N. 367 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 luglio 2010

Ordinanza del 22 luglio 2010 emessa  dal  Tribunale  di  Ferrara  nel
procedimento penale a cariaco di Eraji Rabi. 
 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continui a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato - Mancato inserimento  nella  descrizione  della  fattispecie
  della  clausola  "senza  giustificato   motivo"   -   Irragionevole
  disparita' di trattamento, anche sotto  il  profilo  sanzionatorio,
  rispetto alla fattispecie di cui  all'art.  14,  comma  5-ter,  del
  medesimo decreto legislativo. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94, in relazione all'art. 14, comma 5-ter,
  ultimo periodo, del medesimo decreto legislativo. 
- Costituzione, art. 3, primo comma. 
Straniero - Espulsione amministrativa  -  Configurazione  come  reato
  della condotta di chi, destinatario del provvedimento di espulsione
  di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 e  di  un
  nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis  del  medesimo
  articolo, continui a permanere illegalmente  nel  territorio  dello
  Stato  -  Denunciata  previsione  di   una   serie   potenzialmente
  indeterminata di violazioni  degli  ordini  di  allontanamento  dal
  territorio nazionale a causa della mancata  adozione  del  servizio
  pubblico  di  accompagnamento  alla  frontiera  -  Violazione   del
  principio di personalita' della responsabilita'  penale  -  Lesione
  del principio della finalita' rieducativa della pena. 
- Decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  art.  14,  comma
  5-quater, come sostituito dall'art. 1, comma 22,  lett.  m),  della
  legge 15 luglio 2009, n. 94, in relazione all'art. 14, comma 5-ter,
  ultimo periodo, del medesimo decreto legislativo. 
- Costituzione, art. 27, primo e terzo comma. 
(GU n.49 del 9-12-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14  comma
5-quater d.lgs. n. 286/98, come  modificato  dalla  legge  15  luglio
2009, n. 94 in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione; 
    Proc.to n. 3538/10 R.G. N. R. - n. 1358/10 R.G. Dib. 
    Contro Eraji Rabi nato in Marocco il 2 maggio 1982  imputato  del
reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-quater,  d.lgs.  n.  286/98  come
modificato dalla legge n. 189/2002 e successivamente modificato dalla
legge n. 271/2004 perche', senza giustificato motivo,  si  tratteneva
nel   territorio   dello   Stato   in   violazione   dell'ordine   di
allontanamento  impartitogli  dal  Questore  di  Ferrara   ai   sensi
dell'art. 14 comma 5-bis T.U. n. 286/98 emesso in data 11 giugno 2010
(contenente  avviso  della  sanzione  da  uno  a  quattro   anni   di
reclusione) e nella stessa data a lui notificato, ordine  conseguente
a provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Ferrara in  pari
data, essendo inottemperante ad un precedente ordine del Questore. 
    Con  l'aggravante  della  recidiva  infraquinquennale  ai   sensi
dell'art. 99 comma 2 n. 2 c.p. In Ferrara il 12 luglio 2010. 
    Visti gli atti del procedimento penale suindicato; 
    Considerato che l'Eraji, in data 12 luglio 2010, veniva tratto in
arresto da Militari della G.d.F. di Ferrara in quanto  inottemperante
all'ordine di allontanamento emesso dal Questore di Ferrara  in  data
11 giugno 2010, sul presupposto del decreto emesso in pari  data  dal
Prefetto; che all'udienza  di  convalida  dell'arresto  il  prevenuto
dichiarava di non  essersi  allontanato  dall'Italia  in  quanto  nel
maggio 2010 era stato investito  da  una  vettura,  riportando  gravi
lesioni per le quali era stato dapprima ricoverato in ospedale ed era
tutt'ora oggetto di cure presso l'Ospedale civile di Ferrara; a causa
di dette condizioni di salute e per poter continuare le terapie aveva
ritenuto di trattenersi. 
    La difesa dava dimostrazione della veridicita'  dell'assunto  del
prevenuto producendo la documentazione di riferimento. 
    Rilevato che i provvedimenti del Prefetto e del  Questore  datati
11 giugno 2010 recano esplicito richiamo  ad  analoghi  provvedimenti
emessi dalle medesime Autorita' in data 1° giugno 2010. 
    Considerato che, con riferimento alla disciplina previgente  alle
modifiche  introdotte  con  la  legge  n.  94  del  2009,  la  stessa
giurisprudenza  di  legittimita'   aveva   posto   un   limite   alla
possibilita' di reiterare gli accertamenti  dell'inottemperanza  agli
ordini di espulsione impartiti mediante l'intimazione a  lasciare  il
territorio nazionale entro cinque giorni, stabilendo che,  una  volta
accertata giudizialmente l'inottemperanza  da  parte  dell'immigrato,
non si potesse procedere  nuovamente  all'arresto  ed  alla  relativa
contestazione del reato previsto dall'art. 14 comma 5-ter, t.u. imm.,
per  avere  il  cittadino  straniero  violato   una   seconda   volta
l'intimazione a lasciare il territorio  nazionale,  poiche'  dopo  la
prima violazione dell'ordine occorreva procedere necessariamente  con
l'accompagnamento coatto alla  frontiera  (Cass.,  I  sez.  pen.,  14
novembre 2005, n. 580) e, solo se lo straniero fosse  rientrato  dopo
essere stato accompagnato ai confini, si poteva  procedere  ai  sensi
del comma 5-quater dell'art. 14; 
    rilevato che il predetto limite, ispirato non solo  dall'esigenza
di perseguire fatti direttamente attribuibili agli  immigrati  e  non
anche le inefficienze degli apparati di controllo statuali, ma  anche
dall'apprezzabile ragione di non celebrare una serie  di  processi  a
carico della stessa persona, deve ritenersi caduto con  l'entrata  in
vigore  della  nuova  normativa,  che  espressamente   incrimina   la
permanenza illegale «reiterata» nel territorio (art. 14, comma 5-bis)
ed attribuisce al Questore un generale potere  di  disporre  la  mera
intimazione  a  lasciare  il  Paese,  con  la  conseguenza  che  ogni
protrazione della  permanenza  puo'  configurare  un  nuovo  reato  o
un'estensione della permanenza della precedente condotta illecita  (a
seconda che venga o meno emesso un nuovo  ordine  di  espulsione  non
coattivo); 
    Ritenuto che tale interpretazione e' confermata pacificamente dal
tenore dei commi 5-ter e  5-quater  dell'art.  14  riformulati  dalla
legge n. 94/2009 ed in particolare dall'espresso e ripetuto  richiamo
alla procedura dettata  dal  comma  5-bis,  nonche'  dall'espressione
«continua a permanere» utilizzata dal  legislatore  nel  nuovo  comma
5-quater in luogo di quella precedente «che viene trovato»; 
    Ritenuto, tuttavia, che la nuova disciplina ed in particolare  il
nuovo comma 5-quater dell'articolo  in  esame,  nella  parte  in  cui
consente una serie indefinita di arresti  e  processi  nei  confronti
della stesso immigrato  irregolare  deve  essere  sottoposta  ad  una
valutazione di compatibilita' con la Costituzione, poiche' non appare
manifestamente infondata l'ipotesi di un suo contrasto con  la  carta
fondamentale. 
 
                            O s s e r v a 
 
    1. Violazione dell'art.  3,  1°  comma,  della  Costituzione  per
l'irragionevole mancata previsione di un giustificato motivo  per  la
permanenza sul  territorio  nazionale  nell'art.  14  comma  5-quater
d.lgs. n. 286/98; 
    L'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98. 
    E' noto come requisito necessario  per  la  configurabilita'  del
reato di cui all'art. 15, comma 5-ter,  T.U.  sull'immigrazione,  sia
l'assenza  di  un  «giustificato  motivo»   del   trattenimento   sul
territorio, concetto volutamente  generico  e  non  codificato,  come
tale, comprensivo di una  molteplicita'  di  situazioni  oggettive  e
soggettive anche piu' ampie rispetto allo stato di necessita'  ovvero
alle ordinarie cause di giustificazione, connesse eventualmente  alla
tutela dei  diritti  fondamentali  della  persona  nell'ottica  della
valorizzazione di  una  interpretazione  piu'  conforme  ai  principi
costituzionali (si pensi alle condizioni di salute dello straniero  o
di un prossimo congiunto, allo stato di gravidanza o alla nascita  di
figli minori, come pure alle persecuzioni  razziali,  allo  stato  di
guerra  del  paese  di  provenienza,  all'imminente  matrimonio   con
cittadino   italiano,    all'imminente    rilascio    di    documenti
dall'autorita' consolare ovvero ad altre  cause  che  impediscono  la
mobilita' del cittadino). 
    Una lettura costituzionalmente orientata della norma  ha  imposto
ai giudici di merito e di legittimita' la  ricerca  dei  confini  del
giustificato motivo sul  presupposto  che  il  delitto  sanziona  una
condotta  omissiva  (ovvero  l'inosservanza   al   provvedimento   di
espulsione)  e  che  proprio  la  previsione   della   esimente   del
giustificato motivo  costringe  a  valutare  in  modo  piu'  rigoroso
l'esistenza della colpevolezza e, quindi, il dolo del  reato.  Va  da
se' che, affinche' la condotta omissiva  sia  sanzionata  penalmente,
essa deve essere innanzitutto esigibile  da  chi  deve  osservare  il
precetto. 
    Su tali premesse, va detto che numerose sono  le  pronunce  della
Suprema Corte di cassazione in tema di giustificato motivo. 
    In linea generale circa la valutazione della  suddetta  esimente,
e' stato precisato che, ai fini della  sussistenza  del  giustificato
motivo,  idoneo  ad  escludere  la  configurabilita'  del  reato   di
inosservanza all'ordine del Questore di lasciare il territorio  dello
Stato,  non  e'  sufficiente  la  considerazione  del  mero   disagio
economico, di regola sottostante al fenomeno migratorio,  ma  occorre
la condizione di assoluta impossidenza dello straniero, che  non  gli
consenta di recarsi entro il termine assegnato alla  frontiera  e  di
acquistare il biglietto per il viaggio  (cfr.  Cass.  pen.  sez.  1°,
Sentenza n. 42384 del 6 dicembre 2006 proc. Singh). Ed  ancora  (cfr.
Cass. pen. sez. 1, Sentenza  n.  40315  del  26  ottobre  2006  proc.
Batir), a proposito delle difficolta' economiche  dell'immigrato,  e'
stato chiarito che la sussistenza del giustificato motivo per cui  lo
straniero si e' trattenuto nel territorio dello Stato  in  violazione
dell'ordine impartito dal questore  di  allontanarsene  entro  cinque
giorni ai sensi dell'art. 14-ter d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,  deve
essere valutata con riguardo a situazioni ostative  -  l'onere  della
cui  prova  grava  sull'interessato  -  incidenti  sulla  sua  stessa
possibilita', oggettiva o soggettiva, di  ottemperarvi,  escludendola
ovvero rendendola difficoltosa, non anche con riferimento ad esigenze
che riflettono la condizione tipica del migrante clandestino, come la
mancanza di  un  lavoro  regolare  ovvero  la  provenienza  di  mezzi
economici da attivita' non regolari o non stabili. Tuttavia, si legge
in altre decisioni (confronta Cass. pen. sez. 1,  Sentenza  n.  30774
del 25 maggio 2006 Ud. proc. Alexandru Nicolau), che, ai  fini  della
sussistenza  del  «giustificato  motivo»,  pur  avendo  lo  straniero
l'onere di allegare i  motivi  non  conosciuti  ne'  conoscibili  dal
giudicante, permane in capo al giudice il potere-dovere  di  rilevare
direttamente,  quando  sia  possibile,  l'esistenza  di  ragioni  che
legittimano l'inosservanza dell'ordine di allontanamento. 
    Sulla scia di tale decisione si pongono altre massime  che  hanno
valorizzato  il   dato   ponderale   della   impossidenza   economica
dell'immigrato  rilevabile  dal  giudice,  idonea  a  configurare  il
giustificato motivo. Secondo i giudici di legittimita', i motivi che,
in base all'art. 14 comma 1° d.lgs. n. 98/286, legittimano la p.a.  a
non  procedere  all'esecuzione  con  accompagnamento  coattivo   alla
frontiera,  ossia  la  necessita'  di  soccorso,  la  difficolta'  di
ottenere i documenti di viaggio, l'indisponibilita' del vettore o  di
altro  mezzo   di   trasporto   idoneo,   costituiscono   indici   di
riconoscimento della inesigibilita'  della  condotta  richiesta  allo
straniero in applicazione del principio ad impossibilia nemo tenetur.
In  particolare,  costituisce  giustificato  motivo   l'inadempimento
conseguente alle condizioni di assoluta impossidenza dello  straniero
il quale non puo' recarsi nel termine della frontiera ne'  acquistare
il biglietto di viaggio, ovvero al mancato rilascio  da  parte  della
competente autorita' diplomatica o consolare dei documenti  necessari
(cfr. in tal senso Cass. pen. sez. 1,  18  settembre  2006  n.  30779
Farina Fontan). 
    Giova ancora richiamare altra recente pronuncia (Cass. pen.  sez.
1, n. 8352 dell'8 febbraio 2008 imputato  Cisse)  che,  relativamente
alla inottemperanza all'ordine di allontanamento dal territorio dello
Stato, per indisponibilita' di mezzi  economici  per  l'acquisto  del
titolo di viaggio, ha  precisato  in  modo  analitico  e  rigoroso  i
parametri e criteri di accertamento. Nella motivazione, la  Corte  ha
ribadito che, se e' vero che al soggetto  inottemperante  compete  un
onere di allegazione e non gia' di dimostrazione del proprio assunto,
l'onere  di  allegazione  e'  convenientemente  adempiuto  quando  il
riferimento al motivo, alle ragioni od alle circostanze poste a  base
del mancato ottemperamento sia connotato  da  concretezza  e  non  in
contrasto con elementi desumibili dagli atti. In  altri  termini,  la
carenza di mezzi economici in misura  tale  da  non  consentire  allo
straniero di allontanarsi dallo Stato, non  deve  consistere  in  una
mera  affermazione  generica  e  non  accompagnata  da   un   qualche
riferimento concreto che renda possibile il giudizio di  esigibilita'
o meno dell'obbligo non rispettato, ne' deve porsi in contrasto con i
dati fattuali emergenti dagli atti. Inoltre, quanto all'apprezzamento
spettante al  giudice  del  merito  della  esistenza  della  esimente
speciale, e' stato precisato che: 
        esula dall'ambito applicativo della esimente ogni ipotesi  di
scelta volontaria o libera dell'espulso (cfr.  Cass.  pen.  sent.  n.
19131/06) pur se connessa ad esigenze degne di tutela,  quale  quella
di  presentare  una  istanza  di  «emersione»  (o  sanatorio)  e   di
attenderne la definizione (cfr.  Cass.  sentenze  n.  45431/05  e  n.
48863/03); 
        deve,  di  contro,  darsi  risalto  allo   stato   di   grave
condizionamento psichico, indotto da circostanze  concrete,  tali  da
rendere inesigibile  l'ottemperanza  all'ordine  del  Questore  (cfr.
Cass. sent. n. 32929/05); 
        con  particolare  riguardo  alla  dibattuta  questione  della
possibilita'  che  la  condizione  economica   dell'obbligato   possa
integrare l'esimente in esame, non puo' costituire l'esimente  stessa
la mera difficolta' di reperire i fondi  necessari  all'acquisto  del
titolo di viaggio (cfr. Cass. sent.  n.  19086/06),  ma  soltanto  la
grave  assoluta  impossidenza,  da  accertarsi  con   riguardo   alle
condizioni personali e di inserimento sociale dello  straniero  e  da
valutarsi anche in relazione al costo del viaggio  di  rimpatrio  nel
concreto imposto (cfr. Cass. sent. n. 25640/06); 
        compete, comunque, al giudice del merito effettuare il dovuto
scrutinio, al di la' dell'onere di allegazione  dell'interessato,  ed
allo stesso Giudice incombe di dare, adeguata  e  logica  motivazione
della valutazione effettuata (cfr. Cass. sent. n. 30774/06). 
    In altri termini, i  criteri  di  riconoscimento  della  esimente
speciale sono improntati ad un estremo rigore ma, al  contempo,  essi
mirano  a  salvaguardare  il  giusto  equilibrio  e  contemperare  le
esigenze di  tutela  sociale  alle  quali  e'  preposto  l'ordine  di
espulsione con i diritti fondamentali dello straniero garantiti dalle
norme costituzionali. 
    Ne discende che, mentre la mera difficolta' di adempiere  (tipica
delle condizioni in cui versano tutti  i  migranti)  non  integra  il
giustificato  motivo,  diversamente,  la  grave   impossibilita'   di
adempiere sia per  la  estrema  impossidenza  economica  sia  per  le
molteplici cause codificate nelle norme contenute nello stesso  testo
unico poste a protezione del  migrante  (sopra  richiamate  a  titolo
esemplificativo) configurano la speciale causa di giustificazione. 
    Con riferimento  alla  indisponibilita'  dei  mezzi  necessari  e
sufficienti   per   l'acquisto   del   titolo    di    viaggio    per
l'allontanamento, la Suprema Corte ha precisato che il giudice dovra'
tener conto dell'accertamento: 
        1) della presumibile situazione  economica  dell'interessato,
desumibile tanto dai proventi di qualsivoglia attivita'  egli  svolga
od abbia svolto in Italia, quanto dal  tempo  di  accertata  presenza
irregolare dello stesso sul territorio nazionale e  dalle  condizioni
personali di suo inserimento sociale. 
        2)  del  costo  presumibile  per  l'acquisto  del  titolo  di
viaggio, tenendo presente  che  l'allontanamento  deve  avvenire  non
gia', necessariamente, con rimpatrio nel paese  di  origine,  bensi',
secondo la ragionevole previsione dell'art. 14, comma 5-bis del  T.U.
in direzione di qualunque altro luogo situato  fuori  del  territorio
dello Stato italiano, (ben potendo emergere che  lo  straniero  possa
avere collegamenti personali con tali luoghi). 
    L'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/98. 
    Per contro, la nuova norma incriminatrice  introdotta  dal  comma
5-quater dell'art. 14 del testo unico delle  leggi  sull'immigrazione
appare in contrasto con  l'art.  3,  1°  comma,  della  Costituzione,
poiche'  sanziona  indefettibilmente  ogni   condotta   di   illegale
permanenza sul territorio nazionale del  cittadino  extracomunitario,
successiva ad una prima inottemperanza all'ordine di espulsione. 
    La disposizione, non prevedendo alcuna ipotesi  di  «giustificato
motivo» di permanenza sul territorio italiano  dello  straniero  gia'
espulso,  stabilisce  un  trattamento  deteriore  per   quest'ultimo,
rispetto a quello riservato allo straniero alla prima inottemperanza. 
    Se la violazione dell'ordine di espulsione e' stata finora sempre
considerata penalmente irrilevante nei  casi  di  sussistenza  di  un
giustificato motivo, sia  pure  nella  rigorosa  accezione  delineata
dalla Consulta nella sentenza  n.  5/2004  («situazioni  ostative  di
particolare  pregnanza,  che  incidano  sulla  stessa   possibilita',
soggettiva od oggettiva, di adempiere  all'intimazione,  escludendola
ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa»), nella  fattispecie  in
esame lo straniero, gia'  inottemperante  all'ordine  di  uscire  dai
confini nazionali, non ha piu', a partire  dal  secondo  accertamento
della sua permanenza irregolare nel  Paese,  alcuna  possibilita'  di
allegare  quelle  stesse  situazioni  che   rendono   impossibile   o
pericoloso adempiere all'ordine di espulsione. 
    Eppure tali impedimenti  ben  possono  sopravvenire  rispetto  al
primo accertamento della violazione; si pensi  a  malattie  oppure  a
stati di guerra o calamita naturale nella nazione di provenienza  del
cittadino   straniero   sorti   dopo    la    prima    inottemperanza
all'intimazione di lasciare il territorio italiano,  gia'  sanzionata
con l'arresto ed il contestuale processo con rito direttissimo. 
    Ne deriva che I'imputato che si trovi  a  dover  fronteggiare  le
suddette evenienze - assolutamente estranee alla sua sfera volitiva -
non avra' alcuna possibilita' di far valere fondamentali  elementi  a
discarico nel processo instaurato contro di lui  per  la  commissione
del reato previsto dal comma 5-quater dell'art.  14  t.u.  immigraz.,
divenendo soggetto per questa via ad una serie indefinita di arresti,
processi e condanne per tutta la  durata  della  situazione  ostativa
alla partenza dall'Italia. 
    E' evidente, a questo punto,  la  disparita  nel  trattamento  di
situazioni giuridiche omologhe, quali sono  quelle  dei  responsabili
dei reati rispettivamente previsti dai commi  5-ter  e  5-quater  del
citato art. 14. La maggiore ed ingiustificata asprezza  del  precetto
penale  previsto  dalla  seconda  disposizione  pone  la  stessa   in
contrasto con il principio di uguaglianza nell'accezione  consolidata
datane dalla Corte costituzionale. 
    Ulteriore profilo di contrasto della norma in esame con l'art. 3,
1°   comma,   della   Costituzione   e'   quello   dell'irragionevole
sottoposizione al medesimo trattamento sanzionatorio di due  condotte
oggettivamente dissimili; quella, rilevante nel caso di specie, dello
straniero che  continua  a  permanere  sul  territorio  nazionale  in
violazione dell'intimazione a lasciarlo,  impartitagli  a  norma  del
comma 5-bis dell'art. 14 e quella - oggettivamente piu' grave - dello
straniero che continui  a  permanere  nel  Paese  dopo  essere  stato
accompagnato coattivamente alla frontiera, a norma del  comma  5-ter.
E' chiaro che una  mera  omissione  non  puo'  essere  equiparata  ad
effettiva azione  contraria,  quale  quella  di  chi  si  sottrae  al
servizio di accompagnamento al confine o lo  rende  inutile  varcando
nuovamente i confini d'ingresso del nostro Paese. 
    Concludendo sullo specifico punto, la  disparita'  segnalata  non
appare colmabile facendo ricorso alla scriminante di ordine  generale
di cui all'art. 54 c.p. stante  i  limiti  ermeneutici  intrinseci  a
detta norma, la quale trova  configurabilita'  solo  a  fronte  della
provata sussistenza di un «pericolo attuale di un  danno  grave  alla
persona» non altrimenti evitabile. 
    2. Violazione dell'art. 27, 1° comma, della Costituzione  per  il
contenuto  di  responsabilita'  oggettiva  insito  nel  nuovo   comma
5-quater dell'art. 14 t.u. imm. 
    Il comma 5-quater dell'art.  14  d.lgs.  n.  286/98  e  anche  in
contrasto con l'art. 27, 1° comma, della Costituzione. 
    La disposizione,  infatti,  incrimina  in  modo  automatico  ogni
accertamento della perdurante inottemperanza ad ordini di  espulsione
emessi ai sensi del comma  5-bis  dell'art.  14,  non  ponendo  alcun
limite numerico al numero di tali accertamenti, con il  risultato  di
poter determinare una serie illimitata di arresti e processi penali. 
    E' noto che nel vigore della formulazione della norma  precedente
all'approvazione della legge n. 94/2009 il comma  5-quater  prevedeva
la sanzione peri soli  casi  di  «nuova»  permanenza  sul  territorio
nazionale, con cio'  definendosi  un  diverso  periodo  di  soggiorno
illegale dello straniero «gia' espulso con accompagnamento  coattivo»
alla frontiera. 
    Si e' gia' visto in precedenza come questa  piu'  grave  condotta
«attiva» di trasgressione della normativa sull'immigrazione  sia  ora
irragionevolmente  parificata  al  perdurare  della  mera  situazione
«omissiva» di soggiorno irregolare. 
    Ebbene, la formulazione normativa previgente del comma  5-quater,
interpretata dalla giurisprudenza di legittimita' formatasi a partire
dalla citata decisione della prima Sezione penale della S.C.  del  14
novembre 2005, n. 580, interveniva a  punire  solo  le  condotte  dei
migranti gia' precedentemente accompagnati alla frontiera, nuovamente
trovati nel territorio dello Stato. 
    Il nuovo esercizio  del  potere  sanzionatorio  veniva,  percio',
agganciato ad un'effettiva ed autonoma trasgressione  dell'immigrato,
laddove  l'attuale   tenore   della   stessa   disposizione   punisce
indefinitamente la mera «permanenza illegale» dello stesso nel Paese,
non  caratterizzata  da  alcuna  soluzione  di  continuita'  rispetto
all'iniziale non facere. 
    L'elemento  che  deve  essere  messo  in  risalto,  al  fine   di
evidenziare il contrasto del  comma  5-quater  con  il  principio  di
responsabilita' personale, e  quello  della  possibilita'  -  offerta
dalla legge n. 94/2009 al Questore - di reiterare  senza  limiti  gli
ordini  di  espulsione  emessi  ai  sensi   del   comma   5-bis   per
l'impossibilita'  di  accompagnare   coattivamente   alla   frontiera
l'interessato. Se, dunque, sulla  base  del  citato  orientamento  la
cassazione aveva qualificato come soggetto a «consumazione» il potere
d'intimazione  del  Questore,  dovendo  lo   stesso   necessariamente
riuscire ad eseguire coattivamente l'espulsione  dopo  l'accertamento
processuale della  prima  inottemperanza,  la  medesima  disposizione
novellati dalla legge del 15 luglio 2009 indubitabilmente  garantisce
all'organo provinciale di pubblica sicurezza la facolta' di ricorrere
sempre e comunque al predetto potere d'intimazione in tutti i casi in
cui non sia possibile l'accompagnamento alla  frontiera.  Non  lascia
dubbi la locuzione «si applicano in ogni caso»  le  disposizioni  del
comma 5-ter, che, a sua volta, richiama il precedente comma 5-bis  ed
il correlativo «ordine di lasciare il territorio  dello  Stato  entro
cinque giorni». 
    Emerge, a questo  punto,  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale del comma 5-quater dell'art.
14 t.u. imm., nella parte in cui prevede, in combinato disposto con i
commi 5-bis («l'ordine  e  doto  con  provvedimento  scritto  recante
l'indicazione  delle  conseguenze  sanzionatorie   della   permanenza
illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato») e 5-quinquies
la possibilita' di reiterati procedimenti  con  connessi  arresti  in
flagranza inerenti  alla  mera  perdurante  presenza  sul  territorio
italiano  dello  straniero  gia'  inottemperante  all'intimazione  di
espulsione impartita ai sensi del  comma  5-bis  e  per  questo  gia'
processato. 
    E' doveroso, quindi, porsi il problema della  compatibilita'  con
l'art. 27, 1° comma della Costituzione della norma in esame,  poiche'
la protrazione ulteriore della condotta  illecita  e  la  conseguente
commissione del distinto reato (rispetto all'ipotesi-base incriminata
tuttora dal comma  5-ter)  previsto  dall'art.  14,  comma  5-quater,
d.lgs. n. 286/1998 vengono ad essere effettivamente determinare dalla
inefficienza  della  p.a.  nell'esecuzione   dei   provvedimenti   di
espulsione. 
    In definitiva, se la commissione di un reato  e'  influenzata  in
modo determinante dall'attivita' di un  organo  statuale  e  doveroso
dubitare della legittimita' costituzionale della norma istitutiva del
relativo precetto penale, poiche' ne  risulta  svilito  il  principio
della responsabilita' personale, potendo  l'imputato  subire  pesanti
conseguenze dalla concorrente inerzia  proprio  degli  enti  pubblici
deputali all'applicazione delle norme sull'immigrazione: si pensi, ad
esempio, alla impossibilita di fruire della sospensione  condizionale
della  pena  nei  casi  di  molteplici  condanne  determinate   dalla
reiterata inerzia nel procedere all'accompagnamento alla frontiera. 
    Ne',  in  senso  contrario,   puo'   richiamarsi   il   dominante
orientamento della cassazione sulla natura permanente  del  reato  di
inottemperanza all'ordine di espulsione (VI sez. pen., 19 marzo  2008
- 3 luglio 2008 cit.). 
    Infatti, la notevole - ed indefinita  -  dilatazione  dell'ambito
applicativo del nuovo art. 14,  comma  5-quater,  t.u.  imm.  non  si
concilia  proprio  con  la  giurisprudenza  costituzionale   che   ha
agganciato la natura permanente o meno di una  fattispecie  criminosa
non tanto ad una estemporanea definizione  legislativa,  quanto  alla
concreta manifestazione della condotta tipica, cosi come interpretata
dalla giurisprudenza. 
    In proposito, puo' citarsi la sentenza della Corte costituzionale
del 26 novembre 1987, n. 520. Si tenga conto, infine, che, mentre  in
diversi  casi  disciplinati  da  altre  norme  penali  il   perdurare
dell'omissione  acquistava   rilevanza   penale   anche   in   virtu'
dell'incoercibilita' della condotta doverosa (cfr. C. Cost., sent.  5
marzo 1998, n. 46 in tema di servizio militare di leva), nel caso  in
esame,  poiche'  il  provvedimento  di   espulsione   e'   eseguibile
coattivamente  senza  una  particolare  collaborazione  da  pane  del
destinatario, non puo' ascriversi  alla  volonta'  dell'immigrato  la
responsabilita' per le  condotte  successive  al  primo  accertamento
processuale dell'inottemperanza. 
    Alla stregua di questa elaborazione dell'alta Corte  sui  confini
della punibilita', la norma in esame deve ritenersi  compatibile  con
il principio di responsabilita' personale posto dall'art.  27  Cost.,
nella misura in cui  la  permanenza  della  condotta  omissiva  cessi
comunque con la sentenza di condanna non seguita da provvedimento  di
espulsione effettiva, non potendosi  ritenere  ammissibile  sotto  il
profilo costituzionale  un  meccanismo  indefinito  di  processi  con
«arresti a catena» di una persona inottemperante ad un  primo  ordine
di espulsione, che non sia stato accompagnato alla frontiera all'atto
del secondo accertamento della violazione, in virtu'  dell'apodittica
formulazione dell'ultimo periodo del comma 5-ter  («qualora  non  sia
possibile procedere all'accompagnamento»). 
    Peraltro, a conferma della tesi in qui esposta, non  si  rinviene
nella fattispecie penale in esame quella  perdurante  lesione  di  un
bene giuridico, tipica dei reati permanenti (si pensi al sequestro di
persona od all'omissione d'atti d'ufficio), configurandosi  piuttosto
il delitto posto dall'art. 14, comma 5-quater, t.u. (unitamente  agli
altri contenuti nello stesso testo unico)  come  un  reato  di  «mera
disobbedienza»   o   formale.   L'immigrato   irregolare,    infatti,
disobbedisce  ad  un  precetto,   ma   non   compromette   certamente
l'integrita' territoriale del Paese,  ne'  il  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione  o  le  esigenze  del  bilancio  e  nemmeno
l'ordine pubblico, turbato, come e'  noto,  solo  da  fatti  concreti
almeno  potenzialmente  offensivi  della  tranquillita'   sociale   e
dell'incolumita' individuale. 
    Tuttavia,  poiche'  la  normativa  sin  qui  esaminata  e   stata
introdotta  proprio  per  permettere  il  meccanismo  indefinito   di
processi con «arresti a catena», con  la  sostanziale  surroga  della
detenzione (in virtu' dell'accumulo delle condanne  e  degli  effetti
della recidiva) alla piu' proporzionata e doverosa esecuzione in  via
amministrativa delle disposizioni sull'immigrazione  (accompagnamenti
e respingimenti  motivati  di  soggetti  specificamente  individuati)
appare   necessario   sollevare   la   questione   di    legittimita'
costituzionale del comma 5-quater dell'art.  14,  d.lgs.  n.  286/98,
nella parte in cui richiama I'ultimo  periodo  del  precedente  comma
5-ter e  sanziona  reiteratamente  plurime  inosservanze  della  mera
intimazione a lasciare il territorio nazionale, senza l'adozione  del
servizio pubblico di accompagnamento ai confini. 
    3. La rilevanza della questione. 
    Nel processo odierno la  questione  e'  rilevante  poiche'  Eraji
Rabi, essendo gia' stato destinatario dei provvedimenti  (decreto  di
espulsione e ordine di allontanamento) emessi ai sensi dell'art.  14,
comma 5-ter, t.u.  imm.  e'  ora  chiamato  a  rispondere  del  reato
previsto  dall'art.  14,  comma  5-quater,  per  avere  continuato  a
permanere  sul  territorio  nazionale  nonostante   l'intimazione   a
lasciarlo.  Se  si  ritenesse  non  conforme  alla  Costituzione   la
possibilita' di reiterare gli ordini  di  espulsione  e  le  relative
conseguenze penali, e' evidente che il processo con rito direttissimo
a  carico  del  predetto  non  potrebbe  portare  alla  condanna  del
prevenuto. 
    Allo stesso modo, dal momento  che  Eraji  Rabi  ha  allegato  di
essersi trattenuto sul  territorio  del  Paese  per  i  motivi  sopra
evidenziati, con conseguente dovere per il giudicante di valutare  se
tali dati di  fatto  -  ove  riscontrati  nella  loro  sussistenza  e
rilevanza fattuale - configurino una ipotesi di giustificato  motivo,
emerge la non manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14,  comma  5-quater,  nella  parte  in  cui
prevede che la  continuativa  permanenza  irregolare  sul  territorio
nazionale costituisca reato a prescindere  dalla  sussistenza  di  un
giustificato motivo per essere nuovamente  inottemperanti  all'ordine
di espulsione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 1 legge cost. 9 febbraio 1948, 1 e 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater,  d.lgs.  n.
286/98, in relazione all'art. 14, comma 5-ter, ultimo periodo,  dello
stesso d.lgs., come modificato dalla legge 15 luglio 2009,  n.  94  -
segnatamente delle parole «e di un nuovo ordine di allontanamento  di
cui al comma 5-bis» - per contrasto con gli artt. 3, comma 1°, e  27,
commi 1° e 3°, della Costituzione, nella parte in  cui  prevede,  nei
confronti del medesimo straniero immigrato  illegalmente  ed  espulso
con decreto prefettizio, una serie  potenzialmente  indeterminata  di
violazioni degli ordini di allontanamento dal territorio nazionale  a
causa della mancata  adozione  dell'accompagnamento  alla  frontiera,
nonche' laddove 
    l'art. 14, comma 5-quater, d.lgs.  citato  omette  la  previsione
della sussistenza di un «giustificato motivo» che abbia costretto  il
soggetto a trattenersi sul territorio nazionale. Sospende il giudizio
ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. 
 
        Ferrara, addi' 22 luglio 2010 
 
                        Il giudice: Mattelini