N. 138 ORDINANZA 6 - 15 aprile 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Avvocato e procuratore -  Avvocati  componenti  della  commissione  e
  delle sottocommissioni di esame  per  l'abilitazione  all'esercizio
  della professione forense - Incandidabilita' ai rispettivi Consigli
  dell'ordine ed alla carica di rappresentanti della Cassa  nazionale
  di previdenza e assistenza  forense  alle  elezioni  immediatamente
  successive all'incarico ricoperto - Eccezione  di  inammissibilita'
  della questione per omessa adeguata motivazione sulla  rilevanza  -
  Reiezione. 
- R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578  (convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, come modificato dall'art. 1-bis
  del d.l. 21 maggio 2003, n.  112,  convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge 18 luglio 2003, n. 180), art. 22, sesto comma. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 51,  primo  e  terzo  comma;  Carta  dei
  diritti fondamentali  dell'Unione  europea,  art.  52;  Convenzione
  europea dei diritti dell'uomo, art. 11. 
Avvocato e procuratore -  Avvocati  componenti  della  commissione  e
  delle sottocommissioni di esame  per  l'abilitazione  all'esercizio
  della professione forense - Incandidabilita' ai rispettivi Consigli
  dell'ordine ed alla carica di rappresentanti della Cassa  nazionale
  di previdenza e assistenza  forense  alle  elezioni  immediatamente
  successive all'incarico ricoperto  -  Denunciata  violazione  delle
  liberta' di  espressione  della  personalita',  di  riunione  e  di
  associazione, nonche' asserita lesione del  diritto  di  elettorato
  passivo e  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di  uguaglianza  -
  Esclusione - Manifesta infondatezza della questione. 
- R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578  (convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, come modificato dall'art. 1-bis
  del d.l. 21 maggio 2003, n.  112,  convertito,  con  modificazioni,
  dalla legge 18 luglio 2003, n. 180), art. 22, sesto comma. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 51,  primo  e  terzo  comma;  Carta  dei
  diritti fondamentali  dell'Unione  europea,  art.  52;  Convenzione
  europea dei diritti dell'uomo, art. 11. 
(GU n.17 del 20-4-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Ugo DE SIERVO; 
Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco
  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  22,  sesto
comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento
delle  professioni  di  avvocato  e  procuratore),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.  36,  come  modificato
dall'art. 1-bis del decreto-legge 21 maggio 2003, n.  112  (Modifiche
urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla  professione
forense), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio  2003,
n. 180, promosso dal Consiglio nazionale forense con ordinanza del 26
aprile 2010, iscritta  al  n.  319  del  registro  ordinanze  2010  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  43,  prima
serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  C.T.,  nonche'   l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri,  e  preso  atto
del deposito fuori termine dell'atto di A. G.; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    uditi gli avvocati Alessandro Pace per C. T. e  l'avvocato  dello
Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che con ordinanza  del  26  aprile  2010,  il  Consiglio
nazionale  forense,  in  sede  giurisdizionale,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt.  2,  3  e  51,  primo  e  terzo  comma,  della
Costituzione, nonche' in riferimento  all'art.  52  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, «valorizzabile ex art.  117
Cost.»,  ed  all'art.  11  della  Convenzione  europea  dei   diritti
dell'uomo - questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  22,
sesto comma, del  regio  decreto-legge  27  novembre  1933,  n.  1578
(Ordinamento  delle   professioni   di   avvocato   e   procuratore),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio  1934,  n.  36,
come modificato dall'art. 1-bis del decreto-legge 21 maggio 2003,  n.
112 (Modifiche urgenti alla disciplina degli  esami  di  abilitazione
alla professione forense), convertito, con modificazioni, dalla legge
18 luglio 2003, n. 180, nella parte in cui rimuove l'impedimento alla
elezione passiva ai Consigli degli  ordini  forensi  ed  agli  organi
della Cassa di previdenza e di assistenza forense  per  gli  avvocati
che abbiano fatto parte delle commissioni di  esame  di  abilitazione
forense  «solo  dopo  che   siano   state   espletate   le   elezioni
immediatamente successive  all'incarico  ricoperto  per  entrambe  le
elezioni»; 
        che  il  Consiglio  rimettente  premette  di   essere   stato
investito a seguito del ricorso proposto dall'avvocato C. T.  avverso
la candidatura dell'avvocato A. G. alle  elezioni  per  il  Consiglio
dell'Ordine degli avvocati di Roma per il biennio 2010-2011,  nonche'
avverso la proclamazione di  detto  candidato  risultato  eletto,  il
quale, avendo  svolto  l'incarico  di  componente  supplente  di  una
sottocommissione di  esame  per  l'abilitazione  all'esercizio  della
professione forense presso il distretto della  Corte  di  appello  di
Roma fino al 3 luglio 2008, avrebbe  illegittimamente  presentato  la
propria candidatura  ed  illegittimamente  sarebbe  stato  proclamato
eletto, avuto riguardo alla previsione ostativa  di  cui  alla  norma
denunciata; 
        che,   dato   atto   dei   rilievi   difensivi   svolti   dal
controinteressato, il Consiglio rimettente sottolinea che, ove  fosse
ritenuta  impraticabile  l'interpretazione   del   quadro   normativo
suggerita  nell'atto  defensionale,  si  profilerebbe  un  dubbio  di
legittimita' costituzionale del denunciato art. 22, sesto comma,  dal
momento che la sua formulazione risulterebbe «talmente  opinabile  da
delegare all'interprete, anziche' alla legge, la determinazione delle
condizioni di incandidabilita' o ineleggibilita'», in  contrasto  con
il principio di stretta legalita' di cui all'art. 51 Cost.; 
        che,   d'altra   parte,   la   previsione   dei    casi    di
ineleggibilita',  incidendo  su  un  diritto  fondamentale,  potrebbe
ritenersi  ragionevole  solo  in  funzione  della   salvaguardia   di
interessi anch'essi di rango costituzionale; 
        che, richiamata la giurisprudenza di questa Corte in tema  di
ineleggibilita', per sottolineare come la norma  in  questione  debba
essere  interpretata  in  senso   restrittivo,   il   rimettente   ha
considerato evidente che la norma si fondi sulla esigenza di  evitare
che  chi  si  trovi  a  comporre  la  commissione  per   l'esame   di
abilitazione all'esercizio della professione possa acquisire il favor
degli elettori ed essere eletto alle  elezioni  indette  nel  periodo
dell'espletamento delle prove e in un periodo che la legge indica  in
riferimento alle elezioni "immediatamente" successive all'incarico; 
        che,   se   e'   chiaro   il    senso    della    espressione
"immediatamente", il problema si porrebbe relativamente  ai  rapporti
tra le  due  ipotesi  di  elezione  (per  la  carica  di  consigliere
dell'ordine forense e di  rappresentante  della  Cassa  nazionale  di
assistenza e di previdenza forense), legate fra loro, nel testo della
norma, dalla congiunzione "e" invece che dal «disgiuntivo  "o"»,  che
il  legislatore  avrebbe  utilizzato  ove  avesse   inteso   renderle
alternative; 
        che,  escludendo  la  possibilita'  di  una   interpretazione
adeguatrice, il rimettente osserva che «il testo legislativo  conduce
quindi ad una situazione di irrazionalita'  manifesta»,  dal  momento
che le elezioni  di  ogni  Consiglio  dell'ordine  si  svolgono  ogni
biennio e quelle della Cassa ogni quadriennio, «sicche'  si  potrebbe
addirittura verificare il caso di ineleggibilita'  per  un  sessennio
addizionandosi i due periodi di durata delle cariche elettive»; 
        che, dunque, si  tratterebbe  di  una  «misura  evidentemente
sproporzionata», la quale, in  contrasto  con  i  parametri  evocati,
risulterebbe «volta  peraltro  a  colpire  quanti  si  sobbarcano  il
gravoso compito di componente delle commissioni di esame»; 
        che, d'altra parte, se lo scopo  della  norma  e'  quello  di
impedire la captatio benevolentiae, questa dovrebbe  indurre  ad  una
preclusione senza limiti temporali, posto che «la  benevolenza  o  la
gratitudine dovrebbero essere "eterne"»; 
        che sussisterebbe, percio', violazione dell'art. 3 Cost., per
la discriminazione di chi sia stato componente delle  commissioni  di
esame rispetto a  chi  non  abbia  svolto  tale  compito,  risultando
vulnerato anche l'art. 51  Cost.,  dal  momento  che  un  vincolo  di
ineleggibilita' cosi' «incerto nel tempo e di  durata  potenzialmente
cosi' lunga» sarebbe tale da non giustificare una simile compressione
di  un  diritto  fondamentale,  rispetto  alla  tutela   del   valore
contrapposto che la norma mira a presidiare; 
        che,  inoltre,  considerato  che  il  diritto  di  elettorato
passivo consente «la libera espressione della propria  personalita'»,
la norma censurata si porrebbe in contrasto anche con l'art. 2 Cost.,
nonche' con l'art. 11 della C.E.D.U., «interpretato nel senso che  il
diritto  di  far  parte   degli   organismi   rappresentativi   delle
professioni  intellettuali  vulnera  la  liberta'   di   riunione   e
associazione in modo eccedente quanto  necessario  al  raggiungimento
della finalita' perseguita»; 
        che si e' costituito in giudizio il ricorrente  nel  giudizio
principale, avvocato C. T., «rapp.to e difeso da se' stesso  ex  art.
86  c.p.c.»,  per  chiedere  che  la   questione   venga   dichiarata
inammissibile e, nel merito, manifestamente infondata; 
        che  l'ordinanza  di  rimessione  risulterebbe  illogicamente
motivata dal momento che si baserebbe sull'inesistente presupposto di
fatto di una possibile ineleggibilita' per  sei  anni,  omettendo  di
considerare che gli eventi elettorali delle due istituzioni  prese  a
riferimento  dalla  norma  denunciata  «si  "intersecano",   mai   si
"sommano"; cosi' come i periodi di ineleggibilita'»; 
        che, d'altra  parte,  affermando  che  la  gratitudine  e  la
benevolenza  dei  candidati  all'esame  «dovrebbero  essere  eterne»,
sarebbe lo stesso rimettente ad auspicare una soluzione irrazionale e
sproporzionata, e non il legislatore,  che  ha  invece  razionalmente
contemperato i contrapposti interessi in gioco; 
        che, censurando non il principio che sta a base della  norma,
ma la disciplina temporale, il rimettente solleciterebbe la Corte  ad
una pronuncia non "a rime obbligate", senza tuttavia additare  alcuna
soluzione tra le molte discrezionalmente possibili; 
        che  sarebbe,  poi,  del  tutto  criptica  ed   illogica   la
motivazione   della   ordinanza   che   riferisce   il   dubbio    di
costituzionalita' all'art. 2 Cost. ed all'art. 11 della C.E.D.U.; 
        che  risulterebbero,  del  resto,  evidenziati   profili   di
incostituzionalita' estranei al giudizio  a  quo,  dal  momento  che,
sulla base delle effettive circostanze di fatto, ogni limitazione  di
elettorato passivo a carico del resistente  nel  giudizio  principale
sarebbe venuta a cadere nell'arco di circa  un  anno  e  sei  mesi  a
decorrere dalla cessazione dell'incarico di commissario d'esame; 
        che,  nel  merito,   la   questione   dovrebbe   considerarsi
infondata, posto che il legislatore - recependo, peraltro, le istanze
delle istituzioni rappresentative  del  ceto  forense  -  si  sarebbe
attenuto a quanto previsto dall'art. 51 Cost., per come  interpretato
dalla  consolidata  giurisprudenza   costituzionale,   limitando   la
ineleggibilita'  «al  minimo  possibile»,  e  cioe'  alle   «elezioni
immediatamente successive»; 
        che  il  principio  di  uguaglianza  risulterebbe   anch'esso
rispettato,  in  quanto  la  disciplina  censurata,  investendo  «una
particolare situazione nella quale il soggetto  non  eleggibile  puo'
influenzare  a  suo  favore  il  corpo  elettorale»  e  prendendo  in
considerazione  «"intere  categorie  e   non   singoli   cittadini"»,
perseguirebbe l'obiettivo, con la previsione di «una  ineleggibilita'
limitata», di «consentire al ceto  forense  di  autogovernarsi  nella
delicata funzione di selezionare l'accesso alla professione di  nuovi
colleghi e, nel contempo, evitare il formarsi e il radicarsi di forme
di clientelismo elettorale dannose per la dignita' della  professione
forense»; 
        che con successiva memoria, l'avvocato T. ha  in  particolare
sottolineato, a proposito della  interpretazione  della  disposizione
oggetto di censura, come «la grammatica, la semantica e la  logica  -
prima ancora del diritto - impongono di  valutare  la  locuzione  "e"
[che compare nel testo della  norma]  come  congiuntiva  e  non  come
disgiuntiva, che' - altrimenti -  il  legislatore  avrebbe  usato  la
locuzione "o"» e che, pertanto, la ineleggibilita' non sarebbe  altro
che la protrazione della "doppia" incompatibilita' per il consigliere
dell'ordine e per il rappresentante della Cassa, non  potendo  essere
intesa  come  una  «ineleggibilita'  alle   elezioni   immediatamente
successive, alternativa o casuale o, peggio, arbitraria a seconda che
subito dopo la cessazione dell'incarico di commissario si tengano  le
elezioni o della Cassa o del Consiglio»; 
        che  il  22  febbraio  2011,  ampiamente  oltre  il  previsto
termine,  l'avvocato  A.G.,  resistente  nel  giudizio  a   quo,   ha
depositato una "comparsa di costituzione"; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per una  declaratoria  di  inammissibilita'  o  di
manifesta infondatezza della questione proposta; 
        che, secondo la difesa  erariale,  la  questione  sarebbe  da
dichiarare inammissibile per difetto di motivazione sulla  rilevanza,
non avendo il rimettente  dato  conto  delle  ragioni  per  le  quali
l'eccezione proposta dal resistente nel giudizio principale - secondo
cui   l'annullamento   dell'elezione   avrebbe   dovuto   determinare
l'indizione di un'elezione  suppletiva  e  non,  come  richiesto  dal
ricorrente, la proclamazione del primo dei non  eletti  -  sia  stata
considerata infondata, quando, invece, il  suo  accoglimento  avrebbe
dovuto  comportare  il  rigetto  del  ricorso  e,   di   conseguenza,
l'irrilevanza della questione proposta; 
        che, d'altra  parte,  la  questione  risulterebbe  infondata,
sulla base della «regola generale» - riconducibile  oltre  che,  come
«nella contigua materia dei concorsi pubblici»,  all'art.  97  Cost.,
anche agli artt. 24 e 4 Cost. - secondo cui «gli organi preposti alla
disciplina e all'amministrazione di una determinata  attivita'  (come
sono i consigli forensi rispetto alla professione legale) non possono
contestualmente provvedere anche al reclutamento o alla selezione dei
soggetti  chiamati  a  svolgere  l'attivita'  (funzione  pubblica   o
professione tutelata) alla cui  organizzazione  e  al  cui  controllo
quegli organi sono preposti»; 
        che, dunque, ispirandosi al principio della «separatezza  tra
organizzazione/controllo  da  un  lato  e   selezione   tecnica   dei
professionisti dall'altro» e percio' prevedendo sia l'ineleggibilita'
negli  organismi  professionali  rappresentativi  di  chi  sia  stato
commissario d'esame sia, reciprocamente, la nomina a commissario  dei
componenti  dei  consigli  forensi,  la  disposizione  censurata   si
sottrarrebbe  «alle  censure  di  irragionevolezza  e  di  arbitraria
limitazione di diritti  fondamentali  di  partecipazione  democratica
sotto specie di elettorato passivo». 
    Considerato  che  il  Consiglio  nazionale   forense,   in   sede
giurisdizionale, dubita - in riferimento agli artt. 2, 3, 51, primo e
terzo  comma,  della  Costituzione,  nonche'  in  riferimento   anche
all'art. 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
«valorizzabile ex art. 117 Cost.», ed all'art. 11  della  Convenzione
per la salvaguardia dei diritti e delle liberta' fondamentali - della
legittimita' costituzionale dell'art.  22,  sesto  comma,  del  regio
decreto-legge  27  novembre  1933,   n.   1578   (Ordinamento   delle
professioni   di   avvocato   e   procuratore),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.  36,  come  modificato
dall'art. 1-bis del decreto-legge 21 maggio 2003, n.  112  (modifiche
urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla  professione
forense), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio  2003,
n. 180, nella  parte  in  cui  rimuove  l'impedimento  alla  elezione
passiva ai Consigli degli ordini  forensi  ed  agli  organismi  della
Cassa di previdenza e di assistenza  forense  per  gli  avvocati  che
abbiano fatto  parte  delle  commissioni  di  esame  di  abilitazione
forense  «solo  dopo  che   siano   state   espletate   le   elezioni
immediatamente successive  all'incarico  ricoperto  per  entrambe  le
elezioni»; 
        che, a parere del Collegio rimettente, risulterebbero violati
i parametri indicati in quanto la norma censurata, oltre a creare  un
irragionevole vulnus nei confronti di coloro che si siano assunti  il
«gravoso compito»  di  componenti  delle  commissione  di  esame  per
l'esercizio della professione  forense,  determinerebbe  un  ostacolo
anche per la libera competizione elettorale, introducendo un  vincolo
di ineleggibilita' incerto nel tempo e potenzialmente di durata  tale
da incidere su un diritto fondamentale, senza che cio' risponda ad un
effettivo soddisfacimento dei contrapposti interessi che la norma  in
questione intenderebbe tutelare; il tutto, anche, con  riverberi  sul
piano della stessa liberta' di riunione e  di  associazione  che  gli
organismi professionali rappresentativi sono chiamati a presidiare; 
        che occorre  preliminarmente  disattendere  la  eccezione  di
inammissibilita' per omessa  adeguata  motivazione  sulla  rilevanza,
prospettata dalla difesa dello Stato; 
        che,  infatti,  a   prescindere   dallo   specifico   petitum
sollecitato  in  sede  impugnatoria  dal  ricorrente,   e'   comunque
incontroverso che  il  reclamo  proposto  ha  inteso  coinvolgere  la
validita' del  procedimento  di  nomina  del  "controinteressato"  e,
quindi, la concreta applicabilita', ai fini della relativa decisione,
del  quadro  normativo  coinvolto  nella  questione  di  legittimita'
costituzionale, con evidente rilevanza della tematica  inerente  alla
"preclusione" che scaturisce dalla  regola  della  «incandidabilita'»
oggetto  di  censura,  ai  fini  della  decisione  che  il   collegio
rimettente e' chiamato ad adottare nel caso di specie; 
        che, del resto, il Collegio rimettente pone  a  fulcro  delle
proprie censure non tanto la preclusione in se' che scaturisce  dalla
norma impugnata - del cui  fondamento  e  della  cui  ratio  essendi,
dunque, non pare  dubitare  -  quanto  la  relativa  durata,  stimata
eccessiva, ma omette di formulare, coerentemente con  tale  premessa,
un petitum volto  a  ricondurre  la  disposizione  medesima  entro  i
confini  reputati  congrui,   richiedendo,   invece,   in   apparente
contraddizione,  una   ablazione   totale   della   norma,   la   cui
introduzione, per di  piu',  venne  sollecitata  -  come  emerge  dai
relativi lavori preparatori - dagli stessi organismi professionali; 
        che, nel merito, le censure proposte sono  palesemente  prive
di fondatezza in rapporto a tutti i parametri dedotti,  tra  i  quali
risulta incongruamente ricompreso, anche alla luce della sentenza  n.
80 del 2011, quello di  cui  all'art.  52  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea; 
        che,  contrariamente,  infatti,  all'assunto  del   Consiglio
rimettente, la preclusione alla "candidatura" per le distinte tornate
elettorali previste per i Consigli dell'ordine forense, da un lato, e
per  la  Cassa  nazionale  di  previdenza   e   assistenza   forense,
dall'altro, non riguardano un periodo ne' temporalmente indeterminato
ne', in se', eccessivo o irragionevole, posto che il previsto divieto
si riferisce soltanto alle elezioni «immediatamente successive»  allo
svolgimento  dell'incarico  di   componenti   delle   commissioni   e
sottocommissioni per gli esami di avvocato; 
        che, d'altra  parte,  l'avere  il  legislatore  coerentemente
stabilito un divieto "reciproco" per gli avvocati, tra l'espletamento
dell'ufficio di componente le  commissioni  d'esame  per  l'esercizio
della  professione  forense  e  la  partecipazione   agli   organismi
rappresentativi locali nonche' a quelli della Cassa di  previdenza  e
assistenza forense, chiaramente denota una scelta - discrezionale, ma
non certo priva di una intrinseca  ragionevolezza  -  di  separazione
"funzionale" intesa ad impedire possibili commistioni di attribuzioni
reputate  non  opportune,  secondo  una  prospettiva  di  trasparenza
amministrativa e di efficienza gestionale perfettamente in linea  con
i valori espressi al riguardo dalla Carta fondamentale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  22,  sesto  comma,  del  regio
decreto-legge  27  novembre  1933,   n.   1578   (Ordinamento   delle
professioni   di   avvocato   e   procuratore),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.  36,  come  modificato
dall'art. 1-bis del decreto-legge 21 maggio 2003, n.  112  (Modifiche
urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla  professione
forense), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio  2003,
n. 180, - sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3  e  51,  primo  e
terzo comma, della Costituzione, nonche' in riferimento  all'art.  52
della   Carta   dei   diritti   fondamentali   dell'Unione   europea,
«valorizzabile ex art. 117 Cost.», ed all'art. 11  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo - dal Consiglio nazionale  forense,  in
sede giurisdizionale, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2011. 
 
                      Il Presidente: De Servio 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 15 aprile 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti