N. 104 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010 (della Regione autonoma Trentino-Alto Adige). Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici - Incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive, inclusa la partecipazione ad organi collegiali - Previsione che diano luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute e che eventuali gettoni di presenza non possano superare l'importo di 30 euro a seduta - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa, violazione delle competenze regionali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di ordinamento degli enti locali e delle camere di commercio. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 5, comma 5. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, e 79, commi 1, 2, 3, terzo periodo, e 4, primo periodo; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Riduzione dei costi degli apparati amministrativi - Misure di vario contenuto volte al contenimento della spesa pubblica, quali la puntuale riduzione delle indennita', compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilita' corrisposti ai componenti di organi collegiali e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, riduzione del numero dei componenti di organi collegiali, riduzione della spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, riduzione di spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicita' e rappresentanza, divieto di sponsorizzazioni, riduzione di spese per missioni, formazione e auto, divieti in materia di attivita' societaria - Definizione delle predette quali disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica - Ritenuta applicazione delle predette disposizioni in via diretta, anziche' come principi, agli enti locali e alle camere di commercio - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, commi 3, 5, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 19 e 20, primo periodo. - Costituzione, art. 119; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, e 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti locali, camere di commercio, per il triennio 2011-2013, di corrispondere ai singoli dipendenti anche di livello dirigenziale, un trattamento economico complessivo superiore a quello spettante per il 2010 - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 1. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Taglio per il triennio 2011-2013 dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche dirigenti, nella misura del 5 per cento per la parte eccedente i 90.000 euro e del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti regionali, enti locali, per il triennio 2011-2013, di incrementare le risorse destinate al trattamento accessorio del personale anche di livello dirigenziale rispetto agli importi stanziati per l'anno 2010 - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2-bis. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto di corrispondere importi per l'espletamento di incarichi di livello dirigenziale aggiuntivi - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 3. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto, riferito ai rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008/2009, di determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento, anche con riguardo ai contratti e agli accordi gia' stipulati - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 4. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Obbligo di ridurre del 50 per cento la spesa sostenuta nell'anno 2009 per il personale a tempo determinato o utilizzato con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per i contratti di formazione-lavoro, i rapporti formativi, la somministrazione di lavoro e il lavoro accessorio - Previsione che le disposizioni predette costituiscano principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale - Ritenuta applicazione delle predette disposizioni in via diretta, anziche' come principi, agli enti locali e agli enti pubblici regionali - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alla Regione Trentino-Alto Adige, e relativi enti locali e camere di commercio, laddove lo statuto speciale sottrae la Regione alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata violazione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione, degli enti locali e degli enti strumentali regionali, esorbitanza dello Stato dalla competenza legislativa nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e nella materia residuale dell'organizzazione regionale. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 28. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1, 3 e 8, 79 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Patto di stabilita' interno - Possibilita' di superamento per le Regioni a statuto speciale e per i loro enti territoriali del limite imposto dall'art. 9, comma 28, alle assunzioni di personale a tempo determinato - Previsione di un criterio di priorita' nei meccanismi di assunzione dei predetti lavoratori - Lamentata limitazione delle possibili scelte relative alle assunzioni, nonche' introduzione di una norma di coordinamento finanziario laddove lo statuto speciale sottrae la Regione Trentino-Alto Adige, e i relativi enti locali, alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni - Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige - Denunciata lesione dell'autonomia finanziaria della Regione, nonche' della competenza legislativa primaria della medesima in materia di ordinamento degli uffici e del personale e in materia di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art.14, comma 24-bis, ultimo periodo. - Costituzione, art. 117, comma quarto; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4, nn. 1 e 3, 8, primo comma, n. 1, e 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.(GU n.49 del 9-12-2010 )
Ricorso della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/autonome Region Trentino-Sudtirol, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 21 settembre 2010, n. 192 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 3022 del 23 settembre 2010 (doc. 2), rogata dall'avv. Edith Engl, Ufficiale rogante della Regione, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n.5: Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: dell'articolo 5, comma 5; dell'articolo 6, commi: 3; 5; 7; 8; 9; 12; 13; 14; 19 e 20 primo periodo; dell'articolo 9, commi: 1; 2; 2-bis; 3; 4 se ed in quanto riferito alla Regione; 28; dell'articolo 14, comma 24-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 174/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, per violazione: dell'art. 4, n. 1, n. 3 e n. 8, e dell'articolo 16 dello Statuto speciale di autonomia di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonche' delle correlative norme di attuazione; del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare dell'art. 79, nonche' delle relative norme di attuazione (in particolare decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare articoli 2 e 4; degli articoli 117, 118, 119 e 120 della Costituzione in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e' dotata di autonomia finanziaria, ai sensi del Titolo VI dello Statuto speciale. Il titolo VI di tale Statuto e' stato da poco modificato per meglio armonizzare la speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le esigenze della situazione finanziaria dello Stato italiano, anche nel quadro degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea, e per tenere conto delle esigenze di solidarieta' derivanti anche dalla attuazione del «federalismo fiscale», quale prefigurato dalla legge di delega n. 42 del 2009. Le modifiche hanno formato oggetto di uno specifico accordo tra lo Stato e la Regione e le Province autonome, e sono state adottate con la procedura di cui all'art. 104 dello Statuto speciale attraverso l'art. 2, commi da 107 a 125, della legge n. 191 del 2009. In particolare, il comma 107, lett. h) della legge n. 191/2009 ha introdotto un nuovo testo dell'art. 79 dello Statuto, il quale ora stabilisce al comma 1 che «la regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» nei seguenti modi: «a) con l'intervenuta soppressione della somma sostitutiva dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione e delle assegnazioni a valere su leggi statali di settore; b) con l'intervenuta soppressione della somma spettante ai sensi dell'articolo 78; c) con il concorso finanziario ulteriore al riequilibrio della finanza pubblica mediante l'assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' con il finanziamento di iniziative e di progetti, relativi anche ai territori confinanti, complessivamente in misura pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per ciascuna provincia...; d) con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3». Il comma 2 dell'art. 79 aggiunge che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma l». Il comma 3 dispone ora che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo», e che «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo». Infine, lo stesso comma 4 precisa, per i rapporti con le norme statali che non siano direttamente misure di finanza pubblica, che «la regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5», ovvero secondo le regole ordinarie dei rapporti tra legislazione regionale e legislazione statale. Di tale assetto dei rapporti tra Stato e Regione Trentino-Alto Adige in materia finanziaria - pur solennemente concordato e sancito da una legge ancora recentissima - non tiene compiutamente conto (verosimilmente a causa delle modalita' di emanazione e poi di conversione, che non hanno consentito un'ampia discussione della materia) il d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica. Infatti, mentre nelle parti in cui esso non include le Regioni speciali tra i destinatari delle proprie norme esso puo' - e deve - essere inteso alla luce delle disposizioni sopra esposte, cio' non puo' accadere quando l'inclusione delle Regioni speciali sia espressamente disposta dalle disposizioni del decreto-legge. Ed in realta' esso in diversi punti, che formano l'oggetto oggetto primario della presente impugnazione, comprende la Regione Trentino-Alto Adige e gli enti rientranti nella sua competenza tra i destinatari di norme che - a termini della nuova formulazione dello Statuto di autonomia - non possono essere costituzionalmente dirette ad essi. L'inclusione della Regione e dei predetti enti tra i destinatari delle norme impugnate avviene sia - a volte - mediante diretto ed espresso riferimento alle autonomie speciali sia - in altri casi - mediante il riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, cioe' a quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il 31 luglio di ogni anno. Ora, tale elenco (e precisamente, per quanto riguarda l'anno 2010, 1'«Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge di contabilita' e di finanza pubblica», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione «Amministrazioni locali», tra l'altro, le Regioni e le Province autonome, i comuni, le comunita' montane e le unioni di comuni e le camere di commercio. Ne risulta che sia attraverso i richiami diretti che attraverso quelli indiretti il d.l. n. 78/2010 si rivolge in parte alla Regione Trentino-Alto Adige: la quale invece, in virtu' delle norme sopra citate dell'art. 79 dello Statuto, e' espressamente sottratta alle misure finanziarie che valgono per le altre Regioni, dato che - appunto - essa concorre «all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» con le specifiche modalita' di cui al comma 1 dell'art. 79 e con il rispetto del patto di stabilita' interno concordato con il Ministero dell'economia. Inoltre, il d.l. n. 78/2010 si rivolge, in taluni casi, agli enti locali della regione e alle camere di commercio, cioe' a enti rientranti nella competenza ordinamentale della Regione (art. 4 dello Statuto). In considerazione di cio' e di quanto di seguito si esporra', il d.l. n. 78/2010 risulta in parte illegittimo e lesivo delle prerogative costituzionali della Regione Trentino-Alto Adige per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 5. L'art. 5 e' inserito nel capo II, Riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi, ed e' intitolato Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici. Il comma 5 qui impugnato dispone che, «ferme le incompatibilita' previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, puo' dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute», e che «eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta». Dal riferimento all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009 (elenco ISTAT) risulta che l'art. 5, comma 5, si riferisce anche alla Regione Trentino-Alto Adige, agli enti locali e alle camere di commercio. Tuttavia, esso pone una norma puntuale di coordinamento finanziario e si pone, dunque, in contrasto con l'art. 79 dello Statuto speciale, che, come sopra esposto, in piu' punti precisa che la Regione e' sottratta alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni. Sono violati, in particolare, il comma 1, che fa riferimento «alle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», il comma 2, il comma 3, terzo periodo, ed il comma 4, primo periodo dell'art. 79. La diretta violazione dello Statuto speciale di autonomia, in quanto illegittimamente la norma statale pone tra i destinatari dei vincoli posti dalla norma la Regione Trentino-Alto Adige, rende necessariamente subordinata una ulteriore e pur essa fondata censura, relativa alla circostanza che la norma impugnata pone un limite ad una voce minuta di spesa e fissa la specifica modalita' di contenimento di essa; il comma 5, dunque, e' illegittimo in quanto fuoriesce dai limiti della competenza legislativa statale di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica, ledendo le competenze regionali di cui all'art. 4, nn. 1, 3 e 8 (in quanto ogni limitazione di spesa si traduce in una limitazione delle possibili scelte organizzative a disposizione degli enti in questione), e al Titolo VI dello Statuto. L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute di spesa, infatti, e' stata piu' volte dichiarata da codesta Corte: v. le sentt. 297/2009, 237/2009, 159/2008, 157/2007, 95/2007, 89/2007, 88/2006, 449/2005, 417/2005 e 390/2004. Che si tratti di limiti puntuali riferiti ad oggetti specifici non puo' essere dubbio: si tratta infatti degli «incarichi» conferiti «nei confronti dei titolari di cariche elettive», e di essi si prescrive (oltretutto, in verosimile violazione dell'art. 36 Cost., e del diritto ad una equa retribuzione) che possono dar luogo «esclusivamente al rimborso delle spese sostenute», arrivandosi persino a precisare che «eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta». Sembra evidentemente contraddetto il principio in relazione al quale le esigenze della finanza pubblica possono certo comportare vincoli anche per le autonomie territoriali, ma vincoli di carattere generale e complessivo, al cui interno i titolari di autonomia costituzionale possono decidere le diverse destinazioni, appunto, in modo autonomo. In ogni caso, e' anche da lamentare la violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto l'art. 5, comma 5, stabilisce una norma di dettaglio autoapplicativa in materie di competenza regionale. Tale violazione sussisterebbe anche se - peraltro in evidente ed aperta contraddizione con l'art. 79 dello Statuto - la Regione fosse soggetta alle misure di coordinamento finanziario contenute nelle diverse leggi statali, e se pure fosse legittima nel contenuto la disposizione dell'art. 5, comma 5, in quanto rivolta alle regioni ed agli enti locali. Le materie regionali di riferimento sono in primo luogo le materie statutarie relative alla propria autonomia organizzativa e finanziaria (art. 4, n. 1, dello Statuto, l'intero Titolo VI) e all'ordinamento degli enti locali e delle camere di commercio (art. 4, n. 3 e n. 8, dello Statuto), in secondo luogo il coordinamento della finanza pubblica (v. l'art. 117, comma 3, Cost.) e l'organizzazione regionale (v. l'art. 117, comma 4, Cost), in quanto le norme del Titolo V garantiscano una autonomia piu' ampia di quella statutaria, a termini dell'art. 10 della 1. cost. n. 3 del 2001. La norma impugnata incide sull'autonomia organizzativa regionale perche' regola e condiziona l'attribuzione di incarichi da parte della Regione, limitando le possibili scelte organizzative. La norma e' inoltre lesiva delle competenze regionali in materia di enti locali e di camere di commercio in quanto, da un lato, definisce le condizioni di operativita' degli organi degli enti locali, dall'altro regola e condiziona l'attribuzione di incarichi da parte degli enti locali e delle camere di commercio, incidendo sulla loro organizzazione. La legislazione regionale sull'elezione degli organi dei comuni (v. il testo unico di cui al dPgr 1/2005) ha tenuto conto della realta' locale della regione, che e' caratterizzata da molte comunita' molto piccole, nelle quali la partecipazione all'attivita' degli organi sarebbe fortemente compromessa se condizionasse l'affidamento di altri incarichi (anche nel caso in cui questi fossero affidati con procedura «aperta»). Risulta dunque anche sotto questo profilo violata la speciale autonomia garantita alla Regione dallo Statuto e dalle norme di attuazione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 3, 5, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 19, 20 primo periodo. L'art. 6 pone una serie di norme volte alla Riduzione dei costi degli apparati amministrativi, norme dal contenuto innegabilmente e chiaramente dettagliato, come si vedra' subito. Forse proprio in considerazione di tale contenuto, che proprio in ragione di tale carattere contrasterebbe - ove riferito alle Regioni - con i principi costituzionali in materia di coordinamento della finanza pubblica elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, il comma 20 dell'art. 6 dispone che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale», ma aggiunge che per tali enti esse «costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». In altre parole, la disposizione del comma 20 cerca di «trasformare» in qualche modo le disposizioni dettagliate in principi. Tuttavia, tale tentativo e' necessariamente destinato all'insuccesso, e la qualificazione delle disposizioni in questione come «principi» non fa - ad avviso della ricorrente Regione - che aggiungere illegittimita' ad illegittimita'. Il comma 20 e' dunque qui impugnato nella parte in cui esso dispone che le disposizioni indicate «costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica», e nella parte in cui limita la loro «non applicazione» «in via diretta» alle regioni (e alle Province autonome). Gli ulteriori commi indicati sopra sono invece direttamente impugnati in ragione del loro contenuto. Il punto fondamentale e' che la qualificazione data dal comma 20, come e' tipico delle norme di qualificazione, non e' idonea a mutare la realta' normativa dei commi precedenti, che resta quella di regole dettagliate limitative di voci minute di spesa degli enti pubblici, e che vincolare le Regioni e le Province autonome a tali pseudoprincipi e' ugualmente illegittimo. Nessun dubbio puo' sussistere sul carattere specifico e dettagliato delle disposizioni alle quali il comma 20 si riferisce. Cosi', il comma 3 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, le indennita', i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilita' comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, .... sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010". Inoltre, la disposizione stabilisce che «sino al 31 dicembre 2013, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma». Il comma 7 statuisce che «a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non puo' essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009». Il comma 8 dispone che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicita' e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalita'». Il comma 9 stabilisce che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per sponsorizzazioni». Il comma 12 dispone che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonche' di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonche' con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009». Il comma 13 statuisce che «a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... per attivita' esclusivamente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009»; si aggiunge che «le predette amministrazioni svolgono prioritariamente l'attivita' di formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione». Il commma 14 stabilisce che «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonche' per l'acquisto di buoni taxi»; si aggiunge che «il predetto limite puo' essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali gia' in essere». Il comma 19 dispone che «al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle societa' pubbliche,... le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle societa' partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali»; e che sono «in ogni caso consentiti i trasferimenti alle societa' di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti». Come si vede, si tratta di disposizioni molto puntuali, analitiche, che disciplinano «frammenti» di realta' finanziaria ed organizzativa. Ed in relazione ad esse le Regioni e le Province autonome, nonostante quanto disposto dal comma 20, primo periodo, non hanno ne' (in ragione della struttura delle norme) potrebbero avere alcun margine di manovra. Non si tratterebbe che di «recepire» le corrispondenti norme statali. Cosi' illustrato il contenuto del comma 20, in relazione alle disposizioni specifiche alle quali esso si riferisce, risulta chiaro che esso, nell'inciso «per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica», ed i commi sopra illustrati, recanti limiti puntuali, sono lesivi dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Regione. Cio', in primo luogo, in quanto la vincolano in contrasto con l'art. 79 dello Statuto, che - come visto supra - esonera la Regione Trentino-Alto Adige dalle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni (v. soprattutto il comma 1, la' dove menziona le «altre misure di coordinamento della finanza pubblica»): e cio' non in forza di un privilegio, ma in forza di un regime specifico della partecipazione della Regione stessa al conseguimento degli obbiettivi di finanza pubblica, specifico oggetto della recente riforma concordata della parte finanziaria dello Statuto. In secondo luogo, anche prescindendo da cio', e cioe' anche ove - peraltro in contraddizione evidente con lo Statuto - si dovesse considerare la Regione soggetta alle misure di coordinamento finanziario contenute nelle diverse leggi statali, comunque le norme in questione sarebbero illegittime, per violazione anche delle regole generali dei rapporti tra legislazione statale ed autonomia regionale nella materia finanziaria. Infatti, esse pongono limiti puntuali a voci minute di spesa e, dunque, fuoriescono dai limiti della competenza legislativa statale di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute di spesa, e' stata piu' volte dichiarata da codesta Corte, come visto nel punto 1. Va ricordata, in particolare, per l'analogia della fattispecie, la sentenza n. 297/2009, che ha annullato una disposizione sostanzialmente corrispondente a quella qui impugnata «nella parte in cui afferma che possono essere desunti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» da norme che, per il loro contenuto, sono inidonee a esprimere tali principi», cioe' da norme «idonee solo a incidere sulle indicate singole voci di spesa, in quanto introducono vincoli puntuali e specifiche modalita' di contenimento della spesa medesima» Nel medesimo consolidato orientamento rientra la sentenza n. 159/2008 (punto 6 del Diritto), che ha accolto un ricorso proposto da una Provincia autonoma. Ancora, una norma analoga a quella del comma 3 dell'art. 6 e' stata annullata dalla sentenza n. 157/2007 (la norma statale riduceva del 10% le indennita' corrisposte ai titolari degli organi politici regionali); v. poi le sentt. 95/2007, 449/2005 e 417/2005, che hanno dichiarato l'illegittimita' dei vincoli posti a consulenze, missioni e acquisti. Non puo' dunque esservi dubbio alcuno sulla illegittimita' delle disposizioni impugnate, per le ragioni sopra esposte. La clausola di salvaguardia di cui al comma 20, primo periodo, e' illegittima anche nella parte in cui non comprende nel proprio ambito di «esonero» dall'applicazione diretta gli enti locali, le camere di commercio. Il «mancato esonero» comporta dunque che per tali enti i commi sopra illustrati operino in via diretta, dato che sono rivolti alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009. Dunque, i commi gia' censurati in relazione alla Regione (v. sopra) pongono limiti puntuali alla spesa degli enti locali e delle camere di commercio. Essi sono illegittimi in quanto dettano norme direttamente applicabili in materie di competenza della Regione (art. 4, n. 3 e n. 8, dello Statuto), in violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992. Le norme di cui sopra incidono sull'autonomia organizzativa degli enti locali e delle camere di commercio in quanto ogni limitazione di spesa si traduce in una limitazione delle possibili scelte organizzative a disposizione degli enti in questione. Inoltre, i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 19, 20 primo periodo sono illegittimi per il loro contenuto, in quanto - come gia' illustrato in relazione alla Regione - dettano norme dettagliate, che fuoriescono dai limiti del potere del legislatore statale nelle materie del coordinamento della finanza pubblica e della finanza locale; si puo' ricordare, in particolare, per l'analogia della fattispecie, la sentenza n. 159/2008 (punto 7 del Diritto). E' poi lesivo, in quanto potenzialmente applicabile ad enti e societa' collegati alla Regione, il comma 5. Esso dispone che «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalita' giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma monocratica, nonche' il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti». Si tratta all'evidenza di una norma puntuale e dettagliata. La scelta possibile - per gli organi del primo tipo - e' fra 5 o 3 componenti, mentre per il collegio dei revisori la soluzione obbligata e' quella dei 3 componenti. Il comma 5, dunque, lede la competenza regionale di cui all'art. 4, n. 1, dello Statuto, che riguarda anche gli enti e societa' pararegionali. Il numero dei membri degli organi ricade senza dubbio nella materia organizzativa ed il limite non si puo' giustificare a titolo di coordinamento della finanza pubblica, perche' si tratta di un vincolo puntuale ad una voce minuta di spesa. E' poi violato l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto la norma pretende di essere direttamente applicabile in materia di competenza regionale (art. 4, n. 1, dello Statuto). E' appena da osservare, infatti, che secondo il suo tenore letterale la disposizione dovrebbe essere direttamente attuata dagli enti stessi, senza alcuna intermediazione di una legislazione regionale di adeguamento, in quanto questo fosse dovuto secondo gli ordinari principi. 3) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 9, commi 1, 2, 2-bis, 3, 4, se ed in quanto sia riferito alla Regione, 28. L'art. 9 detta norme sul Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Il comma 1 dispone che, «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche» di cui al noto Elenco ISTAT «non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010». Tale norma si rivolge anche alla Regione, agli enti locali e alle camere di commercio, in quanto menzionati in tale Elenco: essa, dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Regione per le ragioni gia' esposte nel punto 1, con riferimento all'art. 5. Si tratta, in primo luogo, della violazione dell'art. 79 dello Statuto, in quanto sono direttamente applicate alla Regione misure di contenimento della spesa. Si tratta, in secondo luogo (ed ovviamente in subordine), della generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione, degli enti locali e delle camere di commercio per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa e ogni limitazione di spesa si traduce in una limitazione delle possibili scelte organizzative a disposizione degli enti in questione. Si tratta, in terzo luogo, della violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto si tratta di norma direttamente applicabile in materie di competenza regionale ai sensi dello Statuto (ai sensi dell'art. 4, n. 1, n. 3 e n. 8, la Regione ha potesta' primaria in materia di «ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto», «ordinamento degli enti locali» e «ordinamento delle camere di commercio»; in base al Titolo VI, la Regione ha autonomia finanziaria) o del Titolo V (art. 117, comma 3, «coordinamento della finanza pubblica», e art. 117, comma 4, «organizzazione regionale», qualora si applicasse l'art. 10 l. cost. n. 3/2001). Il comma 2 statuisce che, «in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche» del consueto Elenco ISTAT «superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonche' del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro». In base a detta individuazione dei destinatari tale norma si rivolge anche alla Regione, agli enti locali e alle camere di commercio. Essa, come il comma 1, viola l'art. 79 dello Statuto, l'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione, degli enti locali e delle camere di commercio nonche' l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, per le stesse ragioni esposte nel punto 1, con riferimento all'art. 5, e appena riprese in relazione al comma 1. Di qui l'evidente illegittimita' anche del comma 2. Il comma 2-bis stabilisce che «a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all' articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed e', comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio». Tale norma, pur individuando i propri destinatari in modo diverso dal riferimento all'Elenco ISTAT, potrebbe essere considerata applicabile anche alla Regione, agli enti locali e alle camere di commercio, in quanto rientranti nella generale nozione di pubblica amministrazione. In questa ipotesi, essa applicherebbe le misure di contenimento della spesa pubblica anche alla Regione ed inoltre porrebbe un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa. Essa, dunque, risulterebbe lesiva delle prerogative costituzionali della Regione e costituzionalmente illegittima per le stesse ragioni ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). In base al comma 3, «nei confronti dei titolari di incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi». Tale norma si rivolge anche alla Regione, agli enti locali e alle camere di commercio, applicando ad essi le misure di contenimento della spesa pubblica e ponendo un limite rigido, autoapplicativo e non transitorio, ad una voce specifica e minuta di spesa. Essa, dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Regione per le stesse ragioni ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). Il comma 4, poi, statuisce che «i rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento»; che tale disposizione «si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto»; che le clausole difformi «contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci» e che «a decorrere dalla mensilita' successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati». Tale disposizione individua i suoi destinatari mediante l'espressione generica «pubbliche amministrazioni» e, dunque, potrebbe essere intesa quale norma generale, non destinata ad applicarsi alle situazioni oggetto di regolazione speciale, quale indubbiamente e' quella relativa alla Regione Trentino-Alto Adige. Essa dunque e' suscettibile di essere intesa in modo conforme a Statuto, cioe' nel senso di non applicarsi alla Regione e agli enti dell'ordinamento regionale. Proprio per il suo riferirsi in genere alle pubbliche amministrazioni, tra le quali ovviamente rientrano in astratto anche la Regione Trentino-Alto Adige e gli enti del sistema regionale, essa e' anche suscettibile della opposta interpretazione. In questo caso, ad avviso della ricorrente Regione, essa sarebbe illegittima in quanto applica ad essi le misure di contenimento della spesa pubblica e pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa: valendo dunque per essa le censure ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). Il comma 28 dispone che, «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali... gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165..., fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009» (primo periodo). Il secondo periodo stabilisce che uguale limite e' fissato per la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonche' al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il terzo periodo del comma 28 implica pero' che tali disposizioni non si applichino alle Regioni e Province autonome, in quanto, con disposizione corrispondente a quella dell'alt 6, comma 20, enuncia che esse «costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale». I tre periodi indicati del comma 28 sono dunque qui impugnati per le stesse ragioni gia' esposte in relazione all'art. 6. Il terzo periodo, in particolare, e' impugnato nella parte in cui esso - pur implicando la non diretta applicazione dei precedenti periodi - ne afferma l'applicabilita' in quanto recante presunte disposizioni di principio. Infatti, come nel caso dell'art. 6, le norme contenute nel comma 28, a dispetto della clausola di salvaguardia appena citata, applicano alla Regione le misure di contenimento della spesa, in violazione dell'art. 79 dello Statuto. Inoltre esse - come quelle impugnate dell'art. 6 - risultano illegittime anche per violazione delle regole generali sui rapporti tra legislazione statale e regionale nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica. Esse infatti non sono affatto disposizioni di principio, ne' lo diventano per la definizione di cui al terzo periodo, ma sono tali da non consentire un autonomo svolgimento. Si tratta di un limite rigido ad una voce specifica e minuta di spesa, di una norma dettagliata che prevede la modalita' di contenimento della voce di spesa, senza lasciare alcun margine di manovra alla Regione. Inoltre, il limite non e' transitorio. Dunque, il comma 28 e' illegittimo per le ragioni gia' viste a proposito dell'art. 6: in primo luogo per la violazione dell'art. 79 dello Statuto, in quanto sono applicate alla Regione misure di contenimento della spesa; in secondo luogo (e sempre in subordine), per la generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione, degli enti locali e delle camere di commercio, per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa. D'altronde, sia consentito di ricordare che l'illegittimita' dei vincoli puntuali alle assunzioni e' gia' stata dichiarata dalle sentt. 95/2008, 88/2006 e 390/2004. Si noti che la limitata «clausola di salvaguardia» di cui al terzo periodo non solo non vale a far salva la legittimita' costituzionale della disposizione in relazione alla Regione ed in genere al sistema regionale, ma e' ulteriormente illegittima in quanto, non comprendendo gli enti locali e le camere di commercio, implica addirittura la diretta applicazione a tali enti dei limiti posti dal comma 28. Anche sotto questo profilo, esso e' illegittimo per le medesime ragioni gia' illustrate a proposito dell'art. 6, comma 20, primo periodo e sopra richiamate, cioe' perche' detta norme direttamente applicabili in materie di competenza della Regione (art. 4, n. 3 e n. 8, dello Statuto), in violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992. Le norme di cui sopra incidono sull'autonomia organizzativa degli enti locali e delle camere di commercio in quanto ogni limitazione di spesa, e soprattutto quelle relative all'assunzione di personale, si traduce in una limitazione delle possibili scelte organizzative a disposizione degli enti in questione. 4) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 24-bis. L'art. 14 e' intitolato Patto di stabilita' interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali. Nel comma 24-bis, stabilisce che «i limiti previsti ai sensi dell'articolo 9, comma 28, possono essere superati limitatamente in ragione della proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale, nonche' dagli enti territoriali facenti parte delle predette regioni, a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive appositamente reperite da queste ultime attraverso apposite misure di riduzione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di controllo interno» (primo periodo). Restano fermi, «in ogni caso, i vincoli e gli obiettivi previsti ai sensi del presente articolo» (secondo periodo). Infine, si dispone che «le predette amministrazioni pubbliche, per l'attuazione dei processi assunzionali consentiti ai sensi della normativa vigente, attingono prioritariamente ai lavoratori di cui al presente comma, salva motivata indicazione concernente gli specifici profili professionali richiesti» (terzo periodo). La prima disposizione e' connessa a quella, gia' esaminata, dell'art. 9, comma 28, e si rivolge specificamente, tra l'altro, alla Regione Trentino-Alto Adige e agli enti locali trentini, e rispetto a questa introduce un regime limitatamente preferenziale. La ricorrente Regione ritiene illegittimi - ed ha impugnato - i vincoli di cui all'art. 9, comma 28, e dunque ritiene che non vi debba essere ragione del regime limitatamente preferenziale: ma se in denegata ipotesi tali vincoli risultassero legittimi il regime limitatamente derogatorio risulterebbe, in quanto tale, favorevole. Non vi e' dunque ragione di una specifica impugnazione del primo periodo. Oggetto di censura deve invece essere l'ultimo periodo del comma 24-bis, che pure si rivolge specificamente, tra l'altro, alla Regione Trentino-Alto Adige e agli enti locali trentini. Tale norma limita le scelte possibili relative alle assunzioni, violando in modo evidente (non potendosi ragionevolmente trattare di principio di riforma) l'autonomia primaria della Regione nella materia del personale, stabilita dall'art. 8, comma primo, n. 1, dello Statuto (ugualmente, ma meno specificamente, potrebbe farsi riferimento alla competenza residuale di cui all'art. 117, comma 4, Cost., in forza dell'art. 10, l. cost. n. 3/2001). Si puo' ricordare che la sent. n. 235/2010 ha ricondotto alla materia dell'organizzazione degli uffici regionali una norma che limitava la facolta' della Giunta regionale di ricorrere, per far fronte alle proprie esigenze operative, all'assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato, in quanto essa «mira appunto a regolamentare le modalita' di instaurazione di contratti di lavoro con la Regione». Inoltre, considerando l'intento finanziario della norma, risulta anche violata l'autonomia finanziaria della Regione, ed in particolare l'art. 79 dello Statuto, per l'illegittima applicazione ad essa delle misure di contenimento della spesa e di coordinamento finanziario, dalle quali la Regione e' esonerata in ragione del regime specifico per essa stabilito. Inoltre, per quanto riguarda gli enti locali, la disposizione viola la competenza della Regione nella materia dell'ordinamento degli enti locali (art. 4, n. 3, Statuto). Infine, e' violato l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, visto che l'ultimo periodo del comma 24-bis risulta direttamente applicabile in materie di competenza regionale (art. 4, n. 1 e n. 3, dello Statuto).
P.Q.M. Voglia codesta, ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, addi' 27 settembre 2010 Prof. avv. Giandomenico Falcon - avv. Luigi Manzi Allegati 1) Deliberazione della Giunta regionale 21 settembre 2010, n. 192. 2) Procura speciale n. rep. 3022 del 23 settembre 2010.