N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2010
Ordinanza del 28 aprile 2010 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Parma sul ricorso proposto da Borsea 3000 S.r.l. contro Agenzia delle entrate - Ufficio di Parma. Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) - Deducibilita' ai fini delle imposte sui redditi (in specie, ai fini IRPEG) - Esclusione - Contrasto con i principi di razionalita', di ragionevolezza, di certezza del diritto e di affidamento, nonche' di effettivita' dell'eguaglianza e di "rimozione degli ostacoli all'organizzazione economica del Paese", di tutela del lavoro in tutte le sue forme e di promozione del diritto al lavoro - Compressione della liberta' di iniziativa economica - Violazione del principio di capacita' contributiva - Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF, IRPEG ed IRES. - Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 1, comma 2. - Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53. Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) - Deducibilita' ai fini delle imposte sui redditi - Ammissione in deduzione, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008, di una somma pari al 10% dell'imposta, forfetariamente riferita alla quota imponibile degli interessi passivi e delle spese per i dipendenti - Possibilita' di corrispondenti rimborsi per i periodi di imposta anteriori - Contrasto con i principi di razionalita', di ragionevolezza, di certezza del diritto e di affidamento, nonche' di effettivita' dell'eguaglianza e di "rimozione degli ostacoli all'organizzazione economica del Paese", di tutela del lavoro in tutte le sue forme e di promozione del diritto al lavoro - Compressione della liberta' di iniziativa economica - Violazione del principio di capacita' contributiva - Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF, IRPEG ed IRES. - Decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, art. 6. - Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53. Imposte e tasse - Imposte sui redditi - Determinazione della base imponibile delle societa' - Deducibilita' dell'imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP) nei limiti di una somma forfetaria pari al 10% dell'imposta stessa - Contrasto con i principi di razionalita', di ragionevolezza, di certezza del diritto e di affidamento, nonche' di effettivita' dell'eguaglianza e di "rimozione degli ostacoli all'organizzazione economica del Paese", di tutela del lavoro in tutte le sue forme e di promozione del diritto al lavoro - Compressione della liberta' di iniziativa economica - Violazione del principio di capacita' contributiva - Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF, IRPEG ed IRES. - D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 99 (come "modificato" per effetto dell'art. 6 del d.l. 29 novembre 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2). - Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53.(GU n.17 del 20-4-2011 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 598/05, depositato il 26 aprile 2005, avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG 2001 contro Agenzia entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente Borsea 3000 S.r.l. - strada 86/A - 43100 Parma., difeso da Zambello Giuseppe, S.da Zarotto, 86/A - 43100 Parma; Avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG 2002; Contro Agenzia entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente Borsea 3000 S.r.l. - Strada 86/A 43100 Parma, difeso da Zambello Giuseppe - S.da Zarotto 86/A - 43100 Parma; Avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG 2003; Contro Agenzia entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente Borsea 3000 S.r.l. - Strada 86/A - 43100 Parma, difeso da Zambello Giuseppe, S.da Zarotto 86/A - 43100 Parma. Fatto La Srl. Borsea 3000, in persona del suo amministratore, ha presentato in data 17 gennaio 2005 una istanza di restituzione della maggiore IRPEG pagata relativamente agli anni dal 2001 fino al 2003 a causa dell'indeducibilita' dell'imposta IRAP. Le somme, delle quali e' stata chiesta la restituzione, sono le seguenti: € 1.603,04 per l'anno 2001; € 2.34,92 per l'anno 2002; € 1952,96 per l'anno 2003. Contro il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza, la societa' ricorrente ha presentato il ricorso RGR n. 598/05, depositato in data 26 aprile 2005. La societa' ricorrente lamenta che l'indeducibilita' dell'Irap nella determinazione del reddito imponibile Irpeg, stabilita dall'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 446/1997, comporta un versamento di imposte Irpeg su redditi inesistenti e che, pertanto, la norma citata viola l'art. 53 della Costituzione per mancanza del necessario presupposto della capacita' contributiva, il cui indice rivelatore sarebbe costituito dalla consistenza dei reddito netto. Successivamente alla proposizione di tale questione, e' entrato in vigore il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, il quale, all'art. 6, prevede che, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, e' ammesso in deduzione un importo pari al 10 per cento dell'Irap, «forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti», e che, per i periodi di imposta anteriori, per i quali era stata presentata istanza di rimborso, e' ammesso il rimborso per una somma fino al 10 per cento dell'Irap dell'anno di competenza, da eseguirsi secondo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze, nel rispetto dei limiti di spesa indicati, e che, ai fini dell'eventuale completamento dei rimborsi, si provvedera' all'integrazione delle risorse con successivi provvedimenti legislativi. All'udienza del 22 gennaio 2010 la causa e' stata discussa pubblicamente. La ricorrente sostiene che la nuova disposizione non priva di rilevanza la questione proposta con il ricorso, posto che la deduzione del 10% dell'IRAP lascia indeducibile il 90% dell'imposta stessa. L' Agenzia delle entrate, ritualmente costituitasi, sostiene l'infondatezza della richiesta di rimborso, in base al d.lgs. n. 446/97 Diritto 1 . - La societa' ricorrente ha impugnato il silenzio rifiuto dell'Agenzia delle entrate - Ufficio di Parma, concernente il rimborso dell'IRAP relativa agli anni d'imposta, sostenendo l'incostituzionalita' di tale imposta, a causa della sua indeducibilita' fiscale (sancita dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446, il quale prevede che 1'IRAP «ha carattere reale e non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi»), indeducibilita' che si traduce nell'assoggettare all'imposta sui redditi anche un reddito inesistente, corrispondente alla spesa sostenuta per il pagamento dell'imposta regionale, in violazione dell'art. 53 della Costituzione e dei sottesi principi di ragionevolezza e di capacita' contributiva. 2. - In precedenza, la questione e' stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale in modo inammissibile, posto che era stato chiesto il rimborso dell'Irap a causa della sua indeducibilita', mentre la questione «attiene al regime giuridico ed alla fase applicativa delle imposte sui redditi». La presente fattispecie si discosta pero' da quelle gia' decise dalla Consulta con pronuncia di inammissibilita', essendo stato correttamente impugnato il silenzio rigetto formatosi sull'istanza di restituzione dell'imposta sui redditi, relativamente alla quota pagata in piu' a causa della indeducibilita' dell'IRAP, indeducibilita' che inizialmente era totale e che, a causa dello ius superveniens, e' stata ridotta al 90%. Una questione di incostituzionalita' relativa alla indeducibilita' dell'Irap per il 90% e' gia' pendente alla Corte costituzionale in base ai seguenti atti di promovimento: a) Ord. n. 190/2009 della Commissione tributaria provinciale di Bologna; b) Ord. n. 42/2010 della Commissione tributaria provinciale di Prato. 3. - Questo Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione, sollevata dalla difesa della societa' ricorrente, della incostituzionalita' dell'art. 1, comma secondo del d.lgs. n. 446/97, istitutivo dell'Irap, del seguente tenore: «L'imposta ha carattere reale e non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi.» Ritiene parimenti fondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 6 (intitolato: «Deduzione dall'IRES e dall'IRPEF della quota di IRAP relativa al costo del lavoro e degli interessi») del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. La citata norma cosi' dispone: «1. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, e' ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attivita' produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo ((15 dicembre 1997, n. 446,)) forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi ((dell'articolo 11, commi)) 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo decreto ((legislativo n. 446 del 1997.)) 2. In relazione ai periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2008, per i quali e' stata comunque presentata, entro il termine di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, istanza per il rimborso della quota delle imposte sui redditi corrispondente alla quota dell'IRAP riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati ovvero alle spese per il personale dipendente e assimilato, i contribuenti hanno diritto, con le modalita' e nei limiti stabiliti al comma 4, al rimborso per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell'IRAP dell'anno di competenza, riferita forfetariamente ai suddetti interessi e spese per il personale, come determinata ai sensi del comma 1. [Omissis]». Si ritiene altresi' incostituzionale, sollevando la questione d'ufficio, l'art. 99 del TU approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 (in Gazzetta Ufficiale n. 291 suppl. ord. 16 dicembre 2003), ulteriormente modificato dall'art. 6 del d.l. n. 185/2008. Sia il previgente art. 64, che l'art. 99 del citato T.U. cit. disponevano: «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento». La ulteriore modifica apportata all'art. 99 dall' art. 6 del d.l. n. 185/2008, coordinato con la legge di conversione n. 2/2009, dispone la deducibilita' dell'Irap limitatamente al 10%. In pratica, la parte qui impugnata dell'art. 99 del TU 917/1986, dopo la modifica apportata dall'art. 6 del d.lgs. n. 185/2008, risulta del seguente tenore: «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, e' ammesso in deduzione un importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attivita' produttive determinata.... [seguono le modalita' applicative disposte dai successivi comma dell'art. 6 d.lgs. n. 185/2008]». 4. - La rilevanza della questione ai fini del presente giudizio dipende dal fatto che la societa' ricorrente ha chiesto il rimborso dell'Irpeg per le annualita' pagate senza dedurre il costo dell'Irap, sicche', in caso di caducazione della normativa che consente la deduzione, ai fini delle imposte dei redditi, del solo 10% dell'imposta Irap, riprenderebbero vigore i principi generali del divieto della doppia tassazione e della normale deducibilita' integrale dei costi inerenti alla produzione del reddito, con conseguente diritto all'accoglimento della domanda di rimborso azionata. 5a. - Quanto alla delibazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, si ritiene preliminarmente opportuno mettere a fuoco il concetto di deducibilita'. Il legislatore ha qualificato l'Irap come una imposta reale e aggiunge, senza alcun nesso conseguenziale con tale qualificazione, che l'imposta e' indeducibile ai fini delle imposte sui redditi, salvo poi dichiararla indeducibile al 90%. La deducibilita' e' disciplinata, con norma di carattere generale, dall'art. 99, comma 1 (novellato dal 1° gennaio 2004 con il citato d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, ma conforme, sul punto, al previgente art. 64), del TUIR approvato con d.P.R. n. 917/86 che, con riguardo al reddito d'impresa, stabilisce espressamente: «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento». Dovendo prendere per buona la qualificazione legislativa dell'Irap come imposta «reale», si deve tuttavia convenire che si tratta di una imposta «altra» rispetto a quelle sui redditi e comunque di un'imposta che non consente la rivalsa, sicche' e' sicuramente deducibile in base ai principi generali. La deducibilita' delle imposte non trasferibili mediante rivalsa - e dunque rimaste a carico del soggetto passivo - dipende dalla necessita' di evitare l' imposizione di un costo inerente alla produzione del reddito, al fine di colpire la reale capacita' contributiva. La stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 156/2001, ha riconosciuto che l'Irap e' equiparabile a «qualsiasi altro costo (anche di carattere fiscale) gravante sulla produzione». La dottrina sottolinea la continuita' storica della regola della deducibilita' dei costi rappresentati da imposte e tasse, risalente al TU n. 645/58 e la sua natura di principio generale del diritto tributario, quale diretta espressione del principio della capacita' contributiva (cfr. Andrea Bodrito, in Corriere Tributario n. 4/07 e G. Falsitta, in Riv. Dir. Trib. 1997, I, p. 508). 5b. - L'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 446/97 in esame enuncia la indeducibilita' dell'Irap, successivamente limitata al 90%, senza tentare di dare alcuna spiegazione, posto che, se avesse qualificato l'Irap come imposta sui redditi, avrebbe urtato contro il divieto della doppia tassazione (imposto da costante giurisprudenza costituzionale: C. cost. 42/80; 400/87; 42/92). Se l'avesse qualificata come imposta a rivalsa, avrebbe compiuto una qualificazione non realistica in quanto la teorica possibilita' di traslare sui consumatori i costi di produzione, ivi inclusi quelli fiscali, non realizza quello che e', tecnicamente, il diritto di rivalsa al quale si riferiscono il previgente art. 64 ed il citato art. 99 TUIR (mod. dal d.lgs. n. 344/2003) come causa ostativa della deducibilita'. Difatti, al diritto di rivalsa del soggetto percosso fa riscontro un correlativo obbligo giuridicamente imposto al soggetto inciso, mentre la mera possibilita' fattuale della traslazione economica dipende dalle circostanze del mercato, le quali possono consentire o no un innalzamento dei prezzi (tale da compensare qualsiasi aggravio fiscale che il legislatore volesse imporre al produttore di beni o servizi sotto il nomen iuris di «imposta reale senza rivalsa ma con facolta' di traslazione economica sul consumatore»). E si sa che, in tempi di mercati aperti e di competizione globale, il carico fiscale e parafiscale che grava sulle lavorazioni nostrane costituisce un fattore distorsivo della concorrenza, a tutto vantaggio di prodotti provenienti da Paesi a fiscalita' piu' bassa, tanto da influire sulle scelte di delocalizzazione delle imprese manifatturiere e da provocare, alla lunga, effetti tanatologici su alcuni settori del «made in Italy». 5c. - L'art. 6 del d.l. n. 185/2008, coordinato con la legge di conversione n. 2/2009, ammette una deduzione forfetaria del 10%, riferendola a «quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti». Ma tale modestissima concessione legislativa alla generale protesta contro l'Irap - levatasi a livello nazionale ed internazionale - non fa venir meno i dubbi di incostituzionalita', cosi' come non basterebbe a far svanire tali dubbi un'altra limatura, che il legislatore potrebbe disporre, a scopo dilatorio, alla vigilia della decisione della Consulta, per ottenere la remissione al giudice a quo per nuovo esame di rilevanza. Anzi, si precisa fin da ora che la rilevanza della questione permarra' fino a quando l'Irap non sara' deducibile per il suo intero ammontare. La novella del 2008 non priva di rilevanza la questione: in primo luogo in quanto ammette finalmente che l'Irap si calcola anche sul costo del danaro e della manodopera, scoprendo cosi' i veri orizzonti applicativi della nuova categoria giuridica delle «imposte reali»; in secondo luogo, non tiene conto dei costi effettivi del danaro e della manodopera, ma applica a tutti gli operatori economici la deduzione forfetaria del 10%. 5d. - L'attuale combinato disposto normativo, che consente la deduzione forfetaria del 10%, lasciando a carico degli operatori economici l'obbligo di pagare le imposte sui redditi senza poter detrarre il 90% del costo rappresentato dall'Irap, contrasta con i seguenti principi costituzionali: principi di razionalita', di ragionevolezza, di certezza del diritto e di affidamento, costituzionalmente garantiti dall'art. 2 sotto forma di diritti inviolabili (dell'uomo ma anche delle persone giuridiche): la indeducibilita' dell'Irap al 90% e' priva di qualsiasi giustificazione sistematica in relazione ai principi generali enunciati dall'art. 64 previgente e dall'art. 99, comma 1 TUIR (come modificato dal d.lgs. n. 344/2003), non potendosi qualificare l'Irap ne' come una imposta sui redditi, ne' come una imposta senza rivalsa per il 10% ed a rivalsa per il 90%; occorre allora convenire che, se e' razionale il regime generale della deducibilita' stabilito nella formulazione originaria dall'art. 64, poi divenuto l'art. 99 TUIR, ogni disposizione che rinneghi quel regime e' irrazionale e quindi da espungere dall'ordinamento giuridico; effettivita' dell'uguaglianza e rimozione degli ostacoli all'organizzazione economica del Paese (art. 3) per un duplice aspetto: in quanto i cittadini percettori di redditi diversi da quelli derivanti dall'esercizio di imprese o professioni pagano le imposte su redditi netti da spese, mentre gli operatori economici non possono dedurre il 90% della spesa relativa all'Irap e sono, oltre che discriminati, anche disincentivati dal lavoro autonomo; inoltre, fra gli operatori economici, tutti parimenti soggetti all'Irap, si verifica una disparita' di trattamento indotta dalla diversa incidenza del costo dei fattori della produzione sul reddito d'impresa, giacche' la deduzione del 10% viene applicata forfetariamente a coloro che hanno zero costi di personale e di costo del danaro, come alle imprese molto indebitate (e al limite, fallite) e alle imprese manifatturiere; tutela del lavoro in tutte le sue forme (artt. 4 e 35): l'Irap, per la parte che rende indeducibili i costi di manodopera superiori al forfait legislativo, scoraggia l'impiego di lavoratori subordinati e parasubordinati, in violazione della incentivazione al lavoro (art. 4 Cost.) e della tutela del lavoro, imposta dall'art. 35 Cost.; promozione del diritto al lavoro (art. 4): l'obbligo di pagare le imposte sui redditi senza poter dedurre il costo dell'Irap costituisce un disincentivo alla intrapresa del lavoro professionale e di quello imprenditizio ed un vincolo alla liberta' dell'iniziativa economica (art. 41 Cost.). La normativa in esame contrasta pure con l'art. 53 Cost., in quanto determina in modo fittizio il reddito dei professionisti, degli imprenditori individuali e delle societa' (nonche' dei soci per le ricadute degli utili societari sul reddito personale), che e' invece ridotto dalla incidenza del 90% dell'imposta regionale. La indeducibilita' dell'Irap al 90% provoca inoltre differenti e non prevedibili distorsioni della progressivita' e delle aliquote erariali, in quanto, come ha rilevato la Commissione tributaria provinciale di Genova con l'ordinanza 12 febbraio 2004 (condividendo un'osservazione di M.A. Galeotti Fiori in «L'irap inciampa sui costi dell'indeducibilita'. Crolla anche la progressivita'» in Il Sole24ore del 23 luglio 1997, pag. 20) «le imprese la cui gestione sia effettivamente in perdita (...) pagano ugualmente Irpef e l' Irpeg come se avessero prodotto reddito; mentre altre imprese con gestione in utile vengono assoggettate a imposta con prelievo pari o superiore all'utile stesso». La distorsione delle aliquote erariali di Irpef Irpeg ed Ires, che finiscono con il gravare con la stessa aliquota nominale su redditi reali diversi, genera non solo la violazione del principio della capacita' contributiva, garantito dall'art. 53 Cost., ma anche, come si e' detto, la violazione del principio della effettivita' dell'uguaglianza dei cittadini di fronte la legge, garantito dal primo comma dell'art. 3 della Costituzione, il quale non consente di imporre aliquote fiscali uguali su redditi netti differenti. Si puo' aggiungere che la Banca d'Italia (nel Bollettino economico n. 48 di aprile 2007, in www.bancaditalia.it) evidenzia nel 2006 un incremento delle entrate fiscali, rispetto al 2005, del 16,4% per Ires (5,5 MD) e del 9,1% per Irap (3,2 MD) e dichiara: «Interventi volti a contenere la spesa corrente potranno aprire spazi per sostenere la ripresa degli investimenti pubblici e per ridurre la pressione fiscale, che supera quella media dell'area dell'Euro e si colloca in prossimita' dei valori massimi toccati negli ultimi decenni». Oggi, col senno di poi e con l'analisi della Banca d'Italia, si deve prendere atto che lo sconfinamento della discrezionalita' del legislatore oltre i limiti della ragionevolezza e dei principi generali ha provocato un eccessivo e nocivo allargamento della base imponibile dei redditi, attraverso l'indeducibilita' dell'Irap al 90%.
P.Q.M. 1) Visto, l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimita' costituzionale con riferimento agli articoli 2, 3, 4, 35, 41 comma 1 e 53 Cost. delle seguenti norme: a) art. 1, comma 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una addizionale a tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali), nella parte in cui dispone che l'Irap «non e' deducibile ai fini delle imposte sui redditi»; b) art. 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella parte in limita la deducibilita' dell'Irap al 10%, disponendo: «E' ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi., approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attivita' produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo ((15 dicembre 1997, n. 446,)) forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi ((dell'articolo 11, commi)) 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo decreto ((legislativo n. 446 del 1997.))»; c) art. 99 del TU approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, modificato dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 e ulteriormente modificato dall'art. 6 d.l. 29 novembre 2008, n. 85, conv. in legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella parte in cui dispone: «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, e' ammesso in deduzione un importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale sulle attivita' produttive determinata.... [seguono le modalita' applicative disposte dai successivi comma dell'art. 6 d.lgs. n. 185/2008]». 2) Ordina: la sospensione del giudizio in corso; l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la notifica della presente ordinanza, a cura della segreteria: alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Parma il 22 gennaio 2010. Il Presidente: Piscopo