N. 117 SENTENZA 4 - 7 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Giudizio abbreviato - Deposito del fascicolo  delle
  investigazioni difensive  e  richiesta  di  giudizio  abbreviato  -
  Mancata previsione di un termine processuale per  il  deposito  del
  fascicolo con la facolta' del pubblico ministero di  esercitare  il
  diritto alla controprova -  Denunciata  lesione  del  principio  di
  parita' delle parti - Difetto  di  informazione  e  di  motivazione
  incidente sulla rilevanza e  sulla  non  manifesta  infondatezza  -
  Petitum  incerto  ed   incompleto,   comunque   implicante   scelte
  discrezionali appartenenti al legislatore - Inammissibilita'  della
  questione. 
- Cod. proc. pen., artt. 391-octies e 442, comma 1-bis. 
- Costituzione, art. 111. 
(GU n.16 del 13-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Giorgio
  LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 391-octies  e
442, comma 1-bis,  del  codice  di  procedura  penale,  promosso  dal
Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Modena,   nel
procedimento penale a carico di S. P. L. ed altro, con ordinanza  del
20 gennaio 2010, iscritta al n. 250 del  registro  ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Modena,
con ordinanza del 20 gennaio 2010, propone  d'ufficio,  in  relazione
all'art.  111   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 391-octies e 442, comma 1-bis, del  codice
di procedura penale, «nella parte in cui non prevedono,  nell'ipotesi
di deposito del fascicolo delle investigazioni difensive e  richiesta
di giudizio abbreviato, un termine processuale per  il  deposito  del
predetto  fascicolo  con  la  facolta'  del  pubblico  ministero   di
esercitare il diritto alla controprova». 
    Il rimettente riferisce  di  essere  stato  chiamato  a  svolgere
udienza preliminare in un processo  nei  confronti  di  due  persone,
imputate di taluni reati (formazione e uso di fatture per  operazioni
inesistenti e frode fiscale)  previsti  dal  decreto  legislativo  10
marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia  di  imposte
sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'art. 9 della legge 25
giugno 1999, n.  205)  e  che,  nel  corso  dell'udienza  stessa,  il
difensore aveva chiesto di essere autorizzato  «alla  produzione  del
fascicolo di indagini difensive, contenenti consulenza tecnica e  due
sentenze,  una  della  Commissione  provinciale   e   l'altra   della
Commissione regionale tributaria, che, in  accoglimento  dei  ricorsi
presentati avverso gli  avvisi  di  accertamento  dell'Agenzia  delle
entrate in relazione alle fatture contestate nei  capi  d'accusa,  ne
[avevano disposto] l'annullamento». 
    Aggiunge di avere «disposto l'acquisizione  del  fascicolo  delle
indagini difensive nel  fascicolo  processuale»  e  che,  «in  rapida
successione, il difensore degli imputati, in esecuzione della procura
speciale conferita, chiedeva la definizione del procedimento  con  le
forme del rito abbreviato». Indi rileva come, in tale evenienza,  «il
giudice, incamerata la rituale richiesta di giudizio  abbreviato,  si
trovi a dover decidere  il  merito  della  causa  alla  luce  di  una
situazione di chiara asimmetria tra le parti processuali»,  giacche',
sebbene il «compendio probatorio confluito nel fascicolo  processuale
attraverso   le   indagini   difensive   ritualmente    svolte    sia
potenzialmente in grado di sovvertire le conclusioni  alle  quali  e'
giunto il pubblico ministero», questi non avrebbe  «alcun  potere  di
attivare meccanismi processuali di risposta». 
    Tale situazione sarebbe consentita dalle norme oggetto del dubbio
di illegittimita' costituzionale, rilevante nella specie, poiche'  di
esse dovrebbe il rimettente  fare  applicazione,  impiegando  per  la
decisione i risultati delle suddette indagini difensive. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  essa  si
apprezzerebbe con riguardo ai parametri, recati dall'art. 111  Cost.,
del contraddittorio nella formazione della  prova  e  della  «parita'
delle armi» da assicurare per esso. 
    Nell'esame degli specifici aspetti che tali parametri pongono nel
giudizio  abbreviato   -   connotato   dalla   rinuncia   unilaterale
dell'imputato al contraddittorio con la  possibilita'  di  impiego  e
utilizzazione dei risultati di tutti quanti  gli  atti  di  indagine,
compresi  quelli  delle  investigazioni  difensive  -  il  rimettente
considera i precedenti di questa Corte, e in  particolare  i  rilievi
contenuti nella sentenza n. 184 del 2009, con i quali  si  sottolinea
che ben puo' essere  consentita  la  deroga  al  contraddittorio  per
consenso del solo imputato anche con  quelle  implicazioni  circa  le
investigazioni difensive (giacche' il principio di parita' non impone
la reciprocita' del consenso su ogni questione, il che contrasterebbe
con la lettera del quinto comma dell'art. 111 Cost.), ma si  avverte,
altresi', come occorra «evitare che  i  presupposti  e  le  modalita'
operative  del  riconoscimento   all'imputato   della   facolta'   di
rinunciare alla formazione della prova in contraddittorio determinino
uno squilibrio intollerabile  tra  le  posizioni  dei  contendenti  o
addirittura un'alterazione del sistema». 
    Secondo il giudice a quo  la  situazione  di  specie  produrrebbe
appunto queste conseguenze. Il deposito del fascicolo delle  indagini
difensive in limine, con successiva immediata richiesta  di  giudizio
abbreviato,  pregiudicherebbe  «la  correttezza  della  decisione   a
priori, introducendo elementi da sottoporre al pubblico  ministero  e
al  giudice  per  la  valutazione  del  tutto  svincolati   da   ogni
possibilita', per il contraddittore, di dimostrarne la fallacia o  la
inconsistenza  o  anche  solo  l'ininfluenza   rispetto   al   quadro
accusatorio complessivo [...] con un  evidente  vulnus  al  principio
della parita' delle  parti».  La  facolta'  di  fare  introdurre  nel
fascicolo processuale  la  documentazione  delle  indagini  difensive
ritenute pertinenti, in guisa di «prove a sorpresa», e di  rinunciare
subito  dopo  al  contraddittorio  con  la  richiesta   di   giudizio
abbreviato non condizionato - prosegue il rimettente - sarebbe causa,
al tempo stesso, di una alterazione del sistema rispetto all'impianto
originario  del  giudizio  abbreviato.  Essa   renderebbe,   infatti,
possibili manovre elusive della  disciplina  dettata  dall'art.  438,
comma 5, cod. proc.  pen.,  in  forza  della  quale  l'imputato  puo'
subordinare la richiesta del rito alternativo  alla  acquisizione  di
prove, anche assunte con gli  strumenti  di  cui  agli  artt.  391  e
seguenti cod. proc. pen.: ma cio',  con  l'onere  per  la  difesa  di
dimostrare che si tratti di  integrazioni  probatorie  necessarie  ai
fini della decisione e  compatibili  con  le  finalita'  di  economia
processuale   proprie   del   procedimento,   e,   soprattutto,   con
l'esposizione   dell'imputato    alla    piena    esplicazione    del
contraddittorio, stante il riconoscimento al pubblico ministero della
facolta' di chiedere l'ammissione di prova contraria. 
    Nella situazione considerata, per converso, il pubblico ministero
resterebbe privo di poteri autonomi per contrastare con propri  mezzi
probatori i risultati delle investigazioni difensive, potendo  semmai
solo chiedere e ottenere un termine per prendere cognizione di quanto
prodotto dalla difesa al  fine  di  contrastarne  i  contenuti  e  il
significato sul piano logico-argomentativo in  sede  di  discussione.
Ne' rimedio congruo e sufficiente sarebbe rintracciabile  nel  potere
di integrazione probatoria del giudice, previsto dall'art. 441, comma
5, cod. proc. pen., che il pubblico ministero potrebbe  eventualmente
solo sollecitare e che comunque si fonda su presupposti diversi. 
    L'alterazione,  a  cio'  conseguente,   della   simmetria   delle
posizioni di  accusa  e  difesa  risulterebbe  incompatibile  con  il
principio  di  parita'  delle  parti,  non  trovando  adeguata  ratio
giustificatrice nel ruolo istituzionale  del  pubblico  ministero  ed
eccedendo i limiti della ragionevolezza. 
    Il  denunciato  squilibrio  dovrebbe  trovare  quindi  rimedio  -
conclude il rimettente - in un  «intervento  additivo  della  Corte»,
che, incidendo sull'art. 391-octies, comma 1, e sull'art. 442,  comma
1-bis, cod. proc. pen., per un  verso,  «rilevi  la  mancanza  di  un
termine per la presentazione [da  parte  del  difensore]  al  giudice
degli elementi di prova a favore del proprio assistito  nel  caso  di
proposizione [della richiesta] di giudizio abbreviato», e, per  altro
verso, riconosca - «in caso di produzione di fascicolo  con  indagini
difensive  e  successiva  richiesta  di  giudizio  abbreviato»  -  la
facolta' del pubblico ministero di richiedere l'ammissione  di  prova
contraria. 
    2.  -  Nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto   il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile o infondata. 
    L'inammissibilita'  deriverebbe,  anzitutto,   dal   difetto   di
motivazione sulla  rilevanza,  essendosi  il  rimettente  limitato  a
dedurre che  l'imputato  ha  richiesto  il  giudizio  abbreviato  non
condizionato  contestualmente  al  deposito  del  fascicolo  con   la
documentazione delle indagini difensive, «senza precisare,  tuttavia,
se  tali  atti  siano  capaci  o  meno  di  orientare   il   giudizio
sull'imputazione»; inoltre, dall'inadeguatezza della motivazione  sul
dedotto contrasto  con  i  parametri  dell'art.  111  Cost.;  infine,
dall'omessa  ricerca  della  possibilita'  di  fornire  una   esegesi
costituzionalmente orientata delle norme censurate. 
    L'infondatezza, poi,  nel  merito  della  questione,  secondo  la
difesa dell'intervenuto, si apprezzerebbe essenzialmente attraverso i
precedenti di questa Corte in materia, in specie l'ordinanza  n.  245
del 2005 e la sentenza n. 184 del  2009,  di  cui  sono  citati  ampi
stralci e il cui significato sarebbe stato  stravolto  dall'ordinanza
di rimessione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - In un processo per reati fiscali,  il  Giudice  dell'udienza
preliminare del Tribunale di Modena solleva d'ufficio, in riferimento
all'art.  111   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 391-octies e 442, comma 1-bis, del  codice
di procedura penale, «nella parte in cui non prevedono,  nell'ipotesi
di deposito del fascicolo delle investigazioni difensive e  richiesta
di giudizio abbreviato, un termine processuale per  il  deposito  del
predetto  fascicolo  con  la  facolta'  del  pubblico  ministero   di
esercitare il diritto alla controprova». 
    Deduce il giudice a quo, in termini di fatto, di avere  disposto,
nel corso  dell'udienza  preliminare,  l'acquisizione  del  fascicolo
delle  investigazioni  difensive,  a  richiesta   del   difensore   e
procuratore speciale dei due imputati, immediatamente  seguita  anche
da richiesta di giudizio abbreviato non  condizionato,  onde  egli  -
«incamerata» questa seconda richiesta - si sarebbe trovato  a  dovere
decidere il merito  della  causa  senza  che  il  pubblico  ministero
potesse «attivare meccanismi processuali di risposta», contrapponendo
eventuali elementi probatori  di  segno  contrario:  dunque,  in  una
situazione  di   irrazionale   dissimmetria   tra   le   parti,   non
giustificabile ne' dalle peculiarita' del rito  ne'  dalla  posizione
della parte pubblica e tale da  integrare  violazione  dei  parametri
costituzionali del contraddittorio nella  formazione  della  prova  e
della «parita' delle armi» tra le  parti,  emendabile  solo  con  una
decisione di illegittimita' costituzionale di specie "additiva"  alle
norme impugnate, per colmare la denunciata lacuna. 
    2. - La questione e' inammissibile  sotto  plurimi  profili,  per
porre in evidenza i quali  e'  opportuno  richiamarsi  brevemente  ai
connotati dell'udienza preliminare in cui e' consentito  inserire  la
richiesta di giudizio abbreviato, alle  facolta'  delle  parti  e  ai
poteri del giudice. 
    2.1. - Preordinata all'esame in contraddittorio e alla  decisione
sulla  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  presentata  dal   pubblico
ministero, l'udienza  preliminare  e',  di  norma,  quanto  ai  mezzi
probatori, essenzialmente "cartolare", nel senso, cioe', che le parti
utilizzano per la discussione ed il giudice per la decisione soltanto
la documentazione  degli  atti  compiuti  nelle  fasi  procedimentali
anteriori e i documenti prodotti e ammessi nell'udienza stessa, tra i
quali - avuto riguardo alle parti private e, in specie,  all'imputato
- la documentazione delle investigazioni difensive e i  documenti  in
senso stretto. 
    Circa  le  modalita'  temporali,  sono  certamente  riconoscibili
talune previsioni dirette a procurare una anticipata presentazione di
questo materiale documentale: il fascicolo  delle  indagini  compiute
dal  pubblico  ministero  deve  essere  trasmesso   unitamente   alla
richiesta di rinvio a giudizio (art. 416, comma 2, cod. proc.  pen.);
la  documentazione  delle  eventuali  indagini  "suppletive",   prima
dell'udienza, al pari dei documenti difensivi (art. 419,  commi  2  e
3); quella delle eventuali indagini  difensive,  «in  vista»  di  una
decisione anche interlocutoria nell'udienza (art.  391-octies,  comma
1). Tuttavia, fuori di questi casi, per detta presentazione  e'  pure
riconoscibile un favor nella norma che la consente  «fino  all'inizio
della discussione» (art.  421,  comma  3),  come  implicazione  della
continuita' delle indagini che si e' inteso  assicurare  prima  della
decisione sul rinvio a giudizio (ex plurimis, gia' sentenza n. 16 del
1994). 
    E' ovvio che ogni parte ha  diritto  di  interloquire  su  quanto
prodotto dalle altre, sia con riguardo  all'ammissibilita',  sia  per
produrre  documentazione  recante  elementi  di   possibile   diverso
significato.  Altrettanto  ovvio,  specialmente  con  riguardo   alle
produzioni nel corso dell'udienza, che  sulla  loro  acquisizione  il
giudice ha il potere-dovere di decidere (esplicitamente  l'art.  421,
comma 3, citato pone quale condizione di utilizzabilita' degli atti e
dei documenti la  loro  previa  ammissione).  Decisione,  questa,  da
assumere in  contraddittorio  mediante  ordinanza,  assicurando,  nei
congrui casi, il diritto alla controprova. 
    Una  volta  iniziata  la  discussione,  non  sono  piu'   ammesse
produzioni. 
    Quanto al giudizio  abbreviato,  esso  puo'  essere  richiesto  e
ammesso anche a discussione iniziata e fino al  momento  in  cui  non
siano formulate le conclusioni (art. 438, comma 2, cod. proc.  pen.).
Ma, una volta disposto  tale  rito  (formalmente  con  una  specifica
ordinanza: art. 438, comma 4), ancorche' cio' avvenga in  un  momento
precedente (e persino prima dell'inizio della  discussione),  neppure
sono ammesse produzioni, ma ben  possono  essere  utilizzate  per  il
giudizio quelle acquisite in precedenza (art. 442, comma 1-bis,  cod.
proc. pen.), comprese ovviamente quelle  recanti  i  risultati  delle
investigazioni difensive. 
    2.2. - Nella rappresentazione, da parte del giudice  a  quo,  del
caso di specie, da verificare secondo la trama  appena  sintetizzata,
mancano taluni dati indispensabili per la verifica della rilevanza  e
della non manifesta infondatezza della questione proposta. 
    L'ordinanza di rimessione si limita ad affermare che,  a  seguito
della presentazione "a sorpresa" del fascicolo  delle  investigazioni
difensive  da  parte  del  difensore,  il  giudice  ne  ha   disposto
l'acquisizione, immediatamente seguita dalla  richiesta  di  giudizio
abbreviato (formulata dal difensore munito di procura), sicche' detto
giudice si e' trovato a dovere decidere nel merito in una  situazione
di intollerabile  disparita'  delle  parti,  in  quanto  il  pubblico
ministero  era  rimasto  privo  della  possibilita'  di  contrapporre
autonomamente mezzi  probatori  di  segno  contrario:  situazione  di
disparita'  che  viene  attribuita  dal   rimettente   alla   mancata
previsione di un termine per quella presentazione  e  della  facolta'
dello stesso pubblico ministero di dedurre prova contraria. 
    Nella specie, il giudice a quo non riferisce se, in  effetti,  il
pubblico  ministero  abbia  richiesto,  senza  poterlo  ottenere,  un
termine per ricercare e dedurre detta prova; evenienza, anzi, che  si
deve escludere, visto che non se ne da' atto e che la questione viene
comunque, sotto ogni profilo, sollevata  d'ufficio  e  del  tutto  in
astratto, senza allegare che delle norme impugnate si  dovrebbe  fare
nella specie applicazione per disattendere una richiesta della  parte
pubblica. La  pretesa  illegittimita'  costituzionale,  infatti,  non
deriverebbe sempre e in ogni caso di impiego  e  utilizzazione  delle
investigazioni difensive seguite da richiesta di giudizio abbreviato,
ma solo se e quando il pubblico ministero si fosse visto in  concreto
privato di  opportunita'  e  risorse  probatorie  di  cui  intendesse
avvalersi. Qui, dunque, si coglie, su dati essenziali ai  fini  della
rilevanza, un primo  difetto  di  informazione  e  di  corrispondente
motivazione. 
    2.3. - In secondo luogo, nulla adduce l'ordinanza  di  rimessione
circa i provvedimenti che, nella situazione descritta, sarebbe  stato
necessario distintamente e consecutivamente adottare, non ostante  la
riferita «rapida successione» delle relative richieste. 
    Il primo - sotto il profilo logico e cronologico - e' l'ordinanza
conclusiva del sub-procedimento di ammissione e di  acquisizione  del
cosiddetto fascicolo del  difensore,  che  si  colloca  a  tutti  gli
effetti ancora nell'iter ordinario  dell'udienza  preliminare  e  che
doveva necessariamente essere adottata, dandosene atto a verbale, nel
contraddittorio delle parti, previamente sentite. Nulla  e'  riferito
al riguardo, pur essendo questo il momento in cui semmai il  pubblico
ministero avrebbe dovuto "dire la sua" circa la  richiesta  difensiva
di acquisire detto fascicolo  (in  particolare,  sulla  pertinenza  e
sulla rilevanza degli elementi a discarico  e,  se  del  caso,  sulla
propria necessita' di un termine per  esaminare  nello  specifico  la
documentazione e per addurre eventuali prove contrarie).  I  principi
del  contraddittorio  sull'ammissione  delle  prove  fanno   ritenere
pacifico che, a  fronte  di  una  richiesta  di  produzione  proposta
all'udienza preliminare da una parte, la controparte possa chiedere e
ottenere un termine adeguato per  "controdedurre".  Nulla,  su  tutto
cio', e' reso noto. Il che,  a  sua  volta,  costituisce  difetto  di
informazione  e  di  motivazione,  incidente,  qui,  non  solo  sulla
rilevanza, ma anche sulla asserita non manifesta  infondatezza  della
questione. Sarebbe stato necessario, infatti, spiegare come e perche'
questo spazio processuale non sarebbe valso ad escludere la  asserita
disparita' tra le parti;  e  cio',  ancorche'  non  si  fosse  ancora
trasformato il rito, ma  ben  potendo  questa  trasformazione  essere
considerata come una evenienza tutt'altro che remota o  straordinaria
di sviluppo dell'udienza preliminare, anzi, come una evenienza  certa
a fronte di una richiesta di  giudizio  abbreviato  addirittura  gia'
presentata,  sulla  quale  il  giudice  avrebbe  dovuto  di   seguito
provvedere. 
    Il  secondo  provvedimento  -  logicamente   e   cronologicamente
successivo -  e'  appunto  l'ordinanza  di  ammissione  del  giudizio
abbreviato, di cui non vi e' neppure menzione  nel  provvedimento  di
rimessione, dove,  anzi,  si  impiega  una  frase  (letteralmente  e'
scritto,  come  anticipato:  «incamerata  la  rituale  richiesta   di
giudizio abbreviato») la quale  -  seguita  dalla  constatazione  del
rimettente  di  essere  per  cio'  solo  di  fronte  alla  denunciata
situazione di disparita' tra le parti -  lascia  intendere  l'erronea
attribuzione  di  una  sorta  di  automatismo  di  effetti  di  detta
richiesta in termini di instaurazione di tale rito speciale,  che  il
giudice sarebbe tenuto ineluttabilmente a svolgere, senza  necessita'
di un provvedimento ammissivo ad hoc. Il quale, viceversa, come si e'
detto, il legislatore ha voluto che sia  formalmente  adottato  (art.
438, comma 4, cod. proc. pen.), anche dopo la  riforma  che  ha  reso
praticabile questo rito speciale a richiesta del  solo  imputato.  Il
riconoscimento, pressoche' unanime, che l'ordinanza di ammissione del
rito non condizionato sia ora una sorta di  "atto  dovuto"  a  fronte
della richiesta dell'imputato e, quindi, in sostanza, un suo diritto,
significa semplicemente che e' sottratta al giudice  la  valutazione,
un tempo richiesta, di ammissibilita' per riscontrata possibilita' di
decidere allo stato degli atti.  Ma  cio'  non  esonera  il  giudice,
appunto, dal dovere di emetterla ne' da qualche residua  valutazione:
a esempio, dal controllo di  effettiva  provenienza  della  richiesta
dall'imputato, trattandosi  di  atto  personale,  salvo  il  caso  di
conferimento di una procura speciale (ma in questo caso, che  ricorre
proprio nella specie, essa va riscontrata come rilasciata nelle forme
di legge), dovendosi considerare  che,  con  il  giudizio  abbreviato
l'imputato  consegue  si'  un  trattamento  piu'   mite   (cosiddetto
premiale)  in  caso  di  condanna,  ma  nel  contempo   rinuncia   al
contraddittorio, a norma dell'art. 111, quinto  comma,  Cost.,  nella
formazione delle prove (quindi, ad  un  diritto  personale  di  rango
costituzionale) e accetta per tali gli atti di indagine 
    La totale  mancanza,  nel  caso  in  esame,  di  informazioni  al
riguardo  non  consente  di  apprezzare  se  e   quando   sia   stato
effettivamente instaurato  il  giudizio  abbreviato,  nel  cui  corso
soltanto il giudice avrebbe dovuto  semmai  fare  applicazione  delle
norme censurate, il che manifesta un ulteriore difetto di esposizione
di  dati  essenziali  e,  correlativamente,  di   motivazione   sulla
rilevanza della questione. 
    2.4. - Altri profili di  inammissibilita'  attengono  all'oggetto
della domanda del rimettente, che, come ricordato,  chiede  addizioni
alle norme impugnate, con la previsione, da una parte, di un  termine
per il difensore ai fini della «presentazione degli elementi di prova
a  favore  del  proprio  assistito  nel  caso  di  proposizione   [di
richiesta] di giudizio abbreviato» e, dall'altra, della facolta'  del
pubblico ministero «di richiedere l'ammissione di prova contraria». 
    A prescindere da ogni rilievo circa  la  pertinenza  delle  norme
individuate come sedes dell'intervento additivo richiesto (essendo la
facolta' di prova  contraria  del  pubblico  ministero  nel  giudizio
abbreviato regolata dall'art. 438, comma  5,  cod.  proc.  pen.,  non
coinvolto nello scrutinio), cosi' presentato, il  petitum  si  rivela
obbiettivamente incerto e incompleto. Non  sono  specificate  ne'  la
natura ne' la durata del termine che si vorrebbe  vedere  introdotto,
ne',  soprattutto,  e'  precisato  in  che   punto   della   sequenza
procedimentale esso si dovrebbe collocare.  E',  peraltro,  di  tutta
evidenza che l'obbiettivo  indicato,  quando  pure  fosse  necessario
perseguirlo, potrebbe essere conseguito non con una sola, ma con piu'
opzioni alternative, mediante scelte discrezionali appartenenti  solo
al legislatore. 
    Alla luce delle considerazioni che  precedono,  la  questione  va
dunque dichiarata inammissibile. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 391-octies e 442, comma 1-bis, del  codice
di procedura penale, sollevata, in  riferimento  all'art.  111  della
Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  di
Modena, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                         Il redattore: Frigo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 7 aprile 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti