N. 68 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2010

Ordinanza del 28 aprile  2010  emessa  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Parma sul  ricorso  proposto  da  Borsea  3000  S.r.l.
contro Agenzia delle entrate - Ufficio di Parma. 
 
Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP)
  - Deducibilita' ai fini delle imposte sui redditi  (in  specie,  ai
  fini  IRPEG)  -  Esclusione  -  Contrasto   con   i   principi   di
  razionalita', di ragionevolezza,  di  certezza  del  diritto  e  di
  affidamento,  nonche'  di  effettivita'   dell'eguaglianza   e   di
  "rimozione degli ostacoli all'organizzazione economica del  Paese",
  di tutela del lavoro in tutte le sue  forme  e  di  promozione  del
  diritto al lavoro  -  Compressione  della  liberta'  di  iniziativa
  economica - Violazione del principio di  capacita'  contributiva  -
  Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF, IRPEG ed IRES. 
- Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 1, comma 2. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53. 
Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP)
  - Deducibilita' ai fini delle imposte sui redditi -  Ammissione  in
  deduzione, a decorrere dal  periodo  di  imposta  in  corso  al  31
  dicembre  2008,  di   una   somma   pari   al   10%   dell'imposta,
  forfetariamente riferita  alla  quota  imponibile  degli  interessi
  passivi  e  delle  spese  per  i  dipendenti  -   Possibilita'   di
  corrispondenti rimborsi  per  i  periodi  di  imposta  anteriori  -
  Contrasto con i principi di  razionalita',  di  ragionevolezza,  di
  certezza del diritto e  di  affidamento,  nonche'  di  effettivita'
  dell'eguaglianza e di "rimozione degli ostacoli  all'organizzazione
  economica del Paese", di tutela del lavoro in tutte le sue forme  e
  di promozione del diritto al lavoro - Compressione  della  liberta'
  di iniziativa economica - Violazione  del  principio  di  capacita'
  contributiva - Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF,  IRPEG
  ed IRES. 
- Decreto-legge  29  novembre   2008,   n.   185,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, art. 6. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53. 
Imposte e tasse - Imposte sui redditi  -  Determinazione  della  base
  imponibile delle societa' -  Deducibilita'  dell'imposta  regionale
  sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  nei  limiti  di   una   somma
  forfetaria pari al  10%  dell'imposta  stessa  -  Contrasto  con  i
  principi  di  razionalita',  di  ragionevolezza,  di  certezza  del
  diritto e di affidamento, nonche' di effettivita'  dell'eguaglianza
  e di "rimozione degli  ostacoli  all'organizzazione  economica  del
  Paese", di tutela del lavoro in tutte le sue forme e di  promozione
  del diritto al lavoro - Compressione della liberta'  di  iniziativa
  economica - Violazione del principio di  capacita'  contributiva  -
  Distorsione delle aliquote erariali di IRPEF, IRPEG ed IRES. 
- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.  99  (come  "modificato"  per
  effetto dell'art. 6 del d.l. 29 novembre 2008, n.  85,  convertito,
  con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2). 
- Costituzione, artt. 2, 3, 4, 35, 41, primo comma, e 53. 
(GU n.17 del 20-4-2011 )
 
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 598/05, depositato
il 26 aprile 2005, avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG  2001
contro Agenzia entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente  Borsea
3000 S.r.l.  -  strada  86/A  -  43100  Parma.,  difeso  da  Zambello
Giuseppe, S.da Zarotto, 86/A - 43100 Parma; 
    Avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG 2002; Contro Agenzia
entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente Borsea 3000  S.r.l.  -
Strada 86/A 43100 Parma, difeso da Zambello Giuseppe -  S.da  Zarotto
86/A - 43100 Parma; 
    Avverso silenzio rifiuto istanza rimb. IRPEG 2003; Contro Agenzia
entrate Ufficio Parma; proposto dal ricorrente Borsea 3000  S.r.l.  -
Strada 86/A - 43100 Parma, difeso da Zambello Giuseppe, S.da  Zarotto
86/A - 43100 Parma. 
 
                                Fatto 
 
    La Srl. Borsea  3000,  in  persona  del  suo  amministratore,  ha
presentato in data 17 gennaio 2005 una istanza di restituzione  della
maggiore IRPEG pagata relativamente agli anni dal 2001 fino al 2003 a
causa dell'indeducibilita' dell'imposta IRAP. 
    Le somme, delle quali e' stata chiesta la restituzione,  sono  le
seguenti: 
    € 1.603,04 per l'anno 2001; 
    € 2.34,92 per l'anno 2002; 
    € 1952,96 per l'anno 2003. 
    Contro il silenzio rifiuto formatosi  sull'istanza,  la  societa'
ricorrente ha presentato il ricorso RGR n. 598/05, depositato in data
26 aprile 2005. 
    La societa' ricorrente lamenta  che  l'indeducibilita'  dell'Irap
nella  determinazione  del  reddito   imponibile   Irpeg,   stabilita
dall'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 446/1997, comporta  un  versamento
di imposte Irpeg su redditi inesistenti e  che,  pertanto,  la  norma
citata viola l'art. 53 della Costituzione per mancanza del necessario
presupposto della capacita' contributiva, il  cui  indice  rivelatore
sarebbe costituito dalla consistenza dei reddito netto. 
    Successivamente alla proposizione di tale questione,  e'  entrato
in vigore il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185  (Misure  urgenti
per il sostegno a famiglie,  lavoro,  occupazione  e  impresa  e  per
ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro  strategico  nazionale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,  il
quale, all'art. 6, prevede che, a partire dal  periodo  d'imposta  in
corso al 31 dicembre 2008, e' ammesso in deduzione un importo pari al
10 per cento dell'Irap, «forfetariamente riferita all'imposta  dovuta
sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati  al
netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese
per il personale dipendente e assimilato  al  netto  delle  deduzioni
spettanti», e che, per i periodi di imposta anteriori,  per  i  quali
era stata presentata istanza di rimborso, e' ammesso il rimborso  per
una somma fino al 10 per cento dell'Irap dell'anno di competenza,  da
eseguirsi  secondo  l'ordine  cronologico  di   presentazione   delle
istanze, nel rispetto dei limiti di spesa indicati, e  che,  ai  fini
dell'eventuale   completamento   dei   rimborsi,    si    provvedera'
all'integrazione   delle   risorse   con   successivi   provvedimenti
legislativi. 
    All'udienza del 22  gennaio  2010  la  causa  e'  stata  discussa
pubblicamente. 
    La ricorrente sostiene che la nuova  disposizione  non  priva  di
rilevanza  la  questione  proposta  con  il  ricorso,  posto  che  la
deduzione del 10% dell'IRAP lascia indeducibile il  90%  dell'imposta
stessa. 
    L' Agenzia  delle  entrate,  ritualmente  costituitasi,  sostiene
l'infondatezza della richiesta di rimborso,  in  base  al  d.lgs.  n.
446/97 
 
                               Diritto 
 
    1 . - La societa' ricorrente ha  impugnato  il  silenzio  rifiuto
dell'Agenzia  delle  entrate  -  Ufficio  di  Parma,  concernente  il
rimborso  dell'IRAP  relativa   agli   anni   d'imposta,   sostenendo
l'incostituzionalita'  di   tale   imposta,   a   causa   della   sua
indeducibilita' fiscale (sancita dall'art. 1, comma 2, del d.lgs.  n.
446, il quale prevede  che  1'IRAP  «ha  carattere  reale  e  non  e'
deducibile ai fini delle imposte sui redditi»),  indeducibilita'  che
si traduce nell'assoggettare all'imposta sui redditi anche un reddito
inesistente, corrispondente alla spesa  sostenuta  per  il  pagamento
dell'imposta regionale, in violazione dell'art. 53 della Costituzione
e dei sottesi principi di ragionevolezza e di capacita' contributiva. 
    2. - In precedenza, la questione e' stata  sottoposta  al  vaglio
della Corte costituzionale in modo inammissibile, posto che era stato
chiesto il rimborso dell'Irap  a  causa  della  sua  indeducibilita',
mentre la  questione  «attiene  al  regime  giuridico  ed  alla  fase
applicativa delle imposte sui redditi». 
    La presente fattispecie si discosta pero' da quelle  gia'  decise
dalla Consulta  con  pronuncia  di  inammissibilita',  essendo  stato
correttamente impugnato il silenzio rigetto formatosi sull'istanza di
restituzione  dell'imposta  sui  redditi,  relativamente  alla  quota
pagata   in   piu'   a   causa   della   indeducibilita'   dell'IRAP,
indeducibilita' che inizialmente era totale e che, a causa dello  ius
superveniens, e' stata ridotta al 90%. 
    Una    questione    di    incostituzionalita'    relativa    alla
indeducibilita' dell'Irap per il 90%  e'  gia'  pendente  alla  Corte
costituzionale in base ai seguenti atti di promovimento: a)  Ord.  n.
190/2009 della Commissione tributaria provinciale di Bologna; b) Ord.
n. 42/2010 della Commissione tributaria provinciale di Prato. 
    3. - Questo  Collegio  ritiene  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione,  sollevata  dalla  difesa  della   societa'
ricorrente, della incostituzionalita' dell'art. 1, comma secondo  del
d.lgs. n. 446/97, istitutivo dell'Irap, del seguente tenore: 
        «L'imposta ha carattere reale e non  e'  deducibile  ai  fini
delle imposte sui redditi.» 
    Ritiene parimenti fondata  la  questione  di  incostituzionalita'
dell'art. 6 (intitolato:  «Deduzione  dall'IRES  e  dall'IRPEF  della
quota di IRAP relativa al costo del lavoro e  degli  interessi»)  del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185  (Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anticrisi il quadro  strategico  nazionale),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. La citata norma
cosi' dispone: 
        «1. A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre
2008, e' ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato  con  il  D.P.R.  22
dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, un importo pari  al
10  per  cento  dell'imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive
determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e  8  del  decreto
legislativo ((15 dicembre 1997, n.  446,))  forfetariamente  riferita
all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi  passivi  e
oneri  assimilati  al  netto  degli  interessi  attivi   e   proventi
assimilati  ovvero  delle  spese  per  il  personale   dipendente   e
assimilato   al   netto   delle   deduzioni   spettanti   ai    sensi
((dell'articolo 11, commi)) 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1  del
medesimo decreto ((legislativo n. 446 del 1997.)) 
    2. In relazione ai periodi d'imposta anteriori a quello in  corso
al 31 dicembre 2008, per i quali e' stata comunque presentata,  entro
il termine di cui all'articolo 38 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, istanza per il  rimborso  della
quota delle imposte sui redditi corrispondente alla  quota  dell'IRAP
riferita agli interessi passivi ed oneri assimilati ovvero alle spese
per il  personale  dipendente  e  assimilato,  i  contribuenti  hanno
diritto, con le modalita' e nei  limiti  stabiliti  al  comma  4,  al
rimborso per una somma fino ad un massimo del 10 per cento  dell'IRAP
dell'anno  di  competenza,  riferita  forfetariamente   ai   suddetti
interessi e spese per il personale, come  determinata  ai  sensi  del
comma 1. [Omissis]». 
    Si ritiene altresi'  incostituzionale,  sollevando  la  questione
d'ufficio, l'art. 99 del TU approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, come modificato dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 (in Gazzetta
Ufficiale  n.  291  suppl.  ord.  16  dicembre  2003),  ulteriormente
modificato dall'art. 6 del d.l. n. 185/2008. 
    Sia il previgente art. 64, che l'art. 99  del  citato  T.U.  cit.
disponevano: «Le imposte  sui  redditi  e  quelle  per  le  quali  e'
prevista  la  rivalsa,  anche  facoltativa,  non  sono   ammesse   in
deduzione. Le altre imposte sono  deducibili  nell'esercizio  in  cui
avviene il pagamento». La ulteriore modifica  apportata  all'art.  99
dall' art. 6 del  d.l.  n.  185/2008,  coordinato  con  la  legge  di
conversione   n.   2/2009,   dispone   la   deducibilita'   dell'Irap
limitatamente al 10%. 
    In pratica, la parte qui impugnata dell'art. 99 del TU  917/1986,
dopo la modifica  apportata  dall'art.  6  del  d.lgs.  n.  185/2008,
risulta del seguente tenore: 
        «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista  la
rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione.  Le  altre
imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento. A
decorrere dal periodo d'imposta in corso  al  31  dicembre  2008,  e'
ammesso in deduzione un importo pari al  10  per  cento  dell'imposta
regionale sulle  attivita'  produttive  determinata....  [seguono  le
modalita' applicative  disposte  dai  successivi  comma  dell'art.  6
d.lgs. n. 185/2008]». 
    4. - La rilevanza della questione ai fini del  presente  giudizio
dipende dal fatto che la societa' ricorrente ha chiesto  il  rimborso
dell'Irpeg per le annualita' pagate senza dedurre il costo dell'Irap,
sicche', in caso di  caducazione  della  normativa  che  consente  la
deduzione,  ai  fini  delle  imposte  dei  redditi,  del   solo   10%
dell'imposta Irap, riprenderebbero vigore  i  principi  generali  del
divieto  della  doppia  tassazione  e  della  normale   deducibilita'
integrale  dei  costi  inerenti  alla  produzione  del  reddito,  con
conseguente  diritto  all'accoglimento  della  domanda  di   rimborso
azionata. 
    5a. - Quanto alla delibazione di non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale, si ritiene  preliminarmente
opportuno mettere a fuoco il concetto di deducibilita'. 
    Il legislatore ha qualificato l'Irap come  una  imposta  reale  e
aggiunge, senza alcun nesso conseguenziale con  tale  qualificazione,
che l'imposta e' indeducibile ai  fini  delle  imposte  sui  redditi,
salvo poi dichiararla indeducibile al 90%. 
    La  deducibilita'  e'  disciplinata,  con  norma   di   carattere
generale, dall'art. 99, comma 1 (novellato dal 1° gennaio 2004 con il
citato d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, ma conforme,  sul  punto,  al
previgente art. 64), del TUIR approvato con d.P.R. n. 917/86 che, con
riguardo al reddito d'impresa, stabilisce espressamente: «Le  imposte
sui redditi e quelle per le  quali  e'  prevista  la  rivalsa,  anche
facoltativa, non sono ammesse in deduzione.  Le  altre  imposte  sono
deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento». 
    Dovendo  prendere  per  buona   la   qualificazione   legislativa
dell'Irap come imposta «reale», si deve  tuttavia  convenire  che  si
tratta di una  imposta  «altra»  rispetto  a  quelle  sui  redditi  e
comunque di un'imposta  che  non  consente  la  rivalsa,  sicche'  e'
sicuramente deducibile in base ai principi generali. 
    La deducibilita' delle imposte non trasferibili mediante  rivalsa
- e dunque rimaste a carico del  soggetto  passivo  -  dipende  dalla
necessita' di evitare  l'  imposizione  di  un  costo  inerente  alla
produzione del  reddito,  al  fine  di  colpire  la  reale  capacita'
contributiva. 
    La stessa Corte costituzionale, nella sentenza  n.  156/2001,  ha
riconosciuto che l'Irap e'  equiparabile  a  «qualsiasi  altro  costo
(anche di carattere fiscale) gravante sulla produzione». 
    La dottrina sottolinea la continuita' storica della regola  della
deducibilita' dei costi rappresentati da imposte e  tasse,  risalente
al TU n. 645/58 e la sua natura di  principio  generale  del  diritto
tributario, quale diretta espressione del principio  della  capacita'
contributiva (cfr. Andrea Bodrito, in Corriere Tributario n.  4/07  e
G. Falsitta, in Riv. Dir. Trib. 1997, I, p. 508). 
    5b. - L'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 446/97 in esame enuncia  la
indeducibilita' dell'Irap, successivamente  limitata  al  90%,  senza
tentare di dare alcuna spiegazione, posto che, se avesse  qualificato
l'Irap come imposta sui redditi, avrebbe  urtato  contro  il  divieto
della  doppia  tassazione   (imposto   da   costante   giurisprudenza
costituzionale:  C.  cost.  42/80;  400/87;   42/92).   Se   l'avesse
qualificata  come   imposta   a   rivalsa,   avrebbe   compiuto   una
qualificazione non realistica in quanto la  teorica  possibilita'  di
traslare sui consumatori i costi di produzione,  ivi  inclusi  quelli
fiscali, non realizza quello che  e',  tecnicamente,  il  diritto  di
rivalsa al quale si riferiscono il previgente art. 64  ed  il  citato
art. 99 TUIR (mod. dal d.lgs. n. 344/2003) come causa ostativa  della
deducibilita'. Difatti, al diritto di rivalsa del  soggetto  percosso
fa  riscontro  un  correlativo  obbligo  giuridicamente  imposto   al
soggetto  inciso,  mentre  la  mera   possibilita'   fattuale   della
traslazione economica dipende dalle circostanze del mercato, le quali
possono  consentire  o  no  un  innalzamento  dei  prezzi  (tale   da
compensare qualsiasi aggravio  fiscale  che  il  legislatore  volesse
imporre al produttore di beni o  servizi  sotto  il  nomen  iuris  di
«imposta reale senza rivalsa ma con facolta' di traslazione economica
sul consumatore»). E si sa che, in  tempi  di  mercati  aperti  e  di
competizione globale, il carico fiscale e parafiscale che grava sulle
lavorazioni  nostrane  costituisce  un   fattore   distorsivo   della
concorrenza, a tutto vantaggio di prodotti  provenienti  da  Paesi  a
fiscalita'  piu'  bassa,  tanto   da   influire   sulle   scelte   di
delocalizzazione delle imprese manifatturiere e  da  provocare,  alla
lunga, effetti tanatologici su alcuni settori del «made in Italy». 
    5c. - L'art. 6 del d.l. n. 185/2008, coordinato con la  legge  di
conversione n. 2/2009, ammette  una  deduzione  forfetaria  del  10%,
riferendola a «quota  imponibile  degli  interessi  passivi  e  oneri
assimilati al netto degli  interessi  attivi  e  proventi  assimilati
ovvero spese per il personale dipendente e assimilato al netto  delle
deduzioni spettanti». 
    Ma  tale  modestissima  concessione  legislativa  alla   generale
protesta  contro  l'Irap  -   levatasi   a   livello   nazionale   ed
internazionale - non fa venir meno i  dubbi  di  incostituzionalita',
cosi' come non basterebbe a far svanire tali dubbi un'altra limatura,
che il legislatore potrebbe disporre, a scopo dilatorio, alla vigilia
della decisione della Consulta, per ottenere la remissione al giudice
a quo per nuovo esame di rilevanza. Anzi, si precisa fin da  ora  che
la rilevanza della questione permarra' fino a quando l'Irap non sara'
deducibile per il suo intero ammontare. 
    La novella del 2008 non priva di rilevanza la questione: in primo
luogo in quanto ammette finalmente che l'Irap si  calcola  anche  sul
costo del danaro e della manodopera, scoprendo cosi' i veri orizzonti
applicativi della nuova categoria giuridica delle «imposte reali»; in
secondo luogo, non tiene conto dei costi effettivi del danaro e della
manodopera, ma applica a tutti gli operatori economici  la  deduzione
forfetaria del 10%. 
    5d. - L'attuale combinato disposto  normativo,  che  consente  la
deduzione forfetaria del 10%,  lasciando  a  carico  degli  operatori
economici l'obbligo di pagare le  imposte  sui  redditi  senza  poter
detrarre il 90% del costo rappresentato dall'Irap,  contrasta  con  i
seguenti principi costituzionali: 
    principi di razionalita',  di  ragionevolezza,  di  certezza  del
diritto e di affidamento, costituzionalmente  garantiti  dall'art.  2
sotto forma di diritti inviolabili (dell'uomo ma anche delle  persone
giuridiche):  la  indeducibilita'  dell'Irap  al  90%  e'  priva   di
qualsiasi  giustificazione  sistematica  in  relazione  ai   principi
generali enunciati dall'art. 64 previgente e dall'art.  99,  comma  1
TUIR  (come  modificato  dal  d.lgs.  n.  344/2003),  non   potendosi
qualificare l'Irap ne' come una imposta sui  redditi,  ne'  come  una
imposta senza rivalsa per il 10% ed a rivalsa  per  il  90%;  occorre
allora convenire che,  se  e'  razionale  il  regime  generale  della
deducibilita' stabilito nella formulazione originaria  dall'art.  64,
poi divenuto l'art. 99 TUIR,  ogni  disposizione  che  rinneghi  quel
regime  e'  irrazionale  e  quindi  da   espungere   dall'ordinamento
giuridico; 
    effettivita'  dell'uguaglianza   e   rimozione   degli   ostacoli
all'organizzazione economica  del  Paese  (art.  3)  per  un  duplice
aspetto: in quanto i  cittadini  percettori  di  redditi  diversi  da
quelli derivanti dall'esercizio di imprese o  professioni  pagano  le
imposte su redditi netti da spese, mentre gli operatori economici non
possono dedurre il 90% della spesa relativa all'Irap  e  sono,  oltre
che discriminati, anche disincentivati dal lavoro autonomo;  inoltre,
fra gli operatori economici, tutti parimenti  soggetti  all'Irap,  si
verifica  una  disparita'  di  trattamento  indotta   dalla   diversa
incidenza  del  costo  dei  fattori  della  produzione  sul   reddito
d'impresa,  giacche'   la   deduzione   del   10%   viene   applicata
forfetariamente a coloro che hanno zero costi di personale e di costo
del danaro, come alle imprese molto indebitate (e al limite, fallite)
e alle imprese manifatturiere; 
    tutela del lavoro in tutte le sue forme (artt. 4 e  35):  l'Irap,
per la parte che rende indeducibili i costi di  manodopera  superiori
al forfait legislativo, scoraggia l'impiego di lavoratori subordinati
e parasubordinati, in violazione della incentivazione al lavoro (art.
4 Cost.) e della tutela del lavoro, imposta dall'art. 35 Cost.; 
    promozione del diritto al lavoro (art. 4): l'obbligo di pagare le
imposte  sui  redditi  senza  poter  dedurre   il   costo   dell'Irap
costituisce un disincentivo alla intrapresa del lavoro  professionale
e di quello imprenditizio ed un vincolo alla liberta' dell'iniziativa
economica (art. 41 Cost.). 
    La normativa in esame contrasta pure  con  l'art.  53  Cost.,  in
quanto determina in modo  fittizio  il  reddito  dei  professionisti,
degli imprenditori individuali e delle societa' (nonche' dei soci per
le ricadute degli utili societari  sul  reddito  personale),  che  e'
invece ridotto dalla incidenza del 90% dell'imposta regionale. 
    La indeducibilita' dell'Irap al 90% provoca inoltre differenti  e
non prevedibili distorsioni della  progressivita'  e  delle  aliquote
erariali, in quanto,  come  ha  rilevato  la  Commissione  tributaria
provinciale di Genova con l'ordinanza 12 febbraio 2004  (condividendo
un'osservazione di M.A. Galeotti Fiori in «L'irap inciampa sui  costi
dell'indeducibilita'. Crolla anche la progressivita'» in Il Sole24ore
del 23 luglio  1997,  pag.  20)  «le  imprese  la  cui  gestione  sia
effettivamente in perdita (...) pagano ugualmente Irpef  e  l'  Irpeg
come se avessero prodotto reddito; mentre altre imprese con  gestione
in utile vengono assoggettate a imposta con prelievo pari o superiore
all'utile stesso». 
    La distorsione delle aliquote erariali di Irpef  Irpeg  ed  Ires,
che finiscono con il gravare  con  la  stessa  aliquota  nominale  su
redditi reali diversi, genera non solo la  violazione  del  principio
della capacita' contributiva, garantito dall'art. 53 Cost., ma anche,
come si e' detto, la  violazione  del  principio  della  effettivita'
dell'uguaglianza dei cittadini di  fronte  la  legge,  garantito  dal
primo comma dell'art. 3 della Costituzione, il quale non consente  di
imporre aliquote fiscali uguali su redditi netti differenti. 
    Si  puo'  aggiungere  che  la  Banca  d'Italia  (nel   Bollettino
economico n. 48 di aprile 2007, in www.bancaditalia.it) evidenzia nel
2006 un incremento delle entrate fiscali, rispetto al 2005, del 16,4%
per Ires  (5,5  MD)  e  del  9,1%  per  Irap  (3,2  MD)  e  dichiara:
«Interventi volti a contenere la spesa corrente potranno aprire spazi
per sostenere la ripresa degli investimenti pubblici e per ridurre la
pressione fiscale, che supera quella media dell'area dell'Euro  e  si
colloca in  prossimita'  dei  valori  massimi  toccati  negli  ultimi
decenni». Oggi,  col  senno  di  poi  e  con  l'analisi  della  Banca
d'Italia,  si  deve  prendere  atto  che   lo   sconfinamento   della
discrezionalita' del legislatore oltre i limiti della  ragionevolezza
e  dei  principi  generali  ha  provocato  un  eccessivo   e   nocivo
allargamento  della   base   imponibile   dei   redditi,   attraverso
l'indeducibilita' dell'Irap al 90%. 
 
                               P.Q.M. 
 
    1) Visto, l'art. 23, legge 11 marzo  1953,  n.  87,  ritenuta  la
rilevanza e la  non  manifesta  infondatezza,  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale con riferimento agli articoli  2,  3,  4,
35, 41 comma 1 e 53 Cost. delle seguenti norme: 
        a) art. 1, comma 2 del decreto legislativo 15 dicembre  1997,
n.  446   (Istituzione   dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive,  revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e   delle
detrazioni  dell'IRPEF  e  istituzione  di  una  addizionale  a  tale
imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali), nella
parte in cui dispone che l'Irap «non  e'  deducibile  ai  fini  delle
imposte sui redditi»; 
        b) art. 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185  (Misure
urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e  impresa  e
per  ridisegnare  in  funzione  anti-crisi   il   quadro   strategico
nazionale), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  28  gennaio
2009, n. 2, nella parte in limita la deducibilita' dell'Irap al  10%,
disponendo: «E' ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma
1, del testo unico delle  imposte  sui  redditi.,  approvato  con  il
D.P.R. 22 dicembre  1986,  n.  917  e  successive  modificazioni,  un
importo pari al 10 per cento dell'imposta regionale  sulle  attivita'
produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del
decreto legislativo ((15 dicembre  1997,  n.  446,))  forfetariamente
riferita all'imposta dovuta sulla quota  imponibile  degli  interessi
passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi
assimilati  ovvero  delle  spese  per  il  personale   dipendente   e
assimilato   al   netto   delle   deduzioni   spettanti   ai    sensi
((dell'articolo 11, commi)) 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1  del
medesimo decreto ((legislativo n. 446 del 1997.))»; 
        c) art. 99 del TU approvato con d.P.R. 22 dicembre  1986,  n.
917, modificato dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344  e  ulteriormente
modificato dall'art. 6 d.l. 29 novembre 2008, n. 85, conv.  in  legge
28 gennaio 2009, n. 2, nella parte in cui dispone: 
        «Le imposte sui redditi e quelle per le quali e' prevista  la
rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione.  Le  altre
imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento. A
decorrere dal periodo d'imposta in corso  al  31  dicembre  2008,  e'
ammesso in deduzione un importo pari al  10  per  cento  dell'imposta
regionale sulle  attivita'  produttive  determinata....  [seguono  le
modalita' applicative  disposte  dai  successivi  comma  dell'art.  6
d.lgs. n. 185/2008]». 
    2) Ordina: 
        la sospensione del giudizio in corso; 
        l'immediata    trasmissione    degli    atti    alla    Corte
costituzionale; 
        la  notifica  della  presente   ordinanza,   a   cura   della
segreteria: alle parti in causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Parma il 22 gennaio 2010. 
 
                       Il Presidente: Piscopo