N. 103 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010 (della Regione Umbria). Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Riduzione dei costi degli apparati amministrativi - Divieto per Regioni, enti strumentali regionali ed enti locali, a decorrere dal 2011, di effettuare spese per missioni per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009, con esclusione delle missioni espressamente indicate - Lamentata natura di dettaglio della norma, laddove lo Stato potrebbe dettare solo vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, comma 12. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Riduzione dei costi degli apparati amministrativi - Divieto per il personale dipendente contrattualizzato di usare il proprio mezzo per recarsi in missione e conseguente divieto di corrispondere una qualche indennita' chilometrica - Lamentata interferenza nelle scelte organizzative dell'amministrazione di ostacolo allo svolgimento delle attivita' pubbliche - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa della Regione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, comma 12, ultimo periodo. - Costituzione, artt. 117, commi terzo, quarto, quinto, ottavo e nono, e 118, commi secondo e terzo. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti regionali, enti locali, per il triennio 2011-2013, di corrispondere ai singoli dipendenti anche di livello dirigenziale, un trattamento economico complessivo superiore a quello spettante per il 2010 - Lamentata natura di dettaglio della norma, laddove lo Stato potrebbe dettare solo vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 1. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti regionali, enti locali, per il triennio 2011-2013, di incrementare le risorse destinate al trattamento accessorio del personale anche di livello dirigenziale rispetto agli importi stanziati per l'anno 2010 - Lamentata natura di dettaglio della norma, laddove lo Stato potrebbe dettare solo vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2-bis. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto, riferito ai rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008/2009, di determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento, anche con riguardo ai contratti e agli accordi gia' stipulati - Lamentata natura di dettaglio della norma, laddove lo Stato potrebbe dettare solo vincoli di carattere generale e complessivo, intervento statale unilaterale nella contrattazione collettiva con riduzione dei trattamenti - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, violazione della riserva di contrattazione collettiva in materia di retribuzioni, del principio di ragionevolezza e del diritto a un trattamento proporzionato al lavoro prestato. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 36, 39, 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Efficacia delle progressioni di carriera del personale contrattualizzato, negli anni 2011-2013, ai fini esclusivamente giuridici - Lamentata introduzione di puntuali e dettagliate limitazioni a singole voci di spesa, intervento statale unilaterale nella contrattazione collettiva con riduzione dei trattamenti - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Regione e degli enti locali, violazione della competenza legislativa concorrente della Regione, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, violazione del principio di ragionevolezza, di eguaglianza e del diritto a un trattamento proporzionato al lavoro prestato. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 21. - Costituzione, artt. 3, 36, 39, 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Obbligo per le Regioni e gli enti del Servizio sanitario nazionale di ridurre del 50 per cento la spesa sostenuta nell'anno 2009 per il personale a tempo determinato o utilizzato con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per i contratti di formazione-lavoro, i rapporti formativi, la somministrazione di lavoro e il lavoro accessorio - Previsione che le disposizioni predette costituiscano principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica - Ritenuta applicazione delle predette disposizioni in via diretta, anziche' come principi, agli enti locali e agli enti pubblici regionali - Lamentata introduzione di puntuali e dettagliate limitazioni a singole voci di spesa - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione e degli enti locali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 28. - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Circolazione stradale - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Definizione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di criteri e modalita' per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS s.p.a., nonche' dell'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio - Autorizzazione all'ANAS s.p.a. ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS - Lamentata introduzione di norme di dettaglio, carenza di intesa con la Regione, ricorso a fonte non legislativa in materie di competenza concorrente - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata violazione della competenza legislativa della Regione nelle materie concorrenti del governo del territorio, delle grandi reti di trasporto e navigazione e del coordinamento della finanza pubblica, lesione del principio di leale collaborazione, violazione delle regole costituzionali in tema di riparto della potesta' regolamentare. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 15, comma 1, (modificato dall'art. 1, comma 4, del d.l. 5 agosto 2010, n. 125) e comma 2. - Costituzione, art. 117, commi terzo e sesto.(GU n.48 del 1-12-2010 )
Ricorso della Regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 20 settembre 2010, n. 1282 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: - dell'art. 6, comma 12; - dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 4, 21 e 28; - dell'art. 15, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel supplemento ordinario n. 174/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, per violazione degli artt. 3, 36, 39, 97, 117, 118, 119 della Costituzione nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o Con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, il Governo ha adottato Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica. Si tratta di un ampio intervento normativo, diviso in tre titoli: nel primo sono comprese norme di Stabilizzazione finanziaria, volte a ridurre la spesa, nel secondo norme di Contrasto all'evasione fiscale e contributiva e nel terzo norme riguardanti Sviluppo ed infrastrutture. Diverse delle norme contenute nel primo titolo, pero', non tengono affatto conto delle regole costituzionali in materia di coordinamento finanziario, le quali, pur attribuendo allo Stato un consistente potere di guida, garantiscono al tempo stesso - all'interno di quel potere di guida - le autonome determinazioni di ciascuna Regione (e per il presente ricorso della Regione Umbria) nell'esercizio della propria autonomia di spesa. Numerose disposizioni, invece, contravvenendo alle regole costituzionali, pongono alle Regioni (ed agli enti locali) limiti rigidi a voci specifiche di spesa, incidendo su decisioni gia' prese, fondi gia' stanziati e determinando la conseguenza di gravi tagli ai servizi pubblici erogati con le risorse regionali, con rilevanti ma inevitabili effetti negativi sui cittadini umbri. L'inclusione della Regione e degli enti locali e pararegionali tra i destinatari delle norme impugnate avviene sia - a volte - mediante diretto ed espresso riferimento alle Regioni sia - in altri casi - mediante il riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, cioe' a quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il 31 luglio di ogni anno. E tale elenco (e precisamente, per quanto riguarda l'anno 2010, l'«Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge di contabilita' e di finanza pubblica», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione «Amministrazioni locali», tra l'altro, le Regioni e le Province autonome, i comuni, le comunita' montane e le unioni di comuni, gli enti per il diritto allo studio universitario, gli enti per il turismo, gli enti regionali del lavoro, le aziende ospedaliere, le Asl, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e diversi altri enti rientranti nell'orbita regionale. Le disposizioni che di seguito si illustreranno, dunque, risultano illegittime e lesive delle competenze costituzionali della Regione per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 12. L'art. 6 pone una serie di norme volte alla Riduzione dei costi degli apparati amministrativi e fra esse il comma 12, in base al quale «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche ... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ... non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonche' di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonche' con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009». Tale norma ha contenuto innegabilmente e chiaramente dettagliato. Forse proprio in considerazione di tale contenuto (comune del resto agli altri commi dell'art. 6), che proprio in ragione di tale carattere contrasterebbe - ove riferito alle Regioni - con i principi costituzionali in materia di coordinamento della finanza pubblica elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, il comma 20 dell'art. 6 dispone che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale», ma aggiunge che per tali enti esse «costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». In altre parole, la disposizione del comma 20 cerca di «trasformare» in qualche modo le disposizioni dettagliate in principi. Tuttavia, tale tentativo e' necessariamente destinato all'insuccesso e la qualificazione data dal comma 20, come e' tipico delle norme di qualificazione, non e' idonea a mutare la realta' normativa del comma 12, che resta quella di regola dettagliata limitativa di una voce minuta di spesa degli enti pubblici. Il comma 12 e' una disposizione molto puntuale, analitica, che disciplina un frammento di realta' finanziaria ed organizzativa. In relazione ad essa le Regioni, nonostante quanto disposto dal comma 20, primo periodo, non hanno ne' (in ragione della struttura delle norme) potrebbero avere alcun margine di manovra. Non si tratterebbe che di recepire la corrispondente norma statale. Il comma 12, dunque, e' lesivo dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione (art. 117, comma 4, e art. 119 Cost.), perche' pone un limite puntuale e non transitorio ad una voce minuta di spesa e fissa anche la modalita' di contenimento della spesa, esorbitando dai limiti della competenza legislativa statale di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, Cost.). L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute di spesa e' stata piu' volte dichiarata da codesta Corte: v. le sentt. 297/2009, 237/2009, 159/2008, 157/2007, 95/2007, 89/2007, 88/2006, 449/2005, 417/2005 e 390/2004. Sono da ricordare, in particolare, le sentt. 95/2007, 449/2005 e 417/2005, che hanno dichiarato l'illegittimita' dei vincoli posti a consulenze, missioni e acquisti. Non puo' dunque esservi dubbio alcuno sulla illegittimita' della disposizione impugnata, per le ragioni sopra esposte. Essa contraddice il principio in relazione al quale le esigenze della finanza pubblica possono certo comportare vincoli anche per le autonomie territoriali, ma vincoli di carattere generale e complessivo, al cui interno i titolari di autonomia costituzionale possono decidere le diverse destinazioni, appunto, in modo autonomo. Il comma 12 e' ancor piu' lesivo in relazione agli enti locali e agli enti ed organismi appartenenti al sistema regionale. Infatti, essi non sono compresi nella clausola di salvaguardia di cui al comma 20 ed il «mancato esonero» comporta che per tali enti il comma 12 operi in via diretta, dato che e' rivolto alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009. Dunque, il comma 12 pone limiti puntuali alla spesa degli enti locali, degli enti pubblici del sistema regionale e delle societa' pubbliche. Esso e' illegittimo in quanto detta una norma dettagliata, che fuoriesce dai limiti del potere del legislatore statale nella materia del coordinamento della finanza pubblica; si puo' ricordare, in particolare, per l'analogia della fattispecie, la sentenza n. 159/2008 (punto 7 del Diritto). Ed e' pure pacifico che la Regione e' legittimata a difendere l'autonomia finanziaria e organizzativa (ogni limitazione di spesa si traduce in limitazione delle possibili scelte organizzative) dei propri enti strumentali e delle proprie societa' ma e' anche abilitata a tutelare l'autonomia finanziaria degli enti locali (v. sentt. 298/2009, 169/2007, punto 3; 95/2007, 417/2005, 196/2004 e 533/2002). Una ulteriore specifica censura deve essere rivolta all'ultimo periodo del comma 12, il quale - attraverso un richiamo muto all'art. 15 legge n. 836/1973 a all'art. 8 legge n. 417/1978 - esclude che il personale dipendente contrattualizzato possa essere autorizzato ad usare il mezzo proprio per recarsi in missione, con conseguente divieto di corrispondere una qualche indennita' chilometrica. La norma - prima ancora che rappresentare un limite puntuale ad una singola minuta voce di spesa - incide sulla autonomia organizzativa della Regione e sull'esercizio delle attivita' e delle funzioni amministrative da essa normate, spettino alla Regione medesima e siano dalla stessa attribuite ai Comuni o ad altri enti. Da un lato, si nega che la Regione possa discrezionalmente valutare la convenienza tra l'acquisto di un proprio mezzo di trasporto, l'avvalersi di un mezzo pubblico, oppure l'avvalersi del mezzo del dipendente (salvo rimborsargli la spesa). D'altro lato, e' assicurata la possibilita' materiale di svolgere compiti pur legittimamente previsti dalla legge, in tutti i casi di carenza di mezzi propri da parte della amministrazione regionale e delle altre amministrazioni competenti, e di insufficienza di mezzi di trasporto pubblici. La norma e' quindi lesiva sia dell'art. 117, comma 4, Cost., per la parte in cui incide sulla organizzazione della Regione, sia - in generale - dei commi 3, 4, 5, 8 e 9 dell'art. 117 e dei commi 2 e 3 dell'art. 118, nella parte in cui ostacola lo svolgimento delle attivita' pubbliche legittimamente previste dalla legislazione regionale. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 4, 21, 28. L'art. 9 detta norme sul Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Il comma 1 dispone che, «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche» di cui al noto Elenco ISTAT «non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010». In base a detta individuazione dei destinatari tale norma si rivolge anche alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti del sistema regionale. Essa rappresenta una norma di dettaglio in materia di competenza concorrente, in quanto riguarda una voce specifica di spesa e fissa con precisione la misura del «taglio». Di qui la violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. e la lesione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione e degli enti locali, per le ragioni gia' esposte nel punto 1. Il comma 2-bis stabilisce che «a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed e', comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio». Tale norma, pur individuando i propri destinatari in modo diverso dal riferimento all'Elenco ISTAT, potrebbe essere considerata applicabile anche alle Regioni, agli enti locali e agli altri enti del sistema regionale, in quanto rientranti nella generale nozione di pubblica amministrazione. Essa pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa e, dunque, comporta violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. e lesione dell'autonomia finanziaria della Regione e degli enti locali, per le ragioni gia' esposte nel punto 1. Il comma 4, poi, statuisce che «i rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento»; che tale disposizione «si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto»; che le clausole difformi «contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci» e che «a decorrere dalla mensilita' successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati». Tale disposizione individua i suoi destinatari mediante l'espressione generica «pubbliche amministrazioni» e, dunque, potrebbe essere intesa come applicabile alle Regioni. In questo caso, essa sarebbe illegittima in quanto pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa: valendo dunque per essa le censure ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 6). Lo stesso comma 4, poi, si pone in contrasto con l'art. 39 Cost., perche' incide sull'entita' dei trattamenti economici determinata dai contratti collettivi stipulati dall'ARAN per conto delle Regioni. Come la giurisprudenza costituzionale ha in piu' occasioni affermato, vi e' una riserva di contrattazione collettiva in materia di retribuzioni, che la legge non puo' violare (art. 39 Cost. e attuativamente legge n. 421/1992), come fanno invece i commi ora indicati. Tale violazione si traduce in lesione dell'autonomia organizzativa e finanziaria regionale (art. 117, co. 4, e art. 119 Cost.) perche' lo Stato altera unilateralmente le scelte fatte dall'ARAN per conto delle Regioni e pone limiti puntuali a specifiche voci di spesa regionale. Si puo' ricordare qui l'art. 2, co. 2, lett. ii) della legge n. 42/2009, che auspica - come criterio direttivo per i decreti legislativi attuativi dell'art. 119 Cost. - la «previsione di strumenti che consentano autonomia ai diversi livelli di governo nella gestione della contrattazione collettiva»: criterio che e' contraddetto dalla norma impugnata. Inoltre, la norma in questione viola il principio di ragionevolezza e l'art. 36 Cost., perche' riduce i trattamenti fissati nei contratti collettivi, che si presumono essere quelli proporzionati alla qualita' e quantita' del lavoro prestato. La disposizione impugnata produce un'ingiustificata ed irragionevole alterazione del sinallagma contrattuale, danneggiando gravemente i singoli lavoratori a fronte di una «limitata incidenza sul totale della manovra» (cosi' l'audizione della Corte dei conti del 10 giugno 2010, presso la Commissione Bilancio del Senato). Tale violazione si riflette in lesione dell'autonomia finanziaria ed organizzativa regionale, perche' la gestione del personale regionale e del bilancio rientra indubbiamente nelle competenze regionali. Il comma 21 dell'art. 9 stabilisce che «per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposti negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». Tale norma e' illegittima per le ragioni illustrate a proposito del comma 4: a) violazione dell'art. 117, co. 3, Cost. in quanto si tratta di norma dettagliata che pone un limite rigido ad una voce minuta di spesa; b) violazione degli artt. 3, 36 e 39 Cost. in quanto, a fronte dello svolgimento di una funzione di livello piu' elevato, con contenuti professionali piu' complessi e con maggiori responsabilita', il dipendente «promosso» dopo il 1° gennaio 2011 si troverebbe a percepire una retribuzione diversa da quella prevista dal contratto collettivo e corrispondente ad un lavoro qualitativamente diverso (con discriminazione rispetto ai dipendenti «promossi» prima del 2011, che - a parita' di lavoro - riceverebbero uno stipendio diverso). Cio' si traduce in lesione dell'autonomia organizzativa e finanziaria regionale, perche' la gestione del personale regionale e del bilancio rientra indubbiamente nelle competenze regionali. Il comma 28, primo periodo, dispone che, «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali.... gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'art. 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165...., fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009». Il secondo periodo stabilisce che uguale limite e' fissato per la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonche' al lavoro accessorio di cui all'art. 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il terzo periodo del comma 28 stabilisce che tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Esso dunque, pur implicando pero' che esse non si applichino direttamente alle Regioni, impone l'adeguamento di queste a tali «principi generali», con disposizione corrispondente a quella dell'art. 6, comma 20. I tre periodi indicati del comma 28 sono dunque qui impugnati per le stesse ragioni gia' esposte in relazione all'art. 6. Il terzo periodo, in particolare, e' impugnato nella parte in cui esso - pur implicando la non diretta applicazione dei precedenti periodi - ne afferma l'applicabilita' in quanto recante presunte disposizioni di principio. Infatti, come nel caso dell'art. 6, le norme contenute nel comma 28 risultano illegittime per violazione delle regole sui rapporti tra legislazione statale e regionale nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica. Esse non sono affatto disposizioni di principio, ne' lo diventano per la definizione di cui al terzo periodo, ma sono tali da non consentire un autonomo svolgimento. Si tratta di un limite rigido ad una voce specifica e minuta di spesa, di una norma dettagliata che prevede la modalita' di contenimento della voce di spesa, senza lasciare alcun margine di manovra alla Regione. Inoltre, il limite non e' transitorio. Dunque, il comma 28 e' illegittimo per le ragioni gia' viste a proposito dell'art. 6, cioe' per la violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione e degli enti locali (che, fra l'altro, non sono compresi nella clausola di salvaguardia di cui al terzo periodo, con conseguente applicabilita' diretta dei limiti: sulla legittimazione della Regione a tutelare l'autonomia finanziaria degli enti locali v. le sentt. 298/2009, 169/2007, punto 3; 95/2007, 417/2005, 196/2004 e 533/2002), per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa. D'altronde, sia consentito di ricordare che l'illegittimita' dei vincoli puntuali alle assunzioni e' gia' stata dichiarata dalle sentt. 95/2008, 88/2006 e 390/2004. Va anche ricordata, per l'analogia della fattispecie, la sentenza 297/2009, che ha annullato una disposizione sostanzialmente corrispondente al terzo periodo del comma 28, nella parte in cui afferma che possono essere desunti «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» da norme che, per il loro contenuto, sono inidonee a esprimere tali principi, cioe' da norme idonee solo a incidere sulle indicate singole voci di spesa, in quanto introducono vincoli puntuali e specifiche modalita' di contenimento della spesa medesima. Nel medesimo consolidato orientamento rientra la sentenza 159/2008 (punto 6 del Diritto). 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, commi 1 e 2 Il comma 1 dell'art. 15 - nella versione modificata dall'art. 1, comma 4, d.l. 5 agosto 2010, n. 125 - affida ad un dPCM il compito di stabilire «criteri e modalita' per l'applicazione entro il 30 aprile 2011 del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.a., in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonche' l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio». Il successivo comma 2 stabilisce che «in fase transitoria, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto e «fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui al comma 1, comunque non oltre il 31 dicembre 2011, ANAS S.p.a. e' autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS. Le stazioni di cui al precedente periodo sono individuate con il medesimo D.P.C.M. di cui al comma 1. Gli importi delle maggiorazioni sono da intendersi IVA esclusa. Le maggiorazioni tariffarie di cui al presente comma non potranno comunque comportare un incremento superiore al 25% del pedaggio altrimenti dovuto». La Regione Umbria e' interessata dalle disposizioni ora esposte soprattutto in ragione del Raccordo autostradale Perugia-Vettole, attualmente in gestione diretta ANAS. Si tratta del Raccordo n. 6, che da Perugia conduce all'innesto della Al, casello Val di Chiana. Si tratta di disposizioni che non paiono rientrare in alcuna competenza esclusiva statale, ne' del resto esse enunciano alcun possibile fondamento in questo senso. Volendo rifarsi ad una materia «nominata» dell'art. 117, potrebbe pensarsi all'ambito delle grandi reti di trasporto: che l'art. 117, comma 3, cost. affida alla competenza concorrente di Stato e Regioni. Ad uguale conclusione si perviene se si vede nell'intervento un profilo di coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, per gli effetti indiretti - ma certi ed inevitabili - che tali disposizioni determineranno sulla restante viabilita' locale non soggetta a tariffazione e sulle aree interessate, risulta coinvolta anche la materia del governo del territorio: parimenti in competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost. In tale contesto, l'illegittimita' deriva innanzitutto dalla circostanza che le disposizioni intervengono dettando regole di dettaglio al di fuori della competenza esclusiva statale. D'altra parte, se anche si volesse ritenere che esigenze di sussidiarieta' giustificassero l'attrazione in capo allo Stato, nondimeno esso avrebbe dovuto prevedere l'intesa con le Regioni interessate, secondo i principi stabiliti sin dalla sentenza n. 303 del 203: cosa che la norma non prevede, con conseguente illegittimita' anche sotto questo profilo. Sotto altro profilo, risulta illegittima la previsione - contenuta al comma 1 - del ricorso da parte statale ad un dPCM, e dunque ad una fonte non legislativa in un materia di competenza concorrente: in violazione dell'art. 117, comma 6, Cost. Quanto al comma 2, esso e' illegittimo sia in quanto emanato al di fuori della competenza statale, sia in quanto - ove si ritenesse tale competenza giustificata dal principio di sussidiarieta' - non prevede l'intesa con la Regione nella fase attuativa, affidata invece ad una unilaterale determinazione dell'amministrazione statale.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, 122, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, 27 settembre 2010 Prof. Avv. Falcon Giandomenico Avv. Manzi Luigi Allegati 1) Deliberazione della Giunta regionale 1282 del 20 settembre 2010