N. 105 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2010
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010 (della Provincia autonoma di Trento). Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici - Incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive, inclusa la partecipazione ad organi collegiali - Previsione che diano luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute e che eventuali gettoni di presenza non possano superare l'importo di 30 euro a seduta - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 5, comma 5. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 1, 79, commi 1, 2, 3, secondo e terzo periodo, 4, primo periodo, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Riduzione dei costi degli apparati amministrativi - Misure di vario contenuto volte al contenimento della spesa pubblica, quali la puntuale riduzione delle indennita', compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilita' corrisposti ai componenti di organi collegiali e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, riduzione del numero dei componenti di organi collegiali, riduzione della spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, riduzione di spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicita' e rappresentanza, divieto di sponsorizzazioni, riduzione di spese per missioni, formazione e auto, divieti in materia di attivita' societaria - Definizione delle predette quali disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica nei confronti della Provincia, nonche' applicazione diretta delle disposizioni agli enti locali e agli enti del sistema provinciale - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Mancato esonero degli enti pubblici e delle societa' pubbliche collegati alla Provincia dal versare le somme provenienti dalle riduzioni di spesa al bilancio dello Stato - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Provincia, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 6, commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20, primo periodo, e 21, secondo periodo. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 79, comma 3, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti locali, camere di commercio, per il triennio 2011-2013, di corrispondere ai singoli dipendenti anche di livello dirigenziale, un trattamento economico complessivo superiore a quello spettante per il 2010 - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo, nonche' invasione di ambiti di competenza provinciale - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 1. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 1, 79, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Taglio per il triennio 2011-2013 dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche dirigenti, nella misura del 5 per cento per la parte eccedente i 90.000 euro e del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo, nonche' invasione di ambiti di competenza provinciale - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 1, 79, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto per Regioni, enti regionali, enti locali, per il triennio 2011-2013, di incrementare le risorse destinate al trattamento accessorio del personale anche di livello dirigenziale rispetto agli importi stanziati per l'anno 2010 - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo, nonche' invasione di ambiti di competenza provinciale - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2-bis. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 1, 79, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto di corrispondere importi per l'espletamento di incarichi di livello dirigenziale aggiuntivi - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo, nonche' invasione di ambiti di competenza provinciale - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 3. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 1, 79, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Divieto, riferito ai rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008/2009, di determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento, anche con riguardo ai contratti e agli accordi gia' stipulati - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo, nonche' invasione di ambiti di competenza provinciale - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta dallo statuto speciale, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 4. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, comma 1, n. 1, 79, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Obbligo di ridurre del 50 per cento la spesa sostenuta nell'anno 2009 per il personale a tempo determinato o utilizzato con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per i contratti di formazione-lavoro, i rapporti formativi, la somministrazione di lavoro e il lavoro accessorio - Definizione delle predette quali disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica nei confronti della Provincia, nonche' applicazione diretta delle disposizioni agli enti locali e agli enti del sistema provinciale - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Provincia, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 28. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 79, comma 3, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Societa' non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche - Obbligo di adeguamento delle politiche assunzionali alle disposizioni introdotte per le amministrazioni pubbliche - Lamentata introduzione di una norma di coordinamento finanziario indirizzata anche alle Province autonome, e relativi enti locali e del sistema provinciale, laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia di Trento alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie, in subordine previsione di limiti puntuali alle voci minute di spesa in luogo di vincoli di carattere generale e complessivo - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Provincia, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 29. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 79, comma 3, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Bilancio e contabilita' pubblica - Amministrazione pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico - Patto di stabilita' interno - Possibilita' di superamento per le Regioni a statuto speciale e per i loro enti territoriali del limite imposto dall'art. 9, comma 28, alle assunzioni di personale a tempo determinato - Previsione di un criterio di priorita' nei meccanismi di assunzione dei predetti lavoratori - Lamentata limitazione delle possibili scelte relative alle assunzioni, nonche' introduzione di una norma di coordinamento finanziario laddove lo statuto speciale sottrae la Provincia, e i relativi enti locali, alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni ordinarie - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Provincia, esorbitanza dai limiti costituzionali imposti allo Stato nella materia concorrente dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, indebita compressione dell'autonomia finanziaria di spesa della Provincia, violazione delle competenze provinciali in materia organizzativa e finanziaria, in materia di finanza locale e coordinamento della finanza pubblica e di ordinamento degli enti locali. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art.14, comma 24-bis, ultimo periodo. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 79, comma 3, 80 e Titolo VI; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Regioni (in genere) - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Dissenso fra Stato e Regione o Province autonome in sede di conferenza dei servizi - Possibilita' di superare il mancato raggiungimento dell'intesa con deliberazione del Consiglio dei ministri, non solo nelle materie di competenza statale, ma anche in quelle di competenza delle Regioni e delle Province autonome, con riferimento agli enti locali - Lamentata violazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in tema di intesa forte - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione delle competenze legislative e amministrative della Provincia, lesione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 49, comma 3, lett. b), che modifica i commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell'art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Costituzione, artt. 117 e 118; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 14 e 20, 9, nn. 3, 7, 8 e 10, e 16; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 4. Regioni (in genere) - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Disciplina relativa alla conferenza dei servizi - Qualificazione come attinente ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ai sensi della lett. m) dell'art. 117, comma secondo, Cost. - Lamentato intento del legislatore statale di attirare alla propria competenza esclusiva la disciplina relativa alla conferenza dei servizi, con incidenza in materie riservate alla competenza provinciale, quali la tutela e conservazione del patrimonio storico-artistico, l'urbanistica, la tutela del paesaggio, l'igiene e la sanita' - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata lesione delle competenze legislative e amministrative della Provincia. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 49, comma 4, modificativo dell'art. 29, comma 2-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241. - Costituzione, artt. 117 e 118; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 14 e 20, e 9, nn. 3, 7, 8 e 10. Iniziativa economica privata - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Introduzione della "Segnalazione certificata di inizio attivita'" (SCIA) sostitutiva della "Denuncia di inizio attivita'" (DIA) - Sostituzione diretta della preesistente normativa sia statale che regionale - Dichiarazione che la disciplina predetta attiene alla tutela della concorrenza e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali - Lamentata incidenza in ambiti di legislazione provinciale e in particolare nella materia dell'urbanistica e piani regolatori - Ricorso della Provincia di Trento - Denunciata violazione della competenza legislativa della Provincia. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 49, comma 4-ter. - Costituzione, artt. 117 e 118; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 8, nn. 1, 3, 4, 5, 6, 9, 14 e 20, e 9, nn. 3, 7, 8 e 10; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.(GU n.49 del 9-12-2010 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale 17 settembre 2010, n. 2169 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27398 del 21 settembre 2010 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15HSO1Y) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n.5 Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: dell'articolo 5, comma 5; dell'articolo 6, commi: 3; 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12; 13; 14; 19; 20 primo periodo, e 21, secondo periodo; dell'articolo 9, commi: 1; 2; 2-bis; 3; 4 se ed in quanto riferito alle Province autonome; 28 e 29; dell'articolo 14, comma 24-bis; dell'articolo 49, commi: 3, lettera b) che introduce il nuovo comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241; 4 e 4-ter se ed in quanto riferito alle Province autonome; del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 174/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, per violazione: dell'articolo 8 - in particolare n. 1); 3); 4); 5); 6); 9); 14); 20) -, dell'articolo 9 - in particolare n. 3); 7); 8) 10) - e dell'articolo 16 dello Statuto speciale di autonomia di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonche' delle correlative norme di attuazione; del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 79, 80 e 81, nonche' delle relative norme di attuazione (in particolare decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare articoli 2 e 4; degli articoli 117, 118, 119 e 120 della Costituzione in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto La Provincia autonoma di Trento e' dotata di autonomia finanziaria, ai sensi del Titolo VI dello Statuto speciale. Il titolo VI di tale Statuto e' stato da poco modificato per meglio armonizzare la speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le esigenze della situazione finanziaria dello Stato italiano, anche nel quadro degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea, e per tenere conto delle esigenze di solidarieta' derivanti anche dalla attuazione del «federalismo fiscale», quale prefigurato dalla legge di delega n. 42 del 2009. Le modifiche hanno formato oggetto di uno specifico accordo tra lo Stato e la Regione e le Provincie autonome, e sono state adottate con la procedura di cui all'art. 104 dello Statuto speciale attraverso l'art. 2, commi da 107 a 125, della legge n. 191 del 2009. In particolare, il comma 107, lett. h) della legge n. 191/2009 ha introdotto un nuovo testo dell'art. 79 dello Statuto, il quale ora stabilisce al comma 1 che «la regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» nei seguenti modi: «a) con l'intervenuta soppressione della somma sostitutiva dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione e delle assegnazioni a valere su leggi statali di settore; b) con l'intervenuta soppressione della somma spettante ai sensi dell'articolo 78; c) con il concorso finanziario ulteriore al riequilibrio della finanza pubblica mediante l'assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' con il finanziamento di iniziative e di progetti, relativi anche ai territori confinanti, complessivamente in misura pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per ciascuna provincia...; d) con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3». Il comma 2 dell'art. 79 aggiunge che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1». Il comma 3 dispone ora che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo». E' importante - anche ai fini del presente ricorso - sottolineare che la medesima disposizione precisa che, «fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle universita' non statali di cui all'articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria», e che alla Provincia autonoma ed agli enti sopraindicati «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». Il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo». Infine, lo stesso comma 4 precisa, per i rapporti con le norme statali che non siano direttamente misure di finanza pubblica, che «la regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5», ovvero secondo le regole ordinarie dei rapporti tra legislazione provinciale e legislazione statale. Il sistema di rapporti cosi' stabilito ha gia' trovato la sua prima attuazione. Infatti, con nota del 18 giugno 2010 (doc. 2), il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato il proprio assenso alla proposta di patto di stabilita' della Provincia autonoma di Trento per l'anno 2010, in attuazione del gia' citato comma 3 dell'art. 79 St., che ha consolidato il principio consensuale gia' contenuto in diverse leggi finanziarie statali. Dalla nota del Ministro risulta che il patto «pone l'obiettivo di saldo finanziario programmatico in termini di competenza mista per l'anno 2010 pari a -733 milioni di euro, con un miglioramento di 259 milioni di euro rispetto al saldo finanziario tendenziale adeguato al nuovo ordinamento». La Provincia, dunque, ha rispettato l'Accordo di Milano del 2009, che e' alla base della riforma del Titolo VI dello Statuto, e si e' accollata un miglioramento di saldo finanziario pari a 259 milioni: anche a fronte di cio' (oltre che della altre misure previste dall'art. 79 dello Statuto) si giustifica l'esclusione della Provincia dalle misure di coordinamento finanziario previste dalle norme impugnate. Del nuovo assetto dei rapporti tra Stato e Provincia di Trento in materia finanziaria - pur solennemente concordato e sancito da una legge ancora recentissima - non tiene correttamente e compiutamente conto (verosimilmente a causa delle modalita' di emanazione e poi di conversione, che non hanno consentito un'ampia discussione della materia) il d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica. Infatti, mentre nelle parti in cui esso non include le Province tra i destinatari delle proprie norme esso puo' - e deve - essere inteso alla luce delle disposizioni sopra esposte, cio' non puo' accadere quando l'inclusione della Provincia autonoma (o degli enti del sistema provinciale) sia espressamente disposta dalle disposizioni del decreto-legge. Ed in realta' esso in diversi punti, che formano l'oggetto primario della presente impugnazione, comprende la Provincia autonoma di Trento e gli enti rientranti nella sua competenza tra i destinatari di norme che - a termini della nuova formulazione dello Statuto di autonomia - non possono essere costituzionalmente dirette ad essi. L'inclusione della Provincia e dei predetti enti tra i destinatari delle norme impugnate avviene sia - a volte - mediante diretto ed espresso riferimento alle Province autonome sia - in altri casi - mediante il riferimento alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, cioe' a quelle elencate annualmente dall'ISTAT entro il 31 luglio di ogni anno. Ora, tale elenco (e precisamente, per quanto riguarda l'anno 2010, l'«Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - Legge di contabilita' e di finanza pubblica», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 171) comprende espressamente, nella sezione «Amministrazioni locali», tra l'altro, le Regioni e le Province autonome, i comuni, le comunita' montane e le unioni di comuni, il Museo Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, il Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, il Museo degli usi e costumi della gente trentina, il Museo Tridentino di scienze naturali, Patrimonio del Trentino S.p.a., e Trentino Riscossione S.p.a., nonche' nella sezione «Amministrazioni centrali» la Fondazione Bruno Kessler, la Fondazione Edmund Mach ed in generale gli enti ed istituzioni di ricerca. Ne risulta che sia attraverso i richiami diretti che attraverso quelli indiretti il d.l. n. 78/2010 si rivolge in parte alla Provincia autonoma di Trento: la quale invece, in virtu' delle norme sopra citate dell'art. 79 dello Statuto, e' espressamente sottratta alle misure finanziarie che valgono per le altre Regioni, dato che - appunto - essa concorre «all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» con le specifiche modalita' di cui al comma 1 dell'art. 79 e con il rispetto del patto di stabilita' interno concordato con il Ministero dell'economia. Inoltre, il d.l. n. 78/2010 si rivolge, in taluni casi, agli enti locali della provincia di Trento e agli enti pubblici del sistema provinciale, in relazione ai quali «spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento» (comma 3 dell'art. 79). In considerazione di cio' e di quanto di seguito si esporra', il d.l. n. 78/2010 risulta in parte illegittimo e lesivo delle prerogative costituzionali della Provincia di Trento per le seguenti ragioni di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 5. L'art. 5 e' inserito nel capo II, Riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi, ed e' intitolato Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici. Il comma 5 qui impugnato dispone che, «ferme le incompatibilita' previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, puo' dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute», e che «eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta». Dal riferimento all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009 (elenco ISTAT) risulta che l'art. 5, comma 5, si riferisce anche alle Province autonome, agli enti locali della provincia di Trento e agli enti del sistema provinciale. Tuttavia, esso pone una norma puntuale di coordinamento finanziario e si pone, dunque, in contrasto con l'art. 79 dello Statuto speciale, che, come sopra esposto, in piu' punti precisa che le Province, gli enti locali trentini e gli enti pubblici collegati alla Provincia e agli enti locali sono sottratti alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni. Sono violati, in particolare, il comma 1, che fa riferimento «alle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», il comma 2, il comma 3, secondo e terzo periodo ed il comma 4, primo periodo dell'art. 79. La diretta violazione dello Statuto speciale di autonomia, in quanto illegittimamente la norma statale pone tra i destinatari dei vincoli posti dalla norma la Provincia di Trento, rende necessariamente subordinata una ulteriore e pur essa fondata censura, relativa alla circostanza che la norma impugnata pone un limite ad una voce minuta di spesa e fissa la specifica modalita' di contenimento di essa; il comma 5, dunque, e' illegittimo in quanto fuoriesce dai limiti della competenza legislativa statale di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute di spesa, infatti, e' stata piu' volte dichiarata da codesta Corte: v. le sentt. 297/2009, 237/2009, 159/2008, 157/2007, 95/2007, 89/2007, 88/2006, 449/2005, 417/2005 e 390/2004. Che si tratti di limiti puntuali riferiti ad oggetti specifici non puo' essere dubbio: si tratta infatti degli «incarichi» conferiti «nei confronti dei titolari di cariche elettive», e di essi si prescrive (oltretutto, in verosimile violazione dell'art. 36 Cost., e del diritto ad una equa retribuzione) che possono dar luogo «esclusivamente al rimborso delle spese sostenute», arrivandosi persino a precisare che «eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta». Sembra evidentemente contraddetto il principio in relazione al quale le esigenze della finanza pubblica possono certo comportare vincoli anche per le autonomie territoriali, ma vincoli di carattere generale e complessivo, al cui interno i titolari di autonomia costituzionale possono decidere le diverse destinazioni, appunto, in modo autonomo. In ogni caso, e' anche da lamentare la violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto l'art. 5, comma 5, stabilisce una norma di dettaglio autoapplicativa in materie di competenza provinciale. Tale violazione sussisterebbe anche se - peraltro in evidente ed aperta contraddizione con l'art. 79 dello Statuto - le Province autonome fossero soggette alle misure di coordinamento finanziario contenute nelle diverse leggi statali, e se pure fosse legittima nel contenuto la disposizione dell'art. 5, comma 5, in quanto rivolta alle regioni ed agli enti locali. Le materie provinciali di riferimento sono in primo luogo le materie statutarie relative alla propria autonomia organizzativa e finanziaria (art. 8, n. 1, dello Statuto, l'intero Titolo VI), ivi compresa la finanza locale (v. l'art. 80 dello Statuto e l'art. 17 d.lgs. n. 268/1992), in secondo luogo il coordinamento della finanza pubblica (v. l'art. 117, comma 3, Cost. e l'art. 10 1. cost. n. 3/2001) e l'organizzazione regionale e degli enti collegati (v. l'art. 117, comma 4, Cost), in quanto le norme del Titolo V garantiscano una autonomia piu' ampia di quella statutaria, a termini dell'art. 10 della 1. cost. n. 3 del 2001. Risulta dunque anche sotto questo profilo violata la speciale autonomia garantita alla Provincia di Trento dallo Statuto e dalle norme di attuazione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20 primo periodo, e 21, secondo periodo. L'art. 6 pone una serie di norme volte alla Riduzione dei costi degli apparati amministrativi, norme dal contenuto innegabilmente e chiaramente dettagliato, come si vedra' subito. Forse proprio in considerazione di tale contenuto, che proprio in ragione di tale carattere contrasterebbe - ove riferito alle Regioni - con i principi costituzionali in materia di coordinamento della finanza pubblica elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, il comma 20 dell'art. 6 dispone che «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale», ma aggiunge che per tali enti esse «costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica». In altre parole, la disposizione del comma 20 cerca di «trasformare» in qualche modo le disposizioni dettagliate in principi. Tuttavia, tale tentativo e' necessariamente destinato all'insuccesso, e la qualificazione delle disposizioni in questione come «principi» non fa - ad avviso della ricorrente Provincia - che aggiungere illegittimita' ad illegittimita'. Il comma 20 e' dunque qui impugnato nella parte in cui esso dispone che le disposizioni indicate «costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica», e nella parte in cui limita la loro «non applicazione» alle regioni e Province autonome alla applicazione «in via diretta». Gli ulteriori commi indicati sopra sono invece direttamente impugnati in ragione del loro contenuto. Il punto fondamentale e' che la qualificazione data dal comma 20, come e' tipico delle norme di qualificazione, non e' idonea a mutare la realta' normativa dei commi precedenti, che resta quella di regole dettagliate limitative di voci minute di spesa degli enti pubblici, e che vincolare le Regioni e le Province autonome a tali pseudoprincipi e' ugualmente illegittimo. Nessun dubbio puo' sussistere sul carattere specifico e dettagliato delle disposizioni alle quali il comma 20 si riferisce. Cosi', il comma 3 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, le indennita', i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilita' comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, .... sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010». Inoltre, la disposizione stabilisce che «sino al 31 dicembre 2013, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma». Il comma 7 statuisce che «a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196,... non puo' essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009». Il comma 8 dispone che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicita' e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalita'». Il comma 9 stabilisce che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per sponsorizzazioni». Il comma 12 dispone che «a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonche' di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonche' con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009». Il comma 13 statuisce che «a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... per attivita' esclusivamente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009»; si aggiunge che «le predette amministrazioni svolgono prioritariamente l'attivita' di formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione». Il comma 14 stabilisce che «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche... individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)... non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonche' per l'acquisto di buoni taxi»; si aggiunge che «il predetto limite puo' essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali gia' in essere». Il comma 19 dispone che «al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle societa' pubbliche,... le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle societa' partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali»; e che sono «in ogni caso consentiti i trasferimenti alle societa' di cui al primo periodo a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti». Come si vede, si tratta di disposizioni molto puntuali, analitiche, che disciplinano «frammenti» di realta' finanziaria ed organizzativa. Ed in relazione ad esse le Regioni e le Province autonome, nonostante quanto disposto dal comma 20, primo periodo, non hanno ne' (in ragione della struttura delle norme) potrebbero avere alcun margine di manovra. Non si tratterebbe che di «recepire» le corrispondenti norme statali. Cosi' illustrato il contenuto del comma 20, in relazione alle disposizioni specifiche alle quali esso si riferisce, risulta chiaro che esso, nell'inciso «per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica», ed i commi sopra illustrati, recanti limiti puntuali, sono lesivi dell'autonomia organizzativa e dell'autonomia finanziaria della Provincia. Cio', in primo luogo, in quanto la vincolano in contrasto con l'art. 79 dello Statuto, che - come visto supra - esonera le Province autonome dalle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni (v. soprattutto il comma 1, la' dove menziona le «altre misure di coordinamento della finanza pubblica»): e cio' non in forza di un privilegio, ma in forza di un regime specifico della partecipazione delle Province stesse al conseguimento degli obbiettivi di finanza pubblica, specifico oggetto della recente riforma concordata della parte finanziaria dello Statuto. In secondo luogo, anche prescindendo da cio', e cioe' anche ove - peraltro in contraddizione evidente con lo Statuto - si dovessero considerare le Province soggette alle misure di coordinamento finanziario contenute nelle diverse leggi statali, comunque le norme in questione sarebbero illegittime, per violazione anche delle regole generali dei rapporti tra legislazione statale ed autonomia regionale nella materia finanziaria. Infatti, esse pongono limiti puntuali a voci minute di spesa e, dunque, fuoriescono dai limiti della competenza legislativa statale di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. L'illegittimita' dei limiti puntuali alle voci minute di spesa, e' stata piu' volte dichiarata da codesta Corte, come visto nel punto 1. Va ricordata, in particolare, per l'analogia della fattispecie, la sentenza n. 297/2009, che ha annullato una disposizione sostanzialmente corrispondente a quella qui impugnata «nella parte in cui afferma che possono essere desunti "principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica" da norme che, per il loro contenuto, sono inidonee a esprimere tali principi», cioe' da norme «idonee solo a incidere sulle indicate singole voci di spesa, in quanto introducono vincoli puntuali e specifiche modalita' di contenimento della spesa medesima». Nel medesimo consolidato orientamento rientra la sentenza n. 159/2008 (punto 6 del Diritto), che per di piu' ha accolto un ricorso proposto da una Provincia autonoma. Ancora, una norma analoga a quella del comma 3 dell'art. 6 e' stata annullata dalla sentenza n. 157/2007 (la norma statale riduceva del 10% le indennita' corrisposte ai titolari degli organi politici regionali); v. poi le sentt. 95/2007, 449/2005 e 417/2005, che hanno dichiarato l'illegittimita' dei vincoli posti a consulenze, missioni e acquisti. Non puo' dunque esservi dubbio alcuno sulla illegittimita' delle disposizioni impugnate, per le ragioni sopra esposte. La clausola di salvaguardia di cui al comma 20, primo periodo, e' illegittima anche nella parte in cui non comprende nel proprio ambito di «esonero» dall'applicazione diretta gli enti locali e gli enti ed organismi appartenenti al sistema provinciale. Il «mancato esonero» comporta dunque che per tali enti i commi sopra illustrati operino in via diretta, dato che sono rivolti alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 3, legge n. 196/2009. A tali enti, inoltre, sono applicabili anche i commi 5, 6 e 11. In base alla prima disposizione, «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalita' giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma monocratica, nonche' il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti». Il comma 6 dispone che, «nelle societa' inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonche' nelle societa' possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento dalle amministrazioni pubbliche, il compenso di cui all'articolo 2389, primo comma, del codice civile, dei componenti degli organi di amministrazione e di quelli di controllo e' ridotto del 10 per cento». Infine, il comma 11 dispone che «le societa', inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, si conformano al principio di riduzione di spesa per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicita', nonche' per sponsorizzazioni, desumibile dai precedenti commi 7, 8 e 9». Si tratta all'evidenza di norme puntuali e dettagliate. In base al comma 5, la scelta possibile - per gli organi del primo tipo - e' fra 5 o 3 componenti, mentre per il collegio dei revisori la soluzione obbligata e' quella dei 3 componenti. La riduzione di cui al comma 6 e' arbitrariamente determinata nel 10%, a prescindere dal livello iniziale (con violazione anche del principio di ragionevolezza). Il comma 11 comunque individua specifiche voci di spesa da ridurre, precisando ulteriormente i vincoli mediante il richiamo ai commi 7, 8 e 9, a loro volta puntuali e dettagliati. Dunque, i commi gia' censurati in relazione alla Provincia (v. sopra) ed i commi 5, 6 e 11 pongono limiti puntuali alla spesa degli enti locali, degli enti pubblici del sistema provinciale e delle societa' pubbliche. Essi violano in particolare l'art. 79, comma 3, dello Statuto, in base al quale «spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle universita' non statali di cui all' articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria», ed in base al quale «non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». In subordine, qualora - peraltro contro l'evidente dettato dell'art. 79 dello Statuto - si ritenesse che anche gli enti locali trentini e gli enti del sistema provinciale siano soggetti alle misure di coordinamento contenute nelle leggi statali, i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20, primo periodo, sarebbero comunque illegittimi in quanto dettano norme direttamente applicabili in materie di competenza della Provincia, in violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992. La materia provinciale di riferimento e' in primo luogo la propria autonomia organizzativa, la quale, come codesta ecc.ma Corte costituzionale ha sancito nella sentenza n. 159 del 2008 in relazione alle Province autonome in un caso analogo a quello presente, e' garantita «non solo dalle loro speciali disposizioni statutarie, ma altresi' dall'art. 117, quarto comma, della Costituzione, da intendersi applicabile a tutte le Regioni, ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, il quale riserva alla potesta' legislativa residuale regionale la disciplina dell'autonomia dell'organizzazione amministrativa» (punto 8.1 in diritto). In secondo luogo, va anche fatto riferimento alla materia finanziaria disciplinata dall'intero Titolo VI dello Statuto, ivi compresa la finanza locale (v. l'art. 80 dello Statuto e l'art. 17 d.lgs. n. 268/1992). Inoltre, va altresi' fatto riferimento al coordinamento della finanza pubblica (v. l'art. 117, comma 3, Cost.) e all'organizzazione regionale e degli enti collegati (v. l'art. 117, comma 4, Cost.), in quanto le norme del Titolo V garantiscano una autonomia piu' ampia di quella statutaria, a termini dell'art. 10 della 1. cost. n. 3 del 2001. Infine, i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20 primo periodo sono illegittimi per il loro contenuto, in quanto - come gia' illustrato in relazione alla Provincia - dettano norme dettagliate, che fuoriescono dai limiti del potere del legislatore statale nelle materie del coordinamento della finanza pubblica e della finanza locale; si puo' ricordare, in particolare, per l'analogia della fattispecie, la sentenza n. 159/2008 (punto 7 del Diritto). Per quanto riguarda la spesa dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari, si puo' poi richiamare la sentenza n. 341/2009, punto 6, in base alla quale lo Stato non ha «ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa sanitaria che e' interamente sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento». Ugualmente deve dirsi nel presente caso. Infine, e' illegittimo il secondo periodo del comma 21. Per vero, tale disposizione, dopo avere disposto che «le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente articolo, con esclusione di quelle di cui al primo periodo del comma 6, sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato», precisa pero' che tale previsione «non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale». Nella clausola di salvaguardia, o di esonero dall'applicazione della predetta disposizione, non sono compresi gli enti pubblici e le societa' pubbliche collegati alla Provincia e agli enti locali della provincia: qualora essi dovessero ritenersi implicitamente compresi nella clausola, non vi sarebbero ragioni di doglianza. Invece, se tale interpretazione adeguatrice non fosse possibile, parte delle risorse affluite all'ordinamento provinciale in base allo Statuto speciale verrebbe avocata allo Stato, in chiara violazione dell'autonomia finanziaria della Provincia e degli enti locali garantita dal Titolo VI dello Statuto. In particolare, tutte le disposizioni che stabiliscono quali entrate spettino alla Provincia autonoma di Trento hanno l'evidente scopo di garantire ad essa una determinata quantita' di risorse, affinche' essa le utilizzi nell'ambito delle proprie competenze e finalita' statutarie e costituzionali. Ove l'attuazione delle misure di finanza pubblica, stabilite per la Provincia di Trento in attuazione dell'art. 79 dello Statuto, e particolarmente attraverso lo specifico patto di stabilita' concordato con lo Stato, comporti riduzioni di spesa, tali riduzioni non possono confluire nel bilancio dello Stato, dato che cio' equivarrebbe ad una arbitraria decurtazione delle risorse che spettano alla Provincia: la quale invece e' abilitata a disporne secondo i propri fini e nel quadro del proprio patto di stabilita'. Di qui la palese illegittimita' costituzionale del secondo periodo del comma 21 e' illegittimo in quanto non comprende nella clausola di salvaguardia, o di esonero dall'applicazione della predetta disposizione, gli enti pubblici e le societa' pubbliche collegati alla Provincia e agli enti locali della provincia. 3) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 9, commi 1, 2, 2-bis, 3, 4, se ed in quanto sia riferito alle Province autonome, 28 e 29. L'art. 9 detta norme sul Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Il comma 1 dispone che, «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche» di cui al noto Elenco ISTAT «non puo' superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010». Tale norma si rivolge anche alle Province autonome, agli enti locali e agli altri enti del sistema provinciale - in quanto menzionati in tale Elenco: essa, dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Provincia per le ragioni gia' esposte nel punto 1, con riferimento all'art. 5. Si tratta, in primo luogo, della violazione dell'art. 79 dello Statuto, in quanto sono direttamente applicate alla Provincia, agli enti locali ed agli enti provinciali misure di contenimento della spesa. Si tratta, in secondo luogo (ed ovviamente in subordine), della generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa. Si tratta, in terzo luogo, della violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto si tratta di norma direttamente applicativa in materia di evidente competenza provinciale (sia consentito di ricordare che il personale provinciale e collegato fa parte di un separato ambito di contrattazione, di livello esso stesso provinciale) ai sensi dello Statuto (ai sensi dell'art. 8, comma primo, n. 1, in particolare, la Provincia ha potesta' primaria in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto»; in base all'art. 80, attuato dall'art. 17 d.lgs. n. 268/1992, la Provincia ha competenza concorrente in materia di finanza locale). Il comma 2 statuisce che, «in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche» del consueto Elenco ISTAT «superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonche' del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro». In base a detta individuazione dei destinatari tale norma si rivolge anche alle Province, agli enti locali e agli altri enti del sistema provinciale. Essa, come il comma 1, viola l'art. 79 dello Statuto, l'autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali nonche' l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, per le stesse ragioni esposte nel punto 1, con riferimento all'art. 5, e appena riprese in relazione al comma 1. Di qui l'evidente illegittimita' anche del comma 2. Il comma 2-bis stabilisce che «a decorrere dal l° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all' articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non puo' superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed e', comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio». Tale norma, pur individuando i propri destinatari in modo diverso dal riferimento all'Elenco ISTAT, potrebbe essere considerata applicabile anche alle Province, agli enti locali e agli altri enti del sistema provinciale, in quanto rientranti nella generale nozione di pubblica amministrazione. In questa ipotesi, essa applicherebbe le misure di contenimento della spesa pubblica anche alla Provincia autonoma di Trento ed agli enti del sistema provinciale, ed inoltre pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa. Essa, dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Provincia e costituzionalmente illegittima per le stesse ragioni ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). In base al comma 3, «nei confronti dei titolari di incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi». Tale norma si rivolge anche alle Province, agli enti locali e agli altri enti del sistema provinciale, applicando ad essi le misure di contenimento della spesa pubblica e ponendo un limite rigido, autoapplicativo e non transitorio, ad una voce specifica e minuta di spesa. Essa, dunque, risulta lesiva delle prerogative costituzionali della Provincia per le stesse ragioni ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). Il comma 4, poi, statuisce che «i rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento»; che tale disposizione «si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto»; che le clausole difformi «contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci» e che «a decorrere dalla mensilita' successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati». Tale disposizione individua i suoi destinatari mediante l'espressione generica «pubbliche amministrazioni» e, dunque, potrebbe essere intesa quale norma generale, non destinata ad applicarsi alle situazioni oggetto di regolazione speciale, quale indubbiamente e' quella relativa alla Provincia autonoma di Trento. Essa dunque e' suscettibile di essere intesa in modo conforme a Statuto, cioe' nel senso di non applicarsi alle Province, agli enti dell'ordinamento provinciale e, in generale, ai comparti di contrattazione collettiva provinciale. Proprio per il suo riferirsi in genere alle pubbliche amministrazioni, tra le quali ovviamente rientrano in astratto anche la Provincia di Trento e gli enti del sistema provinciale, essa e' anche suscettibile della opposta interpretazione. In questo caso, ad avviso della ricorrente Provincia, essa sarebbe illegittima in quanto applica ad essi le misure di contenimento della spesa pubblica e pone un limite rigido ed autoapplicativo ad una voce specifica e minuta di spesa: valendo dunque per essa le censure ora esposte in relazione ai precedenti commi (oltre che al punto 1, con riferimento all'art. 5). Il comma 28 dispone che, «a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali... gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165..., fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009» (primo periodo). Il secondo periodo stabilisce che uguale limite e' fissato per la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonche' al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il terzo periodo del comma 28 implica pero' che tali disposizioni non si applichino alle Regioni e Province autonome, in quanto, con disposizione corrispondente a quella dell'art. 6, comma 20, enuncia che esse «costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale». I tre periodi indicati del comma 28 sono dunque qui impugnati per le stesse ragioni gia' esposte in relazione all'art. 6. Il terzo periodo, in particolare, e' impugnato nella parte in cui esso - pur implicando la non diretta applicazione dei precedenti periodi - ne afferma l'applicabilita' in quanto recante presunte disposizioni di principio. Infatti, come nel caso dell'art. 6, le norme contenute nel comma 28, a dispetto della clausola di salvaguardia appena citata, applicano alle Province autonome ed agli enti del sistema provinciale le misure di contenimento della spesa, in violazione dell'art. 79 dello Statuto. Inoltre esse - come quelle impugnate dell'art. 6 - risultano illegittime anche per violazione delle regole generali sui rapporti tra legislazione statale e regionale nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica. Esse infatti non sono affatto disposizioni di principio, ne' lo diventano per la definizione di cui al terzo periodo, ma sono tali da non consentire un autonomo svolgimento. Si tratta di un limite rigido ad una voce specifica e minuta di spesa, di una norma dettagliata che prevede la modalita' di contenimento della voce di spesa, senza lasciare alcun margine di manovra alla Provincia. Inoltre, il limite non e' transitorio. Dunque, il comma 28 e' illegittimo per le ragioni gia' viste a proposito dell'art. 6: in primo luogo per la violazione dell'art. 79 dello Statuto, in quanto sono applicate alla Provincia, agli enti locali ed agli enti provinciali misure di contenimento della spesa; in secondo luogo (e sempre in subordine), per la generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali, per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa. D'altronde, sia consentito di ricordare che l'illegittimita' dei vincoli puntuali alle assunzioni e' gia' stata dichiarata dalle sentt. nn. 95/2008, 88/2006 e 390/2004. Si noti che la limitata «clausola di salvaguardia» di cui al terzo periodo non solo non vale a far salva la legittimita' costituzionale della disposizione in relazione alla Provincia ed in genere al sistema provinciale, ma e' ulteriormente illegittima in quanto, non comprendendo gli enti locali, implica addirittura la diretta applicazione agli enti locali della Provincia dei limiti posti dal comma 28. Anche sotto questo profilo, esso e' illegittimo per ragioni corrispondenti a quelle gia' illustrate a proposito dell'art. 6, comma 20, primo periodo e sopra richiamate: in primo luogo per la violazione dell'art. 79, comma 3, secondo e terzo periodo, dello Statuto, in quanto sono direttamente applicate agli enti provinciali (tranne gli «enti sanitari») ed agli enti locali misure di contenimento della spesa; in secondo luogo (e sempre in subordine), per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e finanza locale, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa; in terzo luogo, per la violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto si tratta di norma direttamente applicativa in materia di evidente competenza provinciale, quale la finanza locale (art. 80, comma 1, dello Statuto). Va poi aggiunto che l'art. 17, comma 3, delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268/1992, assegna alla Provincia di Trento una specifica competenza nella materia del comma 28, stabilendo che «nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale». Di qui una ulteriore e specifica ragione di illegittimita' del comma 28, la' dove si applica agli enti locali trentini. In base al comma 29, «le societa' non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, adeguano le loro politiche assunzionali alle disposizioni previste nel presente articolo». Tale norma si rivolge anche a societa' pubbliche dell'ordinamento provinciale (ad es., Patrimonio del Trentino s.p.a. e Trentino Riscossioni s.p.a.). Essa non e' fondata su alcuna ragione di tutela della concorrenza (al contrario di altre recenti disposizioni restrittive in materia di societa' regionali e degli enti locali), ma si propone il solo scopo del contenimento della spesa, considerando tali societa' come equivalenti funzionali delle pubbliche amministrazioni. Essa introduce dunque limiti finanziari diretti al sistema amministrativo provinciale, e limiti indiretti alla autonomia finanziaria della stessa Provincia e degli enti locali provinciali. In relazione a cio', essa e' illegittima per le ragioni gia' viste in relazione al comma 28: in primo luogo per la violazione dell'art. 79 dello Statuto, in quanto sono direttamente applicate alla Provincia ed agli enti provinciali misure di contenimento della spesa; in secondo luogo (e sempre in subordine), per la generale violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali, per eccesso dai limiti della potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e finanza locale, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa; in terzo luogo, per la violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, in quanto si tratta di norma direttamente applicativa in materie di evidente competenza provinciale, quali l'organizzazione provinciale e la finanza locale (art. 80, comma 1, dello Statuto). 4) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 24-bis. L'art. 14 e' intitolato Patto di stabilita' interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali. Nel comma 24-bis, stabilisce che «i limiti previsti ai sensi dell'articolo 9, comma 28, possono essere superati limitatamente in ragione della proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale, nonche' dagli enti territoriali facenti parte delle predette regioni, a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive appositamente reperite da queste ultime attraverso apposite misure di riduzione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di controllo interno» (primo periodo). Restano fermi, «in ogni caso, i vincoli e gli obiettivi previsti ai sensi del presente articolo» (secondo periodo). Infine, si dispone che «le predette amministrazioni pubbliche, per l'attuazione dei processi assunzionali consentiti ai sensi della normativa vigente, attingono prioritariamente ai lavoratori di cui al presente comma, salva motivata indicazione concernente gli specifici profili professionali richiesti» (terzo periodo). La prima disposizione e' connessa a quella, gia' esaminata, dell'art. 9, comma 28, e si rivolge specificamente, tra l'altro, alla Provincia di Trento e agli enti locali trentini, e rispetto a questa introduce un regime limitatamente preferenziale. La ricorrente Provincia ritiene illegittimi - ed ha impugnato - i vincoli di cui all'art. 9, comma 28, e dunque ritiene che non vi debba essere ragione del regime limitatamente preferenziale: ma se in denegata ipotesi tali vincoli risultassero legittimi il regime limitatamente derogatorio risulterebbe, in quanto tale, favorevole. Non vi e' dunque ragione di una specifica impugnazione del primo periodo. Oggetto di censura deve invece essere l'ultimo periodo del comma 24-bis, che pure si rivolge specificamente, tra l'altro, alla Provincia di Trento e agli enti locali trentini. Tale norma limita le scelte possibili relative alle assunzioni, violando in modo evidente (non potendosi ragionevolmente trattare di principio di riforma) l'autonomia primaria della Provincia nella materia del personale, stabilita dall'art. 8, comma primo, n. 1, dello Statuto (ugualmente, ma meno specificamente, potrebbe farsi riferimento alla competenza residuale di cui all'art. 117, comma 4, Cost., in forza dell'art. 10 1. cost. n. 3/2001). Si puo' ricordare che la sent. n. 235/2010 ha ricondotto all'organizzazione degli uffici regionali una norma che limitava la facolta' della Giunta regionale di ricorrere, per far fronte alle proprie esigenze operative, all'assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato. Inoltre, considerando l'intento finanziario della norma, risulta anche violata l'autonomia finanziaria della Provincia, ed in particolare l'art. 79 dello Statuto, per l'illegittima applicazione ad essa ed agli enti locali trentini delle misure di contenimento della spesa e di coordinamento finanziario, dalle quali la Provincia e' esonerata in ragione del regime specifico per essa stabilito. Inoltre, e sempre in relazione al profilo finanziario, per quanto riguarda gli enti locali, la disposizione viola, con il suo contenuto dettagliato, la competenza della Provincia nella materia della finanza locale (art. 80 dello Statuto e art. 17, comma 3, d.lgs. n. 268/1992, in base al quale «le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale»). Infine, e' violato l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, visto che l'ultimo periodo del comma 24-bis risulta direttamente applicabile in materie di competenza provinciale. 5) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 49, comma 3, lett. b), comma 4 e comma 4-ter. Il comma 3 dell'art. 49 modifica l'art. 14-quater della legge n. 241/1990, intitolato Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi. La lett. b) di tale comma sostituisce i commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell'art. 14-quater con il seguente: «3. Al di fuori dei casi di cui all'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonche' dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumita', la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, e' rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra piu' amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra piu' enti locali. Se l'intesa non e' raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri puo' essere comunque adottata. Se il motivato dissenso e' espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.». Il comma 3-quinquies dell'art. 14-quater, rimasto invariato, stabilisce che «restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative nonne di attuazione». Il comma 4 dell'art. 49 d.l. n. 78/2010 modifica l'art. 29, comma 2-ter, legge n. 241/1990, aggiungendo la «conferenza di servizi» fra gli istituti che secondo la disposizione «attengono... ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione». Peraltro, l'art. 29, comma 2-quinquies, legge n. 241/1990 dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione». In sintesi, il nuovo art. 14-quater, comma 3, legge n. 241/1990, che menziona espressamente le Province autonome, prevede: a) un potere sostitutivo del Consiglio dei ministri ex art. 120 Cost. in relazione a certi casi in cui vi sia un dissenso in conferenza di servizi; b) un'intesa «debole» della Regione interessata, prima della delibera del Consiglio dei ministri; c) la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei Ministri «se il motivato dissenso e' espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza». L'ultimo periodo del nuovo comma 3 fa specifico riferimento a materie di competenza della Provincia, ma anche il primo periodo menziona settori rientranti nella competenza provinciale: v. l'art. 8, n. 3 («tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare»), n. 5 («urbanistica»), n. 6 («tutela del paesaggio»), n. 13 («opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche»), e l'art. 9, n. 10 («igiene e sanita'»). Ad avviso della ricorrente Provincia sia la disposizione che prevede un potere sostitutivo del Consiglio dei ministri, sia la disposizione che prevede un'intesa di carattere debole risultano illegittime. In primo luogo, sono palesemente violati l'art. 16 dello Statuto (che prevede la titolarita' provinciale delle funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa, secondo il principio del «parallelismo») e l'art. 4 d.lgs. n. 266/1992, che vieta di attribuire ad organi statali funzioni amministrative nelle materie di competenza provinciale. Non si comprende, infatti, per quale ragione, nelle materie di competenza amministrativa provinciale, il dissenso espresso a tutela di valori che per lo piu' rientrano anch'essi nelle materie provinciali (si e' gia' fatto riferimento alla tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, all'urbanistica, alla tutela del paesaggio, alle opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche e all'igiene e sanita', tutte materie statutarie) debba implicare la competenza del Consiglio dei ministri. Arbitrario e', in secondo luogo, il tentativo di fondare la competenza del Consiglio dei ministri sul potere «sostitutivo» dello Stato ex art. 120 Cost., data la palese mancanza dei presupposti previsti da questa disposizione: il «mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria» (qui ovviamente fuori luogo), il «pericolo grave per l'incolumita' e la sicurezza pubblica», la «tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». L'unico «appiglio» - piu' che vero collegamento - e' il riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni, introdotto - a proposito della conferenza di servizi - dal comma 4 dell'art. 49: si tratta, pero', come si vedra', di un legame del tutto arbitrario, perche' l'attinenza dei procedimenti oggetto dell'art. 49, comma 3, ai livelli essenziali deve essere verificata caso per caso e, in determinate ipotesi, questi livelli essenziali potrebbero essere garantiti proprio dal dissenso delle amministrazioni poste a tutela degli interessi «sensibili» menzionati dal comma 3. Ne' certo puo' essere in se' un livello essenziale di prestazione... lo stesso potere decisorio statale: si ricordi, al contrario, che la competenza alla decisione di ogni caso concreto non puo' che essere ricondotta alle regole costituzionali di competenza, e che un potere statale «sostitutivo» e' legittimo solo nell'ambito dei presupposti di cui all'art. 120. Inoltre, l'esercizio del potere sostitutivo presuppone il carattere obbligatorio dell'atto omesso (v. anche l'art. 8 legge n. 131/2003), mentre l'art. 49, comma 3, non rispetta questo requisito. Ancora, codesta Corte ha chiarito che l'art. 120 Cost. si applica alle Regioni speciali solo in relazione alle competenze di cui esse godono ex art. 10, 1. cost. n. 3/2001 (v. sent. N. 236/2004). Dunque, l'art. 49, comma 3, risulta lesivo anche la' dove applica l'art. 120 Cost. alle Province autonome in relazione alle materie statutarie. Anche ove in denegata ipotesi risultasse legittima la devoluzione della decisione al Consiglio dei ministri, o nelle ipotesi in cui risultasse tale, illegittima rimane in ogni modo la previsione della possibilita' di fare a meno dell'intesa. Infatti, dato che la norma impugnata si applica in materie di competenza provinciale, o in base allo Statuto o in base al nuovo Titolo V, questa possibilita' viola il principio di leale collaborazione, gli artt. 8, 9 e 16 dello Statuto, nonche' gli artt. 117 e 118 Cost in connessione con l'art. 10, 1. cost. n. 3/2001. In queste materie, l'intesa con la Regione interessata dev'essere necessariamente «forte» e la legge statale non puo' prevedere meccanismi unilaterali per superare la mancata intesa, come risulta da una consolidata giurisprudenza costituzionale. Oltre alle fondamentali sentt. nn. 303/2003, 6/2004 e 62/2005, si puo' ricordare qui la sent. n. 121/2010, che ha annullato una norma che stabiliva che «decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati». In quella occasione codesta Corte costituzionale ha sancito che «tale norma vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti "un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata [...] dalla paritaria codeterminazione dell'atto"; e che non e' legittima "la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra"». Ed anche la sent. n. 24/2007 ha confermato che, per ovviare all'esigenza di «superare la situazione di stallo determinata dalla mancata intesa» e per «dare concreta attuazione al principio di leale collaborazione», spetta al legislatore «stabilire, semmai, un sistema che imponga comportamenti rivolti allo scambio di informazioni e alla manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti e, in ultima ipotesi, contenga previsioni le quali assicurino il raggiungimento del risultato, senza la prevalenza di una parte sull'altra (per esempio, mediante la indicazione di un soggetto terzo)». La sent. n. 383/2005, riguardante proprio la Provincia di Trento, ha anch'essa chiarito che l'art. 120, comma 2, Cost. «non puo' essere applicato ad ipotesi... nelle quali l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarieta' al livello statale in materie di competenza legislativa regionale»; la Corte ha ribadito che «tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti». L'esigenza «che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potra' certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte»; e «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni». Utile e' anche richiamare la sent. n. 378/2005: «e' ben vero che questa Corte ha talvolta ritenuto che l'istanza costituita, quale vertice del potere politico-amministrativo, dal Consiglio dei ministri fosse adeguata a superare lo stallo determinato dal mancato raggiungimento dell'intesa, ma cio' ha fatto in ipotesi nelle quali non solo vi era una particolarmente pressante esigenza di provvedere (sentenza n. 6 del 2004), ma vi era altresi' un intreccio con materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 62 del 2005)». Diversamente - e come nel caso di specie - «il meccanismo escogitato per superare la situazione di paralisi determinata dal mancato raggiungimento dell'intesa e' tale da svilire il potere di codeterminazione riconosciuto alla Regione, dal momento che la mera previsione della possibilita' per il Ministro di far prevalere il suo punto di vista, ottenendone l'avallo dal Consiglio dei ministri, e' tale da rendere quanto mai debole, fin dall'inizio del procedimento, la posizione della Regione che non condivida l'opinione del Ministro e da incidere sulla effettivita' del potere di codeterminazione che, ma (a questo punto) solo apparentemente, l'art. 8, comma 1, continua a riconoscere alla Regione». Ne' la mancata previsione di un'intesa «forte» puo' essere in alcun modo surrogata dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei ministri che esercita il potere sostitutivo: tale partecipazione si limita a «portare» nel Consiglio la voce della Provincia, senza tradursi in un potere di «codeliberazione». Essa potra' costituire una qualche garanzia nelle ipotesi in cui il ricorso alla competenza statale governativa sia necessaria e giustificata sulla base di altro fondamento costituzionale, ma non puo' ovviamente costituire autonomo fondamento costituzionale del potere statale. Le disposizioni impugnate sono dunque illegittime per la violazione dell'autonomia amministrativa della Provincia e del principio di leale collaborazione. L'art. 49, comma 4, novellando l'art. 29 della legge n. 241/1990, attribuisce alle disposizioni della stessa legge n. 241 concernenti la «conferenza di servizi» il carattere di norme attinenti «ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione», con l'evidente scopo di renderle vincolanti - e addirittura direttamente operanti - per le Regioni, secondo lo statuto proprio delle materie esclusive statali. Vero e' che il medesimo art. 29 della legge n. 241 continua a prevedere (comma 2-quinquies) che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano «adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione», ma la effettiva portata della clausola di salvaguardia e' posta in dubbio dal fatto che - come si e' evidenziato appena sopra - alcune puntuali disposizioni sulla conferenza di servizi si riferiscono espressamente anche alle Province autonome. La ricorrente censura quindi l'art. 49, comma 4, se ed in quanto ad essa applicabile. Poiche' le ragioni della incostituzionalita' valgono anche per il comma 4-ter, esse verranno subito oltre argomentate in modo unitario. Il comma 4-ter fa riferimento alla «Segnalazione certificata di inizio attivita' - Scia», che il precedente comma 4-bis dell'art. 49 ha introdotto in luogo della «Dichiarazione di inizio attivita'». In sintesi, il comma 4-bis sostituisce con la Scia una vasta serie di titoli abilitativi allo svolgimento di certe attivita' (anche - ma non solo - di natura imprenditoriale, commerciale o artigianale); delimita i poteri di controllo che l'amministrazione competente puo' esercitare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della Scia; definisce i (ridotti) poteri che alla stessa amministrazione competono decorso il periodo di sessanta giorni. A sua volta, il comma 4-ter qui impugnato stabilisce che: a) la disciplina della Scia, nella sua integralita', attiene alla tutela della concorrenza e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. e) ed m), Cost.; b) la medesima disciplina «sostituisce direttamente [...] quella della dichiarazione di inizio attivita' recata da ogni normativa statale e regionale». L'indicazione dei pretesi «titoli» della disciplina, e degli effetti sulla normativa precedente, anche di fonte regionale, rende pure qui palese l'intendimento del legislatore statale di dettare una normativa completa, autosufficiente, non derogabile dai legislatori locali. Si puo' ancora dubitare che le nuove norme sulla Scia trovino applicazione alle Province autonome: il riferimento espresso alla sola normativa «regionale» quale oggetto della sostituzione, e l'appello a competenze spettanti allo Stato sulla base del titolo V della Costituzione, potrebbero concorrere ad una interpretazione costituzionalmente conforme, che tenga conto delle competenze spettanti alla Provincia ricorrente sulla base delle Statuto, e - quanto al rapporto tra fonti statali e fonti provinciali - delle norme di attuazione del d.lgs. n. 266/1992. Ma la mancanza di una esplicita clausola di salvaguardia, nel contesto di una legge che pure ne contiene, non esclude con ragionevole sicurezza una diversa interpretazione. La Provincia di Trento censura dunque l'art. 49, comma 4-ter, se ed in quanto ad essa applicabile. Va in primo luogo osservato che, se pure le disposizioni ora esposte attenessero effettivamente ai «livelli essenziali delle prestazioni» di cui alla lettera m) dell'art. 117, comma 2, Cost., o alla «tutela della concorrenza» di cui alla lettera e), cio' non consentirebbe affatto di farle entrare a questo titolo nelle materie di competenza statutaria provinciale. Cosi' facendo, infatti, la nuova definizione di materie riservate allo Stato operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 verrebbe a limitare l'ampiezza della potesta' legislativa provinciale delineata dallo Statuto: ma cio' e' giuridicamente impossibile - e risulterebbe dunque arbitrario - dato che lo impedisce la clausola di cui all'art. 10 della stessa legge costituzionale, la quale prevede si' l'estensione delle nuove norme del Titolo V della Parte seconda della Costituzione alle autonomie speciali, ma solo in quanto cio' si traduca per esse in maggiore autonomia rispetto alla situazione statutaria. Il che non sarebbe ovviamente il caso quando si facessero valere competenze esclusive statali. Per le autonomie speciali, dunque, anche le norme emanate sotto gli indicati titoli di cui all'art. 117, comma secondo, potrebbero operare solo nel quadro dei limiti statutari alle competenze provinciali, quali delineati dagli art. 8 e 9 dello Statuto speciale in relazione alle potesta' legislative primarie e concorrenti della Provincia. Premesso che la autoqualificazione operata dal legislatore non e' vincolante (sentt. nn. 387/2007, 207/2010), e' da contestare anzitutto che le discipline sulla conferenza di servizi e sulla Scia attengano effettivamente ai «livelli essenziali delle prestazioni» di cui alla lettera m) dell'art. 117, comma 2, Cost. La giurisprudenza costituzionale ha in effetti precisato, in positivo, che la lettera m) consente allo Stato solo di fissare «standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto» (sentt. nn. 10/2010, 207/2010). Con le disposizioni sulla conferenza di servizi e sulla Scia non si stabilisce invece alcuno standard quantitativo o qualitativo di prestazioni determinate, attinenti a questo o a quel «diritto» civile o sociale garantito dalla stessa Costituzione (sentenze nn. 387/2007 e 10/2010). Al contrario, viene regolato in un certo modo lo svolgimento della attivita' amministrativa, in settori vastissimi ed indeterminati, alcuni di indiscutibile competenza provinciale: oltre alla tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, all'urbanistica, alla tutela del paesaggio, all'igiene e sanita', gia' ricordati a proposito della conferenza di servizi, si evidenzia che la normativa sulla Scia incide sulle materie dell'ordinamento degli uffici provinciali, dell'artigianato, delle miniere, del turismo, del commercio, degli esercizi pubblici, dell'industria..., materie spettanti alla Provincia in forza dello Statuto speciale (art. 8, nn. 1, 9, 14, 20; art. 9, nn. 3, 7, 10) o del nuovo Titolo V della Costituzione, in connessione con l'art. 10, 1. cost. n. 3/2001. Con cio' pero' si violano le norme costituzionali e statutarie citate, per cui la disciplina delle funzioni amministrative di regola non puo' che spettare allo Stato o alla Provincia secondo il riparto delle competenze per materia. Ed e' evidente che lo Stato non puo', semplicemente appellandosi alla fissazione dei livelli essenziali, riservarsi la regolamentazione di interi settori materiali: come codesta ecc.ma Corte costituzionale ha espressamente escluso con la sentenza n. 371/2008). Giova poi ricordare un altro punto fermo della giurisprudenza della Corte sui «livelli essenziali delle prestazioni». Essa ha costantemente censurato la confusione - spesso operata dal legislatore (per ragioni che e' facile comprendere) - tra la determinazione dei livelli delle prestazioni, e la disciplina delle posizioni soggettive degli amministrati. La distinzione e' in effetti assolutamente necessaria: se non fosse operata, posto che ogni diritto o interesse implica un qualche comportamento altrui (anche solo omissivo), la competenza sulla materia della lettera m) dell'art. 117 Cost. consentirebbe allo Stato qualunque intervento conformativo di qualunque posizione soggettiva in qualunque materia regionale/provinciale. Il che non puo' essere, e non e'. Con la sentenza n. 387/2007 la Corte ha escluso che il diritto della persona di scegliere la struttura di cura possa costituzionalmente essere qualificato dal legislatore «livello essenziale delle prestazioni»: in modo molto efficace, la sentenza sottolinea come «l'inquadramento della liberta' di scelta nell'ambito normativo dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non solo e' concettualmente inappropriato, ma comporta conseguenze lesive dell'autonomia regionale, in quanto consente il superamento dei confini tra principi fondamentali della materia, riservati alla legislazione dello Stato, e disciplina di dettaglio, riservata alle Regioni, tipici della competenza ripartita di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., nel cui ambito indubbiamente ricade la normativa de qua, volta alla tutela della salute». Assai significativa sul punto e' anche la sentenza n. 271/2005, la quale, con riguardo alla legislazione sulla protezione dei dati personali, ha ritenuto «improprio [...] il riferimento alla competenza esclusiva dello Stato in tema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni», dal momento che tale legislazione «non concerne prestazioni, bensi' la stessa disciplina di una serie di diritti personali attribuiti ad ogni singolo interessato, consistenti nel potere di controllare le informazioni che lo riguardano e le modalita' con cui viene effettuato il loro trattamento». Ebbene: proprio la «confusione» tra posizione soggettiva degli amministrati e prestazione si trova nelle disposizioni legislative qui censurate, confusione particolarmente evidente in quella relativa alla Scia (mentre anzi la disciplina sulla conferenza di servizi concerne esclusivamente il modo di esercizio del potere, senza che da essa si possa evidenziare una specifica posizione soggettiva). In effetti, le disposizioni censurate non definiscono affatto «livelli essenziali» ai sensi della lettera m) dell'art. 117; al contrario, proprio la rigida disciplina della Scia potrebbe determinare, in alcuni casi, una diminuzione dei livelli essenziali delle prestazioni cui hanno diritto persone destinatarie dell'attivita' assentita mediante la Segnalazione certificata: quando, ad esempio, in conseguenza delle limitazioni temporali e sostanziali alla attivita' di accertamento e controllo della pubblica amministrazione che - senza alcuna considerazione per le singole realta' territoriali e organizzative - sono state poste dall'art. 19, commi 3-4, legge n. 241/1990 (come novellato dal comma 4-bis dell'art. 49 d.l. n. 78), sia praticamente impedita la verifica del rispetto di standard qualitativi di determinate prestazioni attinenti ai diritti sociali. La ricorrente non contesta che alcuni istituti della c.d. «semplificazione amministrativa» (cui sono riconducibili la conferenza di servizi e la Scia, come vi era riconducibile la Dia) possano concretizzare o esprimere limiti vincolanti per le potesta' legislative provinciali; ma cio' implica e richiede sempre una valutazione complessiva - alla luce del tipo di potesta' legislativa coinvolta - di tutti gli interessi che vengono in rilievo nella singola materia/funzione interessata, valutazione «concreta» soggetta al controllo della Corte; e il controllo, a sua volta, per essere effettivo, non puo' che riguardare norme riferite a ben individuati settori (v. ad es. la sentenza n. 336/2005, punto 11.1 del Diritto, sulla conferenza di servizi prevista dall'art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche: «Tale funzione [di semplificazione procedimentale e di snellimento dell'azione amministrativa, propria della conferenza], nel contesto dello specifico procedimento in esame e degli interessi allo stesso sottesi, consente di ritenere che la previsione contenuta nella disposizione censurata sia espressione di un principio fondamentale della legislazione»; v. anche la sentenza n. 182/2006, punto 3 del Diritto, e la sentenza n. 350/2008). Per esemplificare, e' del tutto normale - e potrebbe dirsi persino costituzionalmente necessario - che il punto di equilibrio tra l'interesse del singolo ad iniziare quanto prima una certa attivita', e l'esercizio del potere-dovere dell'amministrazione di tutelare secondo legge gli altri interessi toccati da quella attivita', possa (o addirittura debba) essere diverso, a seconda che questi ultimi attengano al governo del territorio oppure alla tutela della salute o alla tutela del lavoro (il riferimento al governo del territorio e alla tutela della salute e del lavoro non e' casuale, evocando interessi che il comma 4-bis non prende in considerazione ai fini della esclusione dall'ambito di operativita' della Scia). Ancora: esigenze di semplificazione possono certo derivare dalla normativa comunitaria, vincolante per la Provincia, ed in particolare dalla direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno: ma anche la normativa comunitaria e' attenta: a) a far salva la peculiarita' dei singoli settori, ammettendo ad esempio che in taluni casi la autorizzazione allo svolgimento di certe attivita' sia subordinata ad un «adeguato esame» sulla presenza della «condizioni stabilite» per ottenerla (ad es. art. 10, par. 5); b) a far salvo il riparto delle competenze tra Stato, Regioni e minori enti locali (ad es., art. 10, par. 7). Del resto, il d.lgs. n. 59/2010, di attuazione della citata direttiva (non abrogato dal d.l. n. 78) dispone che «relativamente alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, i principi desumibili dalle disposizioni di cui alla Parte prima del presente decreto costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell'ordinamento giuridico dello Stato», aggiungendo che «relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente decreto» (art. 1, commi 3-4). Lo stesso decreto, poi, all'art, 84, e in dichiarata attuazione dell'art. 117, comma 5, Cost., aggiunge che «nella misura in cui incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente, le disposizioni del presente decreto si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva 2006/123/CE, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto.». Il comma 4-ter dichiara come proprio fondamento costituzionale anche la «tutela della concorrenza», oltre ai livelli essenziali delle prestazioni. Ma esso, in realta', non puo' essere ricondotto nemmeno alla lettera e) dell'art. 117 Cost. A parte la palese estraneita' a tale materia delle norme penali e di quelle relative ai rimedi giurisdizionali, la cui adozione la Provincia certo non rivendica, e' evidente la estraneita' alla «tutela della concorrenza» del comma in esame anche nelle parti in cui non riguarda attivita' imprenditoriali e professionali, e nelle parti in cui concerne (limitandoli) i poteri di controllo e repressivi delle amministrazioni preposte alla tutela dei molteplici interessi pubblici e privati, che sono stati presi in considerazione dalle singole leggi di settore quando hanno previsto le autorizzazioni, licenze, pareri, nulla osta e simili. Con riferimento a queste ultime norme limitatrici, anzi, la disposizione puo' avere l'effetto di far rimanere «sul mercato» imprese o professionisti con requisiti (in senso lato) non del tutto conformi agli schemi legali, con conseguente alterazione della concorrenza «leale» tra i diversi operatori. Ma anche con riferimento alle attivita' imprenditoriali e professionali il comma 4-ter non e' espressione della «tutela della concorrenza» nel senso della Costituzione, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte. Esso non riguarda i requisiti per l'accesso al mercato, o le condizioni di offerta dei beni e dei servizi, o la parita' di trattamento tra gli operatori, o misure di liberalizzazione dei mercati (sentt. nn. 401/2007, 431/2007, 452/2007, 326/2008): esso incide direttamente e principalmente sullo svolgimento dell'attivita' amministrativa e sui relativi procedimenti. Si potrebbe al piu' affermare che la concorrenza e' agevolata dal fatto che - riducendo i «tempi» per l'avvio di una attivita' (altro discorso sarebbe comunque da fare per i «costi», se si considerassero le necessarie «attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati»...) - un soggetto potrebbe essere indotto ad intraprendere quella attivita'. Ma e' evidente che la decisione di intraprendere una attivita' dipende (anche) dall'insieme della normativa (statale, provinciale, europea, internazionale) che la riguarda, cosi' che l'effetto che la semplificazione della disciplina ha sulla concorrenza e' solo accessorio ed indiretto; e la Corte insegna che, nei casi di interferenza, ai fini della riconduzione di una legge all'una o all'altra materia, occorre operare un giudizio di prevalenza (v. ad es. sentenza n. 370/2003). Particolarmente significativa in proposito e' la sentenza n. 430/2007, la quale, pur riconoscendo che la c.d. liberalizzazione della vendita dei farmaci «da banco» incide su attivita' professionali e commerciali, nel quadro di una legge diretta ad eliminare vincoli e restrizioni nell'esercizio delle attivita' di distribuzione dei medicinali, ha ricondotto la liberalizzazione, in applicazione del criterio della prevalenza, alla materia concorrente della «tutela della salute», e ha saggiato la costituzionalita' della norma impugnata secondo lo statuto costituzionale di questa materia, tendendo conto di tutta la normativa di settore (nella stessa prospettiva v. anche la sentenza n. 350/2008, per cui, in applicazione del criterio della prevalenza, i centri di telefonia rientrano nella materia delle comunicazioni, pur toccando anche aspetti relativi al commercio, ai diritti delle persone, alla sicurezza dello Stato). Gli argomenti che precedono valgono anche ad escludere che il vincolo al rispetto integrale del comma 4-bis, che il comma 4-ter fonda sulle lettere e) ed m) dell'art. 117 Cost., possa «convertirsi» in uno dei limiti che gli artt. 8 e 9 dello Statuto speciale pongono alle potesta' legislative primarie e concorrenti della Provincia. Da strumenti di semplificazione dei procedimenti possono anche ricavarsi norme fondamentali di riforma economico-sociale o principi dell'ordinamento giuridico: ma cio' va accertato caso per caso, in relazione alle singole previsioni, mentre non puo' dirsi per interi complessi di discipline eterogenee. In ogni caso, il comma 4-ter, la' dove dispone che la disciplina della Scia posta dal comma 4-bis «sostituisce direttamente [...] quella della dichiarazione di inizio attivita' recata da ogni normativa statale e regionale», e' incostituzionale - nella parte in cui si riferisce a leggi provinciali - per violazione dell'art. 2 d.lgs n. 266/1992: si tratta di norma immediatamente applicativa, in contrasto con la regola per cui il dovere di adeguamento della legislazione provinciale ai principi e alle norme costituenti limiti costituzionali e recati da atto legislativo dello Stato deve avvenire entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale, rimanendo nel frattempo applicabili le disposizioni legislative provinciali preesistenti.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova, addi' 27 settembre 2010 Prof. Avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi Manzi