
perche' non sanzionerebbe fatti materiali, ma condizioni personali. 
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Trieste  dubita,  in
riferimento a plurimi parametri,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 10-bis del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94
(Disposizioni in materia di  sicurezza  pubblica),  che  punisce  con
l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, salvo che il fatto costituisca piu'
grave reato, lo straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente
nel territorio dello Stato; 
        che l'ordinanza di rimessione presenta carenze  in  punto  di
descrizione  della  fattispecie  concreta  e  di  motivazione   sulla
rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito della questione; 
        che il giudice  a  quo  si  limita,  infatti,  a  riprodurre,
nell'epigrafe di detta ordinanza, il capo di imputazione: il quale si
risolve, peraltro, nella sostanza, in una mera e  generica  parafrasi
della norma incriminatrice - persino quanto al  riferimento,  in  via
alternativa, alle condotte di ingresso e di permanenza illegale nello
Stato - senza che venga riferito alcunche' sulla vicenda che ha  dato
origine  al  giudizio  e  sulla  sua  effettiva  riconducibilita'  al
paradigma punitivo censurato; 
        che la  questione  va  dichiarata,  pertanto,  manifestamente
inammissibile (con riferimento ad analoghe questioni di  legittimita'
costituzionale, relative alla medesima norma, ordinanza  n.  253  del
2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della  legge
15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di   sicurezza
pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, secondo
comma, 27 e 117 della Costituzione, dal Giudice di  pace  di  Trieste
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                         Il redattore: Frigo 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria l'11 novembre 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola