N. 119 ORDINANZA 4 - 7 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Magistratura - Concorso  per  uditore  giudiziario  -  Ammissione  al
  concorso per  gli  abilitati  all'esercizio  della  professione  di
  avvocato  iscritti  al  relativo  Albo  professionale  -  Lamentata
  irragionevolezza del richiesto requisito dell'iscrizione all'Albo -
  Asserita incidenza sul diritto di accesso ai  pubblici  impieghi  e
  sull'autonomia   ed   indipendenza   dell'ordine   giudiziario    -
  Sopravvenuta  dichiarazione  di  incostituzionalita'  della   norma
  censurata  -  Questione  divenuta  priva  di  oggetto  -  Manifesta
  inammissibilita'. 
- D.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, art.  2,  comma  1,  lett.  f),  come
  sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b), della legge 30  luglio
  2007, n. 111. 
- Costituzione, artt. 3, 51 e 104, primo comma. 
(GU n.16 del 13-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma
1, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.  160  (Nuova
disciplina  dell'accesso  in  magistratura,  nonche'  in  materia  di
progressione  economica  e  di  funzioni  dei  magistrati,  a   norma
dell'articolo 1, comma 1, lettera a, della legge 25 luglio  2005,  n.
150), come sostituito dall'articolo 1, comma  3,  lettera  b),  della
legge 30 luglio 2007, n. 111 (Modifiche alle  norme  sull'ordinamento
giudiziario), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per  il
Lazio, sede di Roma, con una ordinanza del 13 luglio 2010 e  con  due
ordinanze del 9 agosto 2010 rispettivamente iscritte ai  numeri  328,
354 e 355 del registro ordinanze 2010  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 43  e  47,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2010. 
    Udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il  Lazio,
sede di Roma, con tre distinte ordinanze (r.o. nn. 328, 354 e 355 del
2010), ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 51 e 104, primo
comma, della Costituzione -  altrettante  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 2, comma  1,  lettera  f),  del  decreto
legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina  dell'accesso  in
magistratura, nonche' in  materia  di  progressione  economica  e  di
funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a,
della legge 25 luglio 2005, n. 150),  come  sostituito  dall'art.  1,
comma 3, lettera b), della legge 30 luglio 2007,  n.  111  (Modifiche
alle norme sull'ordinamento giudiziario); 
        che il remittente premette, in  punto  di  fatto,  di  essere
investito - in ciascuno dei tre giudizi a quibus - della  domanda  di
annullamento, previa sospensione, del bando di concorso per  esami  a
350  posti  di  magistrato  ordinario,  pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale, IV serie speciale, n. 99, del 29 dicembre 2009, deducendo,
inoltre, che l'art. 2, lettera g),  punto  6,  del  bando  individua,
quale requisito di ammissione al concorso, l'iscrizione del candidato
all'Albo degli avvocati; 
        che, secondo il remittente, tale  prescrizione  realizzerebbe
una «ingiusta discriminazione» nei confronti di quei candidati che  -
come i ricorrenti in ciascuno dei tre giudizi principali -  risultano
aver conseguito l'abilitazione  allo  svolgimento  della  professione
forense, ma che non possono iscriversi nel suddetto Albo  in  ragione
di situazioni di incompatibilita'; 
        che, ritenuta la citata previsione del bando una  «pedissequa
riproduzione» dell'art. 2, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 160 del
2006, nel testo modificato dall'art. 1, comma 3,  lettera  b),  della
legge n. 111 del 2007, il TAR del Lazio  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale di tale norma,  disponendo  nel  contempo
l'ammissione al concorso dei ricorrenti, con riserva,  in  attesa  di
«pronunzia  definitiva  sull'istanza  cautelare»,  oltre  che  «della
decisione di merito»; 
        che, tanto premesso in punto  di  fatto,  il  giudice  a  quo
rileva come sul tradizionale sistema di reclutamento  dei  magistrati
ordinari si sia innestato, innovandolo profondamente, il gia'  citato
d.lgs. n. 160 del 2006, come modificato dalla successiva legge n. 111
del 2007, la cui disciplina si caratterizza sia  per  il  venir  meno
della «preferenza accordata, quale  canale  privilegiato  di  accesso
alla selezione, alla frequenza delle scuole di specializzazione nelle
professioni legali»  (concepite,  in  origine,  «quale  strumento  di
formazione» comune «a tutti gli operatori del diritto»), sia  per  la
riconosciuta «eterogeneita' dei  titoli  di  ammissione  al  concorso
rispetto  alla  qualificazione  tecnico-professionale   propria   del
magistrato»; 
        che,  in   particolare,   il   legislatore   ha   individuato
nell'iscrizione   all'Albo   forense   una   delle   condizioni   per
l'ammissione  al  concorso,  disattendendo   «l'originario   progetto
governativo» che, invece, «richiedeva l'esercizio  della  professione
per almeno tre anni», in conformita'  alle  indicazioni  fornite  dal
Consiglio  superiore  della  magistratura   nel   parere   reso   con
deliberazione del 31 maggio 2007; 
        che, tuttavia, secondo  il  remittente,  risulterebbe  «arduo
comprendere la finalita'» della scelta compiuta dal  legislatore  con
la norma censurata, avendo l'iscrizione all'Albo  «valenza  puramente
formale»; 
        che essa,  infatti,  nulla  aggiungerebbe  «alla  particolare
qualificazione e/o esperienza  richiesta  agli  aspiranti  magistrati
ordinari che hanno conseguito l'abilitazione, atteso che l'iscrizione
medesima non e' subordinata all'effettivo esercizio della professione
di   avvocato   e   non   postula,   quindi,   nemmeno   l'attualita'
dell'esperienza dalla stessa derivante»; 
        che   l'irragionevolezza   della    previsione    in    esame
risulterebbe, poi, confermata dal fatto che «la peculiare  formazione
degli abilitati all'esercizio della professione forense e' omogenea o
comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa,
l'accesso al concorso e' consentito anche ai possessori di titoli che
non necessariamente denotano  il  possesso  di  peculiari  competenze
tecniche  (come  i  funzionari  e  dirigenti  amministrativi   aventi
l'anzianita'  prescritta)  ovvero  ancora  hanno  natura  prettamente
scientifica (come i dottori di ricerca)»; 
        che, inoltre, essendo «il criterio ispiratore della  riforma»
di «stampo  pluralistico»,  giacche'  il  legislatore  ha  scelto  di
valorizzare   pregresse   esperienze   «eterogenee   rispetto    alla
professione  di  magistrato»,  l'esclusione  degli   abilitati   alla
professione forense non iscritti all'Albo degli  avvocati  appare  al
remittente «irrazionale ed arbitraria»; 
        che, infine, secondo il TAR del Lazio,  non  dovrebbe  essere
dimenticato che «la disciplina dell'accesso in magistratura ordinaria
ha incidenza  diretta  sui  valori  costituzionali  dell'autonomia  e
dell'indipendenza», sanciti per l'ordine giudiziario  dall'art.  104,
primo comma, Cost.; 
        che, pertanto, se il legislatore  puo'  legittimamente  porsi
alla ricerca di un «punto di equilibrio tra il perseguimento  di  una
composizione pluralistica e paritaria del  potere  giudiziario  e  la
creazione  di  un  corpo  magistratuale   altamente   qualificato   e
professionale», a tale obiettivo non sembrerebbe rispondere la  norma
censurata,  subordinando  la  partecipazione  al  concorso   ad   «un
requisito di ordine meramente formale il quale viene in definitiva  a
costituire  soltanto  una  incomprensibile,  e   ingiusta,   barriera
frapposta a  soggetti  i  quali  posseggono  una  formazione  tecnica
omogenea a  quella  richiesta  per  l'esercizio  della  funzione  cui
aspirano»; 
        che in forza delle considerazioni sopra illustrate il TAR del
Lazio ha censurato, in riferimento agli artt.  3,  51  e  104,  primo
comma, Cost., l'art. 2, comma 1, lettera f), del d.lgs.  n.  160  del
2006, come sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b),  della  legge
n.  111  del  2007,  «nella  parte   in   cui   richiede,   ai   fini
dell'ammissione  al  concorso  per  magistrato  ordinario,  che   gli
abilitati  all'esercizio  della  professione  forense   siano   anche
iscritti al relativo Albo professionale». 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Lazio, sede di Roma, con tre distinte ordinanze (r.o. nn. 328, 354  e
355 del 2010), ha sollevato - in riferimento agli articoli  3,  51  e
104, primo comma,  della  Costituzione  -  altrettante  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 1, lettera f), del
decreto  legislativo  5  aprile  2006,  n.  160   (Nuova   disciplina
dell'accesso in magistratura,  nonche'  in  materia  di  progressione
economica e di funzioni dei  magistrati,  a  norma  dell'articolo  1,
comma 1, lettera a,  della  legge  25  luglio  2005,  n.  150),  come
sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b), della  legge  30  luglio
2007, n. 111 (Modifiche  alle  norme  sull'ordinamento  giudiziario),
censurandolo «nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al
concorso per magistrato ordinario, che  gli  abilitati  all'esercizio
della professione forense  siano  anche  iscritti  al  relativo  Albo
professionale»; 
        che,  in  via  preliminare,  le   questioni   indicate,   per
l'identita' del loro oggetto, possono essere definite  congiuntamente
nell'ambito di un unico giudizio, onde ne va disposta la riunione; 
        che, peraltro, con sopravvenuta sentenza  n.  296  del  2010,
questa Corte ha gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale della
norma suddetta, proprio  «nella  parte  in  cui  non  prevede  tra  i
soggetti ammessi al concorso per magistrato  ordinario  anche  coloro
che abbiano conseguito soltanto  l'abilitazione  all'esercizio  della
professione forense, anche se non siano  iscritti  al  relativo  albo
degli avvocati»; 
        che, dunque, le questioni sollevate sono  divenute  prive  di
oggetto  e,  per  tale  ragione,  vanno   dichiarate   manifestamente
inammissibili (cfr., da ultimo, le ordinanze n. 55, n. 19 e n. 18 del
2011). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 1, lettera f), del
decreto  legislativo  5  aprile  2006,  n.  160   (Nuova   disciplina
dell'accesso in magistratura,  nonche'  in  materia  di  progressione
economica e di funzioni dei  magistrati,  a  norma  dell'articolo  1,
comma 1, lettera a,  della  legge  25  luglio  2005,  n.  150),  come
sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b), della  legge  30  luglio
2007, n. 111 (Modifiche  alle  norme  sull'ordinamento  giudiziario),
sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il  Lazio,  sede
di Roma, in riferimento agli articoli 3, 51 e 104, primo comma, della
Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe. 
        Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
        Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2011. 
 
               Il Direttore della cancelleria: Melatti