N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 agosto 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 agosto 2011 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Ambiente - Norme della Regione Puglia - Gestione del servizio idrico integrato - Affidamento a una azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attivita' con l'ente pubblico che la controlla - Lamentato affidamento in via diretta mediante una norma di legge anziche' mediante una gara concorrenziale rivolta al libero mercato, in contrasto con la regola comunitaria dell'affidamento a terzi mediante gara ad evidenza pubblica e della eccezionalita' dell' "in house providing" - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell'ambiente, violazione dell'obbligo di osservanza delle norme comunitarie. - Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 2, comma 1. - Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lett. e) ed s); Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), artt. 14 e 106. Ambiente - Amministrazione pubblica - Norme della Regione Puglia - Istituzione dell'azienda pubblica regionale denominata "Acquedotto Pugliese" (AQP) - Previsto subentro nel patrimonio ed in tutti i rapporti attivi e passivi della societa' Acquedotto Pugliese s.p.a., nonche' nei compiti istituzionali e nell'esercizio della attivita' precedentemente svolta dalla stessa societa' - Lamentata incidenza sulla societa' Acquedotto Pugliese s.p.a. disciplinata con legge statale - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell'ambiente. - Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 5. - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ed s). Impiego pubblico - Norme della Regione Puglia - Previsione che tutto il personale in servizio presso l'Acquedotto pugliese s.p.a. venga trasferito nell'organico dell'AQP - Lamentato inquadramento generalizzato con stabilizzazione di personale non di ruolo, in contrasto con la normativa statale costituente disposizione di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, violazione dei principi di eguaglianza, del pubblico concorso, di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 9. - Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, comma terzo; d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, art. 17, commi 10, 11, 12 e 13.(GU n.43 del 12-10-2011 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi 12, giusta delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 22 luglio 2011, ricorrente; Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, con sede in Bari alla via Lungomare N. Sauro, 33, intimata; Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1; dell'art. 5; e dell'art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia del 20 giugno 2011, n. 11, pubblicata nel B.U.R. Puglia del 20 giugno 2011, n. 96, recante «Gestione del servizio idrico integrato - Costituzione dell'Azienda Pubblica Regionale - Acquedotto Pugliese (AQP)»; Per violazione degli artt. 3; 51; 97, e 117, commi 1, 2, lett. e) ed s), e 3, Cost. Fatto Con legge regionale del 20 giugno 2011, n. 11, pubblicata sul BUR del 20 giugno 2011, n. 96, la Regione Puglia ha disciplinato la gestione del servizio idrico integrato nel proprio territorio, istituendo a tal fine l'Azienda pubblica regionale - Acquedotto Pugliese. In particolare, l'art. 2, comma 1, di tale legge dispone che: «Il servizio idrico integrato della Puglia e' affidato a un'azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attivita' con l'ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare delle economia di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell'espletamento dei servizio e con l'obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno l'80 per cento degli avanzi netti di gestione. Ai fini della presente legge, per avanzo netto di gestione si intende il risultato economico di esercizio del soggetto di cui all'articolo 5 al netto degli ammortamenti, accantonamenti, interessi, imposte e tasse». In attuazione dei suddetti principi, l'art. 5 della l.r. in esame istituisce poi l'Azienda pubblica regionale denominata «Acquedotto Pugliese (AQP)». Ai sensi del comma 5 di tale articolo, l'Azienda cosi' istituita «subentra nel patrimonio e in tutti i rapporti attivi e passivi di "Acquedotto pugliese s.p.a.", istituito con decreto legislativo dell'11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell'Ente autonomo acquedotto pugliese in societa' per azioni, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera b) , della legge 15 marzo 1997, n. 59), conservandone tutti i compiti istituzionali, compatibilmente con i principi e gli obiettivi posti dalla presente legge». Il successivo comma 6 stabilisce inoltre che «l'AQP svolge tutte le attivita' gia' attribuite alla societa' "Acquedotto Pugliese s.p.a." dal d.lgs. n. 141/1999 e dalle leggi della Regione Puglia». L'art. 9, comma 1, della legge regionale in esame prevede infine che «il personale in servizio presso l'Acquedotto pugliese s.p.a. alla data di costituzione dell'AQP transita nell'organico dell'AQP alla data della costituzione della medesima, conservando tutti i diritti giuridici ed economici acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell'attuazione di tale progetto sono assicurate le relazioni sindacali». Le suddette disposizioni si espongono a censure di illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto 1. Sull'incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della l.r. Puglia n. 11 del 2011. L'art. 2, comma 1, della l.r. Puglia n. 11 del 2011 appare costituzionalmente illegittimo, perche' affida in via diretta mediante una norma di legge, piuttosto che con atto amministrativo, la gestione del servizio idrico integrato. 1.1. A tal riguardo, giova preliminarmente osservare che la gestione integrata delle risorse idriche rientra nella categoria generale dell'erogazione dei servizi pubblici locali (SPL) «a rilevanza economica», che - come costantemente affermato da codesta ecc.ma Corte Costituzionale (cfr., tra le tante, Corte cost., n. 272 del 2004; Corte cost., n. 325 del 2010, punti 6.1 e 9.1) - e' del tutto omologa alla categoria del «servizio di interesse economico generale» (SIEG) prevista dall'ordinamento comunitario e definita attraverso l'elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia U.E. (ex multis, Corte di Giustizia UE, 18 giugno 1998, in causa C-35/96) e gli atti di indirizzo della Commissione Europea (cfr., in particolare, la Comunicazione in tema di servizi di interesse generale in Europa del 26 settembre 1996 e del 19 gennaio 2001, ed il Libro verde su tali servizi del 21 maggio 2003). I caratteri essenziali del servizio idrico integrato (SII) corrispondono infatti perfettamente agli elementi costitutivi della nozione di «servizio pubblico locale a rilevanza economica» (ovvero quella, del tutto equivalente, di «servizio di interesse economico generale»); e cio' in quanto, in conformita' con le comuni definizioni di queste categorie generali, il servizio idrico integrato: a) e' diretto a realizzare «fini sociali», e cioe' bisogni essenziali della generalita' indifferenziata dei cittadini, indipendentemente dalle loro particolari condizioni (cfr. Corte di Giustizia UE, 21 settembre 1999, in causa C67/96, Albany International BV); b) e' erogato attraverso l'esercizio - sotto forma di impresa pubblica o privata - di un'attivita' economica, intesa come «una qualsiasi attivita' che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato» (Corte di Giustizia 18 giugno 1998, cit.; ID., 10 gennaio 2006, in causa C-222/04; ID, 16 marzo 2004, in cause riunite C264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01). La qualificazione del SII come «servizio pubblico locale a rilevanza economica» si desume peraltro chiaramente dalle disposizioni contenute nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo cui esso deve essere gestito secondo criteri «di efficienza, efficacia ed economicita'» (art. 141, comma 2, ed art. 147, comma 2) ed e' remunerato con una tariffa che ne costituisce il corrispettivo e che e' determinata «in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga"» (art. 154, comma l). I principi dell'efficienza e dell'efficacia della gestione, della corrispettivita' della tariffa e dell'equilibrio di bilancio determinato dalla corrispondenza tra costi e ricavi, costituiscono elementi emblematici della natura imprenditoriale dell'attivita' e, conseguentemente, della rilevanza economica del servizio; e tale qualificazione non viene certamente meno a causa della mancanza dell'elemento (non essenziale) della rimunerativita' del capitale investito (cfr., al riguardo, Corte cost., n. 26 del 2011), o per la circostanza che l'affidamento della gestione possa avvenire anche in via diretta a favore di un'Azienda direttamente controllata dall'Ente erogatore, piuttosto che mediante una gara concorrenziale rivolta al libero mercato (in tal senso, cfr. Corte cost., n. 325 del 2010 cit., punto 9.1). La natura del SII come «servizio pubblico locale a rilevanza economica» e' d'altronde confermata dalla recente sentenza di codesta ecc.ma Corte del 15 giugno 2011, n. 187, secondo cui «il legislatore statale, in coerenza con la ... normativa comunitaria e sull'incontestabile presupposto che il servizio idrico integrato si inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come riconosciuto da questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009), ha correttamente qualificato tale servizio come di rilevanza economica, conseguentemente escludendo ogni potere degli enti infrastatuali di pervenire ad una diversa qualificazione». 1.2.1. Dalla rilevanza economica del servizio idrico integrale deriva la necessita' di rispettare i principi comunitari in tema di concorrenza e di mercato applicabili a tutte le attivita' esercitate sotto forma di impresa per la produzione di beni o di servizi di pubblica utilita' e di rilevanza sociale. Ed invero la natura pubblicistica delle finalita' perseguite attraverso attivita' esercitate in forma di impresa, non determina la loro sottrazione alla comune disciplina di tutte le attivita' economicamente organizzate per la produzione di beni o servizi, salve le eccezioni e le deroghe che si rendano indispensabili per consentire agli Stati membri di perseguire efficacemente i propri compiti. L'art. 106 (ex 86), secondo comma, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificando le disposizioni contenute nel precedente art. 14 (ex 16), stabilisce infatti che «le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata». In applicazione di questi principi di carattere generale, la giurisprudenza comunitaria ha costantemente affermato che gli Stati hanno la potesta' di provvedere all'affidamento diretto della gestione dei servizi di interesse economico generale, derogando alle comuni regole della concorrenza e del mercato (e, quindi, alla comune regola dell'affidamento a terzi mediante una gara ad evidenza pubblica), solo quando ritengano che l'applicazione di tali regole possa ostacolare, in fatto o in diritto, la «speciale missione» ad essi attribuita dall'ordinamento giuridico (ex pluribus, Corte di Giustizia U.E., 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, Stadt Halle, punti 48 e 49; ID., 10 settembre 2009, in causa C-573/07, Sea s.r.l.). Si deve quindi ritenere che l'ipotesi ordinaria sia quella dell'affidamento a terzi mediante una procedura concorrenziale ad evidenza pubblica, avendo invece natura eccezionale l'ipotesi dell'affidamento diretto del servizio «in deroga», che si identifica nella forma di gestione denominata «in house». Tale interpretazione trova ampie conferme nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale. Essa ha infatti conformemente affermato che, in base alla normativa comunitaria, «le condizioni integranti tale tipo di gestione ed alle quali e' subordinata la possibilita' del suo affidamento diretto (capitale totalmente pubblico; controllo esercitato dall'aggiudicante sull'aggiudicatario «di contenuto analogo a quello esercitato dall'aggiudicante stesso sui propri uffici; svolgimento della parte piu' importante dell'attivita' dell'affidatario in favore dell'aggiudicante) debbono essere interpretate restrittivamente, costituendo "in house providing" un'eccezione rispetto dalla regola generale dell'affidamento a terzi mediante gara ad evidenza pubblica» (Corte cost., n. 325 del 2010, cit., punto 6.1). La natura derogatoria ed eccezionale degli affidamenti dei servizi di interesse economico generale ad Aziende pubbliche controllate, rispetto alle ordinarie ipotesi di affidamento a terzi mediante gara concorrenziale, comporta infine che tali affidamenti debbano avvenire sempre in forme aperte e trasparenti, mediante un provvedimenti suscettibili di controllo giurisdizionale e sorretti da una congrua e logica motivazione che manifesti le ragioni che giustificano una tale scelta, secondo canoni di ragionevolezza, di proporzionalita' e di adeguatezza. 1.2.2. La disposizione contenuta nell'art. 5, comma 1, della 1.r. Puglia n. 11 del 2011 si pone in contrasto con gli anzidetti principi comunitari, nella misura in cui individua ex lege il soggetto affidatario della gestione del servizio. Il ricorso allo strumento legislativo, che e' espressione della discrezionale volonta' politica, non consente infatti di verificare e di sindacare le ragioni che giustificano la deroga alle ordinarie regole della concorrenza e del mercato. La rilevanza economica dei servizi in questione - che non dipende dalle forme dell'affidamento, ma inerisce alle modalita' della gestione impone invece di esternare congruamente, attraverso un provvedimento amministrativo debitamente motivato e nel rispetto dei principi di trasparenza e di proporzionalita' sopra richiamati, gli argomenti che sostengono la scelta dell'«in house providing», prescindendo dal ricorso alle forze del libero mercato, che costituisce invece l'ipotesi ordinaria. Da cio' consegue l'incostituzionalita' della norma impugnata per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i principi comunitari vigenti nella materia. 1.3.1. Un ulteriore effetto della qualificazione del S.I.I. quale servizio pubblico locale a rilevanza economica e' rappresentato dal fatto che le disposizioni che regolano il suo affidamento sono riconducibili alla materia della «tutela della concorrenza», rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. E' infatti evidente che tali disposizioni hanno quale funzione principale la disciplina delle forme e delle condizioni per accedere all'esercizio delle attivita' di impresa nel settore, in guisa che esse incidono immediatamente sulla regolamentazione del relativo mercato. A tal riguardo, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha costantemente affermato che «la disciplina concernente le modalita' dell'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica va ricondotta.., all'ambito della materia, di competenza esclusiva dello Stato, "tutela della concorrenza", prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., tenuto conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua diretta incidenza sul mercato (ex pluribus, sentenze n. 314, n. 307, n. 304 e n. 160 del 2009; n. 326 del 2008; n. 401 del 2007; n. 80 e n. 29 del 2006; n. 272 del 2004). Di conseguenza la competenza statale viene a prevalere sulle invocate competenze legislative regionali e regolamentari degli enti locali e, in particolare, su quella in materia di' servizi pubblici locali, proprio perche' l'oggetto e gli scopi che caratterizzano detta disciplina attengono in via primaria alla tutela e alla promozione della concorrenza (sentenze n. 142 del 2010, n. 246 e n. 148 del 2009, n. 411 e n. 322 del 2008)» (Corte cost., n. 325 del 2010, cit., punto 7). Tali principi sono stati piu' volte ribaditi con specifico riferimento al settore del servizio idrico integrato, in relazione al quale codesta ecc.ma Corte ha affermato che «forma di gestione del servizio idrico integrato e le procedure di affidamento dello stesso, disciplinate dall'art. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006, sono da ricondurre alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva statale, trattandosi di regole dirette ad assicurare la concorrenzialita' nella gestione del servizio idrico integrato, disciplinando le modalita' del suo conferimento e i requisiti soggettivi del gestore, al precipuo scopo di garantire la trasparenza, l'efficienza, l'efficacia e l'economicita' della gestione medesima» (Corte cost., n. 325 del 2010, punto 7, che richiama a propria volta i principi gia' affermati dalle sentenze n. 142 e n. 29 del 2010, e n. 246 del 2009). Per tali motivi, la disciplina statale della materia costituisce un parametro di riferimento vincolante, al quale al legislatore regionale non e' consentito derogare. 1.3.2. La normativa statale in materia ha subito numerose modifiche, che hanno interessato sia le forme di gestione, sia la individuazione degli organi e l'attribuzione delle competenze amministrative. Sotto il primo profilo, occorre considerare che le originarie previsioni dell'art. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006, che rinviava alle disposizioni contenute nell'art. 113, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, sono state implicitamente abrogate dall'art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, poi modificato dall'art. 15, comma 1, del d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 (cfr., in tal senso, la sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 325 del 2010, punto 18.2); ed il suddetto art. 23-bis e' stato infine a sua volta abrogato a seguito di consultazione referendaria. Ne consegue che, allo stato, in mancanza di una specifica norma interna regolatrice della materia, deve ritenersi applicabile tout-court la normativa comunitaria a cui si e' fatto riferimento innanzi. Per quanto riguarda invece le competenze e le modalita' dell'affidamento, che maggiormente interessano ai fini del presente giudizio di costituzionalita', giova considerare che l'originario testo dell'art. 142, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 ha previsto che gli enti locali svolgono le funzioni di scelta della forma di gestione e di affidamento della gestione stessa attraverso le Autorita' d'Ambito, costituite con la loro partecipazione obbligatoria; e tale disposizione trovava originariamente conferma nell'art. 148, commi 1 e 2, secondo cui le competenze spettanti agli enti locali erano trasferite a tali Autorita', che provvedevano quindi, tra l'altro, alle attivita' di affidamento del servizio. Da ultimo, l'art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, aggiunto dall'art. 1, comma l-quinquies, d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, nel testo integrato dalla legge di conversione del 26 marzo 2010, n. 42, ha previsto la soppressione delle Autorita' d'Ambito e l'abrogazione dell'art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006, ed ha disposto che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni gia' esercitate dalle Autorita', nel rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza». Quest'ultima disposizione, attualmente vigente, non puo' essere interpretata - come sembra aver fatto il legislatore regionale con la norma impugnata - nel senso che le Regioni adottano con legge i provvedimenti precedentemente adottati dalle Autorita' d'Ambito (e, in particolar modo, quelli relativi all'affidamento della gestione del servizio), ma esclusivamente nel senso che le Regioni, nella propria autonomia e nel rispetto dei principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione, individuano gli Enti e gli Organi ai quali devolvere le funzioni gia' esercitate dalle soppresse Autorita' d'Ambito, fermo restando che rimane affidato alla legge statale il compito di individuare tali funzioni e di disciplinarne l'esercizio. Questa interpretazione e' confermata: a) sotto il profilo letterale, dalla circostanza che il citato art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009 afferma che le regioni «attribuiscono», ma non «determinano», le funzioni gia' esercitate dalle soppresse Autorita' d'Ambito; b) sotto il profilo logico, dal riferimento normativo ai principi della sussidiarieta', dell'adeguatezza e della differenziazione, che esprimono un'esigenza di allocazione di competenze, e non di determinazione di funzioni; c) dalla ratio legis, che va individuata nell'intenzione del legislatore di operare soltanto una semplificazione amministrativa, attraverso la soppressione delle Autorita' d'Ambito e l'attribuzione delle stesse competenze da loro esercitate ai nuovi soggetti individuati dalle Regioni; d) in un'ottica costituzionalmente orientata, dalla circostanza che l'individuazione delle forme di affidamento e di gestione rientra - come si e' gia' detto - nelle materie della disciplina della concorrenza e della tutela dell'ambiente, di competenza statale, e che e' percio' contraria ai principi costituzionali un'interpretazione che attribuisse alle Regioni il compito di individuare «per legge» le modalita' di affidamento del servizio. Tali considerazioni sono confortate dalla recente sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 128 del 2011, che attribuisce all'art. 1, comma l-quinquies, del d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, la sola funzione di consentire alle Regioni la scelta «dei moduli organizzativi piu' adeguati a garantire l'efficienza del servizio idrico integrato», e non fa alcuna menzione di altri possibili significati, attinenti alla definizione delle funzioni. Se a queste considerazioni si aggiunge il fatto che non e' mai stato modificato ed e' rimasto sempre in vigore l'art. 142, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 - secondo cui «gli enti locali, attraverso l'Autorita' d'ambito di cui all'art. 148, comma 1, svolgono la funzione di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione..., di affidamento della gestione e relativo controllo» - emerge con chiarezza che l'avvenuta soppressione delle Autorita' d'Ambito e la contestuale abrogazione dell'art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006 non ha affatto inciso sulla disciplina sostanziale dettata dalla normativa statale sul tema della scelta della forma di gestione e dell'affidamento del servizio. Si deve dunque ritenere, sulla base di tale disciplina, che spetta agli enti locali interessati il compito di determinare in via amministrativa le forme della gestione e le modalita' dell'affidamento (art. 142, comma 3, cit.); con la precisazione che questo compito - che in passato veniva esercitato per il tramite delle Autorita' d'Ambito, alle quali gli Enti locali partecipavano ed alle quali conferivano i propri poteri, ai sensi del citato art. 148, comma 1 e' oggigiorno devoluto alle unita' organizzative individuate dalla Regione ai sensi dell'art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, aggiunto dall'art. 1, comma l-quinquies del d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, nel testo integrato dalla legge di conversione del 26 marzo 2010, n. 42. 1.3.3. Il legislatore della Regione Puglia e' apparso pienamente consapevole del sistema normativo innanzi delineato. Con 1.r. 30 maggio 2011, n. 9, si e' infatti adeguato alle disposizioni del predetto art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009, ed ha istituito l'Autorita' idrica pugliese, a cui ha conferito le funzioni amministrative gia' esercitate dalle soppresse Autorita' d'Ambito, tra cui, in particolare, «l'affidamento della gestione del servizio idrico integrato» (art. 2, comma 2, lett. f), 1.r. cit.). In manifesta contraddizione con tale norma, con la disposizione impugnata in questa sede lo stesso legislatore regionale si e' poi sostituito all'Amministrazione designata ed ha provveduto egli stesso ad affidare direttamente i compiti di gestione del SII alla Agenzia all'uopo costituita. In tal modo, non solo ha contraddetto la norma di legge emanata appena qualche giorno prima, ma ha violato anche le disposizioni contenute nella legge statale di riferimento, che conferiscono tale funzione all'Autorita' amministrativa competente (e cioe' al soggetto designato dalla Regione in sostituzione delle Autorita' d'Ambito, alla quale sono trasferiti i poteri attribuiti agli Enti locali dall'art. 142, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006). Il contrasto con la legge statale assume rilevanza sotto vari profili, in quanto: a) il conferimento delle funzioni con atto legislativo, anziche' con provvedimento amministrativo, e' espressione di volonta' politica e non e' sorretto da una congrua motivazione, attraverso cui si dovrebbero esternare, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita', le ragioni dell'opzione per l'affidamento diretto, anziche' mediante procedura concorrenziale; b) il conferimento non e' sindacabile da parte del giudice amministrativo, in violazione delle regole di trasparenza dell'azione della p.A.; c) il conferimento avviene a tempo indeterminato, anziche' per un predeterminato periodo di tempo, ed e' revocabile in ogni tempo con analogo atto legislativo, con violazione delle regole della concorrenza «per» il mercato e senza nessuna garanzia per la stessa Agenzia affidataria del servizio. Da tutto cio' consegue che la norma in esame eccede i limiti della competenza legislativa della regione, in violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e) ed s). 2. Sull'incostituzionalita' dell'art. 5 della l.r. Puglia n. 11 del 2011. L'art. 5 della l.r. Puglia n. 11 del 2011 prevede altresi' che la nuova Azienda pubblica regionale denominata «Acquedotto pugliese (AQP)» subentra nel patrimonio ed in tutti i rapporti attivi e passivi della societa' «Acquedotto Pugliese s.p.a.», nonche' nei compiti istituzionali e nell'esercizio della attivita' precedentemente svolte dalla predetta societa'. Anche questa disposizione incorre in manifesti vizi di illegittimita' costituzionale. Invero, la societa' «Acquedotto Pugliese s.p.a.» e' stata istituita con il d.lgs. 11 maggio 1999, n. 141, in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59. Tale d.lgs. ha disposto il subentro della nuova societa' in tutti i rapporti attivi e passivi del disciolto Ente autonomo per l'acquedotto pugliese (art. 1, comma 3), trasferendole i beni pubblici in suo godimento (art. 1, commi 4) ed attribuendole le sue funzioni fino al termine del 31 dicembre 2018 (art. 2, comma 1); ha altresi' disposto che «La societa' provvede alla gestione del ciclo integrato dell'acqua e, in particolare, alla captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue» (art. 2, comma 2, d.lgs. cit.). Il d.lgs. in esame, istituendo una societa' incaricata di svolgere attivita' economiche nel settore del servizio idrico integrato, che afferisce alla tutela ambientale, e' riconducibile alle materie della concorrenza e della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, rimesse alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. e) ed s), Cost. La norma regionale impugnata non abroga formalmente il citato d.lgs. n. 141 del 1999, ne' dichiara la formale estinzione della s.p.a. con esso istituita; tuttavia, disponendo il trasferimento del suo patrimonio, dei suoi rapporti e dei suoi compiti istituzionali alla nuova Azienda pubblica regionale, finisce per svuotare di qualsiasi efficacia la legge statale e per privare di qualsiasi funzione la societa' che, in base ad essa, avrebbe dovuto provvedere fino al 31 dicembre 2018 alla cura degli interessi pubblici in esame, ed in particolar modo all'esercizio delle attivita' di captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, nonche' di fognatura e depurazione delle acque reflue, nelle quali si articola il servizio idrico integrato. La norma regionale impugnata ha finito percio' per incidere inammissibilmente sulla disciplina dettata dal legislatore statale sulle competenze e sulle modalita' di funzionamento della societa' Acquedotto Pugliese s.p.a., e cioe' su questioni riconducibili alle materie della disciplina della concorrenza e della tutela dell'ambiente, appartenenti alle sfere della legislazione esclusiva dello Stato. 3. Sull'incostituzionalita' dell'art. 9 della 1.r. Puglia n. 11 del 2011. Parimenti illegittimo e' l'art. 9 della legge regionale impugnata, che prevede che tutto il personale in servizio presso l'Acquedotto pugliese s.p.a. venga trasferito nell'organico dell'AQP, a prescindere dalla circostanza che esso sia stato inquadrato nel comparto pubblico con procedura selettiva concorsuale o meno. 3.1. Tale disposizione non e' coerente con l'art. 17, commi da 10 a 13, del d.l. 10 luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 che, con riferimento alla generalita' delle amministrazioni pubbliche, stabilisce, per il personale non dirigente, tassative modalita' di valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita attraverso l'espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti, precludendo quindi alle amministrazioni ogni diversa procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo, a decorrere dal gennaio 2010. La predetta norma statale di riferimento costituisce disposizione di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica, alla quale il legislatore regionale e' tenuto ad adeguarsi, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. Da cio' consegue l'illegittimita' costituzionale della norma regionale impugnata che, nel prevedere l'inquadramento generalizzato nei ruoli della nuova Autorita' del personale a tempo indeterminato in servizio presso il soppresso ATO, contrasta con le predette norme di principio della legislazione statale. 3.2. La norma regionale in esame viola anche il principio di uguaglianza dettato dall'art. 3 Cost. perche', senza nessun ragionevole motivo, consente al solo personale in servizio presso la soc. Acquedotto Pugliese s.p.a. di essere inquadrato nei ruoli della neo-istituita Azienda pubblica regionale, prescindendo dalla regola della selezione concorsuale che si impone invece per la generalita' dei pubblici dipendenti. 3.3. Nel privilegiare il personale gia' in servizio presso la soc. Acquedotto Pugliese s.p.a., rispetto ad altri possibili aspiranti all'assunzione presso la neo-istituita Agenzia pubblica regionale, la norma viola anche l'art. 51 Cost., secondo cui «tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici...in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». 3.4. L'automatico e generalizzato inquadramento di tutti i dipendenti in servizio presso la soc. Acquedotto Pugliese s.p.a. nei ruoli dell'istituenda APQ viola altresi' la regola di accesso agli impieghi pubblici tramite concorso pubblico stabilita dall'art. 97, comma 3, Cost., a tutela non solo del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione, ma anche dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, a garanzia dell'imparzialita' e del buon andamento della Pubblica Amministrazione. Con specifico riferimento a tale principio, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha costantemente affermato che «il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialita' ed efficienza. Tale principio si e' consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico»; ne' la deroga a questo principio puo' essere giustificata dalla semplice esistenza di un pregresso rapporto di servizio con il personale interessato alla stabilizzazione, atteso che «al di la' della personale aspettativa degli aspiranti, non risulta sussistere alcun motivo di pubblico interesse che possa legittimare una deroga al principio del concorso aperto a soggetti esterni all'amministrazione. In particolare, non e' desumibile dalle funzioni amministrative ed esecutive svolte da questo personale alcuna peculiarita' che possa giustificare una prevalenza dell'interesse ad una sua stabilizzazione presso gli uffici consiliari rispetto a quello di assicurare l'accesso all'impiego pubblico dei piu' capaci e meritevoli ed, in tal senso, l'imparzialita' ed il buon andamento della amministrazione regionale» (Corte cost., 3 marzo 2006, n. 81, che richiama, tra le altre, le sentenze n. 159 del 2005 e nn. 205 e 34 del 2004. Nello stesso senso, da ultimo, Corte cost., 18 febbraio 2011, n. 52).
P.Q.M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimi l'art. 2, comma 1; l'art. 5, e l'art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia del 20 giugno 2011, n. 11, pubblicata nel B.U.R. Puglia del 20 giugno 2011, n. 96, recante «Gestione del servizio idrico integrato - Costituzione dell'Azienda Pubblica Regionale - Acquedotto Pugliese (AQP)», per violazione degli artt. 3, 51, 97, e 117, commi 1, 2, lett. e) ed s), e 3, Cost. Unitamente all'originale notificato del presente ricorso, si depositano: 1) copia della legge regionale impugnata; 2) copia conforme della delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 22 luglio 2011, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa. Roma, addi' 4 agosto 2011 L'Avvocato dello Stato: De Stefano