N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 2010
Ordinanza del 5 novembre 2010 emessa dalla Commissione tributaria regionale di Bari sul ricorso proposto da Abruzzese Trasporti s.r.l. contro Agenzia delle entrate - Ufficio di Bari I. Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) - Non deducibilita' integrale ai fini delle imposte sui redditi - Conseguente non deducibilita' dall'imponibile IRES del 4,25% del costo del lavoro e degli interessi passivi - Lesione della tutela del lavoro e del principio di capacita' contributiva - Violazione del principio di eguaglianza - Disparita' di trattamento tributario in danno delle imprese che, a parita' di reddito, maggiormente ricorrono alla forza lavoro e al capitale di prestito. - Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 1, comma 2. - Costituzione, artt. 2 [recte: 3], 35 e 53.(GU n.16 del 13-4-2011 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 556/10 spedito il 16 febbraio 2010 avverso la sentenza n. 173/20/2009 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Bari contro: Ag. entrate dir. provin. uff. controlli Bari proposto dal ricorrente: Abruzzese Trasporti S.r.l. via S. Jacini n. 26 - 70125 Bari difeso da: Verna dott. Giuseppe corso Italia n. 6 - 20100 Milano. Atti impugnati: silenzio rifiuto istanza rimb. IRES 2003; silenzio rifiuto istanza rimb. IRES 2004; silenzio rifiuto istanza rimb. IRES 2005; silenzio rifiuto istanza rimb. 1RES 2006. F a t t o L'Abruzzese Trasporti S.r.l. di Bari ricorreva avverso il silenzio-rifiuto alla restituzione d'imposta dell'Agenzia delle entrate Bari 1. La stessa faceva rilevare di aver chiesto, a norma dell'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, il rimborso di € 91.583,63 oltre interessi ex art. 44, comma 1 del citato decreto del Presidente della Repubblica concernente l'indebito versamento dell'imposta IRPEG ed IRES, per gli anni 2003, 2004, 2005 e 2006. Sollevava il dubbio di costituzionalita' dell'art. 1 comma 2 del decreto legislativo n. 466/1997 mena parte in cui dichiara indeducibile l'Irap con riflessi nella parte la quotache grava sul costo del lavoro e sugli oneri finanziari per cui chiedeva di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per indeducibilita' incostituzionale del 4,25% dei costi di lavoro e di capitale dal reddito soggetto all'imposta personale. Sosteneva, infatti, che le imposte sul reddito delle imprese erano liquidate su una base imponibile che, per effetto dell'indeducibilita' dell'Irap, era aumentata del 4,25% di determinati componenti negativi che dovevano essere dedotti nella formazione del reddito d'impresa, per cui la deducibilita' dei costi di lavoro e di capitale veniva ad essere limitata al 95,75% con conseguente assoggettamento ad imposta di un reddito maggiore di quello effettivo. Pertanto, l'art. 1, comma 2, decreto legislativo n. 446/1997 era in sospetto di incostituzionalita' nella misura in cui il costo del lavoro e gli interessi passivi non concorrevano secondo le disposizioni che regolavano la determinazione del reddito d'impresa, alla formazione di detto reddito. Concludeva chiedendo la condanna dell'Agenzia dell'entrate al rimborso ex art. 69 del decreto legislativo n. 546/1992 della predetta imposta versata in piu' oltre interessi per ritardato rimborso d'imposta, previa rimessione degli atti alla Corte costituzionale ed accoglimento del dubbio di costituzionalita' comma 2, del decreto legislativo n. 446/1997, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, e 53, comma 1, della Costituzione. L'Agenzia delle entrate ufficio Bari 1, dopo aver preliminarmente precisato che agli atti non risultava presentata alcuna istanza di rimborso presentava le proprie controdeduzioni nelle quali contestava tutti i motivi dedotti dalla societa' ricorrente perche' inconferepti in fatto ed in diritto. In ordine alla legittimita' costituzionale dell'Irap, l'ufficio precisava che essa grava su componenti di reddito che hanno gia' usufruito della deducibilita', per cui non poteva configurarsi una duplice imposizione. La Abruzzese Trasporti S.r.l. replicava alle controdeduzioni dell'ufficio precisando che la domanda di rimborso era stata spedita in data 30 novembre 2007 al medesimo ufficio a mezzo della consociata Setras S.r.l., con raccomandata n. 13232528499-3 ricevuta in data 3 dicembre 2007 e successivamente presentava ulteriori memorie illustrative nelle quali replicava alle predette controdeduzioni e faceva rilevare che la censura non riguardano la formazione dell'imponibile ai fini Irap e quindi l'inclusione, quali elementi positivi, di costi come quelli di lavoro e del capitale preso a mutuo, bensi' la mancata deduzione integrale di tali costi dall'imponibile colpito dall'imposta sul reddito, a causa dell'indeducibilita' dell'Irap che aveva come effetto quello di assoggettare ad una seconda tassazione determinati o tutti i componenti positivi di reddito, gia' colpiti dall'imposta personale. Infatti l'Ires, nel tassare il 4,25% dei costi del lavoro e del capitale, in quanto indeducibili, colpiva anche i costi che riducevano il reddito. Ribadiva i dubbi di costituzionalita' dell'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nella parte in cui le attribuiva una capacita' contributiva superiore a quella effettiva in contrasto con l'art. 53, comma 1 della Costituzione, impedendo attraverso l'indeducibilita' dell'Irap dall'imposta sul reddito delle societa', la deducibilita' del 4,25% del costo del lavoro e degli interessi passivi netti. Evidenziava che tanto si trasformava in un carico fiscale maggiore a determinate imprese rispetto ad altre e cio' sulla base del maggiore o minore utilizzo di due essenziali fattori di produzione, quali il lavoro e il capitale a mutuo. Sosteneva, infine, che si venivano a discriminare negativamente le imprese costrette ad utilizzare il fattore lavoro in misura maggiore rispetto ad altre imprese che utilizzavano sistemi nei quali la produzione era maggiormente «robotizzata», per cui l'indeducibilita' dell'Irap si traduceva, a suo dire, in una deducibilita' del costo del lavoro limitata al 95,75%. Rammentava che i suddetti dubbi di legittimita' costituzionale erano stati riconosciuti non manifestatamente infondati dalla C.T.P. di Bologna (sez. V e XILI) che, con ordinanze 20.3/3.4.2009, n. 4 e 13.1/25.6.2009, n. 74, aveva rimesso gli atti alla Corte costituzionale. Successivamente presentava altra memoria illustrativa nella quale faceva presente che la Corte costituzionale, con ordinanza 23/30.7.2009, n. 258, aveva preso in esame alcuni dubbi di costituzionalita' sull'art. 1, comma 2 del decreto legislativo n. 446/1997, pero' ben diversi da quelli sollevati nel presente ricorso e su questi dubbi non si era pronunciata, invitando le commissioni rimettenti a riesaminare i propri dubbi alla luce della novella portata dall'art. 6, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, in legge 28 gennaio 2009, n. 2. Al riguardo, in considerazione che la su menzionata ordinanza potesse influenzare la decisione della commissione, presentava una nota di commento a tale ordinanza, ribadendo le richieste formulate nell'atto introduttivo del presente giudizio. La C.T.P. dichiarava manifestamente infondata, oltre che parzialmente inammissibile, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, cp. 2 decreto legislativo n. 446/1997 con gli artt. 3 e 53 Cost. e rigettava il ricorso, compensando fra le parti le spese processuali. In motivazione evidenziava che la Corte costituzionale aveva ritenute in parte inammissibili, ed in parte superate dall'entrata vigore del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, in legge 28 gennaio 2009, n. 2 il cui art. 6 aveva ammesso la deduzione forfettaria del 10% dell'Irap riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto delle spese per il personale dipendente) l'eccezioni di illegittimita' costituzionale, gia' sollevate da altre C.T. Ricordava che la Corte aveva quindi restituito gli atti alle commissioni rimettenti, nel presupposto implicito che la normativa sopravvenuta consentiva di superare i dubbi di illegittimita' in precedenza prospettati. Non sottaceva, pero', che la ricorrente, ben consapevole della valenza della citata ordinanza della Corte costituzionale, aveva prospettato, con una ulteriore memoria spedita il 31 agosto 2009 un ulteriore dubbio di costituzionalita' per violazione del principio di tutela del lavoro, omettendo di indicare con quale specifica norma costituzionale contrasterebbe la norma ordinaria, per cui la questione prospettata si rivelava una doglianza generica di politica legislativa piuttosto che una specifica censura di illegittimita' costituzionale. La Ionica Trasporti S.r.l. proponeva appello. Nel chiarire ancora una volta l'oggetto della sua richiesta di interessare la Corte costituzionale. A) Contestava: 1) l'interpretazione data dai giudici di prime cure all'ordinanza 23/30.7.2009, della Corte costituzionale che, a suo dire, aveva preso in esame alcuni dubbi di costituzionalita' dell'art. 1, comma 2, decreto legislativo n. 446/1997, ben diversi da quelli denunciati nel presente processo per cui il riferimento alla stessa non era pertinente, anche perche' era un'ordinanza di rimessione e non gia' una sentenza. Al riguardo allegava due articoli di commento a tale ordinanza; 2) l'affermazione dei giudici di prima istanza che nel rigettare l'istanza di interessare la Corte costituzionale avevano evidenziato che «la parte ricorrente aveva prospettato, con una ulteriore memoria spedita il 31 agosto 2009, ulteriore dubbio di costituzionalita' per violazione del principio di tutela del lavoro senza pero' di indicare con quale specifica norma costituzionale contrasterebbe la norma ordinaria», rammentando che il principio di tutela del lavoro era sancito dall'art. 35 Cost., per cui, vertendosi in materia di dubbi di costituzionalita', non c'era bisogno che il ricorrente contribuente indicasse l'articolo violato della nostra Carta costituzionale e comunque tale articolo era stato citato piu' volte nel ricorso introduttivo e nelle memorie suppletive. B) Precisava i dubbi di legittimita' costituzionale. Nella determinazione dell'imponibile Ires erano deducibili le spese per prestazioni di lavoro e gli interessi passivi, mentre costituiva variazione in aumento l'Irap in quanto imposta indeducibile. L'indeducibilita' dell'Irap dall'Ires faceva si' che il reddito d'impresa netto fosse colpito da Ires e Irap, e quest'ultima colpiva anche costi di lavoro e interessi passivi, che di tale reddito erano elementi negativi. Pertanto, proprio per l'indeducibilita' dell'Irap, tali costi erano prima componenti negativi del reddito Ires e dopo, con una variazione in aumento, componenti positivi dello stesso reddito nella misura del 4,25%. Costo del lavoro ed interessi passivi erano quindi, deducibili solo per il 95,75%, ovvero per il 100% prima, ma col recupero del 4,25% in poi. Questa situazione manifesta un contrasto con tre principi costituzionali: 1) principio di capacita' contributiva: (art. 53 Cost.) in quanto il presupposto dell'Ires (art. 72-tuir) era il possesso di un reddito, che era un reddito netto (art. 75), ma, a causa dell'indeducibilita' dell'Irap, netto non era in quanto aumentato del 4,25% su due rilevanti fattori della produzione: i costi del lavoro e dei capitali presi a mutuo; 2) principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) in quanto non era giustificabile che un'impresa fosse colpita dall'Ires piu' di altre solo perche', a parita' di reddito effettivo, i costi del lavoro e dei capitali presi a mutuo hanno per essa maggior peso di quelle nella formazione dell'imponibile; 3) principio della tutela del lavoro (art. 35 Cost.) in quanto l'indeducibilita' dell'Irap si traduceva nella deducibilita' del costo del lavoro limitata al 95,75% e quindi nella penalizzazione tributaria del ricorso al «lavoro» quale fattore di produzione. Infatti, la norma non discriminava solamente le imprese ancorate ad una produzione prevalentemente «manuale» rispetto a quelle convertitesi ad una produzione meccanizzata, ma discriminava anche quelle che, per il tipo o la qualita' dell'attivita' svolta, erano costrette ad un maggiore ricorso al lavoro dell'uomo e la domanda di rimborso dell'Ires, calcolata sul 4,25% del costo del lavoro e degli interessi passivi netti, dipendeva dalla fondatezza del dubbio di costituzionalita' nella misura in cui l'indeducibilita' dell'Irap dall'imponibile Ines, stabilita dall'art. 1 della legge, si traduceva nella parziale indeducibilita' dei costi del lavoro e degli interessi passivi netti. L'ufficio controdeduceva sostenendo che l'appello era infondato e non meritava accoglimento. Inoltre, eccepiva che le argomentazioni sviluppate nell'atto di appello riprendevano i temi esposti nel ricorso di primo grado e ripropone una questione che era stata la ripetutamente giudicata in varie sedi di grado e territoriali. Ancora una volta richiamava l'ordinanza della Corte costituzionale n. 258 del 23 luglio 2009 che aveva dichiarato la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 2 del decreto legislativo n. 446/1997 sollevate con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalle C.T.P. di Parma e di Chieti. L'Abruzzese successivamente depositava memoria illustrativa in appello nelle quali ancora una volta precisava che non contestava l'intera indeducibilita' dell'Irap e quindi non chiedeva il rimborso Irpeg o Ires sul 4,25% dell'imponibile Irap, bensi' il rimborso Irpeg e Ires sul 4,25% calcolato solo sul costo del lavoro e sugli interessi passivi. Evidenziava anche che avendo, successivamente alla presentazione del ricorso, il legislatore disposto un mini rimborso Ines forfetario (calcolato sul 10% dell'Irap, anziche' sul costo del lavoro ed interessi passivi) era suo onere di dimostrare che la determinazione forfettaria non dissipava il dubbio di costituzionalita', e cio' sulla base dell'indirizzo della stessa Corte costituzionale. Quindi replicava alle controdeduzioni dell'agenzia; esponeva brevemente le motivazioni delle sentenze della Corte costituzionale che dichiaravano illegittime le determinazioni forfetarie quando mancava qualsiasi collegamento con i valori che si volevano forfetizzare e citava ed allegava copiosa dottrina e giurisprudenza che aveva accolto il dubbio di costituzionalita' fondato sul c.d. «mini rimborso Ires» nonostante l'intervenuto rimborso forfetario, a dimostrazione che il dubbio non poteva ritenersi «manifestatamente infondato». In particolare allegava le seguente ordinanze emesse anche dopo la novella in giurisprudenza: 1) C.T.P. Bologna, sez. V, 42/09 ricorrente Bartolini S.p.A.; 2) C.T.P. Bologna sez XILI, 74 /09 ricorrente S.D.M. Societa' Distributrice Merci s.r.l.; 3) C.T.R. Napoli sez. XVIL, 8/17/10, ricorrente Campania Trasporti s.r.l. nonche' alcuni articoli, quali: 1) G. Verna, Indeducibilita' dal reddito di una frazione di costi di lavoro e di capitale: dubbi di costituzionalita'; 2) R. Schiavolin, L'imposta regionale sulle attivita' produttive; 3) S. Dus e P. Petrangeli, La deduzione forfetaria dell'IRAP per retribuzioni e interessi: profili sistematici; 4) F. Brighenti, Indeducibilita' dell'IRAP: la Corte costituzionale temporeggia; 5) G. Verna, Indeducibilita' dell'Irap: dubbio di costituzionalita' ancora in sospeso; 6) Bodrito, Dubbi di costituzionalita' sull'indeducibilita' dell'IRAP che colpisce il costo del lavoro; 7) E. Della Valle, Lo ius superveniens salva l'indeducibilita' dell'IRAP ai fusi delle imposte sui redditi; 8) M. Basilavecchia, Dalla indeducibilita' alla parziale deducibilita' dell'IRAP dalle imposte sui redditi; 9) Mainardi e L. Di Nunzio, L'indeducibilita' dell'Irap dall'imposta personale perla quota che grava sul costo del lavoro e sugli oneri finanziari; 10) G. Verna, Il dubbio di costituzionalita' sulla deduzione forfetaria dell'Irap sul costo del lavoro e interessi passivi; 11) L. Giaretta, La «ferita», ancora aperta, dell'indeducibilita' dell'Irap dalle imposte sul reddito. Alla P.U. del 15 ottobre 2010 le parti si riportavano ai motivi in atti. Motivazione Questa C.T.R. ha notizia che la C.T.P. di Bologna oltre alle ordinanze n. 42 e n. 74/2009 citate dall'appellante ha anche emesso l'ordinanza n. 190/2009 con la quale nel condividere il pensiero, che l'indeducibilita' del 4,25% dei costi di lavoro e di capitale dal reddito soggetto all'imposta personale, di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 6 del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, in legge n. 2 del 28 gennaio 2009, sia incostituzionale, sia in contrasto con la Carta costituzionale relativamente agli art. 1, comma 3, art. 35, (principio della tutela del lavoro aggravato e quindi scoraggiato, da una maggiore tassazione) comma 1 art. 53, (principio della capacita' produttiva in quanto l'indeducibilita' dell'IRAP dall'imposta personale comporta che il 4,25% del costo del lavoro e degli interessi passivi aumenti l'imponibile soggetto al reddito d'impresa, per cui i predetti costi, deducibili al 100%, ai fini dell'imposta stessa, dopo tale variazione, conseguente all'indeducibilita' IRAP, diventano, di fatto, deducibili dal tributo personale solo nella misura del 95,75%) e comma 1, art. 3 (principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge violato laddove viene sottoposto a maggiore tassazione chi faccia ricorso alla forza lavoro e al capitale di prestito, rispetto a chi invece non ne faccia uso) ha ritenuto che il giudizio non possa essere definito in assenza della risoluzione della questione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla parte ricorrente e che tale questione non sia manifestamente infondata. A tanto aggiunge che anche la C.T.R. Napoli sez. XVIL, con ordinanza n. 8/17/10, ricorrente Campania Trasporti s.r.l. ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale per cui questa C.T.R. sez. XIV che gia' con ordinanza n. 8/2010 del 20 settembre 2010, pur se con diversa composizione collegiale aveva fatto sue le predette ordinanze e e per gli stessi motivi rimessi gli atti alla Corte costituzionale (vedi processo Ionica Trasporti) non puo' che sospendere anche il presente giudizio in corso e trasmettere anche i presenti atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Ritenuta, per le ragioni innanzi esposte, la non manifesta infondatezza, nonche' la rilevanza, ai fini del giudizio in corso della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 comma 1, del decreto legislativo n. 466/1997 per contrasto con gli artt. 2, 35 e 53 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza di trasmissione sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bari, 15 ottobre 2010 Il Presidente: Ingusci