N. 24 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 marzo 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale n. 24 depositato in cancelleria il 15 marzo 2011 (del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana). Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Norme della Regione Siciliana - Proroga delle concessioni-contratto per gli operatori economici danneggiati dai fenomeni vulcanici del monte Etna - Ricorso del Governo - Denunciata violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione, di parita' di trattamento tra operatori economici, di concorrenza e liberta' di stabilimento, violazione dell'obbligo di osservanza delle norme comunitarie, violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. - Disegno di legge della Regione Siciliana 1° marzo 2011, n. 246, art. 2. - Costituzione, artt. 11, 97 e 117, commi primo e secondo, lett. l); statuto della Regione Siciliana, artt. 14 e 17; trattato CE, art. 49; trattato sul funzionamento dell'Unione europea, art. 81.(GU n.17 del 20-4-2011 )
L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 1° marzo 2011, ha approvato il disegno di legge n. 246 dal titolo «Modifica all'articolo 10 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di attivita' all'interno dei parchi naturali di rilevanza regionale. Proroga delle concessioni - contratto per gli operatori economici danneggiati dai fenomeni vulcanici del monte Etna", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il successivo 4 marzo 2011. L'articolo 2, che di seguito si trascrive, da' adito a censura per violazione degli articoli 11, 97, 117, 1° comma e 2° comma lett. 1) della Costituzione, nonche' degli articoli 14 e 17 dello Statuto Speciale per interferenza in materia di diritto civile. Art. 2 (Proroga delle concessioni-contratto per gli operatori economici danneggiati dai fenomeni vulcanici del monte Etna). 1. Le concessioni-contratto rilasciate da enti pubblici nell'interesse di operatori economici le cui strutture siano state danneggiate dai fenomeni vulcanici del monte Etna, verificatisi nell'ottobre 2002, in corso alla data del 27 ottobre 2002, ovvero rilasciate nel periodo emergenziale, sono prorogate, ai medesimi patti e condizioni, per un periodo uguale alla durata dello stato di emergenza; per quelli stipulati nel periodo emergenziale i termini di durata decorrono dalla scadenza dello stato di emergenza, previa rivalutazione dei canoni e/o dei corrispettivi secondo/ i dati ISTAT. La norma sopra riportata prevede che le concessioni - contratto gia' rilasciate da enti pubblici, (peraltro non puntualmente individuati) nell'interesse di operatori economici le cui strutture abbiano subito danni (non quantificati ne' specificati) a causa delle eruzioni dell'Etna verificatesi nell'ottobre 2002, nonche' quelle rilasciate nel periodo emergenziale, siano tutte indistintamente prorogate senza alcuna condizione, con termini di durata variabile, attualmente non determinabili, atteso che lo stato di emergenza dichiarato nel 2002 non e' ancora cessato e da ultimo, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3916 del 30 dicembre 2010, e' stato prorogato sino al 31 dicembre 2011. Preliminarmente non ci si puo' esimere dal rilevare che la durata di ogni singola concessione e' elemento fondamentale del provvedimento concessorio, alla scadenza del quale e' diritto-dovere dell'amministrazione competente verificare l'eventuale mutamento delle condizioni territoriali ed ambientali, nonche' gli aggiornamenti intervenuti sul quadro normativo di riferimento, prima di potere assumere una qualsiasi decisione. Il limite temporale di una concessione e' dunque il punto cronologico oltre il quale l'intervento concessorio cessa di esistere. Le concessioni, una volta venute a scadenza, richiedono infatti il rinnovo di un procedimento del tutto autonomo secondo procedure concorsuali, che non possono essere derogate a favore del precedente destinatario del provvedimento, non sussistendo per l'amministrazione alcun obbligo di accedere alle richieste di queseultimo, ben potendo, la stessa, determinarsi in senso negativo sia per ragioni soggettive sia per motivi di pubblico interesse (Consiglio di Stato Sezione IV sentenza n. 952 del 15 giugno 1998; TAR Toscana Sezione I, sentenza n. 79 del 24 aprile 1997; Consiglio di Stato sezione VI, sentenza n. 168/2005). La disposizione teste' approvata appare in palese conflitto con il principio di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. giacche' impedisce agli organi amministrativi competenti di svolgere una adeguata istruttoria e di procedere alla ponderazione dei diversi interessi coesistenti, privilegiando invece quelli economici del privato imprenditore. La disposizione «de qua» appare censurabile anche in base considerazione, svolta da codesta Corte nella recente sentenza n. 302 del 2010, secondo cui "alla vecchia concezione statica e legata ad una valutazione tabellare ed astratta del valore dei beni di proprieta' pubblica, si e' progressivamente sostituita un'altra tendente ad assicurare i valori di tali beni a quelli di mercato, sulla base cioe' delle potenzialita' degli stessi di produrre reddito in un contesto specifico". E' di tutta evidenza che il disporre «ope legis» la prosecuzione dei rapporti concessori antecedenti al 2002 alle medesime condizioni e di quelli successivi con l'adeguamento agli indici ISTAT di rivalutazione, non consente agli enti pubblici interessati dalla norma di potere adeguare i canoni di godimento dei beni, rendendoli piu' equilibrati rispetto a quelli pagati in favore di locatari privati e di incrementare al contempo le entrate (sentenza C C n 488 del 1997). L'eventuale incremento del canone nella linea di valorizzazione dei beni pubblici, come assicurato da codesta Corte nella prima citata sentenza n. 302/2010, "mira ad una loro maggiore redditivita' per l'ente territoriale, vale a dire per la generalita' dei cittadini, diminuendo proporzionalmente i vantaggi dei soggetti particolari che assumono la veste di concessionari". La disposizione teste' adottata inoltre genera una disparita' di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza e di liberta' di stabilimento, dal momento che non sono previste procedure di gara al fine di tutelare le esigenze concorrenziali delle imprese che non siano titolari di una concessione scaduta o in scadenza. Codesta Eccellentissima Corte, con ormai consolidata giurisprudenza (ex plurimis sentenze n. 180, 233 e 340 del 2010), ha sancito che leggi regionali che prevedono un diritto di proroga in favore di soggetti gia' possessori di concessioni, consentendo il rinnovo automatico delle medesime, violano l'articolo 117, 1° comma della Costituzione, per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. L'automatico rinnovo determinerebbe, infatti, "una disparita' di trattamento tra operatori economici in violazione del principio di concorrenza dal momento che, coloro che in precedenza non utilizzavano beni pubblici non hanno la possibilita', alla scadenza della concessione di prendere il posto del vecchio gestore". La disciplina regionale non solo viola il principio di parita' di trattamento, che si ricava dagli articoli 49 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea in tema di liberta' di stabilimento, favorendo i vecchi gestori concessionari, a scapito degli aspiranti nuovi, ma anche impedisce l'accesso di altri potenziali operatori al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori (sentenza C.C. n. 1 del 2008). Le concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, in quanto idonee a fornire un'occasione di guadagno agli operatori del libero mercato sono soggette all'applicazione delle norme sulla concorrenza ed all'articolo 81 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. Conseguentemente la regola generale che deve presiedere all'attribuzione della concessione e' la gara pubblica perche' la procedura selettiva e' l'unica rispettosa della tutela della concorrenza, in quanto consente l'apertura del mercato a tutti gli operatori interessati. Tale meccanismo e' da ritenersi peraltro il piu' coerente con la logica dell'ottimizzazione delle risorse disponibili che deve guidare le amministrazioni locali e regionali. La proroga, invero, potrebbe impedire l'affidamento a condizioni economicamente piu' vantaggiose rispetto a quelle originarie per l'ente destinatario del relativo canone. La Commissione europea, peraltro, nel corso della procedura d'infrazione n. 4908/2008 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali ai contenuti della Direttiva n. 123/2006/CEE, ha evidenziato che la preferenza accordata al concessionario uscente, nonche' il meccanismo di proroga automatica della concessione alla scadenza del provvedimento, oltre ad essere in contrasto con l'articolo 43 del Trattato CE e' difforrne anche dall'articolo 12 della prima menzionata Direttiva. La richiesta della Commissione europea alle autorita' italiane di adottare tutte le misure necessarie per eliminare gli elementi di contrasto della normativa interna con il diritto comunitario e' stato posto da codesta Corte a motivazione della dichiarazione di illegittimita' costituzionale di una legge regionale che autorizzava la proroga di preesistenti concessioni di beni pubblici nella considerazione che i principi comunitari della liberta' di stabilimento e di non discriminazione sono direttamente applicabili nell'ordinamento interno a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme interne o comunitarie (sentenza C.C. n. 180/2010). In proposito si richiama la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 945 del 1° marzo 2002 con cui nello sviluppare il contenuto della comunicazione della Commissione europea del 12 aprile 2000, e' stato rimarcato che, "sebbene il Trattato non contenga alcuna esplicita menzione delle concessioni, molte delle sue disposizioni, che presiedono e garantiscono il buon funzionamento del mercato unico, sono rilevanti e vincolanti e, specificatamente, quelle attinenti ai principi di non discriminazione, di parita' di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalita' quali risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale della Corte Europea". Principi questi tutti disattesi dalla norma regionale che si reputa pertanto in violazione degli articoli 11 e 117, comma primo della Costituzione. La disposizione infine e' censurabile sotto il profilo dell'interferenza in materia di diritto civile giacche' impone alle parti modifiche autoritative a contratti, connessi ad atti concessori, stipulati originariamente per una durata prefissata, ponendo di fatto a loro carico obbligazioni non valutate preventivamente ne' negoziate all'atto della conclusione del contratto.
P. Q. M. Ai sensi dell'art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto impugna l'articolo 2 del disegno di legge n. 246 dal titolo «Modifica all'articolo 10 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di attivita' all'interno dei parchi naturali di rilevanza regionale. Proroga delle concessioni-contratto per gli operatori economici danneggiati dai fenomeni vulcanici del monte Etna» approvato dall'Assemblea regionale siciliana per violazione degli articoli 11, 97, 117, primo comma e secondo comma lett. 1) della Costituzione, nonche' degli articoli 14 e 17 dello Statuto Speciale per interferenza in materia di diritto civile. Palermo, addi' 9 marzo 2011 Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana Aronica