N. 59 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2010

Ordinanza del 22 novembre 2010 emessa dalla Corte d'appello di Genova
nel procedimento civile promosso da I.N.P.S. contro Lucchesini  Lucia
ed altra. 
 
Previdenza - Assicurazione obbligatoria  per  lavoratori  autonomi  -
  Esercizio  contemporaneo,  anche  in  un'unica  impresa,  di  varie
  attivita' autonome assoggettabili a diverse forme di  assicurazione
  obbligatoria  -  Principio  dell'assoggettamento  all'assicurazione
  obbligatoria prevista per l'attivita' prevalente -  Previsione  con
  norma di interpretazione  autentica,  ma  a  carattere  innovativo,
  dell'esclusione   dei   rapporti   di   lavoro    autonomo    degli
  amministratori - Violazione del principio di uguaglianza, sotto  il
  profilo dell'irragionevolezza - Lesione del diritto  di  azione  in
  giudizio   -   Violazione   delle    attribuzioni    costituzionali
  dell'autorita' giudiziaria - Lesione del principio di parita' delle
  parti processuali - Violazione di vincoli internazionali  derivanti
  dalla CEDU. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito,
  con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122. 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 102, 111, comma secondo,  e
  117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per  la
  salvaguardia diritti dell'uomo e liberta' fondamentali. 
(GU n.16 del 13-4-2011 )
 
                     LA CORTE D'APPELLO DI GENOVA 
 
    Ha  pronunciato  e  pubblicato  mediante  lettura  alla  pubblica
udienza del 17 novembre 2010 la seguente ordinanza. 
    Letti gli atti e sentite le parti nella causa in grado  d'appello
iscritta ai n. 754/2009 promossa da I.N.P.S.- S.C.C.I. c.  Lucchesini
Lucia e nei confronti di CERIT S.p.a., Concessionaria del Servizio di
Riscossione mediante ruolo  per  le  provincie  di  Firenze  e  Massa
Carrara, la Corte osserva: 
1. - I termini della controversia. 
    Con la sentenza n. 592 del 2008, il Tribunale di Massa respingeva
l'opposizione proposta da Lucia Lucchesini a cartella di pagamento  e
ruolo per un importo di € 11.276,85 avente ad oggetto i contributi  e
le relative somme aggiuntive richiestile a titolo di iscrizione  alla
gestione commercianti, per l'attivita' lavorativa svolta  all'interno
della Vilmo Martini Nuova  Venti  s.r.1,  societa'  che  gestisce  un
negozio di vendita al dettaglio di confezioni per adulti ed accessori
per  abbigliamento  in  Carrara  (Massa  Carrara),  di  cui  e'  vice
presidente dei consiglio di amministrazione. 
    Nel contempo, accoglieva la domanda  subordinata  proposta  dalla
ricorrente, annullando l'iscrizione della  Lucchesini  alla  gestione
separata  e  condannando  l'Inps  alla  restituzione  della  relativa
contribuzione. 
    Avverso tale sentenza ha proposto appello  l'Inps,  che  sostiene
che l'iscrizione alla gestione separata di cui all'art.  2  comma  26
della legge n. 335 del 1995 eseguita dalla societa', su cui  ricadono
i relativi obblighi di contribuzione, e'  collegata  alla  percezione
del reddito da lavoro autonomo di' amministratore, ed  e'  cumulabile
con ogni altra forma di assicurazione obbligatoria. Ne' in  contrario
avviso varrebbe invocare l'art. 1 comma 208 della legge  n.  662  del
1996, la quale, nel prevedere l'obbligo di iscrizione dei  lavoratori
autonomi nell'assicurazione prevista per l'attivita' alla quale  essi
si dedicano in misura  prevalente,  si'  riferisce  ad  attivita'  di
contenuto omogeneo, ovvero  che  si  caratterizzano  sotto  l'aspetto
qualitativo per una stessa tipologia di apporto professionale, e  che
differiscono unicamente per i diversi settori  produttivi  nei  quali
sono inquadrabili (come e'  il  caso  del  soggetto  che  svolge  sia
attivita' di artigiano che di commerciante). 
    Aggiunge che la contribuzione dovuta alla gestione  separata  dei
collaboratori e professionisti fa carico  alla  societa'  che  agisce
quale sostituto d'imposta, e che e'  l'unico  soggetto  che  potrebbe
richiedere la restituzione della contribuzione. 
    Conclude  pertanto  affinche'  venga  parzialmente  riformata  la
sentenza appellata e respinta anche la domanda  subordinata  proposta
in primo grado. 
    Si  e'  costituita  Lucchesini   Lucia,   che   propone   appello
incidentale sostenendo di non essere  obbligata  all'iscrizione  alla
gestione commercianti , non  sussistendo  i  requisiti  previsti  dai
comma 203 della L. n. 662 del 1996, in particolare non essendo  socia
della societa', non essendo familiare coadiutrice di un socio che  vi
presti la propria attivita' lavorativa (non lavorando la madre  Luana
Baccioli, soda di capitali, nella societa'), e svolgendo  inoltre  le
proprie  incombenze  gestionali  in   esecuzione   dell'incarico   di
amministratore. 
    Chiede quindi che la sentenza di  primo  grado  venga  totalmente
riformata ed in  subordine  che  sia  respinto  l'appello  dell'Inps,
essendo preclusa  la  doppia  contribuzione  dall'art.  1  comma  208
della legge n. 662 del 1996. 
2. - La normativa applicabile  ed  il  giudizio  di  rilevanza  della
legittimita' costituzionale l'art. 11, comma 11  del d.l.  31  maggio
2010, n. 78 (convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122). 
    Risulta dagli atti del  processo  che  Lucchesini  Lucia,  figlia
della socia Baccioli Luana,  e'  vicepresidente  della  s.r.l.  Vilmo
Martini Nuova Venti, svolgendo tutte le relative attribuzioni,  e  si
occupa anche della vendita all'interno del negozio  di  abbigliamento
in  Carrara  il  cui   esercizio   costituisce   l'oggetto   sociale.
Sussisterebbero quindi i presupposti per l'iscrizione  alla  gestione
commercianti previsti dall'art. 1 comma 203 della legge  23  dicembre
1996 n. 662, non potendosi ritenere che l'attivita'  di  vendita  nel
negozio (affidata peraltro in via esclusiva  alla  Lucchesini  ed  al
presidente del consiglio di amministrazione sig.  Sergiampietri)  sia
svolta  nell'esercizio   dei   compiti   di   gestione   propri   del
vicepresidente. 
    E'  pacifico  peraltro  che  la  stessa  e'  iscritta,   per   lo
svolgimento dell'attivita' di amministratore, alla gestione  separata
prevista dall'art. 2 comma 26 della legge 335 del 1995. 
    Si  rende  quindi  necessario  per  la  decisione  degli  appelli
(principale e incidentale) valutare se sia o  meno  applicabile  alla
fattispecie l'alt. 1, comma 208, della legge n.  662  del  1996,  che
casi dispone: 
        «Qualora i soggetti di cui ai  precedenti  comari  esercitino
contemporaneamente,  anche  in  un'unica  impresa,  varie   attivita'
autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria
per  l'invalidita',  la  vecchiaia  e  i  superstiti,  sono  iscritti
nell'assicurazione prevista per l'attivita'  alla  quale  gli  stessi
dedicano  personalmente  la  loro  opera  professionale   in   misura
prevalente. Spetta all'Istituto nazionale  della  previdenza  sociale
decidere   sulla   iscrizione    nell'assicurazione    corrispondente
all'attivita' prevalente. (...)». 
    La soluzione negativa proposta dalla difesa  dell'Inps  e'  stata
smentita dalla sentenza n. 340 del 12  febbraio  2010  delle  Sezioni
Unite della Corte di  cassazione  che,  risolvendo  il  contrasto  di
giurisprudenza insorto nella Sezione Lavoro, ha affermato il seguente
principio di diritto: 
        «Al socio di una  societa'  a  responsabilita'  limitata  che
eserciti  attivita'  commerciale  nell'ambito   delle   medesima   e,
contemporaneamente, svolga attivita' di amministratore, anche  unico,
si applica la regola dettata dall'art. 1, comma 208, della  legge  n.
662  del  1996,  secondo  la  quale   i   soggetti   che   esercitano
contemporaneamente,  in  una  o  piu'  imprese   commerciali,   varie
attivita' autonome assoggettabili a diverse  forme  di  assicurazione
obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia  e  i  superstiti,  sono
iscritti nell'assicurazione prevista per l'attivita' alla  quale  gli
stessi dedicano personalmente la loro opera professionale  in  misura
prevalente. La scelta dell'iscrizione nella gestione di cui  all'art.
2, comma 26, della legge n. 335 del  1995,  o  nella  gestione  degli
esercenti attivita' commerciali, ai sensi dell' art.  1,  comma  203,
della legge n. 662 del 1996, spetta all'INPS, secondo il carattere di
prevalenza, e la contribuzione si commisura esclusivamente ai redditi
percepiti dall'attivita' prevalente e con  le  regole  vigenti  nella
gestione di competenza». 
    Non vi e' dubbio che tale  principio  dovrebbe  applicarsi  anche
alla presente causa, benche' il soggetto cui la doppia iscrizione  si
riferisce non sia un socio, ma il familiare coadiutore  di  un  socio
che svolge attivita' di amministratore e contemporaneamente  esercita
nell'impresa l'attivita' di vendita, poiche'  sussistono  i  medesimi
presupposti e la normativa applicabile e' la medesima. 
    Occorrerebbe  quindi  valutare  quale  delle  due  attivita'  (di
amministrazione o di vendita) sia svolta in misura  prevalente,  onde
accertare quale sia la gestione previdenziale cui la Lucchesini  deve
essere iscritta. 
    Nelle more della giudizio d'appello e' tuttavia entrato in vigore
l'art. 12, comma 11 del D.L. 31 maggio 2010,  n.  78  (convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 30 luglio 2010,
n. 122 che cosi' dispone: 
    «L'art. 1, comma 208 delta legge 23  dicembre  1996,  n.  662  si
interpreta nel senso che le attivita' autonome, per le quali opera il
principio   di   assoggettamento   all'assicurazione   prevista   per
l'attivita' prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai
commercianti, dagli artigiani e  dai  coltivatori  diretti,  i  quali
vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'lnps. 
    Restano, pertanto, esclusi dall'applicazione dell'art.  1,  comma
208,  legge  n.  662/96  i  rapporti  di  lavoro   per   i   quali e'
obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla  gestione  previdenziale
di cui all'art. 2, comma 26, legge 16 agosto 1995, n. 335». 
    In forza  della  citata  norma,  secondo  il  suo  chiaro  tenore
letterale  e  sulla  base  della  "ratio"  della  sua   introduzione,
finalizzata ad incrementare il gettito contributivo  dell'lnps,  come
meglio si dira' oltre, deve ritenersi che il giudizio  di  prevalenza
previsto dall'art. 1 comma 208 della legge n. 662/96 sia escluso  per
i  casi  di  soggetti  iscritti  contemporaneamente   alla   gestione
commercianti e separata, dovendosi applicare  solo  per  il  caso  di
concorrenza  tra  attivita'  ascrivibili  alle  gestioni   artigiani,
commercianti e coltivatori diretti. 
    Applicando la disposizione da ultimo citata, il che si impone per
la  sua  dichiarata  natura  interpretativa  anche  in  relazione   a
fattispecie precedenti la  sua  entrata  in  vigore  ed  al  presente
giudizio gia' pendente,  la  soluzione  della  controversia  dovrebbe
essere  la   legittimita'   della   (doppia)   pretesa   contributiva
dell'I.N.P.S. 
    E' pertanto  rilevante  ai  fini  deNa  decisione  il  vaglio  di
legittimita' costituzionale di tale norma. 
3. - La non manifesta  infondatezza  dell'eccezione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 11 del D.L. 31 maggio 2010, n.  78
(convertito in legge, con modificazioni, dalle art. 1, comma 1, legge
30 luglio 2010, n. 122). 
    Questa  Corte  dubita  della  legittimita'  costituzionale  della
disposizione di legge interpretativa, in primo luogo  per  violazione
dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  in  relazione  all'ad.  6  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  4
agosto 1955, n. 848 (infra, anche CEDU o Convenzione europea). 
    Premessa necessaria a tale conclusione e' l'approdo cui e' giunta
la giurisprudenza costituzionale con le sentenze n. 348 e 349 del  22
ottobre 2007, secondo il quale «il nuovo testo dell'art.  117,  primo
comma, Cosi, se da una parte rende inconfutabile la maggior forza  di
resistenza delle norme CEDU rispetto a  leggi  ordinarie  successive,
dall'altra attrae le stesse  nella  sfera  di  competenza  di  questa
Corte, poiche' gli  eventuali  contrasti  non  generano  problemi  di
successione delle leggi nel  tempo  o  valutazioni  sulla  rispettiva
collocazione gerarchica delle norme in  contrasto,  ma  questioni  di
legittimita' costituzionale». 
    Se quindi il giudice ordinario ritenga il contrasto tra una norma
nazionale e la normativa CEDU, egli non ha il potere di  disapplicare
la prima, poiche' l'asserita incompatibilita' tra le due da' luogo ad
una questione di legittimita' costituzionale, e quindi  ha  l'obbligo
di  rimettere  al  giudice  delle  leggi  l'esame   dell'   eventuale
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    Ritiene questa Corte che il contrasto con il citato art. 6  possa
nel caso fondatamente ipotizzarsi. 
    Tale norma internazionale sancisce il principio del diritto ad un
giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente  ed  imparziale,
ed i suoi significato e portata sono stati  chiariti  nella  sentenza
della Corte Europea di Strasburgo nella causa Scordino c.  Italia  n.
36813/2007. Giudici di Strasburgo non hanno escluso  che  in  materia
civile il legislatore possa intervenire con norme dotate di efficacia
retroattiva, ma hanno aggiunto che  cio'  e'  possibile  solo  quanto
l'intervento sia  giustificato  da  "superiori  motivi  di  interesse
generale", quale non puo' considerarsi quello  meramente  "di  cassa"
che nel caso aveva determinato il  mutamento  dei  parametri  per  la
determinazione dell'indennita' di esproprio di cui  si  discuteva  in
causa. 
    Nella fattispecie in quella sede esaminata, la novella introdotta
con efficacia retroattiva, ritenuta in  contrasto  con  la  normativa
CEDU, aveva modificato radicalmente una disciplina dell'indennita' di
espropriazione  che  aveva  determinato  l'intervento   della   Corte
costituzionale e molte conseguenti  incertezze  giurisprudenziali  ed
aveva anche lo scopo di  consentire  la  definizione  delle  numerose
controversie pendenti. Tali finalita' non sono state  ritenute  dalla
Corte idonee a legittimare l'intervento sui processi in corso. 
    Diversamente, nel caso deciso dalla Corte costituzionale  con  la
sentenza n. 311 del 2009, e' stata  ritenuta  preminente  l'esigenza,
perseguita dalla normativa di interpretazione  autentica  del  regime
del personale degli enti locali trasferito nei  ruoli  del  personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario (c.d. ATA) contenuta  dell'ari.
1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n.  266,  di  armonizzare
situazioni   lavorative   tra   loro    differenziate    all'origine,
conformemente al principio di parita' di  trattamento  di  situazioni
analoghe nella disciplina dei rapporti  di  lavoro  pubblico,  tenuto
conto  del  fatto  che  la  vicenda  normativa  non  determinava  una
reformatio  in  malam  partem  di  una  situazione  patrimoniale   in
precedenza acquisita, dal momento  che  i  livelli  retributivi  gia'
raggiunti venivano oggettivamente salvaguardati. 
    Nel caso che ci occupa, il legislatore nazionale ha  emanato  una
norma dichiaratamente  interpretativa  in  presenza  di  un  notevole
contenzioso e dell'intervento risolutivo delle  Sezioni  Unite  della
Corte di Cassazione sfavorevole all'Inps, in  tal  modo  violando  il
principio di «parita' delle armi» tra le parti processuali. 
    Il fine che  ha  governato  l'intervento  del  legislatore,  come
risulta evidente dalla stessa premessa al D.L. n.  78  ("Ritenuta  la
straordinaria necessita' ed urgenza di emanare  disposizioni  per  il
contenimento della spesa pubblica e  per  il  contrasto  all'evasione
fiscale ai fini della stabilizzazione  finanziaria,  nonche'  per  il
filando della competitivita' economica"), e' stato certamente  quello
di aumentare il gettito contributivo dellinps, che si  sarebbe  visto
soccombente nelle  controversie  in  merito  alle  quali  operava  il
principio dettato dalle sezioni Unite. 
    Ne' sussistevano "superiori motivi di interesse generale", legati
alla tutela di preminenti interessi  della  collettivita',  come  nel
caso del personale  ATA,  ne'  l'esigenza  di  chiarire  un'oggettiva
ambiguita' del testo della norma, dal momento che le  stesse  Sezioni
Unite nella sentenza n.3240 del 2010 gia' citata, hanno ritenuto  che
"non e' ravvisabile alcun riferimento ne' letterale, ne' logico,  ne'
sistematico,  che  valga   a   circoscrivere   il   principio   della
"prevalenza" e  quindi  dell'unica  iscrizione,  esclusivamente  alle
attivita' miste di artigiano e commerciante". 
    Questa Corte ritiene inoltre che la norma in esame leda,  con  la
sua efficacia retroattiva, il canone  generale  della  ragionevolezza
delle norme (art. 3 Cost.), l'effettivita' del diritto dei  cittadini
di agire in giudizio per la tutela dei  propri  diritti  e  interessi
legittimi  (art.  24,  primo  comma,   Cost.),   l'integrita'   delle
attribuzioni  costituzionali  dell'autorita'  giudiziaria  (art.  102
Cost.), la parita' delle parti processuali (art.111,  secondo  comma,
Cost). 
    La Corte Costituzionale ha infatti piu'  volte  ribadito  che  il
legislatore puo' adottare  norme  di  interpretazione  autentica  non
soltanto  in  presenza  di  incertezze   sull'applicazione   di   una
disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma  anche  «quando  la
scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso
del testo originario, con cio' vincolando un significato  ascrivibile
alla norma anteriore» (v. da ultimo sentenza n.  2009  del  7  giugno
2010). 
    Accanto a tale caratteristica, che vale a qualificare  una  norma
come effettivamente interpretativa, la stessa Consulta ha individuato
una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva  delle  leggi,
"che  attengono   alla   salvaguardia,   oltre   che   dei   principi
costituzionali, di altri fondamentali valori  di  civilta'  giuridica
posti  a  tutela  dei  destinatari  della  nonna   e   dello   stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza che  ridonda  nel  divieto  di  introdurre
ingiustificate   disparita'   di   trattamento   [...];   la   tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato allo Stato di diritto [...]; la coerenza  e  le  certezza
dell'ordinamento  giuridico  [...];  il   rispetto   delle   funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario" (sentenze n. 2009
del 2010 e 397 del 1994). 
    Il  confronto  tra  la  disposizione  censurata  ed  i   principi
elaborati dalla giurisprudenza costituzionale porta  a  dubitare  che
sussistessero nel caso i presupposti per l'emanazione  di  una  norma
interpretativa  di  portata  retroattiva,  in  quanto  -  secondo  la
ricostruzione effettuata  nella  piu'  volte  citata  sentenza  delle
Sezioni Unite- la previsione e' stata  introdotta  proprio  a  fronte
dell'introduzione da  parte  della  medesima  legge  dell'obbligo  di
iscrizione alla gestione commercianti  del  socio,  per  non  gravare
eccessivamente l'attivita' di lavoro autonomo nei frequenti  casi  di
attivita' di modeste  dimensioni  e  produttive  di  modesti  redditi
(tenuto  tra  l'altro  conto  del  fatto  che   per   l'assicurazione
commercianti, quale che sia il reddito ricavato, la contribuzione non
puo' scendere al di sotto di una certa soglia - art. 6 comma  7 legge
n. 415 del 1991). 
    La tensione in cui si pone I' intervento del legislatore  con  le
attribuzioni costituzionali  dell'autorita'  giudiziaria  appare  poi
evidente, sol che si consideri  che  esso  e'  stato  realizzato  con
normativa d'urgenza, emanata a pochi mesi di distanza dalla pronuncia
sulla questione del massimo organo di nomofilachia, costituita  dalla
sentenza delle Sezioni Unite della Corte di  Cassazione  n.  340  del
2010 sopra citata, che ha disatteso la tesi  sostenuta  dalla  difesa
dell'Inps negli innumerevoli giudizi analoghi pendenti. 
    Pertanto, ritenuta rilevante e non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma  11  del
D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in legge,  con  modificazioni,
dall' art. 1, comma 1, L. 30  luglio  2010,  n.  14)  per  violazione
dell'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 6  CEDU  come
interpretato dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, nonche' degli
artt. 3, 24 primo comma, 102 e 111 secondo comma della  Costituzione,
si dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e  la
sospensione del presente giudizio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 11 del D.L. 31 maggio
2010, n. 78 (convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122) per contrasto con  l'art.  117
primo  comma  della  Costituzione  in  relazione  all'art.  6   della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo, nonche' con gli  artt.  3,
24 primo comma, 102 e 111 secondo comma della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina che a cura della cancelleria la presente  ordinanza  venga
notificata al Presidente del Consiglio dei Ministeri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Genova, addi' 17 novembre 2010. 
 
                     Il Presidente: De Angeslis 
 
 
                         Il Consigliere relatore ed estensore: Ghinoy