N. 196 ORDINANZA 20 - 24 giugno 2011

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Referendum - Referendum sul  legittimo  impedimento  -  Deliberazione
  della  Commissione  parlamentare  per  l'indirizzo  generale  e  la
  vigilanza dei  servizi  radiotelevisivi  in  data  4  maggio  2011,
  pubblicata nella G.U. del 6 maggio 2011 - Disposizioni  in  materia
  di comunicazione politica,  messaggi  autogestiti  ed  informazione
  della  concessionaria  pubblica,  nonche'  tribune  relative   alle
  campagne per i referendum popolari indetti per i  giorni  12  e  13
  giugno 2011 - Conflitto di attribuzione tra i  poteri  dello  Stato
  sollevato dal Comitato Promotore per il referendum "in  materia  di
  legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei  ministri  e
  dei ministri a comparire in udienza penale"  -  Denunciata  tardiva
  approvazione  e  pubblicazione  della  delibera   con   conseguente
  menomazione delle attribuzioni dei promotori e  dei  sottoscrittori
  della richiesta referendaria e lesione del  diritto  dei  cittadini
  all'informazione  -  Richiesta  di  opportune  misure  cautelari  -
  Rinuncia al ricorso - Estinzione del processo. 
- Delibera della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale  e
  la vigilanza dei servizi radiotelevisivi 4 maggio 2011. 
- Costituzione, artt. 1, 3, 21, 48 e 75; legge 22 febbraio  2000,  n.
  28, artt. 2, 3, 4, 5 e 9; legge 25 maggio 1970, n.  352,  art.  52;
  legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1 e 4; legge 10 dicembre  1993,
  n. 515, art. 1, comma 1; d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 3. 
(GU n.28 del 29-6-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Paolo MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,
  Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
  GROSSI, Giorgio LATTANZI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della delibera  della  Commissione  parlamentare  per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 4
maggio 2011, promosso da Antonio Di Pietro ed altri nella qualita' di
promotori e presentatori della  richiesta  di  referendum  abrogativo
della  legge  7  aprile  2010,  n.  51  (Disposizioni  n  materia  di
impedimento a  comparire  in  udienza),  con  ricorso  depositato  in
cancelleria in data 11 maggio 2011, ed iscritto al n. 5 del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2011, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del  7  giugno  2011  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    Ritenuto che, con ricorso depositato l'11 maggio 2011, Antonio Di
Pietro, Vincenzo Maruccio, Benedetta Parenti  e  Gianluca  De  Filio,
nella  qualita'  di  promotori  e  presentatori  della  richiesta  di
referendum abrogativo della legge 7 aprile 2010, n. 51  (Disposizioni
in materia di impedimento a comparire in  udienza),  hanno  sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  della
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza  dei
servizi radiotelevisivi,  con  riferimento  alla  delibera  approvata
dalla medesima Commissione nella seduta del 4 maggio 2011, contenente
«Disposizioni  in  materia  di   comunicazione   politica,   messaggi
autogestiti e  informazione  della  concessionaria  pubblica  nonche'
tribune relative alle campagne per i referendum popolari indetti  per
i giorni 12 e 13 giugno 2011», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
104 del 6 maggio 2011; 
    che, con riguardo alla ammissibilita' del ricorso,  i  ricorrenti
affermano  la  sussistenza  dei  requisiti  soggettivi,  poiche'   la
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza  dei
servizi  radiotelevisivi,  i  promotori  e  i  sottoscrittori   delle
richieste di referendum abrogativo  sono  organi  esercenti  funzioni
costituzionali; 
    che, quanto al profilo oggettivo, i ricorrenti osservano come  la
detta Commissione parlamentare, adottando soltanto in data  4  maggio
2011 la delibera in oggetto, pubblicata, poi, nella G.U. il 6 maggio,
nonche'  introducendo  in  essa  alcune  disposizioni   (di   seguito
indicate)  ulteriormente   limitative   degli   spazi   temporali   a
disposizione dei promotori e  dei  sottoscrittori,  abbia  gravemente
ristretto la facolta' di partecipazione ai dibattiti  televisivi  dei
sostenitori del referendum, con  conseguente  grave  menomazione  del
potere referendario, quale  espressione  della  sovranita'  popolare,
riducendo a  poco  piu'  di  due  settimane  il  tempo  previsto  dal
legislatore  per  le  campagne  referendarie  sul  servizio  pubblico
radiotelevisivo; 
    che,  in  tal  modo,  secondo   i   ricorrenti   la   Commissione
parlamentare avrebbe violato gli articoli 1,  3,  21,  48,  75  della
Costituzione, gli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 della legge 22 febbraio  2000,
n.  28  (Disposizioni  per  la  parita'  di  accesso  ai   mezzi   di
informazione durante le campagne elettorali e referendarie e  per  la
comunicazione politica); l'art. 52 della legge 25 maggio 1970, n. 352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla  iniziativa
legislativa del popolo); gli artt. 1 e 4 della legge 14 aprile  1975,
n.  103  (Nuove  norme  in  materia  di  diffusione   radiofonica   e
televisiva); l'art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 1993, n.  515
(Disciplina della campagne elettorali per l'elezione alla Camera  dei
deputati e al  Senato  della  Repubblica)  e  l'art.  3  del  decreto
legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di  media
audiovisivi e radiofonici); 
    che, in particolare,  i  ricorrenti,  dopo  avere  richiamato  le
disposizioni a loro avviso rilevanti della legge n. 28 del 2000 e  la
delibera del 29 ottobre 2003 della stessa Commissione parlamentare di
vigilanza, in ordine alla delimitazione dei periodi interessati dalle
campagne elettorali o referendarie, osservano  che  con  decreto  del
Presidente della Repubblica 23 marzo 2011 (Indizione  del  referendum
popolare per l'abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51,
in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio  dei
Ministri  e  dei  Ministri  a  comparire  in  udienza  penale,  quale
risultante a seguito della  sentenza  n.  23  del  2011  della  Corte
costituzionale), pubblicato nella G.U. n. 77 del 4  aprile  2011,  e'
stato indetto il referendum popolare per l'abrogazione  della  citata
legge n. 51 del 2010 e sono stati convocati i relativi comizi  per  i
giorni 12 e 13 giugno 2011; 
    che, sebbene l'art. 5, comma  1,  della  legge  n.  28  del  2000
preveda che la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la
vigilanza dei servizi radiotelevisivi debba definire,  non  oltre  il
quinto giorno  successivo  all'indizione  dei  comizi  elettorali,  i
criteri specifici ai quali, fino alla chiusura  delle  operazioni  di
voto, la  concessionaria  pubblica  e  le  emittenti  radiotelevisive
private devono conformarsi nei programmi di informazione, al fine  di
garantire la parita' di trattamento, l'obiettivita', la completezza e
l'imparzialita' dell'informazione, la detta Commissione  parlamentare
solo il 4 maggio 2011 ha approvato la delibera, poi pubblicata  nella
G.U. n. 104 del 6 maggio 2011; 
    che, con riferimento alla delimitazione dei  periodi  interessati
dalle campagne elettorali o referendarie, i  ricorrenti  indicano  la
delibera del 29 ottobre 2003 con cui la Commissione  parlamentare  ha
affermato  che  «i  periodi  interessati  da  campagne  elettorali  o
referendarie sono quelli compresi tra le ore ventiquattro del  giorno
di pubblicazione del provvedimento che convoca i comizi elettorali  o
che indice la  consultazione  referendaria,  e  le  ore  ventiquattro
dell'ultimo  giorno  nel  quale  e'  previsto  che  si   tengono   le
votazioni»; 
    che, dunque, ad avviso dei ricorrenti,  la  tardiva  approvazione
della delibera e la conseguente tardiva pubblicazione nella G.U.  del
6 maggio 2011, avrebbe comportato la menomazione  delle  attribuzioni
dei promotori e dei sottoscrittori della richiesta referendaria,  sia
perche' essi non avrebbero  potuto  esporre  le  ragioni  a  sostegno
dell'abrogazione delle norme sul legittimo impedimento,  sia  perche'
l'informazione radiotelevisiva, pubblica e privata,  avrebbe  taciuto
sui temi referendari, con conseguente  pregiudizio  del  diritto  dei
cittadini di informarsi e di maturare una propria opinione; 
    che, inoltre, i ricorrenti osservano come anche  le  disposizioni
della delibera, di seguito  indicate,  sarebbero  lesive  delle  loro
attribuzioni  costituzionali,  in   quanto   «tali   da   restringere
notevolmente i tempi della campagna referendaria»,  introducendo  una
serie di intralci burocratici non conciliabili con l'esigenza di dare
una compiuta e approfondita informazione, perche' la  detta  campagna
avrebbe, nella migliore delle ipotesi, una durata effettiva  di  poco
superiore alle due settimane; 
    che, in particolare, cio' si riscontrerebbe:  a)  per  l'art.  3,
comma  2,  nella  parte  in  cui  prevede  che  le  forze   politiche
costituenti gruppo in almeno un ramo del Parlamento nazionale, ovvero
che abbiano  eletto  con  proprio  simbolo  almeno  due  deputati  al
Parlamento europeo, chiedano alla Commissione entro i  5  giorni  non
festivi successivi alla pubblicazione sulla G.U. della  delibera,  di
partecipare alle trasmissioni, indicando preventivamente per  ciascun
quesito, in relazione al quale  intendono  intervenire,  se  il  loro
rappresentante sosterra' la posizione favorevole o quella  contraria,
ovvero se sono disponibili a farsi rappresentare di volta in volta da
sostenitori di entrambe le opzioni di voto; b) per l'art. 3, comma 3,
la' dove  dispone  che  i  comitati,  le  associazioni  e  gli  altri
organismi collettivi comunque denominati,  rappresentativi  di  forze
sociali  e  politiche  di  rilevanza  nazionale  (diverse  da  quelle
riferibili ai soggetti di cui alle  lettere  a  e  b  della  medesima
disposizione), devono essersi costituiti come  organismi  collettivi,
entro cinque giorni non festivi successivi alla data di pubblicazione
sulla G.U. della delibera in oggetto; 
    che l'intento della Commissione parlamentare di vigilanza,  volto
a comprimere illegittimamente il tempo di svolgimento della  campagna
referendaria, emergerebbe anche: 1) dall'art. 4 della delibera, nella
parte in cui dispone che la  RAI  cura  l'illustrazione  dei  quesiti
referendari e delle modalita' di votazione a decorrere dal 16  maggio
2011; 2) dall'art. 5, la'  dove  prevede  l'obbligo  per  la  RAI  di
predisporre e trasmettere un ciclo di tribune riservate ai  temi  del
referendum, televisive e radiofoniche,  a  partire  dal  quindicesimo
giorno successivo alla pubblicazione della delibera  nella  G.U.;  3)
dall'art. 6, nella parte in  cui  differisce  la  programmazione  dei
messaggi politici  autogestiti  a  partire  dal  quindicesimo  giorno
successivo  alla  pubblicazione  del  provvedimento  nella  G.U.;  4)
dall'art. 10, nella parte in cui stabilisce che  entro  dieci  giorni
dalla pubblicazione del provvedimento  sulla  G.U.  la  RAI  comunica
all'Autorita' per le garanzie nelle Comunicazioni e alla  Commissione
il calendario di massima delle trasmissioni di comunicazione politica
ed istituzionale; 
    che i ricorrenti richiamano l'ordinanza di questa  Corte  n.  171
del 1997 (relativa ad un caso per alcuni  aspetti  analogo),  con  la
quale si  e'  affermato  che  «ogni  limitazione  della  facolta'  di
partecipare ai  dibattiti  televisivi  sui  referendum  potrebbe,  in
astratto,  ledere  l'integrita'  delle  attribuzioni   dei   comitati
promotori»; 
    che,  infine,   i   ricorrenti   formulano   una   richiesta   di
provvedimento cautelare e chiedono alla Corte costituzionale,  previa
dichiarazione di ammissibilita' del conflitto, «di voler adottare  le
piu' opportune misure cautelari compensative dell'illegittimo ritardo
col quale la delibera  e'  stata  adottata»  in  quanto  l'esecuzione
dell'atto impugnato  comporterebbe  il  rischio  di  un  irreparabile
pregiudizio  all'interesse  costituzionale  dei   promotori   e   dei
sottoscrittori  del  referendum  «e   addirittura   un   irreparabile
pregiudizio  al  corretto  funzionamento  dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica»; 
    che, in particolare, a sostegno  di  detta  istanza  invocano  la
giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui,  la'  dove  e'
previsto  un  potere  di  annullamento  e',  altresi',  implicita  la
previsione di un potere cautelare (al  riguardo  sono  richiamate  le
seguenti decisioni: sentenze n. 236 del 2010; n. 318 del 1995;  n.  8
del 1982; n. 227 del 1975 e n. 284 del 1974;  ordinanza  n.  217  del
2010); 
    che, con atto depositato il 6 giugno del 2011, i  promotori  e  i
presentatori della richiesta di referendum abrogativo della  legge  7
aprile  2010,  n.  51  (Disposizioni  in  materia  di  impedimento  a
comparire in udienza), hanno dichiarato di rinunciare al ricorso. 
    Considerato  che  la  rinuncia,  in  questa  fase,  determina  la
necessita' di dichiarare, con assoluta precedenza,  l'estinzione  del
processo. 
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara estinto il processo. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 24 giugno 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti