N. 194 SENTENZA 20 - 24 giugno 2011

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  civile  per  il
  risarcimento del danno promosso da un magistrato nei  confronti  di
  un deputato in relazione a talune dichiarazioni rese nel  corso  di
  una trasmissione televisiva  -  Deliberazione  di  insindacabilita'
  della Camera dei deputati - Conflitto di  attribuzione  tra  poteri
  dello Stato sollevato dalla  Corte  di  cassazione,  terza  sezione
  civile - Eccezione di inammissibilita' del  conflitto  per  carenza
  del relativo oggetto - Reiezione. 
- Deliberazione della Camera dei deputati del 10 febbraio 2005  (doc.
  IV-quater, n. 48). 
- Costituzione, art. 68, primo comma. 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  civile  per  il
  risarcimento del danno promosso da un magistrato nei  confronti  di
  un deputato in relazione a talune dichiarazioni rese nel  corso  di
  una trasmissione televisiva  -  Deliberazione  di  insindacabilita'
  della Camera dei deputati - Conflitto di  attribuzione  tra  poteri
  dello Stato sollevato dalla  Corte  di  cassazione,  terza  sezione
  civile - Eccezione di inammissibilita' del  conflitto  per  mancata
  precisazione della fattispecie - Reiezione. 
- Deliberazione della Camera dei deputati del 10 febbraio 2005  (doc.
  IV-quater, n. 48). 
- Costituzione, art. 68, primo comma. 
Parlamento - Immunita' parlamentari  -  Procedimento  civile  per  il
  risarcimento del danno promosso da un magistrato nei  confronti  di
  un deputato in relazione a talune dichiarazioni rese nel  corso  di
  una trasmissione televisiva  -  Deliberazione  di  insindacabilita'
  della Camera dei deputati - Conflitto di  attribuzione  tra  poteri
  dello Stato sollevato dalla  Corte  di  cassazione,  terza  sezione
  civile  -  Omessa  deduzione,  a  sostegno  del  nesso   funzionale
  ravvisato nella suddetta deliberazione, di alcun atto  parlamentare
  riferibile  personalmente  all'attivita'  svolta  dal  deputato   -
  Impossibilita'   di   utilizzare,   come    copertura    ai    fini
  dell'insindacabilita',   atti   che   si   riferiscono   ad   altri
  parlamentari - Non spettanza alla Camera dei  deputati  del  potere
  esercitato. 
- Deliberazione della Camera dei deputati del 10 febbraio 2005  (doc.
  IV-quater, n. 48). 
- Costituzione, art. 68, primo comma. 
(GU n.28 del 29-6-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Paolo MADDALENA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  10
febbraio 2005 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art.  68,
primo comma, della Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dall'on.
Vittorio  Sgarbi  nei  confronti  del  magistrato  Gherardo  Colombo,
promosso dalla Corte di  cassazione  con  ricorso  notificato  il  20
gennaio 2011,  depositato  in  cancelleria  il  25  gennaio  2011  ed
iscritto al n. 9 del registro conflitti tra poteri dello Stato  2010,
fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  aprile  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Udito l'avvocato Vito Cozzoli per la Camera dei deputati. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza interlocutoria-ricorso depositato il 3  agosto
2010, la Corte di Cassazione,  terza  sezione  civile,  ha  sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la Camera dei
deputati, in riferimento alla deliberazione con la quale l'Assemblea,
approvando, il 10 febbraio 2005, il documento IV-quater,  n.  48,  ha
dichiarato l'insindacabilita', ai sensi dell'art.  68,  primo  comma,
della Costituzione, delle opinioni  espresse  dal  deputato  Vittorio
Sgarbi nei confronti del magistrato Gherardo Colombo. 
    Premette in fatto la Corte ricorrente di essere  stata  investita
dall'impugnazione proposta dal dott. Gherardo Colombo, magistrato  in
servizio  all'epoca  dei  fatti,  avverso  la  sentenza  della  Corte
d'appello di Bologna depositata il 6 dicembre 2005 con la  quale,  in
riforma della statuizione di  primo  grado,  era  stata  respinta  la
domanda risarcitoria  del  danno  arrecato  dal  lamentato  contenuto
ingiurioso e diffamatorio di alcune  dichiarazioni  rese  dall'allora
deputato Vittorio Sgarbi  nel  corso  della  trasmissione  televisiva
messa in onda, il 27 marzo 1998, dalla  emittente  R.T.I.,  convenuta
nel giudizio, nella serie Sgarbi quotidiani. 
    Nelle sedi di merito, il  dott.  Colombo  si  sarebbe  doluto  di
essere stato rappresentato, in  quelle  dichiarazioni,  insieme  alla
collega Boccassini, come «magistrati mediocri che, mossi da ostilita'
verso altro magistrato (il dott. Mele) di gran  lunga  di  loro  piu'
meritevole e capace, gli avevano impedito una importante progressione
in carriera, rendendo all'organo di  autogoverno  della  magistratura
dichiarazioni  tali  da  bloccargli  la  strada».  Nel  giudizio   di
legittimita'  il  ricorrente  ha  denunciato   violazione   e   falsa
applicazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione  da  parte
della predetta pronuncia della Corte territoriale, la  quale  avrebbe
errato   sia   nel   ritenere   rilevante   la    deliberazione    di
insindacabilita'  delle  opinioni  espresse   dal   deputato   Sgarbi
«attinente alla diversa causa promossa  dalla  dott.ssa  Boccassini»;
sia nel non rilevare l'illegittimita' di  detta  deliberazione,  «per
assoluto difetto di motivazione sul nesso  funzionale  [...]  tra  le
dichiarazioni rese (come nella specie) dal parlamentare extra  moenia
e precedenti suoi atti tipici»; sia, infine, «nel non  sollevare,  in
ragione di cio', conflitto di attribuzione nei confronti della Camera
dei deputati». 
    Disattendendo l'enunciato  primo  motivo  di  ricorso,  la  Corte
ricorrente ha reputato «non contestabile»  l'applicabilita',  invece,
anche al giudizio  introdotto  dal  dott.  Colombo  della  menzionata
delibera  di  insindacabilita',  in  ragione  della  sua  «innegabile
riferibilita'  al   fatto   oggetto»   della   causa   (per   giudizi
«contestualmente ed identicamente rivolti dall'on.  Sgarbi  sia  alla
dott.ssa Boccassini che al dott. Colombo»)  nonche'  in  ragione  del
fatto che la Camera «si e' limitata a recepire il parere della Giunta
che quelle dichiarazioni aveva delibato  considerandone  destinatario
proprio il Colombo»; la stessa Corte ha, tuttavia,  considerato  tale
deliberazione   come   «effettivamente   [...]   affetta   dai   vizi
denunciati», rilevandone il «carattere  invasivo  delle  attribuzioni
del  potere  giudiziario»  e,  percio',  l'idoneita'  a  generare  il
conflitto di cui si discute. 
    A sostegno di questa conclusione, la ricorrente ha  invocato,  in
linea generale, la «tralaticia» giurisprudenza  costituzionale  e  di
legittimita' secondo cui, «escluso, in premessa, che  l'immunita'  ex
art.  68   citato   possa   coprire   qualsiasi   comportamento   del
parlamentare», e' stato affermato  che  il  presupposto  per  la  sua
operativita' debba essere, invece, «individuato nella connessione tra
le opinioni espresse e l'esercizio  delle  attribuzioni  proprie  del
parlamentare» e, in  particolare,  che  «il  nesso  funzionale  delle
opinioni manifestate con l'attivita' parlamentare deve consistere non
gia' in una semplice forma di collegamento di argomenti o di contesto
con l'attivita' stessa, ma piu' precisamente nella  identificabilita'
della dichiarazione quale espressione, e forma divulgativa,  di  tale
attivita'»:  risultando,  con  cio',  necessario  che  «nell'opinione
manifestata  all'esterno   sia   riscontrabile   una   corrispondenza
sostanziale  di  contenuti  con  l'atto  parlamentare,  non   essendo
sufficiente, a questo riguardo, una  mera  comunanza  di  tematiche»,
nemmeno quando l'opinione manifestata riguardi «temi al centro di  un
dibattito politico». 
    Su queste basi, risulterebbe chiaro, a parere  della  ricorrente,
che la  Camera  dei  deputati,  nel  valutare  le  dichiarazioni  del
deputato  Sgarbi,  «ha  omesso  di  considerarne  il  contesto,   non
riconducibile ad alcun atto  tipico  (interpellanza,  interrogazione,
mozione, ecc.) del parlamentare ed avulso da  qualsiasi  connotazione
istituzionale, trattandosi  propriamente,  invece,  di  mera  vetrina
televisiva nella quale quel deputato prestava, dietro  corrispettivo,
la propria attivita' privatistica  di  conduttore».  Si  sarebbe,  in
altri termini, trascurato di considerare che «quello che l'on. Sgarbi
ha  definito  il  c.d.  caso  Mele  [...]  non  aveva  corrispondenza
sostanziale di contenuti con alcun atto parlamentare  precedentemente
posto in essere dall'on. Sgarbi, del quale le esternazioni televisive
potessero avere finalita' divulgativa», limitandosi  a  «valorizzare,
ai  fini  della  ritenuta   insindacabilita',   il   mero   contesto,
genericamente politico, in cui le dichiarazioni per cui e'  causa  si
inserirebbero». Con cio' la Camera dei deputati avrebbe  individuato,
«ex suo ore, nella suddetta sua delibera, una  ipotesi  paradigmatica
di esclusa configurabilita' della immunita'». 
    La  Corte  ricorrente   ha,   infine,   domandato   che,   previa
l'ammissibilita' del ricorso, venga pronunciata la  dichiarazione  di
non spettanza alla Camera dei deputati del potere di  deliberare  che
«le  dichiarazioni  del   deputato   Vittorio   Sgarbi   rese   nella
trasmissione Sgarbi quotidiani  del  27  marzo  1998,  oggetto  della
domanda risarcitoria in relazione  alla  quale  pendono  ricorsi  per
cassazione, concernono opinioni espresse da un membro del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma,
Costituzione». 
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile  con  ordinanza
n. 4 del 2011. 
    3. - La Camera dei deputati ha  ritualmente  depositato  atto  di
costituzione, con il quale ha prodotto varia documentazione e chiesto
dichiararsi inammissibile il conflitto o in subordine che  lo  stesso
venga respinto, dichiarandosi che spettava alla Camera  dei  deputati
affermare la insindacabilita', a norma  dell'art.  68,  primo  comma,
Cost.,  delle  opinioni  espresse  dall'on.  Sgarbi,  secondo  quanto
deliberato dalla Assemblea nella seduta del 10 febbraio 2005. 
    Preliminarmente,   la   Camera    sollecita    declaratoria    di
inammissibilita' del conflitto per assenza del  relativo  presupposto
oggettivo, in quanto la delibera di  insindacabilita'  impugnata  non
riguarderebbe il fatto oggetto del procedimento pendente davanti alla
Corte di cassazione, ma le dichiarazioni rese dallo  stesso  deputato
nei confronti di altro magistrato, la  dott.ssa  Boccassini,  per  le
quali pende altro procedimento. Il  tutto,  sulla  falsariga  di  una
pronuncia di questa Corte - la sentenza n. 265  del  1997  -  con  la
quale si dichiaro' inammissibile un conflitto in fattispecie analoga.
Si trattava, infatti, di una delibera di insindacabilita' riferita ad
affermazioni di un deputato nel confronti di un  magistrato,  che  la
Camera - in quella circostanza nelle vesti di ricorrente - pretendeva
potesse applicarsi anche alle doglianze formulate in sede giudiziaria
da  altro  magistrato,  il  quale  si  era  sentito   attinto   dalle
dichiarazioni rese nella stessa circostanza  dal  medesimo  deputato.
Nella specie, pertanto, difetterebbe l'interesse concreto ed  attuale
a ricorrere  da  parte  della  Corte  di  cassazione,  posto  che  il
conflitto non e' volto a definire in astratto  le  competenze,  ma  a
riparare un pregiudizio concreto a tali competenze, che nel  caso  in
esame non si sarebbe mai realizzato. 
    Si deduce, poi, la inammissibilita'  del  conflitto  per  carenza
degli elementi sufficienti  a  definire  la  materia  del  conflitto,
giacche' - in contrasto con il  principio,  ripetutamente  affermato,
della completezza ed autosufficienza  del  ricorso  -  non  e'  stata
testualmente  citata  alcuna   «delle   dichiarazioni   asseritamente
diffamatorie pronunciate dall'on. Sgarbi nel corso della trasmissione
televisiva del 27 marzo 1998», comparendo nell'atto  soltanto  alcuni
passaggi  in  cui  sarebbe  stata  riassunta,  in  modo  estremamente
sintetico, la tesi espressa nella circostanza  dal  parlamentare.  Il
che, al lume  della  giurisprudenza  di  questa  Corte,  non  sarebbe
consentito, in quanto si realizzerebbe una impropria  sovrapposizione
tra  la  oggettiva   rilevanza   delle   opinioni   espresse   e   la
interpretazione che  ne  e'  stata  data.  Tale  carenza  descrittiva
integra, dunque, secondo la Camera, un vizio in procedendo che, da un
lato, impedisce alla resistente di svolgere una adeguata  difesa,  e,
dall'altro, impedisce a questa Corte di verificare la sussistenza del
nesso funzionale tra l'attivita' parlamentare e quella divulgativa. 
    Nel merito, si prospetta la infondatezza del ricorso,  in  quanto
si tratterebbe di affermazioni divulgative di opinioni gia'  espresse
dall'on.  Sgarbi  nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari,  non
potendosi al riguardo opinare, come mostra  di  ipotizzare  la  Corte
ricorrente, che quel nesso  sia  escluso  dalla  circostanza  che  le
dichiarazioni siano state rese dal  parlamentare  nel  corso  di  una
trasmissione televisiva di cui lo stesso era conduttore.  Sottolinea,
poi, la Camera come l'accertamento del nesso funzionale non riposi su
un  sindacato  delle  motivazioni  poste  a   base   della   delibera
parlamentare,  ma  su  una  verifica  in  concreto   della   relativa
sussistenza, mentre deve ormai  ritenersi  pacifico  che  l'attivita'
divulgativa  ben  puo'  svolgersi  al  di   fuori   degli   organismi
parlamentari. Pertanto, «le dichiarazioni che il parlamentare  potra'
fare extra moenia, se  sostanzialmente  corrispondenti  ai  contenuti
della   comunicazione   politico-parlamentare,   saranno    anch'esse
espressione di attivita' parlamentare». 
    Ebbene, nella specie, le  dichiarazioni  dell'on.  Sgarbi,  quali
figurano nella relazione della Giunta delle autorizzazioni  destinata
all'Assemblea,  risultano  espressione  di  vari  atti  di  sindacato
ispettivo - tutti antecedenti alla trasmissione del  27  marzo  1998,
«presentati da colleghi di partito dell'on. Sgarbi» e  relativi  alla
stessa vicenda riportata dal parlamentare nella  trasmissione  Sgarbi
quotidiani del 27 marzo 1998: vale a dire,  «l'asserita  interferenza
dei sostituti procuratori della Repubblica Boccassini e Colombo nella
nomina del dott. Mele a procuratore generale della Corte  di  appello
di Roma».  Si  riproduce,  al  riguardo,  il  testo  integrale  della
interrogazione a risposta orale presentata al  Senato  il  17  giugno
1997  n.  3/01088  (presentatore:  Pera;  cofirmatari:   La   Loggia,
Scopelliti, Schifani, Cirami); nonche' il testo della  interrogazione
a risposta orale presentata al Senato in  data  26  giugno  1997,  n.
3/01136 (presentatore Pera; cofirmatario: Novi). Si riporta, inoltre,
lo stralcio di una interrogazione a risposta  scritta  presentata  al
Senato  l'8  luglio1997,  n.  4/06857  (Presentatore  :  Macerationi;
cofirmatari:  Lisi  e  Valentini),  nonche'  lo   stralcio   di   una
interpellanza presentata al Senato  il  9  luglio  1997,  n.  2/00360
(Presentatore: La Loggia; cofirmatari: Pera, Di  Benedetto,  Baldini,
Novi, Schifani, Centaro, Greco, Pastore, Scopelliti, Mungari), e,  da
ultimo, lo stralcio di una interpellanza presentata alla Camera il 14
luglio 1997, n. 2/00606, da 38 colleghi di partito dell'on. Sgarbi. 
    La Camera riconosce la sussistenza di un orientamento  di  questa
Corte secondo il quale l'atto di un parlamentare non puo' fungere  da
copertura costituzionale per tutti gli  altri  iscritti  al  medesimo
gruppo; tuttavia si auspica  un  superamento  di  tale  orientamento,
derivando da esso «talune incongruenze».  Infatti,  tale  tesi  porta
alla conseguenza che, ammettendo  un  sindacato  sulla  dichiarazione
esterna, dello stesso si  risolverebbe  in  un  sindacato  su  quella
interna da parte di un  altro  potere,  compromettendo  in  tal  modo
l'esercizio del mandato  parlamentare,  che  la  Costituzione  vuole,
invece, libero (art. 67 Cost.). Tesi, questa, che si imporrebbe anche
alla luce della garanzia di cui all'art. 68 Cost., la  quale  mira  a
tutelare le istituzioni rappresentative,  piuttosto  che  l'interesse
dei singoli parlamentari. Cio' che conta,  quindi,  e'  la  oggettiva
correlazione tra le dichiarazioni esterne e quelle interne, la  quale
«verrebbe meno ove l'attivazione della garanzia costituzionale  fosse
collegata alla forma (e non alla sostanza) della  manifestazione  del
pensiero». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Corte di cassazione, terza sezione civile,  ha  sollevato
conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in
relazione alla delibera adottata dall'Assemblea il 10  febbraio  2005
(doc. IV-quater, n. 48), con la  quale  e'  stato  affermato  che  le
dichiarazioni rese dal deputato Vittorio  Sgarbi  nel  corso  di  una
trasmissione  televisiva  andata  in  onda  il  27   marzo   1998   e
coinvolgenti, fra gli altri, il dott. Gherardo  Colombo,  magistrato,
all'epoca dei fatti, in servizio presso la Procura  della  Repubblica
di Milano, concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni  e  dovevano,  pertanto,  ritenersi
insindacabili, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
Dopo aver rievocato  l'iter  del  procedimento  e  le  ragioni  della
domanda  risarcitoria  formulata  dal  dott.  Colombo  nei  confronti
dell'allora deputato Sgarbi, la Corte  ricorrente  ha  richiamato  la
ormai consolidata giurisprudenza costituzionale  formatasi  sul  tema
della garanzia costituzionale  prevista  per  le  dichiarazioni  rese
extra moenia dei parlamentari, sottolineando, in particolare, come il
fulcro di tale  garanzia  debba  essere  ravvisato  nella  necessaria
individuazione di un nesso funzionale tra le opinioni  manifestate  e
l'attivita'   parlamentare,   secondo   quelle   caratteristiche   di
sostanziale corrispondenza di  contenuti,  tra  opinioni  espresse  e
attivita'  parlamentare  tipica,  piu'  volte  poste  in  luce  nelle
pronunce di questa Corte. In tale  cornice,  dunque,  la  Camera  dei
deputati avrebbe - a  parere  della  Corte  ricorrente  -  omesso  di
scrutinare correttamente le opinioni manifestate dal deputato Sgarbi,
stante il contesto privatistico in cui le stesse sono state espresse,
e l'assenza  di  collegamento  tra  il  relativo  contenuto  ed  atti
parlamentari tipici riferibili allo stesso deputato. 
    2. -  Deve  essere  preliminarmente  esaminata  la  eccezione  di
inammissibilita' del conflitto  per  asserita  carenza  del  relativo
oggetto, formulata dalla difesa della Camera dei deputati sul rilievo
che la deliberazione posta a base del ricorso proposto dalla Corte di
cassazione, riguarderebbe la insindacabilita' delle opinioni espresse
dall'allora deputato Sgarbi in riferimento al  procedimento  (diverso
da quello a quo) all'epoca pendente davanti al Tribunale di  Ferrara,
promosso a seguito  di  citazione  della  dott.ssa  Ilda  Boccassini,
anch'essa a quell'epoca - come  il  dott.  Colombo  -  magistrato  in
servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di  Milano,
come sostituto procuratore. Si tratterebbe, assume  la  difesa  della
Camera, di una vicenda del tutto analoga a quella  che  questa  Corte
scrutino' nella sentenza n. 265 del 1997, con la quale  il  conflitto
allora proposto venne dichiarato inammissibile; difetterebbe, dunque,
un interesse concreto ed attuale a ricorrere da parte della Corte  di
cassazione,  in  quanto,  nella  specie,  il  conflitto  non  sarebbe
destinato a definire in astratto le competenze costituzionali, ma  si
atteggerebbe alla stregua di «strumento preordinato alla  riparazione
del pregiudizio concretamente arrecato a tali competenze (nel caso in
esame, inesistente, come detto) nonche' al ripristino effettivo delle
corrispondenti posizioni di vantaggio (nella fattispecie, in realta',
mai menomate)». 
    La tesi della Camera non puo' trovare accoglimento. La  relazione
della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, la  cui
proposta ha poi formato oggetto della deliberazione  della  Assemblea
posta a base del conflitto, nel rievocare,  infatti,  analiticamente,
le dichiarazioni rese dall'on. Sgarbi nel  corso  della  trasmissione
televisiva Sgarbi quotidiani, fa espresso riferimento  agli  identici
fatti per i quali il dott. Colombo ha promosso  domanda  risarcitoria
nei  confronti  del  medesimo  parlamentare.  Di  tale  problematica,
d'altra parte, si e' fatta puntualmente carico  la  stessa  Corte  di
cassazione, la quale - chiamata a pronunciarsi sul  ricorso  proposto
dal dott. Colombo, avverso la sentenza  della  Corte  di  appello  di
Bologna che aveva ritenuto insindacabili le opinioni dell'on. Sgarbi,
proprio in virtu' della deliberazione della Camera  del  10  febbraio
2005 - ha ritenuto, come s'e' gia' fatto cenno  in  parte  narrativa,
«non...contestabile l'applicabilita' al presente  giudizio  della  su
menzionata delibera di insindacabilita', la quale, se pur formalmente
resa in relazione alla causa in precedenza  promossa  dalla  dott.ssa
Boccassini,  sostanzialmente  ed  oggettivamente  si   riferisce   ai
medesimi  giudizi,  di  mediocrita',  ed  ai  medesimi  addebiti,  di
preconcetta   ostilita'   verso   il   collega    piu'    meritevole,
contestualmente ed identicamente rivolti dall'on.le Sgarbi  sia  alla
dott.ssa Boccassini che al dott. Colombo; atteso che -  nel  ritenere
dette esternazioni, del deputato  conduttore  della  trasmissione  in
questione, scriminate dalla prerogativa della insindacabilita' di cui
all'art. 68 Cost. - la  Camera  di  appartenenza  si  e'  limitata  a
recepire il  parere  della  Giunta  che  quelle  dichiarazioni  aveva
delibato considerandone destinatario  proprio  il  Colombo».  D'altra
parte, ha soggiunto la Corte ricorrente, e' proprio  in  «ragione  di
tale innegabile riferibilita' al fatto oggetto della presente  causa»
che quella stessa delibera e' stata invocata dallo Sgarbi  anche  nel
corso del procedimento a quo, e, dunque, correttamente  la  Corte  di
appello di Bologna ne ha tenuto conto. 
    Per altro verso, neppure puo' sottacersi, ad  ulteriore  conferma
della fondatezza della tesi  accolta  dalla  Corte  confliggente,  il
fatto che, all'annunzio del mantenimento all'ordine del giorno  della
richiesta di deliberazione della insindacabilita' in  riferimento  al
«procedimento  civile  (corte  d'appello  di  Bologna)  iniziato  nei
confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti (con  atto
di citazione del dottor Gherardo Colombo)» (Camera dei deputati,  XVI
legislatura, allegato A ai resoconti, seduta del 29 aprile 2008), non
abbia,   poi,   fatto   seguito   alcuna   iniziativa   parlamentare:
permettendo, quindi, di dedurre che,  secondo  la  prospettiva  della
stessa  Camera  dei  deputati,  il  fatto  era  ormai   integralmente
assorbito (e tutelato) alla  stregua  della  richiamata  delibera  di
insindacabilita'. 
    In  linea  piu'  generale,   d'altronde,   sembra   difficilmente
contestabile il rilievo che il tema  della  insindacabilita'  di  cui
all'art. 68 Cost., non ha  un  risalto,  per  cosi'  dire,  meramente
funzionalistico,  nel  senso  di  essere  dipendente  dal   tipo   di
contenzioso da cui ha tratto  origine  la  deliberazione  assembleare
(posto che, ove cosi' non fosse, si perverrebbe alla conclusione, del
tutto implausibile, che una insindacabilita' deliberata in  occasione
di una controversia civile, non coprirebbe lo stesso  fatto  trattato
in sede penale e viceversa), o di essere circoscritto ai soggetti fra
i  quali  e'  instaurato  il  contenzioso  in  sede  giurisdizionale,
giacche', altrimenti, la  insindacabilita',  anziche'  riguardare  le
opinioni del parlamentare, da considerare immuni  in  ogni  sede,  si
rifletterebbe  esclusivamente   sul   procedimento   riguardante   un
determinato   soggetto   coinvolto    in    quelle    opinioni.    La
insindacabilita' e', quindi, una qualita' che caratterizza, in se'  e
ovunque, la opinione espressa dal parlamentare, la quale, proprio per
il fondamento  costituzionale  che  la  assiste,  e'  necessariamente
destinata ad operare, oggettivamente e soggettivamente, erga omnes. 
    Non sembra,  infine,  poter  fungere  da  precedente,  nel  senso
auspicato dalla Camera, la fattispecie esaminata  nella  sentenza  n.
265  del  1997,  in  quanto,  nel  frangente,   questa   Corte   ebbe
espressamente a ritenere che i fatti rispetto ai quali  la  Camera  -
allora ricorrente - pretendeva di far trasferire  la  garanzia  della
insindacabilita' (dichiarazioni dell'on.  Cafarelli  coinvolgenti  il
dott. Antonio Baldi, e ritenute coperte dall'art. 68 Cost.,  rispetto
alle dichiarazioni dello stesso parlamentare nei confronti del  dott.
Luigi  Picardi,  oggetto  del  conflitto)  fossero   fatti   diversi,
trattandosi di dichiarazioni che mantenevano «la  loro  autonomia»  e
risultavano «riferite per lo piu' a circostanze diverse» . 
    In tale cornice, dunque,  la  eccezione  sollevata  dalla  Camera
appare essere destituita di fondamento,  cosi'  come  infondata  deve
ritenersi  pure  la   eccezione   di   mancata   precisazione   della
fattispecie, posto che il ricorso proposto dalla Corte di  cassazione
individua  con  sufficiente  chiarezza  i  termini  essenziali  della
controversia, ai limitati fini che pertengono al giudizio demandato a
questa Corte. 
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato, in quanto, a sostegno del
nesso funzionale ravvisato nella deliberazione oggetto del conflitto,
non e' stato dedotto alcun atto parlamentare riferibile personalmente
alla attivita' svolta dall'on. Sgarbi quale deputato, posto  che  gli
atti evocati a tal fine dalla Camera  resistente  si  riferiscono  ad
altri  parlamentari.   Nell'esigere   questo   specifico   nesso   la
giurisprudenza  di  questa  Corte  e'  assolutamente   costante   (ex
plurimis, sentenza n. 304 del 2007). E'  la  stessa  Camera,  d'altra
parte,   a   sollecitare   una   revisione    della    giurisprudenza
costituzionale,   notoriamente    consolidata    nell'escludere    la
possibilita' di utilizzare, come atti  di  copertura  ai  fini  della
insindacabilita', quelli posti in essere da  altri  componenti  della
Camera di appartenenza, anche se dello  stesso  gruppo  parlamentare.
Auspicio che, peraltro, non puo' trovare accoglimento, dovendosi  qui
ribadire che la verifica del nesso funzionale  tra  le  dichiarazioni
esterne e quelle rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari deve
essere effettuata con riferimento alla stessa persona, non  potendosi
configurare «una sorta di insindacabilita' di gruppo» assistita dalla
garanzia costituzionale prevista dall'art.  68,  primo  comma,  della
Costituzione (tra le tante,  sentenza  n.  28  del  2008).  Il  nesso
biunivoco che deve correlare  l'attivita'  divulgativa  all'esercizio
delle funzioni  parlamentari,  non  puo',  infatti,  che  presupporre
l'identita' soggettiva  in  capo  al  titolare  del  relativo  munus,
altrimenti facendo assumere, ad una prerogativa riconosciuta in vista
dello svolgimento di una funzione, i  connotati  tipici  di  una  non
consentita immunita' soggettiva. 
    4. - Deve conclusivamente ritenersi che non spettava alla  Camera
dei deputati affermare che i  fatti  per  i  quali  e'  in  corso  il
giudizio civile promosso dal dott. Gherardo Colombo nei confronti del
deputato Vittorio Sgarbi pendente davanti alla Corte  di  cassazione,
terza sezione civile, di cui al ricorso  in  epigrafe,  costituiscono
opinioni espresse da un membro del  Parlamento  nell'esercizio  delle
sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare  che
i fatti per i quali e' in corso il giudizio civile promosso dal dott.
Gherardo Colombo nei confronti del deputato Vittorio  Sgarbi  davanti
alla Corte di cassazione, terza sezione civile, di cui al ricorso  in
epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art.  68,  primo
comma, della Costituzione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2011. 
 
                      Il Presidente: Maddalena 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 24 giugno 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti