N. 104 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 ottobre 2010 (della Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Economie negli Organi costituzionali, di
  governo e negli  apparati  politici  -  Incarichi  conferiti  dalle
  pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive,  inclusa
  la partecipazione ad organi collegiali - Previsione che diano luogo
  esclusivamente al rimborso delle spese sostenute  e  che  eventuali
  gettoni di presenza non possano superare l'importo  di  30  euro  a
  seduta - Lamentata  introduzione  di  una  norma  di  coordinamento
  finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto  Adige,  e
  relativi enti locali e camere  di  commercio,  laddove  lo  statuto
  speciale  sottrae  la  Regione   alle   misure   di   coordinamento
  finanziario  che  valgono  per  le  altre  Regioni,  in   subordine
  previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di
  vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione
  Trentino-Alto  Adige   -   Denunciata   violazione   dell'autonomia
  finanziaria riconosciuta dallo statuto  speciale,  esorbitanza  dai
  limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia  concorrente
  dell'armonizzazione dei  bilanci  pubblici  e  coordinamento  della
  finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia  finanziaria
  di  spesa,  violazione  delle  competenze  regionali   in   materia
  organizzativa e finanziaria, in materia di ordinamento  degli  enti
  locali e delle camere di commercio. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 5, comma 5. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge  costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto
  Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, e 79, commi 1, 2, 3, terzo periodo, e
  4, primo periodo; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica  -  Riduzione  dei  costi  degli  apparati
  amministrativi - Misure di vario contenuto  volte  al  contenimento
  della spesa pubblica, quali la puntuale riduzione delle indennita',
  compensi, gettoni, retribuzioni o  altre  utilita'  corrisposti  ai
  componenti di organi collegiali  e  ai  titolari  di  incarichi  di
  qualsiasi tipo, riduzione  del  numero  dei  componenti  di  organi
  collegiali, riduzione della spesa annua per studi ed  incarichi  di
  consulenza, riduzione di spese per relazioni  pubbliche,  convegni,
  mostre, pubblicita' e rappresentanza, divieto di  sponsorizzazioni,
  riduzione di spese per missioni,  formazione  e  auto,  divieti  in
  materia di attivita' societaria - Definizione delle predette  quali
  disposizioni di principio ai fini del coordinamento  della  finanza
  pubblica - Ritenuta applicazione delle predette disposizioni in via
  diretta, anziche' come principi, agli enti locali e alle camere  di
  commercio - Lamentata introduzione di una  norma  di  coordinamento
  finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto  Adige,  e
  relativi enti locali e camere  di  commercio,  laddove  lo  statuto
  speciale  sottrae  la  Regione   alle   misure   di   coordinamento
  finanziario  che  valgono  per  le  altre  Regioni,  in   subordine
  previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di
  vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione
  Trentino-Alto   Adige   -   Denunciata    lesione    dell'autonomia
  organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, commi 3, 5,  7,  8,  9,
  12, 13, 14, 19 e 20, primo periodo. 
- Costituzione, art. 119; statuto della Regione Trentino-Alto  Adige,
  artt. 4, nn. 1, 3 e 8, e 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Divieto per  Regioni,  enti  locali,  camere  di
  commercio, per il triennio 2011-2013, di corrispondere  ai  singoli
  dipendenti anche di livello dirigenziale, un trattamento  economico
  complessivo superiore a quello spettante per il  2010  -  Lamentata
  introduzione di una norma di coordinamento finanziario  indirizzata
  anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi  enti  locali  e
  camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione
  alle misure di coordinamento finanziario che valgono per  le  altre
  Regioni, in subordine  previsione  di  limiti  puntuali  alle  voci
  minute di spesa  in  luogo  di  vincoli  di  carattere  generale  e
  complessivo  -  Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige   -
  Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia
  finanziaria  della  Regione,  degli  enti  locali  e   degli   enti
  strumentali regionali, esorbitanza  dello  Stato  dalla  competenza
  legislativa  nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica  e  nella  materia  residuale  dell'organizzazione
  regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Taglio per il triennio 2011-2013 dei trattamenti
  economici complessivi  dei  singoli  dipendenti,  anche  dirigenti,
  nella misura del 5 per cento per la parte eccedente i 90.000 euro e
  del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro -  Lamentata
  introduzione di una norma di coordinamento finanziario  indirizzata
  anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi  enti  locali  e
  camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione
  alle misure di coordinamento finanziario che valgono per  le  altre
  Regioni, in subordine  previsione  di  limiti  puntuali  alle  voci
  minute di spesa  in  luogo  di  vincoli  di  carattere  generale  e
  complessivo  -  Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige   -
  Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia
  finanziaria  della  Regione,  degli  enti  locali  e   degli   enti
  strumentali regionali, esorbitanza  dello  Stato  dalla  competenza
  legislativa  nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica  e  nella  materia  residuale  dell'organizzazione
  regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico  -  Divieto  per  Regioni,  enti  regionali,  enti
  locali, per il  triennio  2011-2013,  di  incrementare  le  risorse
  destinate al trattamento accessorio del personale anche di  livello
  dirigenziale rispetto agli importi  stanziati  per  l'anno  2010  -
  Lamentata introduzione di una norma  di  coordinamento  finanziario
  indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti
  locali e camere di commercio, laddove lo statuto  speciale  sottrae
  la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per
  le altre Regioni, in subordine previsione di limiti  puntuali  alle
  voci minute di spesa in luogo di vincoli di  carattere  generale  e
  complessivo  -  Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige   -
  Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia
  finanziaria  della  Regione,  degli  enti  locali  e   degli   enti
  strumentali regionali, esorbitanza  dello  Stato  dalla  competenza
  legislativa  nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica  e  nella  materia  residuale  dell'organizzazione
  regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2-bis. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego  pubblico  -   Divieto   di   corrispondere   importi   per
  l'espletamento di incarichi di livello  dirigenziale  aggiuntivi  -
  Lamentata introduzione di una norma  di  coordinamento  finanziario
  indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti
  locali e camere di commercio, laddove lo statuto  speciale  sottrae
  la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per
  le altre Regioni, in subordine previsione di limiti  puntuali  alle
  voci minute di spesa in luogo di vincoli di  carattere  generale  e
  complessivo  -  Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige   -
  Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia
  finanziaria  della  Regione,  degli  enti  locali  e   degli   enti
  strumentali regionali, esorbitanza  dello  Stato  dalla  competenza
  legislativa  nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica  e  nella  materia  residuale  dell'organizzazione
  regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Divieto, riferito ai  rinnovi  contrattuali  del
  personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio
  2008/2009, di determinare aumenti retributivi superiori al 3,2  per
  cento,  anche  con  riguardo  ai  contratti  e  agli  accordi  gia'
  stipulati - Lamentata introduzione di una  norma  di  coordinamento
  finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto  Adige,  e
  relativi enti locali e camere  di  commercio,  laddove  lo  statuto
  speciale  sottrae  la  Regione   alle   misure   di   coordinamento
  finanziario  che  valgono  per  le  altre  Regioni,  in   subordine
  previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di
  vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione
  Trentino-Alto  Adige   -   Denunciata   violazione   dell'autonomia
  organizzativa e dell'autonomia  finanziaria  della  Regione,  degli
  enti locali e degli enti strumentali regionali,  esorbitanza  dello
  Stato dalla competenza legislativa nella  materia  concorrente  del
  coordinamento della finanza  pubblica  e  nella  materia  residuale
  dell'organizzazione regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 4. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Obbligo di ridurre del 50  per  cento  la  spesa
  sostenuta nell'anno 2009 per il personale  a  tempo  determinato  o
  utilizzato  con  convenzioni  o  con  contratti  di  collaborazione
  coordinata e continuativa, per i contratti di formazione-lavoro,  i
  rapporti formativi, la  somministrazione  di  lavoro  e  il  lavoro
  accessorio - Previsione che le disposizioni predette  costituiscano
  principi generali ai fini del coordinamento della finanza  pubblica
  ai quali si adeguano le regioni, le province autonome  e  gli  enti
  del Servizio sanitario  nazionale  -  Ritenuta  applicazione  delle
  predette disposizioni in via diretta, anziche' come principi,  agli
  enti locali e agli enti pubblici regionali - Lamentata introduzione
  di una norma di coordinamento finanziario  indirizzata  anche  alla
  Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti  locali  e  camere  di
  commercio, laddove lo statuto  speciale  sottrae  la  Regione  alle
  misure di  coordinamento  finanziario  che  valgono  per  le  altre
  Regioni, in subordine  previsione  di  limiti  puntuali  alle  voci
  minute di spesa  in  luogo  di  vincoli  di  carattere  generale  e
  complessivo  -  Ricorso  della  Regione   Trentino-Alto   Adige   -
  Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia
  finanziaria  della  Regione,  degli  enti  locali  e   degli   enti
  strumentali regionali, esorbitanza  dello  Stato  dalla  competenza
  legislativa  nella  materia  concorrente  del  coordinamento  della
  finanza pubblica  e  nella  materia  residuale  dell'organizzazione
  regionale. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 28. 
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI;  d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica -  Misure
  urgenti  in   materia   di   stabilizzazione   finanziaria   e   di
  competitivita' economica - Contenimento delle spese in  materia  di
  impiego pubblico - Patto di stabilita' interno  -  Possibilita'  di
  superamento per le Regioni a statuto speciale e  per  i  loro  enti
  territoriali  del  limite  imposto  dall'art.  9,  comma  28,  alle
  assunzioni di personale a tempo  determinato  -  Previsione  di  un
  criterio di priorita' nei meccanismi  di  assunzione  dei  predetti
  lavoratori - Lamentata limitazione delle possibili scelte  relative
  alle assunzioni, nonche' introduzione di una norma di coordinamento
  finanziario  laddove  lo  statuto  speciale  sottrae   la   Regione
  Trentino-Alto Adige, e i  relativi  enti  locali,  alle  misure  di
  coordinamento finanziario  che  valgono  per  le  altre  Regioni  -
  Ricorso della Regione  Trentino-Alto  Adige  -  Denunciata  lesione
  dell'autonomia finanziaria della Regione, nonche' della  competenza
  legislativa primaria della medesima in materia di ordinamento degli
  uffici e del personale e  in  materia  di  ordinamento  degli  enti
  locali. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art.14,  comma  24-bis,  ultimo
  periodo. 
- Costituzione,  art.  117,  comma  quarto;  statuto  della   Regione
  Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1 e 3, 8, primo comma,  n.  1,  e
  79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
(GU n.49 del 9-12-2010 )
    Ricorso  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto   Adige/autonome
Region Trentino-Sudtirol, in  persona  del  Presidente  della  Giunta
regionale pro tempore, autorizzato  con  deliberazione  della  Giunta
regionale 21 settembre 2010, n. 192 (doc. 1), rappresentata e difesa,
come da procura speciale n. rep. 3022 del 23 settembre 2010 (doc. 2),
rogata  dall'avv.  Edith  Engl,  Ufficiale  rogante  della   Regione,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi  in  via
Confalonieri, n.5: 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
    dell'articolo 5, comma 5; 
    dell'articolo 6, commi: 3; 5; 7; 8; 9; 12; 13; 14; 19 e 20  primo
periodo; 
    dell'articolo 9, commi: 1;  2;  2-bis;  3;  4  se  ed  in  quanto
riferito alla Regione; 28; 
    dell'articolo 14, comma 24-bis, 
    del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante  Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010,
n. 122, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 174/L  alla  Gazzetta
Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, 
    per violazione: 
    dell'art. 4, n. 1, n. 3 e n. 8, e dell'articolo 16 dello  Statuto
speciale di autonomia di cui  al  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670,
nonche' delle correlative norme di attuazione; 
    del titolo VI dello Statuto speciale,  in  particolare  dell'art.
79, nonche'  delle  relative  norme  di  attuazione  (in  particolare
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268); 
    del decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.  266,  in  particolare
articoli 2 e 4; 
    degli  articoli  117,  118,  119  e  120  della  Costituzione  in
combinato disposto con l'articolo 10 della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e'  dotata  di  autonomia
finanziaria, ai sensi del Titolo VI dello Statuto speciale. 
    Il titolo VI di tale Statuto e'  stato  da  poco  modificato  per
meglio armonizzare la speciale autonomia della Regione  Trentino-Alto
Adige e delle Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  con  le
esigenze della situazione finanziaria dello Stato italiano, anche nel
quadro degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea,  e  per
tenere conto delle esigenze di  solidarieta'  derivanti  anche  dalla
attuazione del «federalismo fiscale», quale prefigurato  dalla  legge
di delega n. 42 del 2009. 
    Le modifiche hanno formato oggetto di uno specifico  accordo  tra
lo Stato e la Regione e le Province autonome, e sono  state  adottate
con  la  procedura  di  cui  all'art.  104  dello  Statuto   speciale
attraverso l'art. 2, commi da 107 a 125, della legge n. 191 del 2009. 
    In particolare, il comma 107, lett. h) della legge n. 191/2009 ha
introdotto un nuovo testo dell'art. 79 dello Statuto,  il  quale  ora
stabilisce al comma 1 che «la regione e  le  province  concorrono  al
conseguimento degli obiettivi di perequazione  e  di  solidarieta'  e
all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche'
all'assolvimento  degli  obblighi  di  carattere  finanziario   posti
dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle
altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite  dalla
normativa statale» nei seguenti modi: 
    «a)  con  l'intervenuta  soppressione  della  somma   sostitutiva
dell'imposta   sul   valore   aggiunto   all'importazione   e   delle
assegnazioni a valere su leggi statali di settore; 
    b) con l'intervenuta soppressione della somma spettante ai  sensi
dell'articolo 78; 
    c) con il concorso finanziario ulteriore  al  riequilibrio  della
finanza   pubblica   mediante   l'assunzione   di   oneri    relativi
all'esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite  d'intesa
con il Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  nonche'  con  il
finanziamento  di  iniziative  e  di  progetti,  relativi  anche   ai
territori confinanti, complessivamente in misura pari a  100  milioni
di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per ciascuna provincia...; 
    d) con le  modalita'  di  coordinamento  della  finanza  pubblica
definite al comma 3». 
    Il comma 2 dell'art. 79 aggiunge che «le misure di cui al comma 1
possono essere modificate esclusivamente con  la  procedura  prevista
dall'articolo  104  e  fino   alla   loro   eventuale   modificazione
costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica  di  cui
al comma l». 
    Il comma 3 dispone ora che, «al fine di  assicurare  il  concorso
agli  obiettivi  di  finanza  pubblica,  la  regione  e  le  province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di
bilancio da conseguire in ciascun periodo», e che «non  si  applicano
le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel  restante
territorio nazionale». 
    Il comma  4  ribadisce  che  «le  disposizioni  statali  relative
all'attuazione degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di  stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in  ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal
presente articolo». 
    Infine, lo stesso comma 4 precisa, per i rapporti  con  le  norme
statali che non siano direttamente misure di  finanza  pubblica,  che
«la regione e le province provvedono alle finalita' di  coordinamento
della  finanza  pubblica   contenute   in   specifiche   disposizioni
legislative  dello  Stato,  adeguando  la  propria  legislazione   ai
principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4  e  5»,  ovvero
secondo le regole ordinarie dei rapporti tra legislazione regionale e
legislazione statale. 
    Di tale assetto dei rapporti tra Stato  e  Regione  Trentino-Alto
Adige in materia finanziaria - pur solennemente concordato e  sancito
da una legge ancora recentissima  -  non  tiene  compiutamente  conto
(verosimilmente a causa  delle  modalita'  di  emanazione  e  poi  di
conversione, che non  hanno  consentito  un'ampia  discussione  della
materia) il d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni nella legge
30 luglio  2010,  n.  122,  recante  Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica. 
    Infatti, mentre nelle parti in cui esso non  include  le  Regioni
speciali tra i destinatari delle proprie norme esso puo' - e  deve  -
essere inteso alla luce delle disposizioni sopra  esposte,  cio'  non
puo'  accadere  quando  l'inclusione  delle  Regioni   speciali   sia
espressamente disposta dalle disposizioni del decreto-legge. 
    Ed in realta'  esso  in  diversi  punti,  che  formano  l'oggetto
oggetto primario della presente impugnazione,  comprende  la  Regione
Trentino-Alto Adige e gli enti rientranti nella sua competenza tra  i
destinatari di norme che - a termini della nuova  formulazione  dello
Statuto di autonomia - non possono essere costituzionalmente  dirette
ad essi. 
    L'inclusione della Regione e dei predetti enti tra i  destinatari
delle norme impugnate avviene sia - a volte  -  mediante  diretto  ed
espresso riferimento alle autonomie speciali sia - in  altri  casi  -
mediante il riferimento alle  pubbliche  amministrazioni  di  cui  al
comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, cioe'  a
quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il  31  luglio  di  ogni
anno. 
    Ora, tale elenco (e  precisamente,  per  quanto  riguarda  l'anno
2010, 1'«Elenco delle amministrazioni pubbliche  inserite  nel  conto
economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1,  comma  3
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge  di  contabilita'  e  di
finanza pubblica», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24  luglio
2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione «Amministrazioni
locali», tra l'altro, le Regioni e le Province autonome, i comuni, le
comunita' montane e le unioni di comuni e le camere di commercio. 
    Ne risulta che sia attraverso i richiami diretti  che  attraverso
quelli indiretti il d.l. n. 78/2010 si rivolge in parte alla  Regione
Trentino-Alto Adige: la quale invece, in  virtu'  delle  norme  sopra
citate dell'art. 79 dello Statuto, e'  espressamente  sottratta  alle
misure finanziarie che valgono per  le  altre  Regioni,  dato  che  -
appunto - essa concorre «all'assolvimento degli obblighi di carattere
finanziario  posti  dall'ordinamento  comunitario,   dal   patto   di
stabilita' interno  e  dalle  altre  misure  di  coordinamento  della
finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» con le specifiche
modalita' di cui al comma 1 dell'art. 79 e con il rispetto del  patto
di stabilita' interno concordato con il Ministero dell'economia. 
    Inoltre, il d.l. n. 78/2010 si rivolge, in taluni casi, agli enti
locali della regione  e  alle  camere  di  commercio,  cioe'  a  enti
rientranti nella competenza ordinamentale della Regione (art. 4 dello
Statuto). 
    In considerazione di cio' e di quanto di seguito si esporra',  il
d.l.  n.  78/2010  risulta  in  parte  illegittimo  e  lesivo   delle
prerogative costituzionali della Regione Trentino-Alto Adige  per  le
seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 5. 
    L'art. 5 e' inserito nel  capo  II,  Riduzione  del  costo  degli
apparati politici ed amministrativi, ed e' intitolato Economie  negli
Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici. 
    Il comma 5 qui impugnato dispone che, «ferme le  incompatibilita'
previste dalla normativa  vigente,  nei  confronti  dei  titolari  di
cariche elettive, lo  svolgimento  di  qualsiasi  incarico  conferito
dalle pubbliche amministrazioni di cui al  comma  3  dell'articolo  1
della legge 31 dicembre 2009 n. 196,  inclusa  la  partecipazione  ad
organi collegiali di qualsiasi tipo, puo' dar luogo esclusivamente al
rimborso delle spese sostenute», e che «eventuali gettoni di presenza
non possono superare l'importo di 30 euro a seduta». 
    Dal riferimento all'art. 1, comma 3, legge  n.  196/2009  (elenco
ISTAT) risulta che l'art. 5, comma 5, si riferisce anche alla Regione
Trentino-Alto Adige, agli enti locali e alle camere di commercio. 
    Tuttavia,  esso  pone  una  norma   puntuale   di   coordinamento
finanziario e si pone, dunque,  in  contrasto  con  l'art.  79  dello
Statuto speciale, che, come sopra esposto, in piu' punti precisa  che
la Regione e' sottratta alle misure di coordinamento finanziario  che
valgono per le altre Regioni. Sono violati, in particolare, il  comma
1, che fa riferimento  «alle  altre  misure  di  coordinamento  della
finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», il comma  2,  il
comma 3, terzo periodo, ed il comma 4, primo periodo dell'art. 79. 
    La diretta violazione dello Statuto  speciale  di  autonomia,  in
quanto illegittimamente la norma statale pone tra i  destinatari  dei
vincoli posti dalla  norma  la  Regione  Trentino-Alto  Adige,  rende
necessariamente subordinata una ulteriore e pur essa fondata censura,
relativa alla circostanza che la norma impugnata pone  un  limite  ad
una  voce  minuta  di  spesa  e  fissa  la  specifica  modalita'   di
contenimento di essa; il comma 5, dunque, e'  illegittimo  in  quanto
fuoriesce  dai  limiti  della  competenza  legislativa   statale   di
principio nella materia del  coordinamento  della  finanza  pubblica,
ledendo le competenze regionali di cui all'art. 4, nn. 1, 3 e  8  (in
quanto ogni limitazione di spesa si traduce in una limitazione  delle
possibili  scelte  organizzative  a  disposizione   degli   enti   in
questione), e al Titolo VI dello Statuto. 
    L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute  di  spesa,
infatti, e' stata piu' volte  dichiarata  da  codesta  Corte:  v.  le
sentt. 297/2009,  237/2009,  159/2008,  157/2007,  95/2007,  89/2007,
88/2006, 449/2005, 417/2005 e 390/2004. 
    Che si tratti di limiti puntuali riferiti  ad  oggetti  specifici
non puo' essere dubbio: si tratta infatti degli «incarichi» conferiti
«nei confronti dei titolari  di  cariche  elettive»,  e  di  essi  si
prescrive (oltretutto, in verosimile violazione dell'art. 36 Cost., e
del  diritto  ad  una  equa  retribuzione)  che  possono  dar   luogo
«esclusivamente  al  rimborso  delle  spese  sostenute»,  arrivandosi
persino a precisare che «eventuali gettoni di  presenza  non  possono
superare l'importo di 30 euro a seduta». 
    Sembra evidentemente contraddetto il principio  in  relazione  al
quale le esigenze della finanza  pubblica  possono  certo  comportare
vincoli anche per le autonomie territoriali, ma vincoli di  carattere
generale e complessivo,  al  cui  interno  i  titolari  di  autonomia
costituzionale possono decidere le diverse destinazioni, appunto,  in
modo autonomo. 
    In ogni caso, e' anche da lamentare  la  violazione  dell'art.  2
d.lgs. n. 266/1992, in quanto l'art. 5, comma 5, stabilisce una norma
di dettaglio autoapplicativa in materie di competenza regionale. 
    Tale violazione sussisterebbe anche se - peraltro in evidente  ed
aperta contraddizione con l'art. 79 dello Statuto - la Regione  fosse
soggetta alle misure di  coordinamento  finanziario  contenute  nelle
diverse leggi statali, e se pure fosse  legittima  nel  contenuto  la
disposizione dell'art. 5, comma 5, in quanto rivolta alle regioni  ed
agli enti locali. 
    Le materie regionali  di  riferimento  sono  in  primo  luogo  le
materie statutarie relative alla propria  autonomia  organizzativa  e
finanziaria (art. 4, n. 1,  dello  Statuto,  l'intero  Titolo  VI)  e
all'ordinamento degli enti locali e delle camere di  commercio  (art.
4, n. 3 e n. 8, dello Statuto), in  secondo  luogo  il  coordinamento
della  finanza  pubblica  (v.  l'art.  117,   comma   3,   Cost.)   e
l'organizzazione regionale (v. l'art. 117, comma 4, Cost), in  quanto
le norme del Titolo V garantiscano una autonomia piu' ampia di quella
statutaria, a termini dell'art. 10 della 1. cost. n. 3 del 2001. 
    La norma impugnata incide sull'autonomia organizzativa  regionale
perche' regola e condiziona  l'attribuzione  di  incarichi  da  parte
della Regione, limitando le possibili scelte organizzative. La  norma
e' inoltre lesiva delle  competenze  regionali  in  materia  di  enti
locali e di camere di commercio in quanto, da un lato,  definisce  le
condizioni di operativita' degli organi degli enti locali, dall'altro
regola e condiziona l'attribuzione di incarichi da parte  degli  enti
locali  e  delle  camere   di   commercio,   incidendo   sulla   loro
organizzazione. La legislazione regionale sull'elezione degli  organi
dei comuni (v. il testo unico di cui al dPgr 1/2005) ha tenuto  conto
della realta' locale della regione, che e'  caratterizzata  da  molte
comunita' molto piccole, nelle quali la partecipazione  all'attivita'
degli  organi  sarebbe  fortemente   compromessa   se   condizionasse
l'affidamento di altri  incarichi  (anche  nel  caso  in  cui  questi
fossero affidati con procedura «aperta»). 
    Risulta dunque anche sotto questo  profilo  violata  la  speciale
autonomia garantita alla Regione  dallo  Statuto  e  dalle  norme  di
attuazione. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 3, 5,  7,  8,  9,
12, 13, 14, 19, 20 primo periodo. 
    L'art. 6 pone una serie di norme volte alla Riduzione  dei  costi
degli apparati amministrativi, norme dal contenuto  innegabilmente  e
chiaramente dettagliato, come si vedra' subito. 
    Forse proprio in considerazione di tale contenuto, che proprio in
ragione di tale carattere contrasterebbe - ove riferito alle  Regioni
- con i principi costituzionali in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica elaborati dalla  giurisprudenza  costituzionale,  il
comma 20 dell'art.  6  dispone  che  «le  disposizioni  del  presente
articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle  province
autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale»,  ma  aggiunge
che per tali enti esse «costituiscono disposizioni  di  principio  ai
fini del coordinamento della finanza pubblica». In altre  parole,  la
disposizione del comma 20 cerca di «trasformare» in qualche  modo  le
disposizioni dettagliate in principi. 
    Tuttavia,   tale   tentativo   e'    necessariamente    destinato
all'insuccesso, e la qualificazione delle disposizioni  in  questione
come «principi» non fa - ad avviso della  ricorrente  Regione  -  che
aggiungere illegittimita' ad illegittimita'. Il comma  20  e'  dunque
qui impugnato nella parte in cui esso  dispone  che  le  disposizioni
indicate  «costituiscono  disposizioni  di  principio  ai  fini   del
coordinamento della finanza pubblica», e nella parte in cui limita la
loro «non  applicazione»  «in  via  diretta»  alle  regioni  (e  alle
Province autonome). Gli ulteriori commi indicati  sopra  sono  invece
direttamente impugnati in ragione del loro contenuto. 
    Il punto fondamentale e' che la qualificazione data dal comma 20,
come e' tipico delle norme di qualificazione, non e' idonea a  mutare
la realta' normativa dei commi precedenti, che resta quella di regole
dettagliate limitative di voci minute di spesa degli enti pubblici, e
che vincolare le Regioni e le Province autonome a tali pseudoprincipi
e' ugualmente illegittimo. 
    Nessun  dubbio  puo'  sussistere  sul   carattere   specifico   e
dettagliato delle disposizioni alle quali il comma 20 si riferisce. 
    Cosi', il comma 3 dispone che, a decorrere dal 1°  gennaio  2011,
le indennita', i compensi, i gettoni,  le  retribuzioni  o  le  altre
utilita'   comunque   denominate,   corrisposti    dalle    pubbliche
amministrazioni di cui al comma 3  dell'articolo  1  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196, .... sono automaticamente ridotte del  10  per
cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010".
Inoltre, la disposizione stabilisce che «sino al  31  dicembre  2013,
gli emolumenti di cui al presente  comma  non  possono  superare  gli
importi risultanti alla data del 30  aprile  2010,  come  ridotti  ai
sensi del presente comma». 
    Il comma 7 statuisce che «a decorrere  dall'anno  2011  la  spesa
annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a
studi ed incarichi di consulenza  conferiti  a  pubblici  dipendenti,
sostenuta  dalle  pubbliche  amministrazioni  di  cui  al   comma   3
dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009,  n.  196,...  non  puo'
essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009». 
    Il  comma  8  dispone  che  «a  decorrere   dall'anno   2011   le
amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto  nazionale  di
statistica (ISTAT)... non  possono  effettuare  spese  per  relazioni
pubbliche, convegni, mostre, pubblicita' e di rappresentanza, per  un
ammontare superiore al 20 per cento della spesa  sostenuta  nell'anno
2009 per le medesime finalita'». 
    Il  comma  9  stabilisce  che  «a  decorrere  dall'anno  2011  le
amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto  nazionale  di
statistica   (ISTAT)...   non   possono    effettuare    spese    per
sponsorizzazioni». 
    Il  comma  12  dispone  che  «a  decorrere  dall'anno   2011   le
amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto  nazionale  di
statistica (ISTAT)... non  possono  effettuare  spese  per  missioni,
anche all'estero, con esclusione  delle  missioni  internazionali  di
pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze  di  polizia  e
dei vigili del fuoco,  del  personale  di  magistratura,  nonche'  di
quelle  strettamente  connesse  ad  accordi   internazionali   ovvero
indispensabili per assicurare la  partecipazione  a  riunioni  presso
enti e organismi internazionali o comunitari, nonche' con investitori
istituzionali necessari alla gestione del  debito  pubblico,  per  un
ammontare superiore al 50 per cento della spesa  sostenuta  nell'anno
2009». 
    Il comma 13 statuisce che «a decorrere dall'anno  2011  la  spesa
annua  sostenuta  dalle  amministrazioni   pubbliche...   individuate
dall'Istituto  nazionale  di  statistica  (ISTAT)...  per   attivita'
esclusivamente di formazione deve essere  non  superiore  al  50  per
cento della spesa sostenuta nell'anno  2009»;  si  aggiunge  che  «le
predette amministrazioni  svolgono  prioritariamente  l'attivita'  di
formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione
ovvero tramite i propri organismi di formazione». 
    Il commma 14 stabilisce  che  «a  decorrere  dall'anno  2011,  le
amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto  nazionale  di
statistica (ISTAT)...  non  possono  effettuare  spese  di  ammontare
superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno  2009  per
l'acquisto,  la  manutenzione,   il   noleggio   e   l'esercizio   di
autovetture, nonche' per l'acquisto di buoni taxi»; si  aggiunge  che
«il predetto limite puo' essere derogato,  per  il  solo  anno  2011,
esclusivamente per effetto di contratti pluriennali gia' in essere». 
    Il comma 19  dispone  che  «al  fine  del  perseguimento  di  una
maggiore efficienza delle societa' pubbliche,...  le  amministrazioni
di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,
non possono, salvo quanto  previsto  dall'art.  2447  codice  civile,
effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari,  aperture
di  credito,  ne'  rilasciare  garanzie  a  favore   delle   societa'
partecipate non quotate che  abbiano  registrato,  per  tre  esercizi
consecutivi, perdite  di  esercizio  ovvero  che  abbiano  utilizzato
riserve  disponibili   per   il   ripianamento   di   perdite   anche
infrannuali»; e che sono «in ogni  caso  consentiti  i  trasferimenti
alle societa' di cui  al  primo  periodo  a  fronte  di  convenzioni,
contratti di servizio o di programma  relativi  allo  svolgimento  di
servizi  di  pubblico  interesse   ovvero   alla   realizzazione   di
investimenti». 
    Come  si  vede,  si  tratta  di  disposizioni   molto   puntuali,
analitiche, che disciplinano «frammenti» di  realta'  finanziaria  ed
organizzativa. Ed in relazione ad  esse  le  Regioni  e  le  Province
autonome, nonostante quanto disposto dal comma 20, primo periodo, non
hanno ne' (in ragione della struttura delle norme)  potrebbero  avere
alcun margine di manovra. Non si tratterebbe  che  di  «recepire»  le
corrispondenti norme statali. 
    Cosi' illustrato il contenuto del comma  20,  in  relazione  alle
disposizioni specifiche alle quali esso si riferisce, risulta  chiaro
che esso, nell'inciso «per  i  quali  costituiscono  disposizioni  di
principio ai fini del coordinamento della  finanza  pubblica»,  ed  i
commi  sopra  illustrati,  recanti  limiti  puntuali,   sono   lesivi
dell'autonomia  organizzativa  e  dell'autonomia  finanziaria   della
Regione. 
    Cio', in primo luogo, in quanto la  vincolano  in  contrasto  con
l'art. 79 dello Statuto, che - come visto supra - esonera la  Regione
Trentino-Alto Adige dalle misure  di  coordinamento  finanziario  che
valgono per le altre Regioni (v. soprattutto il  comma  1,  la'  dove
menziona le «altre misure di coordinamento della finanza  pubblica»):
e cio' non in forza di un  privilegio,  ma  in  forza  di  un  regime
specifico della partecipazione della Regione stessa al  conseguimento
degli obbiettivi di finanza pubblica, specifico oggetto della recente
riforma concordata della parte finanziaria dello Statuto. 
    In secondo luogo, anche prescindendo da cio', e cioe' anche ove -
peraltro in contraddizione evidente  con  lo  Statuto  -  si  dovesse
considerare  la  Regione  soggetta  alle  misure   di   coordinamento
finanziario contenute nelle diverse leggi statali, comunque le  norme
in questione sarebbero illegittime, per violazione anche delle regole
generali dei rapporti tra legislazione statale ed autonomia regionale
nella materia finanziaria. 
    Infatti, esse pongono limiti puntuali a voci minute di  spesa  e,
dunque, fuoriescono dai limiti della competenza  legislativa  statale
di principio nella materia del coordinamento della finanza  pubblica.
L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute  di  spesa,  e'
stata piu' volte dichiarata da codesta Corte, come visto nel punto 1. 
    Va ricordata, in particolare, per l'analogia  della  fattispecie,
la  sentenza  n.  297/2009,  che  ha   annullato   una   disposizione
sostanzialmente corrispondente a quella qui impugnata «nella parte in
cui afferma che  possono  essere  desunti  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica»  da  norme  che,  per  il  loro
contenuto, sono inidonee a esprimere tali principi», cioe'  da  norme
«idonee solo a incidere sulle indicate  singole  voci  di  spesa,  in
quanto  introducono  vincoli  puntuali  e  specifiche  modalita'   di
contenimento della spesa medesima» 
    Nel medesimo consolidato  orientamento  rientra  la  sentenza  n.
159/2008 (punto 6 del Diritto), che ha accolto un ricorso proposto da
una Provincia autonoma. 
    Ancora, una norma analoga a quella del comma  3  dell'art.  6  e'
stata annullata dalla sentenza n. 157/2007 (la norma statale riduceva
del 10% le indennita' corrisposte ai titolari degli  organi  politici
regionali); v. poi le sentt. 95/2007, 449/2005 e 417/2005, che  hanno
dichiarato l'illegittimita' dei vincoli posti a consulenze,  missioni
e acquisti. 
    Non puo' dunque esservi dubbio alcuno sulla illegittimita'  delle
disposizioni impugnate, per le ragioni sopra esposte. 
    La clausola di salvaguardia di cui al comma 20, primo periodo, e'
illegittima anche nella parte in cui non comprende nel proprio ambito
di «esonero» dall'applicazione diretta gli enti locali, le camere  di
commercio. Il «mancato esonero» comporta dunque che per tali  enti  i
commi sopra illustrati operino in via diretta, dato che sono  rivolti
alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009. 
    Dunque, i commi gia' censurati  in  relazione  alla  Regione  (v.
sopra) pongono limiti puntuali alla spesa degli enti locali  e  delle
camere di commercio. Essi sono illegittimi in  quanto  dettano  norme
direttamente applicabili in materie di competenza della Regione (art.
4, n. 3 e n. 8, dello Statuto), in violazione dell'art. 2  d.lgs.  n.
266/1992. Le norme di cui sopra incidono sull'autonomia organizzativa
degli enti  locali  e  delle  camere  di  commercio  in  quanto  ogni
limitazione di spesa si traduce in una  limitazione  delle  possibili
scelte organizzative a disposizione degli enti in questione. 
    Inoltre, i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14,  19,  20  primo  periodo
sono illegittimi per  il  loro  contenuto,  in  quanto  -  come  gia'
illustrato in relazione alla Regione - dettano norme dettagliate, che
fuoriescono dai limiti  del  potere  del  legislatore  statale  nelle
materie del coordinamento della  finanza  pubblica  e  della  finanza
locale; si puo'  ricordare,  in  particolare,  per  l'analogia  della
fattispecie, la sentenza n. 159/2008 (punto 7 del Diritto). 
    E' poi lesivo, in quanto potenzialmente  applicabile  ad  enti  e
societa' collegati alla Regione, il comma 5. 
    Esso dispone che «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli
organismi pubblici,  anche  con  personalita'  giuridica  di  diritto
privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di
assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di
entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione
e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma  monocratica,
nonche' il collegio dei revisori, siano costituiti da un  numero  non
superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti».  Si  tratta
all'evidenza di una norma puntuale e dettagliata. La scelta possibile
- per gli organi del primo tipo - e' fra 5 o 3 componenti, mentre per
il collegio dei revisori la  soluzione  obbligata  e'  quella  dei  3
componenti. Il comma 5, dunque, lede la competenza regionale  di  cui
all'art. 4, n. 1, dello  Statuto,  che  riguarda  anche  gli  enti  e
societa' pararegionali. Il numero  dei  membri  degli  organi  ricade
senza dubbio nella materia organizzativa ed il  limite  non  si  puo'
giustificare  a  titolo  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
perche' si tratta di un vincolo puntuale ad una voce minuta di spesa. 
    E' poi violato l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in  quanto  la  norma
pretende di essere direttamente applicabile in materia di  competenza
regionale (art. 4, n. 1, dello  Statuto).  E'  appena  da  osservare,
infatti, che secondo il suo tenore letterale la disposizione dovrebbe
essere  direttamente  attuata  dagli  enti   stessi,   senza   alcuna
intermediazione di una  legislazione  regionale  di  adeguamento,  in
quanto questo fosse dovuto secondo gli ordinari principi. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 9, commi 1, 2,  2-bis,
3, 4, se ed in quanto sia riferito alla Regione, 28. 
    L'art. 9 detta norme sul Contenimento delle spese in  materia  di
impiego pubblico. Il comma 1 dispone che, «per gli anni 2011, 2012  e
2013 il trattamento economico  complessivo  dei  singoli  dipendenti,
anche  di  qualifica  dirigenziale,  ivi  compreso   il   trattamento
accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni
pubbliche» di cui al noto Elenco ISTAT «non puo'  superare,  in  ogni
caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010». 
    Tale norma si rivolge anche alla Regione, agli enti locali e alle
camere di commercio, in  quanto  menzionati  in  tale  Elenco:  essa,
dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Regione
per le ragioni gia' esposte nel punto 1, con riferimento all'art. 5. 
    Si tratta, in primo luogo, della violazione  dell'art.  79  dello
Statuto, in quanto sono direttamente applicate alla Regione misure di
contenimento della spesa. Si tratta, in secondo luogo (ed  ovviamente
in subordine), della generale violazione dell'autonomia organizzativa
e finanziaria della Regione, degli enti  locali  e  delle  camere  di
commercio per eccesso dai limiti della potesta'  legislativa  statale
in materia di coordinamento della  finanza  pubblica,  in  quanto  la
disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di  spesa  e
ogni limitazione  di  spesa  si  traduce  in  una  limitazione  delle
possibili  scelte  organizzative  a  disposizione   degli   enti   in
questione. 
    Si tratta, in terzo luogo, della violazione dell'art. 2 d.lgs. n.
266/1992, in quanto si tratta di norma  direttamente  applicabile  in
materie di competenza regionale ai  sensi  dello  Statuto  (ai  sensi
dell'art. 4, n. 1, n. 3 e n. 8, la Regione ha  potesta'  primaria  in
materia di «ordinamento degli uffici regionali  e  del  personale  ad
essi addetto», «ordinamento degli enti locali» e  «ordinamento  delle
camere di commercio»; in base al Titolo VI, la Regione  ha  autonomia
finanziaria) o del Titolo V (art. 117, comma 3, «coordinamento  della
finanza pubblica», e art. 117, comma 4,  «organizzazione  regionale»,
qualora si applicasse l'art. 10 l. cost. n. 3/2001). 
    Il comma 2 statuisce che, «in considerazione della eccezionalita'
della  situazione  economica  internazionale  e  tenuto  conto  delle
esigenze prioritarie di raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio  2011
e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti  economici  complessivi  dei
singoli dipendenti, anche di  qualifica  dirigenziale,  previsti  dai
rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche» del consueto
Elenco ISTAT «superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del  5
per cento per la parte eccedente il predetto importo fino  a  150.000
euro, nonche' del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro». 
    In base a detta individuazione  dei  destinatari  tale  norma  si
rivolge anche alla  Regione,  agli  enti  locali  e  alle  camere  di
commercio. 
    Essa, come il comma 1, viola l'art. 79 dello Statuto, l'autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione, degli enti locali e  delle
camere di commercio nonche' l'art.  2  d.lgs.  n.  266/1992,  per  le
stesse ragioni esposte nel punto 1, con  riferimento  all'art.  5,  e
appena riprese in relazione al comma 1. 
    Di qui l'evidente illegittimita' anche del comma 2. 
    Il comma 2-bis stabilisce che «a decorrere dal 1° gennaio 2011  e
sino al  31  dicembre  2013  l'ammontare  complessivo  delle  risorse
destinate annualmente al trattamento accessorio del personale,  anche
di livello dirigenziale, di ciascuna  delle  amministrazioni  di  cui
all' articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.
165, non puo' superare il corrispondente importo  dell'anno  2010  ed
e', comunque, automaticamente ridotto in  misura  proporzionale  alla
riduzione del personale in servizio». 
    Tale norma, pur individuando i propri destinatari in modo diverso
dal  riferimento  all'Elenco  ISTAT,  potrebbe   essere   considerata
applicabile anche alla Regione, agli enti locali  e  alle  camere  di
commercio, in quanto rientranti nella generale  nozione  di  pubblica
amministrazione. 
    In questa ipotesi, essa applicherebbe le misure  di  contenimento
della spesa pubblica anche alla Regione ed inoltre porrebbe un limite
rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa. 
    Essa,   dunque,    risulterebbe    lesiva    delle    prerogative
costituzionali della Regione e costituzionalmente illegittima per  le
stesse ragioni ora esposte in relazione ai  precedenti  commi  (oltre
che al punto 1, con riferimento all'art. 5). 
    In base al comma 3, «nei confronti dei titolari di  incarichi  di
livello dirigenziale generale delle amministrazioni  pubbliche,  come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT),  ai  sensi
del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n.  196,  non
si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano
la corresponsione, a loro favore, di una quota dell'importo derivante
dall'espletamento di incarichi aggiuntivi». 
    Tale norma si rivolge anche alla Regione, agli enti locali e alle
camere di commercio, applicando ad essi  le  misure  di  contenimento
della spesa pubblica e ponendo un limite  rigido,  autoapplicativo  e
non transitorio, ad una voce  specifica  e  minuta  di  spesa.  Essa,
dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Regione
per le stesse ragioni ora esposte in relazione  ai  precedenti  commi
(oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). 
    Il comma 4,  poi,  statuisce  che  «i  rinnovi  contrattuali  del
personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per  il  biennio
2008-2009 ed i miglioramenti economici  del  rimanente  personale  in
regime di diritto pubblico per il medesimo biennio  non  possono,  in
ogni caso, determinare  aumenti  retributivi  superiori  al  3,2  per
cento»; che tale disposizione  «si  applica  anche  ai  contratti  ed
accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del  presente
decreto»; che le clausole difformi «contenute nei predetti  contratti
ed accordi sono inefficaci»  e  che  «a  decorrere  dalla  mensilita'
successiva alla data di entrata in  vigore  del  presente  decreto  i
trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati». 
    Tale  disposizione  individua   i   suoi   destinatari   mediante
l'espressione  generica  «pubbliche   amministrazioni»   e,   dunque,
potrebbe  essere  intesa  quale  norma  generale,  non  destinata  ad
applicarsi alle situazioni oggetto  di  regolazione  speciale,  quale
indubbiamente e' quella relativa alla  Regione  Trentino-Alto  Adige.
Essa dunque e' suscettibile di  essere  intesa  in  modo  conforme  a
Statuto, cioe' nel senso di non applicarsi alla Regione e  agli  enti
dell'ordinamento regionale. 
    Proprio  per  il  suo  riferirsi   in   genere   alle   pubbliche
amministrazioni, tra le quali ovviamente rientrano in astratto  anche
la Regione Trentino-Alto Adige e gli enti del sistema regionale, essa
e' anche suscettibile della opposta interpretazione. 
    In questo caso, ad avviso della ricorrente Regione, essa  sarebbe
illegittima in quanto applica ad essi le misure di contenimento della
spesa pubblica e pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce
specifica e minuta di spesa: valendo dunque per essa le  censure  ora
esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto  1,  con
riferimento all'art. 5). 
    Il  comma  28  dispone  che,  «a  decorrere  dall'anno  2011,  le
amministrazioni  dello  Stato,  anche  ad  ordinamento  autonomo,  le
agenzie,  incluse  le  Agenzie  fiscali...  gli  enti  pubblici   non
economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70,
comma 4, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165...,  fermo
quanto  previsto  dagli  articoli  7,  comma  6,  e  36  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di  personale  a
tempo  determinato  o  con  convenzioni  ovvero  con   contratti   di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento
della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009»  (primo
periodo). Il secondo periodo stabilisce che uguale limite e'  fissato
per la spesa relativa a  contratti  di  formazione-lavoro,  ad  altri
rapporti formativi,  alla  somministrazione  di  lavoro,  nonche'  al
lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma  1,  lettera  d)  del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. 
    Il terzo periodo del comma 28 implica pero' che tali disposizioni
non si applichino alle Regioni e Province autonome,  in  quanto,  con
disposizione corrispondente a quella dell'alt 6,  comma  20,  enuncia
che esse «costituiscono principi generali ai fini  del  coordinamento
della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni,  le  province
autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale». 
    I tre periodi indicati del comma 28 sono dunque qui impugnati per
le stesse ragioni gia' esposte in  relazione  all'art.  6.  Il  terzo
periodo, in particolare, e' impugnato nella parte in cui esso  -  pur
implicando la non diretta applicazione dei precedenti  periodi  -  ne
afferma l'applicabilita' in quanto recante presunte  disposizioni  di
principio. 
    Infatti, come nel caso dell'art. 6, le norme contenute nel  comma
28,  a  dispetto  della  clausola  di  salvaguardia  appena   citata,
applicano alla Regione le misure  di  contenimento  della  spesa,  in
violazione dell'art. 79 dello Statuto. 
    Inoltre esse - come quelle  impugnate  dell'art.  6  -  risultano
illegittime anche per violazione delle regole generali  sui  rapporti
tra legislazione statale e regionale  nell'ambito  del  coordinamento
della finanza pubblica. Esse infatti non sono affatto disposizioni di
principio, ne' lo diventano  per  la  definizione  di  cui  al  terzo
periodo, ma sono tali da non consentire un autonomo  svolgimento.  Si
tratta di un limite rigido ad una voce specifica e minuta  di  spesa,
di una norma dettagliata che prevede  la  modalita'  di  contenimento
della voce di spesa, senza lasciare alcun  margine  di  manovra  alla
Regione. Inoltre, il limite non e' transitorio. 
    Dunque, il comma 28 e' illegittimo per le ragioni  gia'  viste  a
proposito dell'art. 6: in primo luogo per la violazione dell'art.  79
dello Statuto, in  quanto  sono  applicate  alla  Regione  misure  di
contenimento della spesa; in secondo luogo (e sempre  in  subordine),
per la generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria
della Regione, degli enti locali e delle  camere  di  commercio,  per
eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione  pone
un limite rigido ad una voce specifica di spesa. 
    D'altronde, sia consentito di ricordare che l'illegittimita'  dei
vincoli puntuali alle  assunzioni  e'  gia'  stata  dichiarata  dalle
sentt. 95/2008, 88/2006 e 390/2004. 
    Si noti che la limitata «clausola  di  salvaguardia»  di  cui  al
terzo  periodo  non  solo  non  vale  a  far  salva  la  legittimita'
costituzionale della disposizione in relazione  alla  Regione  ed  in
genere al sistema  regionale,  ma  e'  ulteriormente  illegittima  in
quanto, non comprendendo gli enti locali e le  camere  di  commercio,
implica addirittura la diretta applicazione a tali  enti  dei  limiti
posti dal comma 28. 
    Anche sotto questo profilo, esso e' illegittimo per  le  medesime
ragioni gia' illustrate a proposito  dell'art.  6,  comma  20,  primo
periodo e sopra richiamate, cioe' perche'  detta  norme  direttamente
applicabili in materie di competenza della Regione (art. 4, n. 3 e n.
8, dello Statuto), in violazione dell'art. 2 d.lgs. n.  266/1992.  Le
norme di cui sopra incidono sull'autonomia organizzativa  degli  enti
locali e delle camere di commercio  in  quanto  ogni  limitazione  di
spesa, e soprattutto quelle relative all'assunzione di personale,  si
traduce in una limitazione delle  possibili  scelte  organizzative  a
disposizione degli enti in questione. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 24-bis. 
    L'art. 14 e' intitolato Patto  di  stabilita'  interno  ed  altre
disposizioni sugli enti territoriali. 
    Nel comma 24-bis, stabilisce che  «i  limiti  previsti  ai  sensi
dell'articolo 9, comma 28, possono essere superati  limitatamente  in
ragione della proroga dei rapporti  di  lavoro  a  tempo  determinato
stipulati dalle  regioni  a  statuto  speciale,  nonche'  dagli  enti
territoriali facenti parte delle predette  regioni,  a  valere  sulle
risorse  finanziarie  aggiuntive  appositamente  reperite  da  queste
ultime attraverso apposite misure di  riduzione  e  razionalizzazione
della spesa certificate dagli organi  di  controllo  interno»  (primo
periodo). Restano fermi, «in ogni caso, i  vincoli  e  gli  obiettivi
previsti ai sensi del presente articolo» (secondo  periodo).  Infine,
si  dispone  che  «le   predette   amministrazioni   pubbliche,   per
l'attuazione dei processi  assunzionali  consentiti  ai  sensi  della
normativa vigente, attingono prioritariamente ai lavoratori di cui al
presente comma, salva motivata indicazione concernente gli  specifici
profili professionali richiesti» (terzo periodo). 
    La prima disposizione  e'  connessa  a  quella,  gia'  esaminata,
dell'art. 9, comma 28, e si rivolge specificamente, tra l'altro, alla
Regione Trentino-Alto Adige e agli enti locali trentini, e rispetto a
questa introduce un regime limitatamente preferenziale. La ricorrente
Regione ritiene illegittimi - ed ha impugnato  -  i  vincoli  di  cui
all'art. 9, comma 28, e  dunque  ritiene  che  non  vi  debba  essere
ragione del regime limitatamente preferenziale:  ma  se  in  denegata
ipotesi tali vincoli risultassero legittimi il  regime  limitatamente
derogatorio risulterebbe, in quanto tale, favorevole. 
    Non vi e' dunque ragione di una specifica impugnazione del  primo
periodo. 
    Oggetto di censura deve invece essere l'ultimo periodo del  comma
24-bis, che pure si rivolge specificamente, tra l'altro, alla Regione
Trentino-Alto Adige e agli enti locali trentini. Tale norma limita le
scelte possibili relative alle assunzioni, violando in modo  evidente
(non potendosi ragionevolmente  trattare  di  principio  di  riforma)
l'autonomia primaria  della  Regione  nella  materia  del  personale,
stabilita dall'art. 8, comma primo, n. 1, dello Statuto  (ugualmente,
ma meno specificamente, potrebbe farsi  riferimento  alla  competenza
residuale di cui all'art. 117, comma 4, Cost., in forza dell'art. 10,
l. cost. n. 3/2001). Si puo' ricordare che la sent.  n.  235/2010  ha
ricondotto alla materia dell'organizzazione  degli  uffici  regionali
una  norma  che  limitava  la  facolta'  della  Giunta  regionale  di
ricorrere,  per  far  fronte   alle   proprie   esigenze   operative,
all'assunzione di lavoratori con contratto a  tempo  determinato,  in
quanto  essa  «mira  appunto  a   regolamentare   le   modalita'   di
instaurazione di contratti di lavoro con la Regione». 
    Inoltre, considerando l'intento finanziario della norma,  risulta
anche  violata  l'autonomia  finanziaria   della   Regione,   ed   in
particolare l'art. 79 dello Statuto, per  l'illegittima  applicazione
ad essa delle misure di contenimento della spesa e  di  coordinamento
finanziario, dalle quali la  Regione  e'  esonerata  in  ragione  del
regime specifico per essa stabilito. 
    Inoltre, per quanto riguarda gli  enti  locali,  la  disposizione
viola la competenza  della  Regione  nella  materia  dell'ordinamento
degli enti locali (art. 4, n. 3, Statuto). Infine, e' violato  l'art.
2 d.lgs. n. 266/1992, visto che l'ultimo  periodo  del  comma  24-bis
risulta direttamente applicabile in materie di  competenza  regionale
(art. 4, n. 1 e n. 3, dello Statuto). 
 
                                P.Q.M. 
 
    Voglia  codesta,  ecc.ma  Corte  costituzionale   accogliere   il
ricorso,    dichiarando    l'illegittimita'    costituzionale     del
decreto-legge 31 maggio  2010,  n.  78,  recante  Misure  urgenti  in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica,
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio  2010,  n.  122,
nelle parti, nei termini e  sotto  i  profili  esposti  nel  presente
ricorso. 
 
        Padova-Roma, addi' 27 settembre 2010 
 
          Prof. avv. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi 
 
 
                                                             Allegati 
 
    1) Deliberazione della Giunta regionale  21  settembre  2010,  n.
192. 
    2) Procura speciale n. rep. 3022 del 23 settembre 2010.