N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 - 24 marzo 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 24  marzo  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Imposte e tasse -  Impresa  e  imprenditore  -  Norme  della  Regione
  Sardegna - Misure a favore dei comuni montani - Imprese aventi sede
  legale e unita' operativa ubicata nei comuni montani della Sardegna
  - Concessione di un contributo, nella forma del credito  d'imposta,
  pari al 20% delle imposte sui redditi e IRAP pagate nel  2011  fino
  ad un importo massimo di 10.000 euro -  Previsione  che  la  Giunta
  deliberi le condizioni, i limiti e le modalita' di applicazione del
  beneficio  -  Lamentata  introduzione  di  aiuti,  distorsivi   del
  mercato, non autorizzati, esorbitanza dai poteri concessi agli enti
  territoriali in materia di finanza derivata - Ricorso del Governo -
  Denunciata  violazione  del  principio  comunitario  della   libera
  circolazione  dei  servizi  e  dei   capitali,   della   competenza
  legislativa statale esclusiva in  materia  di  sistema  tributario,
  violazione dei limiti statutari, violazione del  principio  secondo
  cui nessuna prestazione patrimoniale puo' essere imposta se non  in
  base alla legge. 
- Legge della Regione Sardegna 19 gennaio 2011, n. 1, art. 3. 
- Costituzione, artt. 23, 117, commi primo, secondo, lett. e),  terzo
  e quarto, e 119; statuto della Regione  Sardegna,  artt.  3  e  10;
  trattato sul funzionamento dell'Unione europea,  artt.  56,  titolo
  III, capo 3, 63 e 64 (gia' trattato CE, artt. 49, 56 e 57). 
Amministrazione pubblica - Impiego pubblico  -  Norme  della  Regione
  Sardegna  -  Previsione  di  programmi   di   stabilizzazione   dei
  lavoratori precari - Previsione di riserve di posti e inquadramenti
  in categorie superiori a favore del personale regionale - Contrasto
  con la normativa statale di riferimento con incidenza  sul  sistema
  generale della finanza pubblica - Ricorso del Governo -  Denunciata
  violazione  della  competenza  legislativa  statale  nella  materia
  concorrente del coordinamento della  finanza  pubblica,  violazione
  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  nella   materia
  dell'ordinamento civile,  violazione  del  principio  del  pubblico
  concorso  per  l'accesso  al  pubblico  impiego,   violazione   del
  principio  di  eguaglianza,  violazione  del  principio   di   buon
  andamento   e   imparzialita'   della   pubblica   amministrazione,
  violazione dei limiti statutari. 
- Legge della Regione Sardegna 19 gennaio 2011, n.  1,  art.  7,  che
  modifica l'art. 3 della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2009,
  n. 3. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lett. l), e  terzo;
  statuto della Regione Sardegna, art. 3; d.l. 1° luglio 2009, n. 78,
  convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009,  n.  102,
  art. 17, commi 10 e 12; d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
  modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art.  14,  comma
  9. 
(GU n.19 del 4-5-2011 )
     Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso  i  cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione  Sardegna,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta   Regionale   pro   tempore,   per    la    declaratoria    di
incostituzionalita' in parte qua, degli  artt.  3  e  7  della  legge
regionale 19 gennaio 2011, n. 1, pubblicata nel B.U.R. n.  3  del  29
gennaio 2011, avente ad oggetto «Disposizioni per la  formazione  del
bilancio annuale  e  pluriennale  della  Regione  (legge  finanziaria
2011)», giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data  10  marzo
2011. 
    La legge della Regione Sardegna 19 gennaio 2011  n.  1  detta  le
disposizioni finanziarie per la redazione dei bilanci  della  Regione
ma contiene talune disposizioni che violano  principi  costituzionali
ed eccedono dalle competenze regionali  ed  invadono  quelle  statali
nelle  materie  oggetto  degli  articoli  3  e  7  come  andiamo   ad
argomentare in dettaglio. 
    1. Art. 3. 
    1.1 La norma reca «Misure a favore dei comuni montani» ed al fine
di ridurre diseconomie nella loro gestione prevede,  in  presenza  di
determinate caratteristiche del territorio montano, la concessione di
un contributo, nella forma del credito  d'imposta,  in  favore  delle
imprese aventi sede legale e  unita'  operativa  ubicata  nei  comuni
montani della Sardegna individuati dalla Regione ai  sensi  della  l.
reg. n. 12/2005. 
    Il contributo e' pari al 20% delle imposte  sui  rediti  ed  IRAP
effettivamente pagate nel corso dell'anno 2011 a titolo  di  acconto,
saldo  o  versamento  periodico,  fino  ad  un  importo  massimo   di
€ 10.000,00 per ciascun beneficiario. 
    Il medesimo articolo prevede che la Giunta  regionale  determini,
con propria deliberazione, le condizioni, i limiti e le modalita'  di
applicazione del beneficio. 
    1.2 La disposizione viola, in primo luogo, l'art. 117,  comma  1,
Cost. in  riferimento  ai  principi  comunitari  quali  espressi,  in
particolare,  dall'art.  56  TFUE  (gia'  art.  49  TCE)  e  seguenti
disposizioni del Titolo III, Capo 3, e dagli art.  63-64  TFUE  (gia'
artt.  56-57  TCE)  sulla  libera  circolazione  dei  servizi  e  dei
capitali. 
    La  concessione  di  crediti  di  imposta   costituisce   pratica
discorsiva del mercato, qualora non preventivamente autorizzata dalla
Commissione europea, secondo la costante giurisprudenza  della  Corte
di Giustizia UE (v. ex plurimis sent. 10 marzo 2005, C39/04; sent.  6
marzo 2007, C- 292/04; sent. 7 settembre 2004,  C-319/02);  pertanto,
la  Regione  Sardegna  non  poteva  concedere  quegli   aiuti   senza
conseguire  la  preventiva  autorizzazione  della  Commissione,   con
conseguente violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. da  parte  della
norma oggetto di censura. 
    A conferma, si richiama la sentenza della Corte costituzionale 26
marzo 2010 n. 123. 
    1.3 La disposizione viola, poi, l'art. 117, secondo comma,  lett.
e), Cost., in combinato disposto con il terzo e  quarto  comma  dello
stesso art. 117 e con l'art. 119 Cost.  perche'  interviene  con  una
norma generale di carattere tributario senza averne i  poteri  ed  in
relazione a tributi statali. 
    In particolare, le Regioni  non  possono  legiferare  in  materia
tributaria   «in   carenza   della   fondamentale   legislazione   di
coordinamento dettata dal  Parlamento  nazionale»  (Corte  cost.  nn.
123/2010, 102/2008, 37/2004) ne', tanto meno,  possono  «istituire  e
disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi
dello  Stato»  ne'  «legiferare  su  tributi  esistenti  istituiti  e
regolati da leggi statali» (Corte cost. n. 123/2010, ecc.). 
    Questi principi valgono,  ovviamente,  sia  per  le  imposte  sui
redditi che per l'IRAP (i due tributi sui quali opererebbe il credito
d'imposta), atteso che ambedue sono tributi di competenza statale  e,
quanto alla seconda, di spettanza regionale «derivata» e non  diretta
(cfr. Corte cost. nn. 357/2010;  216/2009),  cioe'  con  attribuzione
agli enti  territoriali  della  sola  facolta'  di  variazione  delle
aliquote (art. 16 d.lgs. n. 446/1997). 
    In  conclusione,  una  legge   regionale   non   puo'   prevedere
agevolazioni, sotto forma di crediti d'imposta, aventi ad oggetto  il
pagamento di tributi statali (Ire e Ires) e regionali derivati (Irap)
perche' viola la competenza legislativa statale in materia tributaria
di cui all'art. 117, comma 2, lett. e), Cost. 
    1.4  L'intervento  normativo  censurato  si  pone,  altresi',  in
contrasto con gli artt. 3 e 10 dello Statuto della  Regione  autonoma
(1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3), atteso che la  facolta'  esercitata
non rientra nelle materie di competenza legislativa  regionale  (art.
3) come regolate, per il settore tributario, dall'art.  10  il  quale
dispone che: «La Regione, al fine di favorire lo  sviluppo  economico
dell' Isola, puo'  disporre,  nei  limiti  della  propria  competenza
tributaria, esenzioni e agevolazioni fiscali per nuove imprese.». 
    L'intervento che si censura esula, con tutta evidenza, da  questi
limiti, quanto meno perche' la misura agevolativa non e' disposta  al
fine di incentivare nuove  imprese  o  nuove  iniziative  produttive,
oltre ad essere illegittima anche per  gli  altri  vizi  che  abbiamo
sopra indicato. 
    1.5  Infine,  nella  parte  in  cui  demanda   alla   Giunta   la
determinazione della disciplina di dettaglio per  l'applicazione  del
beneficio fiscale, senza la previsione dei criteri e presupposti  per
l'esercizio di tale facolta' delegata, la norma censurata si pone  in
contrasto anche con il  principio  dell'art.  23  Cost.,  atteso  che
impone una prestazione patrimoniale in forza di un  atto  non  avente
natura legislativa. 
    A conforto, si veda Corte cost., 28 dicembre 2001,  n.  435:  «E'
incostituzionale l'art. 7, 2° comma, l.reg. Puglia 20 luglio 1984  n.
36, nella parte in cui prevede che la giunta regionale, con  riguardo
ai pareri igienico-sanitari resi dai servizi delle usl (oggi  aziende
sanitarie) in favore di terzi richiedenti  nei  casi  previsti  dalla
legge, fissa le tariffe a carico dei terzi medesimi.». 
    2. Art. 7. 
    L'art. 7 della l. reg. n. 1/2011 modifica l'art. 3 della l.  reg.
n. 3/2009 introducendo alcune disposizioni  per  il  superamento  del
precariato che si pongono in contrasto con i precetti costituzionali. 
    2.1 Il comma 1-bis prevede  l'autorizzazione  all'Amministrazione
regionale a finanziare programmi pluriennali di  stabilizzazione  dei
lavoratori precari delle amministrazioni locali, di durata triennale,
previo superamento di specifica selezione concorsuale funzionale alla
verifica dell'idoneita' all'espletamento delle mansioni  di  servizio
della qualifica di inquadramento. 
    Il  comma  1-ter  stabilisce  che  le  Amministrazioni  comunali,
singole o associate, possono realizzare programmi di  stabilizzazione
dei  lavoratori  precari,   attribuendo   priorita'   ai   lavoratori
provenienti dai cantieri a finanziamento regionale e  a  quelli  gia'
assunti con contratti a termine, di natura flessibile, atipica o  con
collaborazioni  coordinate  e  continuative  in  ambito  di  analoghe
attivita'  a  finanziamento  pubblico  regionale;  i   programmi   di
stabilizzazione possono essere attuati dagli enti locali  interessati
con preferenza per il personale precario che  abbia  maturato  almeno
trenta mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni locali a  far
data dal 1° gennaio 2002. 
    Il comma 1-quater dispone che al personale di cui al comma  1-ter
viene attribuito, in via prevalente, l'esercizio di compiti  relativi
a materie delegate  o  trasferite  dalla  regione  al  sistema  delle
autonomie locali ai fini delle necessarie deroghe ai limiti posti  in
materia di spesa e organici degli enti locali. 
    Il  comma  1-quinquies  stabilisce  il  piano  di  spesa  per  la
stabilizzazione di cui ai precedenti commi, con il concorso da  parte
degli enti locali. 
    I detti commi si pongono in contrasto: 
    con l'art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n. 78/2009, convertito con
modificazioni dalla legge n. 102/2009,  il  quale  non  consente  una
generica stabilizzazione del personale ma dispone che,  nel  triennio
2010-2012,  le  amministrazioni   pubbliche,   nel   rispetto   della
programmazione  triennale  del   fabbisogno   nonche'   dei   vincoli
finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di  assunzioni
e di contenimento della spesa di personale, possono bandire  concorsi
per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non
superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso; 
    con l'art. 14, comma 9,  del  d.l.  n.  78/2010,  convertito  con
modificazioni dalla legge n. 122/2010,  che  fissa  a  decorrere  dal
gennaio 2011 il  limite  percentuale  di  assunzioni,  rispetto  alle
cessazioni di personale verificatesi nel 2010. 
    2.2 Legiferando al di fuori dei limiti posti dalle leggi  statali
nella materia  e  dettando  disposizioni  di  spesa,  la  Regione  ha
violato, in primo luogo, l'art. 117, comma 3, Cost. 
    Infatti, la disciplina nuova impinge nel campo del  coordinamento
di finanza pubblica che l'art. 117, terzo comma,  della  Costituzione
ricomprende fra le materie di legislazione concorrente, violandone  i
principi di attuazione in quanto non prevede  alcuna  intesa  con  lo
Stato ed  introduce  una  disciplina  che,  prevedendo  un  piano  di
stabilizzazione del personale precario, incide sul  sistema  generale
della finanza pubblica. 
    A tale ultimo proposito, si veda quanto statuito da Corte  cost.,
29 aprile 2010,  n.  149:  «E'  incostituzionale  l'art.  1  l.  reg.
Calabria 31 dicembre 2008 n. 46, nella parte in  cui,  in  violazione
delle competenze legislative  statali  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica, dispone lo stabile inquadramento  dei  medici
incaricati nei ruoli della regione». 
    2.3 Inoltre, il complesso di disposizioni in esame  viola  l'art.
117, comma 2, lett. l), Cost. che riserva allo  Stato  la  competenza
esclusiva in materia di ordinamento civile. 
    Per vero, nella misura in cui detta norme al di fuori  di  quelle
statali di riferimento  (nella  specie,  i  citati  decreti-legge  n.
78/2009, art. 17, commi 10 e 12, e n. 78/2010, art. 14, comma 9),  la
Regione invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di
ordinamento civile  al  quale  appartiene  anche  la  disciplina  del
personale precario che, in quanto tale e prima della stabilizzazione,
non puo'  ritenersi  rientrare  nella  competenza  regionale  fissata
dall'art. 3, comma 1, lett. a), dello Statuto  di  autonomia  perche'
non riguarda propriamente  la  organizzazione  degli  uffici  ne'  la
determinazione dello stato giuridico ed economico del personale ma la
stabilizzazione di personale precario non appartenente ai ruoli degli
impiegati regionali. 
    2.4 Le disposizioni in esame violano anche  l'art.  97  Cost.  in
quanto  dispongono  l'assunzione  in  ruolo  di  personale  senza  la
preventiva selezione concorsuale. 
    Sul punto, la giurisprudenza costituzionale e' vasta e granitica;
a conforto della censura bastera' richiamare  la  sentenza  7  luglio
2010 n. 235 con  la  quale  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
illegittime identiche norme della legge regionale sarda 7 agosto 2009
n. 3  in  quanto  disponevano  «in  modo  indiscriminato  lo  stabile
inserimento di lavoratori nei ruoli delle  pubbliche  amministrazioni
sarde, senza condizionare tali assunzioni al  previo  superamento  di
alcun tipo di prova selettiva pubblica da  parte  degli  interessati.
Pertanto, esse si pongono in aperto contrasto con  l'art.  97  Cost.,
che impone il concorso quale modalita' di reclutamento del  personale
delle pubbliche amministrazioni», con  la  precisazione  che  «l'aver
prestato   attivita'   a   tempo    determinato    alle    dipendenze
dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se,  ed
in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni,  un  valido
presupposto per una riserva di posti». 
    2.5 Il comma 2 dell'art. 7 stabilisce  a  favore  dei  dipendenti
regionali in possesso dei requisiti previsti dall'art. 36 l. reg.  n.
2/2007, integrato dall'art. 3,  comma  5,  l.  reg.  n.  3/2009,  una
riserva di posti pari  al  40%  dei  posti  vacanti  nella  dotazione
organica inseriti nel piano di reclutamento 2010-2012,  relativamente
ai posti messi a concorso ed agli altri che  si  rendano  disponibili
sino al 31 dicembre 2013 per effetto delle cessazioni dal servizio. 
    La norma contrasta, in primo luogo, con l'art. 14, comma 9,  d.l.
n. 78/2010, conv. con modificazioni  dalla  legge  n.  122/2010,  che
fissa, a  decorrere  dal  gennaio  2011,  il  limite  percentuale  di
assunzioni  consentito  rispetto  alle  cessazioni  dal  servizio  di
personale verificatesi nell'anno 2010. 
    Il legislatore regionale, quindi, eccede dalla propria competenza
statutaria di cui all'art. 3 dello Statuto di autonomia,  atteso  che
la facolta'  esercitata  non  rientra  nelle  materie  di  competenza
legislativa regionale, e viola sia l'art. 117, comma 3, in  relazione
al principio del coordinamento della finanza pubblica cui la  regione
non puo' derogare, sia l'art. 97 Cost.,  in  relazione  al  principio
dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso pubblico. 
    Sul punto si richiamano  le  eccezioni  ed  argomentazioni  sopra
sviluppate per i commi 1-bis, ter, quater e quinquies  nei  paragrafi
2.1-2.2-2.3-2.4, da intendersi riferite integralmente anche al  comma
2 in esame. 
    2.6 Il comma 3 dell'art. 7  dispone  che  i  dipendenti  laureati
dell'amministrazione,   inquadrati    nell'area    C-terzo    livello
retributivo e assunti con concorsi pubblici e i dipendenti  regionali
di categoria C, assunti con concorso pubblico, che hanno superato  le
selezioni interne svolte entro il 31 dicembre 2006 per  il  passaggio
alla categoria superiore e con almeno trenta mesi di anzianita' siano
inquadrati nella categoria D al primo livello retributivo a decorrere
dal 1° gennaio 2011. 
    La norma e' illegittima perche' prevede un concorso riservato  in
contrasto con il principio del concorso pubblico di cui  all'art.  97
Cost. ed in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art.
3 Cost., impedendo ad altri l'accesso all'impiego e alla qualifica. 
    In proposito, basta richiamare  la  gia'  citata  sentenza  della
Corte costituzionale n. 235/2010, par.  3,  e  sottolineare  che  non
ricorrono nella specie quelle particolarissime  «eccezioni»  che,  in
presenza  di  «peculiari  e  straordinarie  esigenze   di   interesse
pubblico» potrebbero giustificare una deroga a quei principi, secondo
quanto piu' volte statuito dalla Corte costituzionale, da ultimo  con
le sentenze n. 9/2010 e n. 52/2011. 
    Si sottolinea,  ancora,  che  quelle  peculiari  e  straordinarie
esigenze non possono ravvisarsi, come detto nelle  citate  pronunzie,
nelle aspettative degli aspiranti, gia'  legati  da  un  rapporto  di
impiego con la pubblica amministrazione. 
    In conclusione, la norma in esame, come le precedenti in  materia
di personale contenute nel medesimo art. 7 e sopra censurate,  eccede
dalla competenza statutaria della regione come stabilita dell'art.  3
dello Statuto, anche in relazione all'art. 117,  comma  3,  Cost.,  e
viola i principi costituzionali di  uguaglianza,  buon  andamento  ed
imparzialita'  dell'azione  della  Pubblica  Amministrazione  di  cui
all'art. 97 Cost. nonche' il principio di uguaglianza,  in  relazione
al diritto di tutti i cittadini interessati di poter partecipare  «ad
armi pari» alla selezione, secondo l'art. 3 Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede che la Corte  costituzionale  adita  voglia  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli degli artt. 3 e 7  della  legge
regionale 19 gennaio 2011 n. 1, pubblicata nel B.U.R.  n.  3  del  29
gennaio 2011, avente ad oggetto «Disposizioni per la  formazione  del
bilancio annuale  e  pluriennale  della  Regione  (legge  finanziaria
2011)»,  per  violazione  dell'art.  117,  commi  1,  2  e  3,  della
Costituzione, degli artt. 3 e 10 dello Statuto speciale di autonomia,
di  cui  alla  legge  costituzionale  n.  3/1948,  e   dei   principi
fondamentali di cui agli artt. 3, 23, 97 e 119 Cost. 
    Si produce copia della delibera del Consiglio dei Ministri. 
        Roma, addi' 21 marzo 2011 
 
                  L'avvocato dello Stato: Albenzio