N. 364 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 settembre 2010
Ordinanza del 7 settembre 2010 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Budel Cristina ed altro contro il comune di Besozzo. Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Demolizione e ricostruzione di edifici - Previsione, con norma di interpretazione autentica che la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma - Contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale (art. 3 d.P.R. n. 380/2001), in materia di governo del territorio, che pone un vincolo di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente. - Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, art. 27, comma 1, lett. d), ultimo periodo; legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7, art. 22. - Costituzione, art. 117, comma terzo; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. d). Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Demolizione e ricostruzione di edifici - Previsione che, a seguito dell'entrata in vigore della legge censurata, cessi di avere diritto di applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio, prevista, tra gli altri, dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, che pone un vincolo di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente - Contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale in materia di governo del territorio. - Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, art. 103. - Costituzione, art. 117, comma terzo; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1, lett. d).(GU n.49 del 9-12-2010 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro generale 828 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da Budel Cristina e Gallo Saverio, rappresentati e difesi dall'avv. Maria Cristina Colombo, presso il cui studio, in Milano, via Durini n. 24, sono elettivamente domiciliati; Contro Comune di Besozzo, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Bonomi e Gianmatteo Vitella, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Ada Lucia De Cesaris, in Milano, via Cadore n. 36, per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia nel ricorso principale: a) del provvedimento prot. n. 1256 del 22 gennaio 2008, comunicato ai ricorrenti il successivo 30 gennaio 2008, con il quale il Comune di Besozzo ha disposto l'annullamento in autotutela della denuncia di inizio attivita' n. 24/07, intestata a Gallo Saverio e Budel Cristina, depositata presso la Casa Comunale in data 15 febbraio 2007, prot. 2723 ed avente per oggetto la riqualificazione e ristrutturazione di edificio condonato; b) di ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorche' non conosciuto e, in particolare, per quanto occorra, della comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 19767 del 14 dicembre 2007 e della comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 3332 del 26 febbraio 2008, concernente «l'eventuale adozione di un provvedimento amministrativo al fine di verificare la legittimita' delle opere eseguite»; nel ricorso per motivi aggiunti del 21 maggio 2008: a) dell'ordinanza n. 37 del 21 aprile 2008, prot. n. 6681, notificata in data 28 aprile 2008, con la quale il Comune di Besozzo ha ordinato ai ricorrenti l'immediata sospensione dei lavori, rilevati ad esito di sopralluogo eseguito in data 10 aprile 2008; b) nonche' di tutti gli atti connessi e conseguenti e in particolare, per quanto occorra, del verbale datato 11 aprile 2008, prot. n. 6143, relativo al sopralluogo effettuato in data 10 aprile 2008; nonche' per la condanna del Comune di Besozzo al risarcimento di tutti i danni causati dall'illegittima, colposa e reiterata inibizione dell'esecuzione delle opere oggetto della denuncia di inizio attivita' presentata dai ricorrenti al Comune in data 15 febbraio 2007; nel ricorso per motivi aggiunti del 17 luglio 2008: a) dell'ordinanza n. 73 del 10 luglio 2008, prot. n. 11416, notificata ai ricorrenti in data 14 luglio 2008, con la quale il Comune di Besozzo ha ordinato ai sigg. Saverio Gallo e Cristina Budel il ripristino dello stato dei luoghi entro 30 giorni dalla data di notifica di tale provvedimento; b) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; nel ricorso per motivi aggiunti del 27 marzo 2009: a) del provvedimento prot. n. 668 del 16.1.2009, con il quale il Comune di Besozzo ha denegato l'istanza del permesso di costruire in sanatoria, presentata in data 9 ottobre 2008; b) di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorche' non conosciuto e, in particolare, della nota 2 dicembre 2008, prot. n. 18678 avente ad oggetto «comunicazione di motivi ostativi all'accoglimento del P.C. 184/08 presentato in data 9 ottobre 2009 prot. 15794»; nel ricorso per motivi aggiunti depositato il 4 agosto 2009: a) del provvedimento prot. n. 8793 del 25 maggio 2009, notificato in data 5 giugno 2009, con il quale il Comune di Besozzo ha reiterato l'ordinanza per il ripristino dello stato dei luoghi n. 73 del 10 luglio 2008 ed ha ordinato ai ricorrenti il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento impugnato; b) di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorche' non conosciuto; nonche' per la condanna del Comune di Besozzo al risarcimento di tutti i danni legati all'illegittimo, colposo e reiterato comportamento del Comune che ha determinato la costante inibizione dell'esecuzione delle opere oggetto della d.i.a. presentata dai ricorrenti al Comune di Besozzo in data 15 febbraio 2007. Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Besozzo; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2010 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti gli avv. Roberto Ragozzino (in sostituzione di Colombo) e Sonia Brangi (in sostituzione di Vitella); Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. F a t t o 1. Con provvedimento prot. n. 1256 del 22 gennaio 2008, il Comune di Besozzo ha annullato in autotutela la dichiarazione di inizio attivita' n. 24/07, presentata dai sig.ri Cristina Budel e Saverio Gallo in data 15 febbraio 2007, avente ad oggetto la riqualificazione e ristrutturazione di un edificio condonato, per le seguenti ragioni: l'intervento edilizio contrasta con l'art. 143 delle n.t.a. poiche', non rispettando la sagoma originaria, non e' riconducibile alla nozione di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, dovendosi interpretare l'art. 27 della 1egge Regione Lombardia n. 12/2005 in modo conforme all'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001; l'art. 143 delle n.t.a. consente la realizzazione di ampliamenti di edifici ricadenti in zona «Ambito di paesaggio Snl» nella sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell'entrata in vigore del p.r.g.: l'intervento in questione, avendo ad oggetto lavori di ampliamento di un edificio condonato in data 21 novembre 2006 e non rientra, dunque, nell'ambito di applicazione di tale norma, stante l'irretroattivita' degli effetti del condono. 2. Avverso questa determinazione insorgono i ricorrenti, articolando le seguenti doglianze: I. nullita' del provvedimento di annullamento della d.i.a. per mancanza dei connotati essenziali del provvedimento; in ogni caso, violazione dell'art. 19 della 1. n. 241/1990, dell'art. 42 della legge n. 12/2005 e degli artt. 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per ingiustizia manifesta; II. violazione e falsa applicazione dell'art. 21-nonies della legge n. 241/1990; eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei fatti e delle norme tecniche applicabili al caso di specie; III. violazione e falsa applicazione dell'art. 143 delle n.t.a.; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; illogicita' manifesta: l'art. 143 delle n.t.a. fa riferimento all'esistenza dell'immobile e non alla sua legittima esistenza. Ad avviso dei ricorrenti, inoltre, l'unica definizione valida ed efficace di ristrutturazione edilizia vigente in Lombardia e' quella dettata dall'art. 27, comma1, lettera d), della 1egge reg. Lombardia n. 12/2005, ai sensi del quale la ristrutturazione mediante demolizione e contestuale ricostruzione deve rispettare solo il parametro della volumetria preesistente e non anche quello della sagoma. 3. I ricorrenti chiedono la condanna dell'amministrazione al risarcimento dei danni subiti a causa della inibizione della esecuzione delle opere oggetto della d.i.a. 4. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, depositato il 21 maggio 2008, i ricorrenti impugnano l'ordinanza n. 37 del 21 aprile 2008, prot. n. 6681 con cui il Comune di Besozzo ha ordinato loro l'immediata sospensione dei lavori rilevati all'esito del sopralluogo eseguito il 10 aprile 2008 ed il verbale di sopralluogo datato 11 aprile 2008. Queste le censure dedotte: I. violazione del principio di nominativita' dei provvedimenti amministrativi; eccesso di potere per illogicita' manifesta; eccesso di potere per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo: ne' l'art. 21-quater della 1egge n. 241/1990, ne' l'art. 37 del d.P.R. n. 380/2001 - affermano i ricorrenti - consentono una sospensione sine die dei lavori; II. violazione dell'art. 21-quater della 1egge n. 241/1990, la quale impone l'indicazione di un termine di cessazione degli effetti; III. violazione e falsa applicazione dell'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per illogicita' manifesta; eccesso di potere per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, avendo il Comune atteso quasi cinque mesi prima di assumere il provvedimento; IV. illegittimita' derivata per i vizi dedotti con riferimento al provvedimento impugnato con il ricorso principale. 5. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato il 17 luglio 2008, i ricorrenti impugnano l'ordinanza n. 73 del 10 luglio 2008 con cui il Comune di Besozzo ha ordinato loro il ripristino dello stato dei luoghi, articolando le seguenti doglianze: I. violazione dell'art. 1 della 1egge n. 689/1981; violazione del principio di nominativita' dei provvedimenti amministrativi; violazione del principio di legalita', dei provvedimenti sanzionatori; violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 37 del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza dei presupposti, per illogicita', per ingiustizia manifesta, per contraddittorieta' estrinseca e perplessita'; II. violazione e falsa applicazione dell'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per illogicita' manifesta; eccesso di potere per violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione; III. illegittimita' derivata dai vizi che inficiano l'atto di annullamento in autotutela impugnato con il ricorso principale. 6. Con un terzo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 19 marzo 2009, i ricorrenti impugnano il provvedimento prot. n. 668 del 16 gennaio 2009 con cui il Comune di Besozzo ha negato loro il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto la realizzazione di un box, per i seguenti motivi: I. violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 7, 10 e 10-bis della 1egge n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria; per difetto assoluto di motivazione; per violazione dei principi del giusto procedimento; per ingiustizia manifesta; per sviamento dalla causa tipica; II. violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della 1egge. n. 241/1990 e degli artt. 139, 140 e 143 delle n.t.a.; eccesso di potere per travisamento dei fatti; per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; illogicita' manifesta, essendo il box interrato; III. violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della 1egge n. 241/1990 e dell'art. 66 della 1egge Regione Lombardia n. 12/2005; eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto dei presupposti; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; illogicita' e contraddittorieta' manifesta; IV. illegittimita' derivata dai vizi che inficiano il provvedimento impugnato con il ricorso principale. 7. Con un quarto ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 4 agosto 2009, i ricorrenti impugnano, infine, il provvedimento n. 8793 del 25 maggio 2009 con cui il Comune di Besozzo ha reiterato l'ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 73 del 10 luglio 2008, per i seguenti motivi: I. violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380/2001; violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del 1egge n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione e per carenza di istruttoria; II. illegittimita' derivata dai vizi lamentati con riferimento al provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria prot. n. 668 del 16 gennaio 2009; III illegittimita' derivata dai vizi lamentati con riferimento al provvedimento impugnato con il ricorso principale. I ricorrenti ripropongono la domanda di risarcimento dei danni subiti in ragione della inibizione della esecuzione delle opere oggetto della d.i.a presentata il 15 febbraio 2007. 8. L'amministrazione comunale intimata si e' costituita in giudizio e, oltre a contestare la fondatezza delle censure dedotte, chiede che venga sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, della 1egge Regione Lombardia n. 17/2010 - ai sensi del quale «nella disposizione di cui all'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge ragionale il marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma»" - per violazione degli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione. 9. All'udienza del 9 giugno 2010 il ricorso e' stato ritenuto per la decisione. D i r i t t o 1. Con provvedimento prot. n. 1256 del 22 gennaio 2008, il Comune di Besozzo ha annullato in autotutela la dichiarazione di inizio attivita' n. 24/07, presentata dai sig.ri Cristina Budel e Saverio Gallo in data 15 febbraio 2007 - avente ad oggetto la realizzazione di lavori di riqualificazione e ristrutturazione di un edificio condonato - per due autonome ragioni: l'intervento edilizio si pone in contrasto con l'art. 143 delle n.t.a. poiche', non rispettando la sagoma originaria, non e' riconducibile alla nozione di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, dovendosi interpretare l'art. 27 della 1egge Regione Lombardia n. 12/2005 in modo conforme all'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001; l'intervento in questione, avente ad oggetto opere di ristrutturazione, mutamento di destinazione d'uso nonche' ampliamento di un edificio condonato in data 21 novembre 2006, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 143 delle n.t.a. - norma che consente la realizzazione di ampliamenti di edifici ricadenti in zona «Ambito di paesaggio Snl» nella sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell'entrata in vigore del p.r.g. del 1999 - stante l'irretroattivita' degli effetti del condono. 2. Con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti lamentano la nullita' del provvedimento, ai sensi dell'art. 21-septies della legge n. 241/1990, in quanto privo di oggetto: mancherebbe, a loro avviso, il provvedimento amministrativo oggetto di autotutela, avendo la dichiarazione di inizio attivita' natura di atto privato. La censura e' infondata. Gia' prima dell'entrata in vigore della legge n. 80/2005, la giurisprudenza affermava la sussistenza, in capo alla p.a., di un potere residuale di intervento in autotutela sulla dichiarazione di inizio attivita', successivamente alla scadenza del termine previsto dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio (Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2002, n. 4453). Con la legge n. 80/2005, il legislatore ha recepito questo orientamento giurisprudenziale ed ha modificato l'art. 19 della legge n. 241/1990 - norma che detta una disciplina generale della dichiarazione di inizio attivita' applicabile anche alla d.i.a. edilizia facendo espressamente «salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nessun dubbio sussiste, dunque, sulla possibilita' per l'amministrazione di esercitare il potere di autotutela sulla d.i.a., e cio' a prescindere dalla soluzione della questione di quale sia la natura giuridica che ad essa si intenda attribuire. Il Collegio ritiene, comunque, che il riferimento all'autotutela possa spiegarsi anche restando entro i confini della linea interpretativa secondo cui la d.i.a. e' un atto del privato: il potere di autotutela sulla d.i.a. e', difatti, da intendersi come un potere sui generis che della consueta autotutela decisoria condivide soltanto i presupposti ed il procedimento - dovendo essere esercitato entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico - e che da essa si differenzia poiche' non implica un'attivita' di secondo grado insistente su un procedente provvedimento amministrativo. Il richiamo, ad opera dell'art. 19 della legge n. 241/1990, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies va, quindi, riferito alla possibilita' di adottare non gia' atti di autotutela in senso proprio, ma di esercitare i poteri di inibizione dell'attivita', e di rimozione dei suoi effetti, nell'osservanza dei presupposti sostanziali e procedimentali previsti dal tali norme (Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 717/2009). 3. Con il secondo motivo di ricorso viene affermata l'illegittimita' del provvedimento di annullamento in autotutela della d.i.a. per violazione dell'art. 21-nonies della legge n. 241/1990 in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, sussisterebbe una posizione di interesse qualificato in capo ai ricorrenti, legata al decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. del 15 febbraio 2007, nel quale l'amministrazione puo' esercitare il potere inibitorio, ai sensi dell'art. 42, comma 9 della legge Regione Lombardia n. 12/2005. Ad avviso dei ricorrenti, il provvedimento impugnato non sarebbe, inoltre, supportato da un reale e concreto interesse pubblico, differente dal mero ripristino della legalita' violata. Sussisterebbe, poi, un vizio da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: nel provvedimento il Comune sostiene che alla data del 22 gennaio 2008 non sarebbero iniziati i lavori oggetto della d.i.a., quando, invece, i sig.ri Budel e Gallo avevano comunicato l'inizio dei lavori in data 7 dicembre 2007 e, nella perizia asseverata, redatta su loro incarico, il perito attesta che i lavori erano in corso gia' a gennaio 2008. Il motivo e' infondato. Il decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di inizio attivita' costituisce il presupposto per l'esercizio del potere di autotutela: prima di tale termine all'amministrazione compete, difatti, il differente potere di verificare la sussistenza dei requisiti e presupposti normativi per l'esercizio dell'attivita' oggetto di denuncia e, se del caso, di inibire l'intervento edilizio. Pur se, con il perfezionarsi della d.i.a., si consolida in capo al privato una posizione di affidamento meritevole di protezione, tuttavia, «tale affidamento non e' certamente cosi' forte da escludere qualsiasi potere di intervento da parte della p.a., anche perche' altrimenti per effetto della d.i.a., si andrebbe a consolidare una posizione piu' stabile rispetto a quella che deriva dal provvedimento autotizzatorio (il quale, ricorrendo le condizioni di legge, puo' essere appunto rimosso in via di autotutela)» (Cons. Stato, sent. n. 717/2009). Non puo', quindi, ritenersi che il decorso del termine di trenta giorni ingeneri un affidamento che prevalga, per cio' solo, su ogni interesse pubblico alla rimozione del titolo abilitativo perche', se cosi' fosse verrebbe negata in radice ogni possibilita' per l'amministrazione di intervenire in autotutela. E', pertanto, legittima la valutazione compiuta dal Comune di Besozzo che ha escluso la sussistenza in capo agli istanti di una posizione di affidamento in considerazione del decorso di un breve lasso di tempo tra la pronuncia di questo Tar del 4 dicembre 2007, n. 6542 - di annullamento del provvedimento del 27 marzo 2007, con cui il Comune aveva inibito la realizzazione dell'attivita' edilizia oggetto della d.i.a. (prima di tale momento, difatti, non poteva sussistere in capo ai ricorrenti alcuna posizione di affidamento circa la legittimita' dell'attivita' edilizia ma semmai la sola aspettativa di un esito positivo della controversia) - e l'esercizio del potere di autotutela, con l'adozione, in data 22 gennaio 2008, del provvedimento impugnato. Altresi' corretta e' stata la considerazione dell'amministrazione che ha escluso la sussistenza di una posizione di affidamento anche perche' non era ancora stata posta in essere alcuna attivita' edificatoria. Non puo', difatti, ritenersi che il provvedimento sia viziato da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: quanto asserito nella perizia - redatta su incarico dei sig.ri Budel e Gallo, doc. n. 22 dei ricorrenti - in ordine all'impianto di una baracca, alla sistemazione strada di accesso, alla realizzazione di opere di recinzione, allo spianamento del terreno ed allo sbancamento parziale, previa demolizione di un banco di roccia, non contraddice affatto quanto affermato dalla p.a. circa l'assenza di attivita' edificatoria. La realizzazione di mere operazioni di sbancamento non e', invero, sufficiente a configurare l'inizio di una vera e propria attivita' edificatoria (cfr. la giurisprudenza in tema di decadenza del permesso di costruire: Tar Lombardia Milano, sez. II, 8 marzo 2007, n. 372; Tar Lazio Roma, sez. II, 11 maggio 2006, n. 3480; Cons. Stato, sez. IV, 3 ottobre 2000, n. 5242). Il provvedimento motiva adeguatamente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico all'annullamento della d.i.a., identificato nella «necessita' di tutelare l'ordinato assetto urbanistico dell'area interessata dall'intervento edilizio, cosi' come predeterminata dalle n.t.a. del p.r.g. vigente, soprattutto in considerazione della elevata naturalita' della zona»; il provvedimento chiarisce, inoltre, come l'amministrazione comunale intenda «preservare tale ambito di paesaggio, consistente in aree non urbanizzate, destinate ad uso agricolo, escluso dalla edificazione per scopi agricoli ed al mantenimento delle attivita' extra-agricole esistenti». In ordine a questi profili di interesse paesaggistico, posti alla base del provvedimento di autotutela, alcuna censura e' mossa dai ricorrenti. Ne' puo' trovare accoglimento la generica contestazione secondo cui la violazione delle norme che disciplinano l'attivita' urbanistica puo' portare all'esercizio del potere di vigilanza ai sensi dell'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 ma non all'adozione di un provvedimento di secondo grado: l'esercizio del potere di autotutela rientra, difatti nella discrezionalita' dell'amministrazione ed e' insindacabile laddove, come accade nel caso di specie, e' supportato da una adeguata valutazione dell'interesse pubblico ad esso sotteso. 4. Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano, in primo luogo, l'erroneita' della interpretazione dell'art. 143 delle n.t.a. accolta dall'amministrazione comunale, secondo cui la norma consente unicamente la realizzazione di ampliamenti di edifici legittimamente esistenti alla data di entrata in vigore del p.r.g. 1999 e dunque non di un immobile - quale quello dei sig.ri Gallo e Budel - condonato nel 2006, stante l'irretroattivita' degli effetti del condono. La censura e' fondata. L'art. 143 delle n.t.a. consente, per le zone poste in «Ambito di Paesaggio Snl», «l'adeguamento degli edifici esistenti che, alla data di entrata in vigore del p.r.g. 1999, risultano adibiti ad usi extra-agricoli e degli edifici assoggettabili a cambio di destinazione d'uso ai sensi dell'ari. 4, legge Regione Lombardia 15 gennaio 2001, n. 1». L'immobile in questione era esistente alla data in cui la variante generale al p.r.g. e' stata approvata (6 aprile 2004). I ricorrenti hanno, difatti, prodotto una carta tecnica regionale del 1994, una aerofotogrammetria del 1997 e le ortofoto estratte dal sistema cartografico regionale del 1998 e del 2003 nelle quali risulta indicato il fabbricato in questione. Attesa l'esistenza dell'edificio alla data di approvazione della variante, l'intervento di adeguamento era, dunque, da ritenersi. ammissibile. Il Collegio non condivide, invero, l'interpretazione data dalla p.a. all'art. 143 delle n.t.a.: escludendo la realizzabilita' di interventi di ampliamento su edifici, esistenti alla data di approvazione della variante al p.r.g. e successivamente oggetto di provvedimenti di sanatoria, l'amministrazione da' una lettura della norma in contrasto con la sua lettera, chiedendo il ricorrere di un requisito, quello della legittimita' dell'esistenza, che non e' previsto. La disposizione, nel consentire la realizzazione di interventi di ampliamento, opera una distinzione tra edifici esistenti alla data di approvazione della variante al p.r.g. ed edifici realizzati successivamente a tale data, ma non contiene alcuna previsione che consenta di espungere dai primi gli edifici abusivi successivamente condonati. Il riferimento alla «esistenza» dell'immobile non puo', quindi, essere inteso nel senso della «legittima esistenza». 5. Sempre con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti censurano il motivo di annullamento della d.i.a. legato alla non qualificabilita' dell'intervento quale ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, poiche' non rispetta la sagoma originaria, e lamentano l'illegittimita' dell'interpretazione dell'art. 27, comma 1, lettera d) della legge Regione Lombardia n. 12/2005, accolta dall'amministrazione comunale. Ad avviso dei ricorrenti l'art. 103 della legge regionale n. 12/2005 ha disapplicato l'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 e, quindi, l'unica definizione di ristrutturazione vigente in Lombardia e' quella data dall'art. 27, comma 1, lettera d) ai sensi della quale «nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricomprasi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica». Poiche', in forza di questa previsione, l'unico parametro che deve essere rispettato e' quello della volumetria preesistente, ed essendo, dunque, irrilevante, il mantenimento della sagoma preesistente - sostengono i ricorrenti - l'intervento oggetto della d.i.a. dovrebbe qualificarsi quale ristrutturazione edilizia e sarebbe pienamente rispettoso dell'art. 143 delle n.t.a. 6. Nelle more del giudizio, il legislatore regionale ha emanato l'art. 22 della legge regionale n. 7/2010, norma di interpretazione autentica dell'articolo 27, comma 1, lettera d), della legge Regione Lombardia n. 12/2005 ai sensi della quale «nella disposizione di cui all'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma». 7. Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita' di quest'ultima disposizione, prospettata dalla difesa dell'amministrazione resistente, sia rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi e nei limiti di seguito specificati. 8. Per quanto attiene profilo della rilevanza si osserva quanto segue. Il Collegio ha accolto il motivo di ricorso con cui e' stata lamentata l'illegittimita' della ragione di annullamento della d.i.a. legata alla interpretazione dell'art. 143 delle n.t.a. L'accoglimento di tale censura non comporta, tuttavia, l'annullamento del provvedimento impugnato: in presenza di un provvedimento fondato su piu' motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l'accertamento della illegittimita' di tutti i motivi puo' portare alla sua caducazione. A cio' consegue la necessita' di affrontare l'esame della censura - rivolta avverso il motivo di annullamento della d.i.a. legato alla qualificazione dell'intervento edilizio non quale ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione bensi' quale nuova costruzione, attese le differenze nella sagoma rispetto all'edificio originario - con cui i ricorrenti contestano la legittimita' dell'interpretazione dell'art. 27, comma 1, lettera d), della legge Regione Lombardia n. 12/2005 accolta dall'amministrazione comunale e la necessita' che, nella ristrutturazione edilizia, sia rispettato il vincolo della sagoma dell'edificio preesistente. Risulta pertanto decisiva, ai fini della definizione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti (con i quali viene lamentata l'illegittimita' dei provvedimenti successivamente adottati dall'amministrazione comunale derivata dalla illegittimita' del provvedimento di annullamento in autotutela della d.i.a.), la verifica della compatibilita' con la Costituzione dell'art. 27, comma 1, lettera d) della legge Regione Lombardia n. 12/2005 e della norma interpretativa dettata dal legislatore regionale con l'art. 22 della legge regionale n. 7/2010, ai sensi della quale «nella disposizione di cui all'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma». Quest'ultima disposizione, pur se sopravvenuta, trova, invero, applicazione nel presente giudizio, essendo indubbia la sua valenza interpretativa, e dunque, la sua efficacia retroattiva. 9. Per quanto concerne, invece, la non manifesta infondatezza, si osserva quanto segue. 9.1 Come e' noto, l'edilizia, pur se non prevista esplicitamente, rientra nell'ambito della materia «governo del territorio», che l'art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla potesta' legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni (cfr. ex multis, Corte Cost., 25 settembre 2003, n. 303 e 19 dicembre 2003, n. 362). La Corte Costituzionale ha, difatti, affermato che «la materia dei titoli abilitativi ad edificare appartiene storicamente all'urbanistica che, in base all'art. 117 Cost., nel testo previgente, formava oggetto di competenza concorrente. La parola "urbanistica" non compare nel nuovo testo dell'art. 117, ma cio' non autorizza a ritenere che la relativa materia non sia piu' ricompresa nell'elenco del terzo comma: essa fa parte del "governo del territorio". Se si considera che altre materie o funzioni di competenza concorrente, quali porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, sono specificamente individuati nello stesso terzo comma dell'art. 117 Cost. e non rientrano quindi nel "governo del territorio", appare del tutto implausibile che dalla competenza statale di principio su questa materia siano stati estromessi aspetti cosi' rilevanti, quali quelli connessi all'urbanistica, e che il "governo del territorio" sia stato ridotto a poco piu' di un guscio vuoto» (cfr. Corte Cost., 25 settembre 2003, n. 303). Le Regioni esercitano, pertanto, in materia edilizia, una potesta' legislativa concorrente, nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale. In linea con tali dettami, la legge regionale lombarda n. 12/2005 precisa, all'art. 1, comma 1, che «la presente legge, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalita' di esercizio delle competenze spettanti alla Regione e agli enti locali, nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento statale e comunitario, nonche' delle peculiarita' storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia». 9.2 Ad avviso del Collegio, l'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, recante la definizione degli interventi edilizi, costituisce un principio fondamentale della legislazione statale, non derogabile dal legislatore regionale. Depongono in tal senso elementi di carattere letterale e sistematico, quale la rubrica della norma «Definizioni degli interventi edilizi» e la collocazione nel titolo I della parte I, recante «Disposizioni generali». La natura di principio fondamentale dell'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, e', inoltre, desumibile dal complessivo impianto del testo unico dell'edilizia e dal rilievo centrale che in esso assumono le definizioni degli interventi edilizi. La disciplina applicabile agli interventi edilizi e', difatti, legata alla loro qualificazione: si pensi, ad esempio, alla tipologia di titolo abilitativo - se permesso di costruire o denuncia di inizio attivita' - cui l'intervento e' assoggettato, all'onerosita' o meno dell'intervento o alla differente disciplina sanzionatoria. In considerazione di tale valenza trasversale, le definizioni delle tipologie di intervento edilizio sono, quindi, indubbia espressione di un principio fondamentale. Il carattere di principio fondamentale dell'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, legato ad una esigenza di uniformita' delle nozioni, e' dimostrato, infine, dalla prevalenza delle definizioni in essa previste sulle eventuali diverse disposizioni contenute negli strumenti urbanistici generali e nei regolamenti edilizi (art. 3, comma 2, d.P.R. n. 380/2001). 9.3 L'art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 definisce, quali interventi di ristrutturazione edilizia, «gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica». La prima formulazione della norma ricomprendeva tra gli interventi di ristrutturazione edilizia «quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica». L'art. 1 del d.lgs. n. 27 dicembre 2002, n. 301 ha modificato l'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 eliminando la locuzione «fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente" e l'ha sostituita con l'espressione «ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente» (art. 1, lettera a). In mancanza dei requisiti previsti dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, l'intervento non puo' essere qualificato quale ristrutturazione edilizia, bensi' quale nuova edificazione. La lettera e) dell'art. 3, comma 1, ricomprende infatti tra gli «interventi di nuova costruzione» quelli di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Due sono, dunque, le ipotesi di ristrutturazione previste dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001: quella contemplata dalla prima parte della norma (c.d. intervento conservativo), che puo' comportare anche l'inserimento di nuovi volumi o modifiche della sagoma (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2007, n. 5214; Cass. pen, 17 febbraio 2010, n. 16393) e quella (c.d. intervento ricostruttivo) attuata mediante demolizione e ricostruzione, vincolata al rispetto di volume e sagoma dell'edificio preesistente. Quanto al titolo abilitativo necessario per realizzare ristrutturazioni edilizie, l'art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 subordina a permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione c.d. pesante, quelli cioe' che portano alla realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e consistente in un aumento delle unita' immobiliari, in modifiche del volume, dei prospetti, della sagoma o delle superfici oppure, per gli immobili nella zona A, con mutamenti di destinazione d'uso (in alternativa, pero', l'intervento puo' essere anche effeettuato con denuncia di inizio attivita' sulla base del combinato disposto artt. 3, 10 e 22, comma 3, lettera a) del d.P.R. n. 380/2001). In tutte le altre ipotesi di ristrutturazione, c.d. leggere - quelle cioe' di portata minore - e' sufficiente la previa presentazione della dichiarazione di inizio attivita'. La ristrutturazione attuata mediante demolizione e ricostruzione e', quindi, soggetta alla sola dichiarazione di inizio attivita' solo se porta alla realizzazione di un organismo che abbia la stessa volumetria e la stessa sagoma di quello preesistente. 9.4 La giurisprudenza accoglie un'interpretazione restrittiva del concetto di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, sempre volta a cogliere gli elementi che differenziano tale tipologia di intervento da quello di nuova costruzione. Ad un primo orientamento che escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di ristrutturazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 febbraio 1996, n. 144), e' seguito l'orientamento, trasfuso nel Testo Unico dell'edilizia, che ha compreso la fattispecie nella categoria della «ristrutturazione» purche' «fedele», in quanto modalita' estrema di conservazione dell'edificio preesistente nella sua consistenza strutturale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 agosto 2000, n. 4397). Per la giurisprudenza pressoche' unanime, anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma e volumi; diversamente opinando, sarebbe, difatti, sufficiente la preesistenza di un edificio per definire ristrutturazione qualsiasi nuova realizzazione eseguita in luogo o sul luogo di quella preesistente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1177/2008; sez. V, n. 476/04; n. 5310/03; n, 4593/03; 18 marzo 2008, n. 1177; 8 ottobre 2007, n. 5214; 16 marzo 2007, n. 1276; 22 maggio 2006, n. 3006; Cass., sez. III, 26 ottobre 2007, 18 marzo 2004). Il legame con l'edificio preesistente, quanto a sagoma - intendendosi con tale concetto «la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale», ovvero il contorno che viene ad assumere l'edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti (cfr. Cass. sez. III, 23 aprile 2004, n. 19034) - e a volumetria, costituisce, quindi, per unanime giurisprudenza, il criterio distintivo degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente dalle nuove costruzioni. Le identita' di volume e sagoma del nuovo edificio rispetto a quello originario giustificano, inoltre, il differente regime cui sono soggetti gli interventi di ristrutturazione edilizia rispetto alle nuove costruzioni: ove la ristrutturazione mantenga inalterati i parametri urbanistici ed edilizi preesistenti, l'intervento non e', difatti, subordinato al rispetto dei vincoli posti dagli strumenti urbanistici sopravvenuti, giacche' la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 1996, n. 1359; Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 1998 n. 369; Cass. civ., sez. II, 12 giugno 2001, n. 7909; Tar Calabria, Reggio Calabria, 24 gennaio 2001, n. 36; Puglia, Bari, sez. III, 22 luglio 2004 n. 3210) . 9.5 Delineato, cosi', il quadro della normativa statale, si passa all'esame della disciplina dettata, per la Regione Lombardia, dal legislatore regionale. L'art. 27 della legge Regione Lombardia n. 12/2005, al comma 1 lettera d) prevede che «nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismic». A differenza dell'art. 3, d.P.R. n. 380/2001, che, come si e' visto, pone un vincolo di identita' di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente, la norma regionale non menziona il limite della sagoma. L'art. 103 della legge Regione Lombardia n. 12/2005, prevede, inoltre, che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 12/2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra l'altro, dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, con cio' escludendo implicitamente il carattere di principio fondamentale della norma recante le definizioni degli interventi edilizi. 9.6 Il Tar Lombardia ha ritenuto di poter accedere ad una lettura uniforme alla Costituzione di queste disposizioni, nonostante l'art. 27, comma 1, lettera d), della legge Regione Lombardia n. 12/2005 non contenesse alcun riferimento al limite della sagoma dell'edificio. Dapprima il Tar Lombardia, Brescia, con la sentenza 13 maggio 2008, n. 504, ha affermato che «il concetto di ristrutturazione pervia demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell'edificio preesistente e' ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, si' che e' poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intento». Ha ritenuto incongruo che l'esigenza del limite di sagoma «possa venire accantonata senz'altro dalle legislazione regionale» e, quindi, «seguendo il costante insegnamento della Corte costituzionale per cui sin quando e' possibile una legge ordinaria va interpretata in modo conforme a Costituzione» ha concluso che «il limite della sagoma, attraente ad un principio, nella norma lombarda che non lo prevede espressamente, vada ricavato per via di interpretazione logica e sistematica». Successivamente, anche questo Tar ha sostenuto che l'art. 27 comma 1, lettera d) della L.R. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 dovesse interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell'edificio preesistente, in quanto tale requisito, previsto dall'art. 3, comma 1, lettera d) del D.P.R. 380/01, costituisce espressione di un principio generale che orienta anche l'interpretazione della legislazione regionale (Tar Lombardia Milano, sez. II, 16 gennaio 2009, n. 153). 9.7 Una tale soluzione dell'antinomia tra le previsioni dell'art. 27, comma 1, lettera d), della legge Regione Lombardia n. 12/2005 ed il principio fondamentale dettato dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 non puo' pero' piu' essere accolta. Con l'art. 22 della legge regionale n. 7 del 5 febbraio 2010, il legislatore regionale ha, difatti, adottato una norma di interpretazione autentica, specificando che «nella disposizione di cui all'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 la ricostruzione dell'edificio e' da intendersi senza vincolo di sagoma». Ad avviso del Collegio, il combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d) ultimo periodo, della legge Regione Lombardia n. 12/2005, come interpretato dalla legge regionale n. 7/2010 - nella parte in cui esclude l'applicabilita' del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione - e 103 della legge Regione Lombardia n. 12/2005 - nella parte in cui prevede che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 12/2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall'art. 3, d.P.R. n. 380/2001 - si pone in aperto contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale dettato dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 in materia di governo del territorio e viola, dunque, l'art. 117, comma 3 della Costituzione. 10. In conclusione, il ricorso principale e' parzialmente fondato, secondo quanto sopra esposto. L'accoglimento della censura formulata con il terzo motivo di ricorso, indicata al punto n. 4, non comporta, comunque, l'annullamento del provvedimento impugnato, giacche', in presenza di un provvedimento fondato su piu' motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l'accertamento della illegittimita' di tutti i motivi puo' portare alla sua caducazione. 11. Nella restante parte, il giudizio deve essere sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte Costituzionale, essendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d) e 103 della legge Regione Lombardia n. 12/2005 e dell'art. 22 della legge Regione Lombardia n. 7 del 5 febbraio 2010, in relazione all'art. 117, comma 3 della Costituzione, per le ragioni che si sono sopra esplicitate. 12. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva.
P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d) e 103 legge Regione Lombardia n. 12/2005 e dell'art. 22, legge Regione Lombardia n. 7 del 5 febbraio 2010, in relazione all'art. 117, comma 3 della Costituzione. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della Segreteria della sezione, la presente sentenza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta Regionale della Lombardia e comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2010. Il Presidente: Arosio Il Consigliere: Spadavecchia