N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 2011

Ordinanza del 24 febbraio 2011 emessa dal giudice dell'esecuzione del
tribunale di  Reggio  Emilia  nel  procedimento  civile  promosso  da
Equitalia Emilia Nord S.p.a. contro Contini Contino. 
 
Imposte e tasse - Riscossione delle imposte - Esecuzione  esattoriale
  - Esito negativo  del  terzo  incanto  nell'espropriazione  forzata
  immobiliare - Assegnazione dell'immobile allo Stato "per  il  minor
  prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale
  si procede", anziche' "per il prezzo  base  del  terzo  incanto"  -
  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza  rispetto  ai  mezzi
  giuridici  e  allo  scopo  pratico,  nonche'   del   principio   di
  uguaglianza in  se'  e  in  relazione  al  principio  di  capacita'
  contributiva   -   Violazione   dei   principi   di    eguaglianza,
  ragionevolezza e  determinatezza  delle  prestazioni  imposte,  pur
  nell'ipotesi in cui il criterio della "minor  somma"  abbia  natura
  sanzionatoria  -  Irragionevole  determinazione  del   prezzo   per
  l'assegnazione coattiva in misura pari alla "minor ... somma per la
  quale si procede", non collegata in alcun modo al valore di mercato
  dell'immobile. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  602,
  art. 85, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 42 e 53. 
(GU n.41 del 28-9-2011 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Nella procedura esecutiva  esattoriale  n.  353/2009  R.G.  Esec.
promossa da Equitalia Emilia Nord S.p.a. (Agente per  la  riscossione
tributi) contro Contini Contino. 
    Il  giudice  dell'esecuzione  sciogliendo  la  riserva  formulata
all'udienza del 22/2/2011, Equitalia Emilia  Nord  ha  intrapreso  la
procedura di  riscossione  esattoriale  nei  confronti  del  debitore
Contini Contino per un credito di complessivi euro 38.611,20, di  cui
euro 479,60 per «tributo erariale», compreso mora, compensi  e  spese
di procedura (v. istanza depositata da Equitalia il 25/3/2010). 
    Nella procedura hanno avuto  luogo  e  sono  andati  deserti  tre
esperimenti  di  incanto  sull'immobile  pignorato  alle   date   del
18/11/2009, 9/12/2009, 13/1/2010. 
    Con istanza in data 25/3/2010 Equitalia  Emilia  Nord  richiedeva
l'assegnazione allo Stato ai sensi dell'art. 85 D.P.R.  29/9/1973  n.
602 («Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul  reddito»)  al
minor prezzo tra la base d'asta  del  terzo  incanto,  pari  ad  euro
72.275,00 e la somma per la quale si procede (sopra indicata). 
    All'udienza del 22/2/2011, fissata per l'audizione delle parti in
ordine all'istanza ex art. 85 D.P.R. 29/9/1973  n.  602,  il  giudice
dell'esecuzione si riservava la decisione. 
    Come gia' ritenuto da altri Tribunali (Tribunale di Forli' - Reg.
ord. n. 380 del 2010; Tribunale di Torino - Reg. ord. n. 5 del 2011),
si reputa che: 
        1) esistano fondati motivi per  dubitare  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 85 comma 1° D.P.R.  29/9/1973  n.  602  (per
quanto di seguito esposto); 
        2) la questione sia rilevante nella procedura de qua, poiche'
da  essa  dipende  l'accoglimento  o  il  rigetto   dell'istanza   di
assegnazione e comunque la misura del prezzo da  fissare  perche'  lo
Stato italiano acquisisca la proprieta' dell'immobile pignorato; 
        3) sia necessario disporre la trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale ai sensi dell'art.  23  legge  11/3/1953  n.  87
perche'  si  pronunci  sulla  questione,   sospendendo   nelle   more
l'esecuzione. 
Analisi del testo normativo 
    L'art. 85 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, nel testo  attualmente
vigente, prevede: 
        1. Se il terzo incanto ha esito negativo, il  concessionario,
nei  dieci  giorni  successivi,  chiede  al  giudice  dell'esecuzione
l'assegnazione dell'immobile allo Stato per il minor  prezzo  tra  il
prezzo base del terzo incanto e la somma per  la  quale  si  procede,
depositando nella cancelleria del giudice  dell'esecuzione  gli  atti
del procedimento. 
        2. Il giudice dell'esecuzione dispone l'assegnazione, secondo
la procedura prevista dall'art. 590 del codice di  procedura  civile.
Il termine per il  versamento  del  prezzo  per  il  quale  e'  stata
disposta l'assegnazione non puo' essere inferiore a sei mesi. 
        3. In caso di mancato versamento del prezzo  di  assegnazione
nel termine, il processo esecutivo si estingue se il  concessionario,
nei trenta giorni successivi  alla  scadenza  di  tale  termine,  non
dichiara, su indicazione dell'ufficio che ha  formato  il  ruolo,  di
voler procedere a un ulteriore incanto per un prezzo  base  inferiore
di un terzo  rispetto  a  quello  dell'ultimo  incanto.  Il  processo
esecutivo si  estingue  comunque  se  anche  tale  incanto  ha  esito
negativo. 
    La norma riguarda la riscossione delle sole entrate  dello  Stato
di natura tributaria  e  non  puo',  dunque,  applicarsi  ad  entrate
patrimoniali dello Stato, ne' ad entrate di enti  impositori  diversi
dallo Stato, per i quali  e'  prevista  ope  legis  la  (o  che  sono
comunque  ammessi  ad  avvalersi  della)  procedura  di   riscossione
mediante ruolo disciplinata dal d.lgs. 26/2/1999 n. 46. 
    La limitazione alle sole entrate tributarie e' prevista dall'art.
30 d.lgs. 26/2/1999 n. 46. 
    L'art. 85 attribuisce al giudice dell'esecuzione  l'adozione  dei
provvedimenti necessari a far acquistare la proprieta'  dell'immobile
allo Stato:  l'istanza  del  concessionario  e'  rivolta  al  giudice
dell'esecuzione; il giudice  dispone  l'assegnazione,  fissando  allo
Stato il termine, non inferiore a sei mesi,  per  il  versamento  del
prezzo di assegnazione; avvenuto il versamento, il giudice  pronuncia
il decreto di trasferimento a norma  dell'art.  586,  secondo  quanto
prevede l'art. 590 c.p.c. 
    Rispetto alla devoluzione dei  beni  allo  Stato,  gia'  prevista
dall'art. 87 D.P.R. 29/9/1973  n.  602  (testo  abrogato  dal  d.lgs.
26/2/1999 n.  46)  e'  venuto  meno  ogni  automatismo  nell'acquisto
dell'immobile da parte dello Stato. La norma, infatti, prevedeva  che
- in caso di diserzione del terzo incanto (o  mancata  autorizzazione
dell'intendente di finanza  al  suo  svolgimento)  -  «l'immobile  e'
devoluto di  diritto  allo  Stato»  e  il  comma  2°,  coerentemente,
individuava  nel  «verbale  di  esito  negativo  del  terzo  incanto,
corredato dal provvedimento autorizzativo dell'intendente di finanza»
il  titolo  per  la  trascrizione  della  devoluzione  nei   registri
immobiliari. 
    Attualmente, il giudice non ha alcun potere discrezionale di  non
far  luogo  all'assegnazione  allo  Stato  quando  ne   ricorrano   i
presupposti (terzo incanto deserto, istanza  del  concessionario,  la
quale e', peraltro, atto dovuto), ne' di rifiutare, poi,  l'emissione
del decreto di trasferimento quando lo Stato ha versato il prezzo nel
termine assegnatogli. 
    Che il giudice abbia un  potere  discrezionale  nel  decidere  su
istanze  di  assegnazione  proposte  in  un'esecuzione  ordinaria  e'
questione dubbia, visto che - da un lato - l'art. 589  c.p.c.  indica
il valore per  il  quale  puo'  essere  chiesta  l'assegnazione  e  -
dall'altro - l'art. 591 c.p.c. consente al giudice  di  «decidere  di
non accoglierle» facendo luogo a nuovo incanto. 
    Con riguardo all'art. 85 de quo questi dubbi  interpretativi  non
sussistono:  I)  la  norma  chiaramente  indica   che   «Il   giudice
dell'esecuzione dispone l'assegnazione» (e non «puo' disporre»);  II)
non rientra  nei  poteri  del  giudice  disporre  lo  svolgimento  di
ulteriore  incanto,  in  luogo  dell'accoglimento   dell'istanza   di
assegnazione allo Stato (il potere di ordinare  un  quarto  e  ultimo
esperimento di asta spetta soltanto all'ente impositore). 
    L'assegnazione e'  dunque  un  atto  necessario  -  ma  dovuto  -
affinche' lo Stato ottenga  il  trasferimento  di  proprieta'  previo
versamento del prezzo. 
    L'assegnazione prevista  dall'art.  85  de  quo  ha  natura  c.d.
«sostitutiva» della vendita forzata. 
    Infatti, l'assegnazione viene fatta per un  prezzo  -  pari  alla
minor misura tra la base  d'asta  del  terzo  incanto  e  il  credito
tributario per cui l'esattore procede - e questo prezzo  deve  essere
interamente  versato  dallo  Stato   all'effetto   di   ottenere   il
trasferimento della proprieta', tanto che e'  regolato  il  caso  del
mancato versamento del prezzo. 
    Al versamento segue l'acquisizione del prezzo alla  massa  attiva
(art. 509 c.c.) e la sua assegnazione all'esattore  se  non  vi  sono
concorrenti (artt. 84 D.P.R. 29/9/1973 n. 602 e 510 c.p.c.); in  caso
di intervento di altri creditori, deve procedersi alla  distribuzione
in ragione delle rispettive cause di prelazione tra esattore e  altri
concorrenti, secondo quanto previsto dagli artt. 84 D.P.R.  29/9/1973
n. 602 e 596 c.p.c. 
    Implicitamente (ma inequivocamente), l'art. 85  D.P.R.  29/9/1973
n. 602 esclude la possibilita' per 
    l'esattore di chiedere l'assegnazione  a  favore  dello  Stato  a
soddisfacimento   del    credito    erariale    (c.d.    assegnazione
«satisfattiva» o datio in solutum giudiziale) e la  possibilita'  per
lo Stato di limitarsi al versamento del solo eventuale conguaglio tra
il prezzo di  assegnazione  e  il  credito  per  cui  puo'  utilmente
collocarsi in sede di riparto (c.d. assegnazione mista). 
    Non a caso, l'art. 3 comma 40° d.l. 30/9/2005 n. 203  (convertito
in legge 2/12/2005 n. 248) ha sostituito ai commi 2° e  3°  dell'art.
85 de quo le parole «dell'eventuale conguaglio» con  le  parole  «del
prezzo per il quale e' stata disposta l'assegnazione». 
    Il prezzo di assegnazione e' pari alla minor somma tra il credito
tributario per cui si procede e la  base  d'asta  del  terzo  incanto
andato deserto: su questo  punto  v'e'  continuita'  con  quanto  era
previsto per la devoluzione allo Stato ex art. 87 D.P.R. 29/9/1973 n.
602. 
    Cosi', ad esempio, se il credito erariale per cui si procede pari
ad euro 50.000,00 e la base d'asta del terzo  incanto  pari  ad  euro
200.000,00, l'assegnazione deve farsi al prezzo di euro 50.000,00; se
l'esattore procede per un credito tributario pari ad euro 300.000,00,
l'assegnazione dello stesso identico immobile dovrebbe farsi  per  la
minor somma e quindi per euro 200.000,00. 
    Poiche' non e' previsto - e,  anzi,  e'  chiaramente  escluso,  a
seguito della modifica apportata dall'art. 3 comma 40° d.1. 30/9/2005
n.  203  -  il  versamento  di  alcun  «conguaglio»,  la  norma  deve
interpretarsi  nel  senso  che   il   prezzo   di   assegnazione   e'
definitivamente fissato nella minor somma tra il credito  e  la  base
d'asta (la terza) e che l'eventuale  differenza  tra  base  d'asta  e
credito non da' luogo ad alcun obbligo di conguaglio ne' a incremento
del prezzo di assegnazione. 
    La stessa Corte, pronunciandosi  sulla  devoluzione  allo  Stato,
interpreto' a suo tempo l'art. 87 D.P.R. 29/9/1973 n. 602  nel  senso
che la norma consente «che la procedura esattoriale possa concludersi
con la devoluzione del bene allo Stato per il minor prezzo tra quello
dell'incanto e  l'ammontare  dell'imposta  per  cui  ha  avuto  luogo
l'esecuzione» (Corte Cost. ord. 31/3/1988 n. 383). 
    Non e' neppure rilevante, ai fini della determinazione del prezzo
di assegnazione, l'entita' dei crediti concorrenti al  riparto  (art.
54 D.P.R. 29/9/1973 n. 602)  aventi  prelazione  anteriore  a  quella
dell'esattore: I) l'art. 85 de quo, facendo riferimento  alla  «somma
per la quale si  procede»  riguarda  evidentemente  il  solo  credito
tributario; II) l'art. 85 non rinvia all'art. 589 c.p.c. secondo  cui
«l'istanza di assegnazione deve contenere l'offerta di  pagamento  di
una somma  non  inferiore  a  quella  prevista  nell'art.  506»,  ne'
all'art. 506 c.p.c. che indica  per  l'assegnazione  «un  valore  non
inferiore alte spese di esecuzione e  ai  crediti  aventi  diritto  a
prelazione anteriore a quello dell'offerente». 
    Il rimettente non ignora che, tra due interpretazioni  egualmente
possibili, rientra nei poteri del giudice ordinario scegliere  quella
«costituzionalmente  orientata»  perche'  rispondente  al  canone  di
ragionevolezza  e  uguaglianza,  e  che  pertanto  non  puo'   essere
sollevata questione di legittimita' costituzionale quando il  giudice
rimettente - utilizzando i suoi poteri  ordinari  di  interpretazione
della norma - e' in grado di fornire un'interpretazione  della  norma
conforme a Costituzione (ex multis Corte  Cost.  19/4/2007  n.  128).
Tuttavia, l'interpretazione della norma, cosi' come  ora  illustrata,
pare essere l'unica  possibile  utilizzando  gli  ordinari  strumenti
ermeneutici di cui dispone il giudice ordinario. 
Violazione dei principi di ragionevolezza rispetto ai  mezzi  e  allo
scopo e di  eguaglianza  in  se'  e  in  relazione  al  principio  di
capacita' contributiva (artt. 3 e 53 Cost.) 
    Dei due scenari possibili che l'art. 85 prospetta,  interessa  il
solo caso in cui l'assegnazione debba farsi per  un  prezzo  pari  al
minor credito tributario, e quindi  «a  sconto»  rispetto  alla  base
d'asta dell'ultimo incanto, la quale a  sua  volta  corrisponde,  per
effetto dei ribassi progressivi  di  un  terzo,  ai  4/9  del  prezzo
iniziale fissato dal concessionario (artt. 79 e 81  D.P.R.  29/9/1973
n. 602). 
    Non e' dunque in questione il caso opposto  -  prezzo  pari  alla
base del  terzo  incanto  -  poiche'  la  regola  che  puo'  estrarsi
dall'art.  85  coincide,  con  buona  approssimazione,   con   quella
applicabile secondo il diritto comune (art. 589 e 568 c.p.c.)  e  non
genera perplessita': se l'immobile pignorato  per  crediti  tributari
risulta invendibile col mezzo ordinario dell'incanto, e' legittima la
previsione che consente allo  Stato  di  acquistarne  la  proprieta',
poiche' con l'ordinanza 13/3/1988 n. 383, la Corte ha  gia'  ritenuto
che la devoluzione e' «la conseguenza  dell'oggettiva  impossibilita'
di vendere il bene esecutato,  impossibilita'  dimostrata  dall'esito
negativo di piu' incanti caratterizzati  da  ribassi  particolarmente
elevati». 
    Si nutre pero' il sospetto che lo «sconto da assegnazione»  -  il
differenziale tra la  maggior  base  d'asta  e  il  minor  tributo  -
previsto  dall'art.  85  de  quo  non  sia  conforme  ai   fondamenti
costituzionali   del   prelievo   tributario   e   comunque    generi
intrinsecamente irrazionalita' e ineguaglianze tra casi omogenei.  Si
osserva in proposito: 
        A) L'art. 85 D.P.R. 29/9/1973 n. 602 riguarda la  riscossione
dei soli tributi dello Stato (art. 30 d.lgs. 26/2/1999 n. 46)  ed  e'
quindi norma che - pur non riguardando i  presupposti  imponibili,  i
soggetti debitori, le  modalita'  di  determinazione  o  accertamento
dell'imposta - rientra comunque (in  senso  ampio)  nel  campo  delle
norme  tributarie  (settore  dell'ordinamento  che  disciplina,   tra
l'altro, l'esazione delle imposte). 
    Nello scenario qui contemplato, l'obbligazione tributaria non  e'
ai margini dell'istituto (come  scopo  per  il  quale  si  svolge  la
procedura di riscossione) ma entra direttamente nel testo della norma
e nel contenuto  del  provvedimento  che  il  giudice  deve  adottare
perche', essendo di ammontare inferiore alla base  d'asta,  determina
sia  la  misura  del  prezzo  di  assegnazione,  sia  l'entita'   del
sacrificio patrimoniale imposto al debitore (rispetto alla somma  che
potrebbe ricavarsi se l'assegnazione dovesse farsi, in ogni caso, per
un prezzo pari alla base dell'ultimo esperimento d'asta). 
    Si osserva inoltre che: a) l'assegnazione fatta «a sconto»  sulla
base d'asta rappresenta per il debitore una perdita  patrimoniale  e,
in modo perfettamente complementare, un lucro per lo Stato in  misura
pari alla differenza tra i  due  parametri  (base  d'asta  e  credito
tributario); b) perdita e lucro, quasi per definizione,  non  trovano
la propria causa  giustificativa  nell'adempimento  dell'obbligazione
tributaria poiche' anzi il contribuente esecutato  perde  in  termini
patrimoniali il surplus  rispetto  all'entita'  del  tributo  rimasto
insoluto; tenuto a corrispondere (come in specie) la  somma  di  euro
479,60, viene privato a favore dello Stato di un bene che, a  seguito
di consistenti ribassi, e' stato messo in vendita l'ultima volta a un
prezzo non inferiore a euro 72.275,00; c) causa efficiente di perdita
e lucro e' percio' il fatto accidentale e casuale che il pignoramento
esattoriale e' caduto su un bene che, nonostante  i  ribassi  d'asta,
ancora esprime un valore patrimoniale superiore a quello del credito; 
        B) L'aggancio del prezzo  all'entita'  del  tributo  insoluto
genera   ictu   oculi   ineguaglianze    e    aporie,    sintomatiche
dell'irrazionalita' degli esiti applicativi della norma: il valore di
assegnazione dello stesso immobile varia in funzione dell'entita' del
credito tributario per cui si procede a esecuzione. 
    Difatti, se - ad esempio - il credito erariale per cui si procede
e' pari ad euro 50.000,00 e la base d'asta del terzo incanto pari  ad
euro  200.000,00,  l'assegnazione  deve  farsi  al  prezzo  di   euro
50.000,00; di contro, se si procede per un credito tributario pari ad
euro  300.000,00,  l'assegnazione  dello  stesso  identico   immobile
dovrebbe farsi per la minor somma tra i due parametri  e  quindi  per
euro 200.000,00. 
    Le conseguenze paiono incongruenti: 
        1) l'assegnazione e' sostitutiva della vendita (ossia ha  una
causa venditionis) e il prezzo d'acquisto - pure «a sconto» e  tenuto
conto delle forti e condivise esigenze pubblicistiche che s'esprimono
nella disciplina della riscossione delle imposte erariali - non  puo'
essere razionalmente determinato se non in funzione di  un  parametro
che riguarda l'immobile (cioe' il prezzo ribassato che funge da  base
d'asta  del   terzo   incanto:   tale   opzione,   rientrante   nella
discrezionalita'    legislativa,    non     desta     sospetti     di
incostituzionalita'); invece, l'altro parametro - qui censurato -  e'
costituito dalla misura del tributo per cui si procede, la quale  non
soltanto  rappresenta   una   variabile   indipendente   dal   valore
dell'immobile, ma non v'e' neppure indirettamente collegata visto che
l'art. 76 D.P.R. 29/9/1973  n.  602  prevede  la  misura  minima  del
credito per procedere ad espropriazione immobiliare (euro  8.000,00),
ma non un criterio di proporzionalita' tra il  credito  e  il  valore
dell'immobile che il concessionario puo' legittimamente pignorare. 
    Per   neutralizzare   le   irrazionalita'   denunciate    sarebbe
sufficiente espungere dall'art. 85 D.P.R. 29/9/1973 n. 602  la  parte
che aggancia il prezzo di assegnazione alla «minor somma per la quale
si procede»; 
        2) l'aggancio al «minor prezzo tra il prezzo base  del  terzo
incanto e la somma per la quale si procede» implica che, a parita' di
valore dell'immobile, riceva un trattamento migliore il  contribuente
che ha verso lo Stato un debito tributario piu'  elevato  del  valore
(pur ribassato) dell'immobile. 
    Infatti, se il tributo insoluto e' di entita' inferiore alla base
d'asta, l'esecutato ricevera', per effetto del versamento del  prezzo
e  sia  pure  per  pagare  lo  Stato  e  gli  altri  suoi   creditori
eventualmente intervenuti, una  somma  pari  alla  sola  entita'  del
credito (euro 50.000,00 nell'esempio suesposto) e subira'  quindi  la
perdita patrimoniale «differenziale» che e' stata sopra  evidenziata.
Viceversa, se il contribuente (per negligenza, opportunismo  o  altri
motivi) ha accumulato  un  piu'  consistente  debito  tributario  (di
ammontare superiore alla base d'asta),  ricevera',  per  effetto  del
versamento  del  prezzo,  quella  stessa  somma  che  avrebbe  potuto
ricevere  se  il  terzo  incanto  fosse  andato  a  buon  fine  (euro
200.000,00 secondo l'esempio) e non subira' perdite ulteriori. 
    In questo modo, una norma  che  plausibilmente  ha  lo  scopo  di
contrastare,  disincentivare  l'inadempienza   dei   cittadini   alle
obbligazioni tributarie finisce per sortire un risultato pratico  che
e'   diametralmente   opposto,   perche'   ceteris   paribus   premia
l'accumulazione del debito o, quantomeno, evita al «grosso»  debitore
di  subire,  oltre  alla  perdita  dell'immobile,  anche  l'ulteriore
falcidia rappresentata dalla differenza tra  base  d'asta  e  tributo
insoluto. 
    Questa irrazionalita' dei mezzi  giuridici  rispetto  allo  scopo
pratico  della  norma  si  verifica  solo  e  soltanto  per   effetto
dell'aggancio, qui censurato, al «minor prezzo tra il prezzo base del
terzo incanto e la somma per la quale si procede», poiche' se  invece
l'assegnazione dovesse farsi - in base al diritto comune  -  per  una
somma non inferiore alla base  d'asta  dell'ultimo  incanto,  non  si
verificherebbe nessuna irrazionalita' ne' disparita'  di  trattamento
in funzione del minore o maggiore tributo insoluto. 
    Per le stesse aporie gia' segnalate,  l'aggancio  del  prezzo  di
assegnazione alla «minor ... somma per la  quale  si  procede»  entra
inoltre in conflitto con il principio cardine del prelievo tributario
secondo il quale «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro  capacita'  contributiva»  (art.  53  comma  1°
Cost.). 
    Secondo stabile insegnamento  della  Consulta,  il  principio  di
capacita' contributiva  «va  interpretato  quale  specificazione  del
generale principio di uguaglianza, nel senso che a situazioni  uguali
devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente,  a
situazioni diverse un trattamento  tributario  differenziato»  (Corte
Cost. 6/7/1972 n. 120; conformi, ex multis, Corte Cost.  4/2/2000  n.
25; Corte Cost. 13/12/1963 n. 155) e che, ancora,  le  differenze  di
trattamento tributario per essere giustificate devono appoggiarsi  su
un motivo razionalmente apprezzabile (Corte Cost. 14/7/1976  n.  167)
o, evidentemente, su situazioni obiettivamente diverse  (Corte  Cost.
12/7/1965  n.  59),  il  ragionamento  svolto  sulla  violazione  del
principio di capacita' contributiva  da  parte  dell'art.  85  D.P.R.
29/9/1973 n. 602 puo' saldarsi senza difficolta' con il discorso gia'
svolto in merito alla violazione dell'art. 3 Cost. sotto  i  profili:
a) dell'irrazionalita' con riguardo al  mezzo  giuridico  perche'  il
parametro del credito non puo' ragionevolmente servire a stabilire il
prezzo di acquisto coattivo di un  immobile;  b)  dell'irrazionalita'
con riguardo allo scopo pratico  perche'  la  norma  premia,  ceteris
paribus, l'accumulazione del debito tributario; 
        C) Ancor piu' nello  specifico,  l'art.  85  e'  norma  sulla
riscossione  delle  imposte  dovute  allo  Stato:  la  capacita'   di
concorrere alle spese pubbliche e' gia' definita  secundum  legem  in
misura  pari  all'obbligazione  tributaria,  cosi'  come   e'   stata
accertata e risulta dall'estratto di ruolo. 
    Ben puo' dirsi dunque che l'entita' del  tributo  rappresenta  la
misura entro la quale e' accettabile e  costituzionalmente  legittimo
imporre al cittadino un sacrificio patrimoniale per «concorrere  alle
spese pubbliche». Al contrario, un sacrificio piu'  ampio  di  quello
definito dall'obbligazione  tributaria  (salvi  accessori,  sanzioni,
costi di riscossione, ecc.) non soltanto non trova un  fondamento  di
legittimita' costituzionale  nell'art.  53  Cost.,  ma  anzi  risulta
implicitamente vietato dalla stessa norma,  visto  che  in  tal  modo
verrebbe fatto carico al cittadino di concorrere alle spese pubbliche
in misura maggiore della sua capacita' contributiva. 
    Anche l'art.  85  menzionato  deve  sottostare  al  principio  di
capacita' contributiva, sia perche' l'art.  53  comma  1°  Cost.  non
distingue il momento fisiologico dell'adempimento dalle patologie del
rapporto di imposta, sia perche' non puo' ammettersi che il principio
di  capacita'  contributiva  si  applichi  soltanto  agli   atti   di
imposizione e perda  rilevanza  nel  momento  della  riscossione  (il
concorso alle spese pubbliche si attua con l'adempimento, spontaneo o
coattivo, della pretesa tributaria). 
    L'art. 85 - segnatamente col criterio della «minor ... somma  per
la quale si procede» - non rispetta il principio che  commisura  alla
capacita'  contributiva   il   sacrificio   patrimoniale   che   puo'
legittimamente esigersi dal cittadino  in  relazione  all'adempimento
del tributo. 
    Al contrario, I) l'obbligazione tributaria serve a determinare il
prezzo  di  acquisto  del  bene;  II)  con   cio'   assoggetta,   per
definizione, il contribuente espropriato a una  perdita  patrimoniale
pari al surplus della base  d'asta  rispetto  al  credito,  la  quale
perdita si aggiunge all'onere economico del tributo; III)  in  quanto
onere aggiuntivo,  lo  stesso  non  riceve  copertura  costituzionale
nell'art. 53 comma 1°  Cost.  visto  che  la  capacita'  contributiva
sussiste nei  limiti  dell'obbligazione  tributaria  o,  in  sede  di
riscossione coattiva, dalla «somma per la quale si procede». 
    Concludendo, quest'onere aggiuntivo e'  imposto  al  contribuente
dal fatto che il pignoramento esattoriale e'  accidentalmente  caduto
su un  immobile  che,  nonostante  i  ribassi,  ha  una  base  d'asta
superiore alla misura del credito. 
    Pertanto, l'art. 85 D.P.R. 29/9/1973 n. 602 si palesa sospetto di
illegittimita'  costituzionale  per  violazione  dell'art.  53  Cost.
perche'  consente  che  in  sede  di   riscossione   esattoriale   il
contribuente moroso sia sottoposto - e peraltro secondo  un  criterio
di pura casualita' - a un sacrificio  patrimoniale  di  entita'  piu'
ampia di quello definito  dall'obbligazione  tributaria  (e  relativi
accessori, soprattasse, sanzioni, costi di riscossione etc.); 
        D) Non si ignora che, secondo la giurisprudenza, il principio
della capacita' contributiva non  puo'  applicarsi  alle  prestazioni
patrimoniali con funzione sanzionatoria di violazioni tributarie  (ex
multis Corte Cost. 30/7/1997 n. 291; Corte Cost. 17/7/1980 n. 119). 
    Tuttavia, anche sotto questa prospettiva, si dubita  legittimita'
dell'art. 85  D.P.R.  29/9/1973  n.  602  ove  si  voglia  attribuire
all'assegnazione per la «minor ... somma per la quale si procede» - e
quindi «a sconto»  sulla  base  d'asta  -  una  natura  sanzionatoria
dell'inadempienza   del    contribuente    e,    quindi,    sottratta
all'applicazione dell'art. 53 Cost. 
    In primo luogo, il criterio della  «minor  somma»  risponde  ictu
oculi a un'esigenza di  risparmio  dello  Stato  nell'acquisto  della
proprieta' mediante assegnazione forzata e non a  fini  di  sanzione.
Quest'esigenza puo' astrattamente  condividersi,  salvo  che  per  il
parametro rappresentato dalla misura del credito tributario, che  non
ha alcun apprezzabile e ragionevole collegamento con  il  valore  del
bene. 
    In secondo luogo, se anche si trattasse di sanzione  imposta  per
il perdurante inadempimento del debitore, la sua operativita' sarebbe
oltremodo singolare, visto che: a) essa  andrebbe  a  colpire  -  con
palese  violazione  del  principio  di  eguaglianza  -  non  tutti  i
contribuenti morosi che vengono espropriati del bene a  favore  dello
Stato, ma  soltanto  una  parte  di  essi,  ossia  coloro  che  hanno
casualmente subito il  pignoramento  di  un  bene  che,  pur  dopo  i
ribassi, ha una base d'asta superiore all'entita' del credito per cui
si procede; b) la sanzione non sarebbe qui neppure ragguagliata  alla
misura  del  tributo  rimasto  insoluto   o   a   una   somma   fissa
predeterminata dalla legge (come normalmente avviene  nelle  sanzioni
pecuniarie  di  diritto  tributario),  ma   risulterebbe   a   priori
indeterminabile e indeterminata dalla legge perche' dipendente  dalla
differenza tra base d'asta e credito, ossia da  un  elemento  (valore
dell'immobile ai fini dell'esecuzione  esattoriale:  art.  79  D.P.R.
29/9/1973 n. 602) che rappresenta una variabile indipendente rispetto
al credito per cui si procede.  In  conclusione,  il  criterio  della
«minor ... somma per la quale si procede» non puo' interpretarsi come
sanzione e, quindi, non si sottrae alla censura basata  sull'art.  53
Cost. e, se anche lo fosse, risulterebbe comunque  costituzionalmente
illegittimo   per   violazione   dei   principi    di    eguaglianza,
ragionevolezza (art. 3  Cost.)  e  determinatezza  delle  prestazioni
patrimoniali imposte per legge (art. 23 Cost.). 
Violazione degli artt. 3 e 42 Cost.: irragionevole determinazione del
prezzo per l'assegnazione coattiva in misura  pari  alla  «minor  ...
somma per la quale si procede» 
    Si e' finora attribuita  natura  tributaria  all'art.  85  D.P.R.
29/9/1973  n.  602  e,  quindi,  si  sono   richiamati   i   principi
costituzionali  che  regolano  il  prelievo  tributario  (la  perdita
patrimoniale    non    trova     giustificazione     nell'adempimento
dell'obbligazione  tributaria,  riguardando  infatti  il  surplus  e,
quindi, neppure copertura costituzionale nell'art. 53 comma l°  Cost.
del quale rappresenta, al contrario, una violazione). 
    L'assegnazione ex art. 85 menzionato e' anche,  pero',  un  mezzo
sostitutivo della vendita forzata: occorre percio' chiedersi  se,  in
ipotesi, la perdita (e il correlativo lucro) differenziale  tra  base
d'asta e «minor ... somma per la quale si procede» non possa  trovare
un  fondamento  alternativo  di  legittimita'  proprio  nella   causa
venditionis ossia nel rapporto di scambio «cosa contro prezzo» a  cui
da' luogo l'assegnazione sostitutiva. 
    Al quesito pare potersi dare risposta negativa. 
    Pronunciandosi  sull'art.   42   comma   3°   Cost.,   la   Corte
costituzionale ha piu' volte espresso  l'indirizzo  che  l'indennizzo
«deve rappresentare un serio ristoro. Perche' cio' possa realizzarsi,
occorre far riferimento, per la  determinazione  dell'indennizzo,  al
valore del bene in relazione  alle  sue  caratteristiche  essenziali,
fatte  palesi  dalla  potenziale  utilizzazione  economica  di  esso,
secondo legge. Solo in tal modo puo' assicurarsi  la  congruita'  del
ristoro spettante all'espropriato ed evitare che esso  sia  meramente
apparente o irrisorio rispetto al valore del bene» (ex  multis  Corte
Cost.  30/1/1980  n.  5);  piu'  di  recente,  si  e'  affermato  che
«un'indennita' congrua, seria ed adeguata non puo' adottare il valore
di  mercato  del  bene  come  mero  punto  di  partenza  per  calcoli
successivi che si avvalgono di elementi del tutto sganciati  da  tale
dato, concepiti in modo tale da lasciare alle spalle  la  valutazione
iniziale» (Corte Cost. 24/10/2007 n. 348). 
    Se e' pacifico che l'art. 85 D.P.R. 29/9/1973 n. 602 non  rientra
nel novero dell'espropriazione per pubblica utilita',  ne'  di  altri
atti ablatori disposti dalla pubblica amministrazione, l'assegnazione
ivi prevista e' comunque un trasferimento coattivo di una  proprieta'
privata, sia pur subordinato al versamento del prezzo da parte  dello
Stato (art. 85 comma 3°). 
    L'impiego della parola «prezzo» piuttosto che «indennizzo» non e'
ragione decisiva per negare  l'applicazione  del  principio  generale
ricavabile  dall'art.  42  Cost.  nei  termini  in   cui   e'   stato
interpretato dalla Corte: quando lo Stato esercita la  potesta',  con
determinazione ex uno latere e fuori da  un  contesto  negoziale,  di
acquistare un bene  privato,  il  corrispettivo  dello  scambio  deve
essere «congruo, serio e adeguato» ossia deve assumere a parametro  -
pur potendo  discostarsene  al  ribasso  per  contemperare  interessi
pubblici e privati - «il  valore  del  bene  in  relazione  alle  sue
caratteristiche   essenziali,   fatte   palesi    dalla    potenziale
utilizzazione economica di esso». (Corte Cost. 30/1/1980 n. 5) e  non
puo' legittimamente basarsi su «elementi del tutto sganciati da  tale
dato» (Corte Cost. 24/10/2007 n. 348). 
    L'art. 85 de quo deve prima facie ritenersi legittimo nella parte
in cui fissa il valore di assegnazione nel  «prezzo  base  del  terzo
incanto», poiche' tale dato soddisfa al contempo l'interesse pubblico
al risparmio di spesa e la giurisprudenza costituzionale che  assegna
al valore del bene la funzione  di  parametro  su  cui  calcolare  la
misura del ristoro (o corrispettivo) da versare  al  privato  per  la
perdita della proprieta'. 
    Anche  sotto  quest'ultimo  profilo  si   palesa,   per   contro,
l'illegittimita' del rinvio alla «minor ... somma  per  la  quale  si
procede» visto che la misura del tributo insoluto  e'  una  variabile
indipendente dal valore di mercato dell'immobile e non e' neppure  un
criterio razionalmente accettabile  per  stabilire  «d'autorita'»  il
corrispettivo di uno scambio imposto. 
    La questione proposta nella presente ordinanza  e'  rilevante  ai
fini delle determinazioni dello scrivente giudice dell'esecuzione nel
processo esecutivo esattoriale indicato in epigrafe. 
    Infatti: 
        a) l'esecuzione e' stata avviata dal concessionario Equitalia
Emilia Nord per crediti tributari dello Stato; 
        b) hanno avuto  svolgimento  e  sono  andati  deserti  i  tre
incanti previsti dalla legge; 
        c) Equitalia Emilia  Nord  ha  avanzato  rituale  istanza  di
assegnazione  dell'immobile  allo  Stato  ai   sensi   dell'art.   85
menzionato; 
        d)  nell'istanza  ha   richiesto,   seppure   implicitamente,
l'assegnazione al prezzo corrispondente alla «minor ... somma per  la
quale si procede» e cioe' per il credito tributario di euro 479,60; 
        e) l'istanza e' conforme al dettato  normativo  dell'art.  85
poiche', come si verifica negli atti depositati  dal  concessionario,
il terzo incanto ha avuto luogo in data  13/1/2010  con  base  d'asta
pari ad euro 72.275,00 (di molto superiore  all'entita'  del  credito
tributario insoluto). 
    Ritiene pertanto lo scrivente che esistano, ai sensi dell'art. 85
D.P.R.  29/9/1973  n.  602,  tutte  le  condizioni  per   far   luogo
all'assegnazione allo Stato dell'immobile per  un  prezzo  pari  alla
«somma per la quale si procede», a meno che la  Corte  costituzionale
dichiari l'illegittimita' della norma denunciata nella parte  in  cui
ammette che l'assegnazione abbia luogo «per il minor  prezzo  tra  il
prezzo base del terzo incanto e la somma per la  quale  si  procede»,
anziche' «per ... il prezzo base del terzo incanto». 
    La  rilevanza  e'  ancor  piu'  evidente  se  si  considera   che
l'eventuale  pronuncia   di   illegittimita'   costituzionale   della
disposizione comporterebbe il rigetto  dell'istanza  di  assegnazione
oppure il suo accoglimento ma al «prezzo base del terzo incanto».  
P.Q.M. 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 85 comma 1° D.P.R. 29 settembre
1973 n. 602 nella parte in cui prevede che l'assegnazione allo  Stato
abbia luogo «per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto
e la somma per la quale si procede», anziche' «per ... il prezzo base
del terzo incanto», per contrasto con gli artt. 3, 42 e 53 Cost.  nei
termini indicati nella suestesa motivazione; 
    Sospende la presente controversia; 
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei
deputati. 
        Reggio Emilia, addi' 23 febbraio 2011 
 
                        Il Giudice: Fanticini