N. 131 ORDINANZA 4 - 13 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello  Stato
  -  Configurazione  della  fattispecie  come  reato   -   Denunciata
  violazione dei  principi  di  ragionevolezza,  di  uguaglianza,  di
  personalita' della responsabilita' penale, di buon andamento  della
  pubblica amministrazione, di offensivita'  e  di  materialita'  del
  reato - Carente descrizione della fattispecie  concreta  e  carente
  motivazione sulla  rilevanza  -  Manifesta  inammissibilita'  delle
  questioni. 
- D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, aggiunto  dall'art.  1,
  comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3, 25 e 27. 
(GU n.17 del 20-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica),  promossi  dal  Giudice  di  pace  di
Gallina con ordinanza del 14 maggio 2010 e dal  Giudice  di  pace  di
Albano Laziale con ordinanze del  26  maggio  e  del  7  luglio  2010
rispettivamente iscritte ai nn. 257, 281 e 301 del registro ordinanze
2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  nn.  38,
40 e 41, 1ª serie speciale, dell'anno 2010. 
    Udito nella camera di consiglio  del  9  marzo  2011  il  giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 14 maggio  2010,  il  Giudice  di
pace di Gallina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  25  e  27
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 10-bis del decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto
dall'art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); 
    che il giudice a quo premette, in fatto, di  dover  giudicare  un
cittadino straniero extracomunitario  accusato  del  nuovo  reato  di
ingresso o soggiorno illegale  nel  territorio  dello  Stato  di  cui
all'art.10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998; 
    che il  rimettente,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,
ritiene che la norma censurata violi il principio  di  ragionevolezza
di cui all'art. 3 Cost. perche'  la  scelta  di  far  discendere  una
sanzione di tipo penale dalla condotta  di  chi  si  introduce  o  si
intrattiene clandestinamente nel territorio nazionale mancherebbe  di
un fondamento giustificativo; 
    che,  inoltre,   l'irragionevolezza   discenderebbe   anche   dal
trattamento sanzionatorio, giacche' il legislatore  avrebbe  previsto
una pena priva di effettivita', di funzione deterrente e di efficacia
rieducativa, in quanto chi e' spinto ad  emigrare  da  condizioni  di
vita insostenibili, per sfuggire  alle  quali  e'  disposto  anche  a
rischiare la morte, non cambia certamente idea di fronte  al  rischio
di una sanzione pecuniaria, per quanto elevata e non oblazionabile; 
    che, inoltre,  la  quasi  totalita'  degli  stranieri  irregolari
condannati risultera' insolvibile, rendendo inutile anche ogni  forma
di esecuzione coattiva; 
    che il Giudice di pace di Gallina  lamenta  anche  la  violazione
dell'art. 3 Cost. sotto il profilo della disparita' di trattamento in
relazione all'ipotesi di cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.  n.
286 del 1998, a causa della mancata previsione della esclusione della
colpevolezza in caso di «giustificato motivo»; 
    che la nuova  fattispecie  incriminatrice  sarebbe  in  contrasto
anche con il principio di personalita' della  responsabilita'  penale
sancito dall'art. 27 Cost., non potendosi individuare  il  fondamento
giuridico di detta  figura  di  reato  sulla  base  di  una  presunta
pericolosita' sociale della condizione del migrante  irregolare  come
affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 78 del 2007; 
    che, a parere del rimettente, sarebbe  violato  anche  l'art.  25
Cost.  perche'  l'ingresso  o  la  permanenza  illegale  del  singolo
straniero non rappresenterebbero, di per se', fatti  lesivi  di  beni
meritevoli  di  tutela  penale,  ma  sarebbero  espressione  di   una
condizione individuale quale quella  di  migrante,  e,  pertanto,  la
relativa  incriminazione  assumerebbe  un  connotato  discriminatorio
ratione  subiecti  contrastando  non  solo  con   il   principio   di
eguaglianza, ma anche con  il  principio  costituzionale  in  materia
penale in base al quale si puo' essere puniti solo per la commissione
di fatti materiali; 
    che, con  due  ordinanze  identiche  nella  parte  motiva  emesse
rispettivamente il 26 maggio e il 7 luglio del 2010,  il  Giudice  di
pace di Albano Laziale ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,  25
e 27 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis
del d.lgs. n. 286 del 1998, aggiunto dall'art. 1, comma  16,  lettera
a), della legge n. 94 del 2009; 
    che,  a  parere  del   rimettente,   la   norma   censurata   non
rispetterebbe il principio di offensivita' delle condotte secondo  il
quale  il  ricorso  alla  sanzione  penale  e'  ammesso  nel   nostro
ordinamento esclusivamente a protezione di beni giuridici di  rilievo
costituzionale e solo come scelta estrema del legislatore  mentre  le
condotte incriminate dall'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998  non
sarebbero lesive del bene della sicurezza pubblica ne'  sarebbero  di
particolare pericolosita' sociale, ma piuttosto  espressione  di  una
condizione   individuale   quale   quella   di   migrante,   la   cui
incriminazione sarebbe discriminatoria; 
    che, inoltre, la sanzione penale sarebbe  caratterizzata  da  una
forma di  subordinazione  nei  confronti  dell'azione  amministrativa
diretta all'espulsione o al respingimento, dato che l'art. 10-bis, al
comma 2 e al comma 5, prevede la non applicabilita' o la pronuncia di
una sentenza di non luogo a procedere nel  caso  di  respingimento  e
espulsione, cosi' violando il «principio della  estrema  ratio»  gia'
citato; 
    che, a parere  del  rimettente,  risulterebbe  violato  anche  il
principio di uguaglianza a causa della possibilita' di  applicare  la
sanzione penale non «in funzione di  volonta'  o  atti  del  soggetto
incriminato», ma in funzione della discrezionalita' e  disponibilita'
di  mezzi  della  pubblica  amministrazione  che  deve  disporre   il
provvedimento di espulsione, potendo cosi' verificarsi che uno stesso
comportamento venga o meno sanzionato a causa di circostanze estranee
alla sfera di intervento degli imputati; 
    che il rimettente lamenta, sempre in violazione del principio  di
uguaglianza, la mancata previsione della scriminante del giustificato
motivo, cosi' come per il reato analogo di cui all'art. 14, comma  5,
della legge 28 maggio 2007, n. 68 (Disciplina dei soggiorni di  breve
durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio); 
    che, infine, i principi di ragionevolezza  e  di  buon  andamento
della pubblica amministrazione verrebbero violati dalla previsione di
una  sanzione  penale  «fuori  della  solvibilita'  della  stragrande
maggioranza degli stranieri incriminati», in tal modo  compromettendo
l'effettivita' della sanzione stessa e la sua funzione  deterrente  e
rieducativa  con  una  irragionevole  proliferazione  di  processi  e
consequenziale dispendio di risorse pubbliche. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
identiche o analoghe, onde  i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per
essere definiti con unica decisione; 
        che i giudici a quibus dubitano,  in  riferimento  a  plurimi
parametri, della legittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000  a
10.000 euro, salvo che il fatto  costituisca  piu'  grave  reato,  lo
straniero che fa ingresso o si trattiene illegalmente nel  territorio
dello Stato; 
        che tutte le ordinanze di rimessione  presentano  carenze  in
punto di descrizione della  fattispecie  concreta  e  di  motivazione
sulla rilevanza tali da precludere  lo  scrutinio  nel  merito  delle
questioni; 
        che i rimettenti in  tutte  le  ordinanze  di  rimessione  si
limitano a riportare un generico capo d'imputazione senza fare  alcun
riferimento alla vicenda concreta oggetto del giudizio; 
        che, in mancanza di qualsiasi  riferimento  alla  fattispecie
concreta che ha dato origine all'imputazione, resta inibita a  questa
Corte la necessaria verifica circa  l'influenza  della  questione  di
legittimita' sulla decisione richiesta al rimettente; 
        che le questioni vanno dichiarate,  pertanto,  manifestamente
inammissibili. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della  legge
15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di   sicurezza
pubblica), sollevate, in riferimento agli artt.  3,  25  e  27  della
Costituzione, dal Giudice di pace di Gallina e dal Giudice di pace di
Albano laziale con le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: De Siervo 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 13 aprile 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti