N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 agosto 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 17 agosto  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente - Norme della Regione Puglia - Gestione del servizio  idrico
  integrato -  Affidamento  a  una  azienda  pubblica  regionale  che
  realizza la parte prevalente della  propria  attivita'  con  l'ente
  pubblico che la controlla - Lamentato affidamento  in  via  diretta
  mediante  una  norma  di   legge   anziche'   mediante   una   gara
  concorrenziale rivolta al  libero  mercato,  in  contrasto  con  la
  regola  comunitaria  dell'affidamento  a  terzi  mediante  gara  ad
  evidenza pubblica e della eccezionalita' dell' "in house providing"
  - Ricorso del Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa  statale  esclusiva  in   materia   di   tutela   della
  concorrenza e di tutela dell'ambiente, violazione  dell'obbligo  di
  osservanza delle norme comunitarie. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 2, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, commi primo e  secondo,  lett.  e)  ed  s);
  Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), artt.  14  e
  106. 
Ambiente - Amministrazione pubblica - Norme della  Regione  Puglia  -
  Istituzione dell'azienda pubblica regionale denominata  "Acquedotto
  Pugliese" (AQP) - Previsto subentro nel patrimonio ed  in  tutti  i
  rapporti  attivi  e  passivi  della  societa'  Acquedotto  Pugliese
  s.p.a., nonche' nei compiti istituzionali  e  nell'esercizio  della
  attivita' precedentemente svolta dalla stessa societa' -  Lamentata
  incidenza sulla societa' Acquedotto  Pugliese  s.p.a.  disciplinata
  con legge statale - Ricorso del  Governo  -  Denunciata  violazione
  della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela
  della concorrenza e di tutela dell'ambiente. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 5. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ed s). 
Impiego pubblico - Norme della Regione Puglia - Previsione che  tutto
  il personale in servizio presso l'Acquedotto pugliese s.p.a.  venga
  trasferito  nell'organico  dell'AQP   -   Lamentato   inquadramento
  generalizzato con stabilizzazione di personale  non  di  ruolo,  in
  contrasto con la  normativa  statale  costituente  disposizione  di
  principio ai  fini  del  coordinamento  della  finanza  pubblica  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa statale nella  materia  concorrente  del  coordinamento
  della finanza pubblica, violazione dei principi di eguaglianza, del
  pubblico concorso, di imparzialita' e buon andamento della pubblica
  amministrazione. 
- Legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11, art. 9. 
- Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, comma terzo;  d.l.  1°  luglio
  2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella  legge  3  agosto
  2009, n. 102, art. 17, commi 10, 11, 12 e 13. 
(GU n.43 del 12-10-2011 )
     Ricorso del Presidente del Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e  presso
la stessa domiciliato in Roma alla  Via  dei  Portoghesi  12,  giusta
delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella  riunione  del  22
luglio 2011, ricorrente; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della  Giunta
Regionale in carica, con sede in Bari alla via  Lungomare  N.  Sauro,
33, intimata; 
    Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.
2, comma 1; dell'art. 5; e dell'art. 9, comma 1,  della  legge  della
Regione Puglia del 20 giugno  2011,  n.  11,  pubblicata  nel  B.U.R.
Puglia del 20 giugno 2011, n.  96,  recante  «Gestione  del  servizio
idrico integrato - Costituzione  dell'Azienda  Pubblica  Regionale  -
Acquedotto Pugliese (AQP)»; 
    Per violazione degli artt. 3; 51; 97, e 117, commi 1, 2, lett. e)
ed s), e 3, Cost. 
 
                                Fatto 
 
    Con legge regionale del 20 giugno 2011, n. 11, pubblicata sul BUR
del 20 giugno 2011, n. 96,  la  Regione  Puglia  ha  disciplinato  la
gestione  del  servizio  idrico  integrato  nel  proprio  territorio,
istituendo a tal  fine  l'Azienda  pubblica  regionale  -  Acquedotto
Pugliese. 
    In particolare, l'art. 2, comma 1, di tale legge dispone che: «Il
servizio idrico integrato  della  Puglia  e'  affidato  a  un'azienda
pubblica regionale che realizza la  parte  prevalente  della  propria
attivita' con l'ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare
delle economia di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza
ed efficacia nell'espletamento  dei  servizio  e  con  l'obbligo  del
reinvestimento nel servizio di almeno l'80  per  cento  degli  avanzi
netti di gestione. Ai fini della presente legge, per avanzo netto  di
gestione si intende il risultato economico di esercizio del  soggetto
di cui all'articolo 5 al netto  degli  ammortamenti,  accantonamenti,
interessi, imposte e tasse». 
    In attuazione dei suddetti principi, l'art. 5 della l.r. in esame
istituisce poi l'Azienda pubblica  regionale  denominata  «Acquedotto
Pugliese (AQP)». Ai sensi del comma 5  di  tale  articolo,  l'Azienda
cosi' istituita «subentra nel patrimonio e in tutti i rapporti attivi
e passivi di "Acquedotto  pugliese  s.p.a.",  istituito  con  decreto
legislativo dell'11 maggio 1999,  n.  141  (Trasformazione  dell'Ente
autonomo  acquedotto  pugliese  in  societa'  per  azioni,  a   norma
dell'articolo 11, comma 1, lettera b) , della legge 15 marzo 1997, n.
59), conservandone tutti i compiti istituzionali, compatibilmente con
i principi e gli obiettivi posti dalla presente legge». Il successivo
comma 6 stabilisce inoltre che «l'AQP svolge tutte le attivita'  gia'
attribuite alla societa' "Acquedotto Pugliese s.p.a." dal  d.lgs.  n.
141/1999 e dalle leggi della Regione Puglia». 
    L'art. 9, comma 1, della legge regionale in esame prevede  infine
che «il personale in servizio  presso  l'Acquedotto  pugliese  s.p.a.
alla data di costituzione dell'AQP  transita  nell'organico  dell'AQP
alla data della costituzione  della  medesima,  conservando  tutti  i
diritti giuridici ed economici acquisiti, senza ulteriori e  maggiori
oneri. Nell'attuazione di tale progetto sono assicurate le  relazioni
sindacali». 
    Le suddette disposizioni si espongono a censure di illegittimita'
costituzionale per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. Sull'incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della  l.r.  Puglia
n. 11 del 2011. 
    L'art. 2, comma 1, della  l.r.  Puglia  n.  11  del  2011  appare
costituzionalmente  illegittimo,  perche'  affida  in   via   diretta
mediante una norma di legge, piuttosto che con  atto  amministrativo,
la gestione del servizio idrico integrato. 
    1.1. A tal  riguardo,  giova  preliminarmente  osservare  che  la
gestione integrata delle  risorse  idriche  rientra  nella  categoria
generale  dell'erogazione  dei  servizi  pubblici  locali  (SPL)   «a
rilevanza economica», che - come costantemente affermato  da  codesta
ecc.ma Corte Costituzionale (cfr., tra le tante, Corte cost., n.  272
del 2004; Corte cost., n. 325 del 2010, punti 6.1 e  9.1)  -  e'  del
tutto omologa alla categoria del  «servizio  di  interesse  economico
generale» (SIEG) prevista  dall'ordinamento  comunitario  e  definita
attraverso l'elaborazione giurisprudenziale della Corte di  Giustizia
U.E. (ex multis, Corte di Giustizia UE,  18  giugno  1998,  in  causa
C-35/96) e gli atti di indirizzo della Commissione Europea (cfr.,  in
particolare,  la  Comunicazione  in  tema  di  servizi  di  interesse
generale in Europa del 26 settembre 1996 e del 19 gennaio 2001, ed il
Libro verde  su  tali  servizi  del  21  maggio  2003).  I  caratteri
essenziali del servizio idrico integrato (SII) corrispondono  infatti
perfettamente agli elementi costitutivi della  nozione  di  «servizio
pubblico locale a rilevanza  economica»  (ovvero  quella,  del  tutto
equivalente, di «servizio di interesse economico generale»);  e  cio'
in quanto,  in  conformita'  con  le  comuni  definizioni  di  queste
categorie generali, il servizio idrico integrato: 
        a) e' diretto a realizzare «fini sociali»,  e  cioe'  bisogni
essenziali   della   generalita'   indifferenziata   dei   cittadini,
indipendentemente dalle loro particolari condizioni  (cfr.  Corte  di
Giustizia  UE,  21  settembre   1999,   in   causa   C67/96,   Albany
International BV); 
        b) e' erogato attraverso l'esercizio - sotto forma di impresa
pubblica o privata - di  un'attivita'  economica,  intesa  come  «una
qualsiasi attivita' che consista nell'offrire beni o  servizi  su  un
determinato mercato» (Corte di Giustizia 18 giugno 1998,  cit.;  ID.,
10 gennaio 2006, in causa C-222/04;  ID,  16  marzo  2004,  in  cause
riunite C264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01). 
    La qualificazione  del  SII  come  «servizio  pubblico  locale  a
rilevanza   economica»   si   desume   peraltro   chiaramente   dalle
disposizioni contenute nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, secondo  cui
esso deve essere gestito secondo criteri «di efficienza, efficacia ed
economicita'» (art. 141, comma  2,  ed  art.  147,  comma  2)  ed  e'
remunerato con una tariffa che ne costituisce il corrispettivo e  che
e' determinata «in modo che sia assicurata la copertura integrale dei
costi di  investimento  e  di  esercizio  secondo  il  principio  del
recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina  paga"»  (art.
154, comma l). I  principi  dell'efficienza  e  dell'efficacia  della
gestione, della corrispettivita' della tariffa e  dell'equilibrio  di
bilancio  determinato  dalla  corrispondenza  tra  costi  e   ricavi,
costituiscono  elementi  emblematici  della  natura   imprenditoriale
dell'attivita' e, conseguentemente,  della  rilevanza  economica  del
servizio; e tale qualificazione non viene  certamente  meno  a  causa
della mancanza dell'elemento (non essenziale)  della  rimunerativita'
del capitale investito (cfr., al riguardo, Corte  cost.,  n.  26  del
2011), o per la circostanza che l'affidamento  della  gestione  possa
avvenire anche in via diretta a  favore  di  un'Azienda  direttamente
controllata dall'Ente erogatore,  piuttosto  che  mediante  una  gara
concorrenziale rivolta al libero mercato (in tal  senso,  cfr.  Corte
cost., n. 325 del 2010 cit., punto 9.1). 
    La natura del SII come  «servizio  pubblico  locale  a  rilevanza
economica» e' d'altronde confermata dalla recente sentenza di codesta
ecc.ma Corte del 15 giugno 2011, n. 187, secondo cui «il  legislatore
statale,  in  coerenza   con   la   ...   normativa   comunitaria   e
sull'incontestabile presupposto che il servizio idrico  integrato  si
inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come riconosciuto  da
questa Corte con la sentenza  n.  246  del  2009),  ha  correttamente
qualificato   tale   servizio   come    di    rilevanza    economica,
conseguentemente escludendo ogni potere degli enti  infrastatuali  di
pervenire ad una diversa qualificazione». 
    1.2.1. Dalla rilevanza economica del  servizio  idrico  integrale
deriva la necessita' di rispettare i principi comunitari in  tema  di
concorrenza e di mercato applicabili a tutte le attivita'  esercitate
sotto forma di impresa per la produzione di  beni  o  di  servizi  di
pubblica utilita'  e  di  rilevanza  sociale.  Ed  invero  la  natura
pubblicistica  delle  finalita'   perseguite   attraverso   attivita'
esercitate in forma di impresa, non  determina  la  loro  sottrazione
alla  comune  disciplina  di  tutte   le   attivita'   economicamente
organizzate per la produzione di beni o servizi, salve le eccezioni e
le deroghe che si rendano indispensabili per  consentire  agli  Stati
membri di perseguire efficacemente i propri compiti. 
    L'art. 106 (ex 86), secondo comma, del Trattato sul Funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), specificando  le  disposizioni  contenute
nel precedente art. 14 (ex 16), stabilisce infatti  che  «le  imprese
incaricate della gestione di servizi di interesse economico  generale
o aventi carattere di monopolio fiscale sono  sottoposte  alle  norme
dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti
in cui l'applicazione di tali  norme  non  osti  all'adempimento,  in
linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata». 
    In applicazione di questi  principi  di  carattere  generale,  la
giurisprudenza comunitaria ha costantemente affermato che  gli  Stati
hanno  la  potesta'  di  provvedere  all'affidamento  diretto   della
gestione dei servizi di interesse economico generale, derogando  alle
comuni regole della concorrenza e del mercato (e, quindi, alla comune
regola  dell'affidamento  a  terzi  mediante  una  gara  ad  evidenza
pubblica), solo quando ritengano che l'applicazione  di  tali  regole
possa ostacolare, in fatto o in diritto, la  «speciale  missione»  ad
essi attribuita dall'ordinamento giuridico  (ex  pluribus,  Corte  di
Giustizia U.E., 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, Stadt Halle, punti
48 e 49; ID., 10 settembre 2009, in causa C-573/07, Sea s.r.l.). 
    Si deve  quindi  ritenere  che  l'ipotesi  ordinaria  sia  quella
dell'affidamento a terzi mediante  una  procedura  concorrenziale  ad
evidenza  pubblica,  avendo  invece  natura   eccezionale   l'ipotesi
dell'affidamento diretto del servizio «in deroga», che si  identifica
nella forma di gestione denominata «in house». 
    Tale interpretazione trova ampie conferme nella giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte costituzionale. Essa  ha  infatti  conformemente
affermato che, in base alla  normativa  comunitaria,  «le  condizioni
integranti tale tipo di gestione ed  alle  quali  e'  subordinata  la
possibilita'  del  suo  affidamento  diretto   (capitale   totalmente
pubblico; controllo esercitato dall'aggiudicante  sull'aggiudicatario
«di contenuto analogo a quello  esercitato  dall'aggiudicante  stesso
sui  propri  uffici;  svolgimento   della   parte   piu'   importante
dell'attivita' dell'affidatario in favore dell'aggiudicante)  debbono
essere   interpretate   restrittivamente,   costituendo   "in   house
providing"    un'eccezione    rispetto    dalla    regola    generale
dell'affidamento a terzi mediante gara ad evidenza  pubblica»  (Corte
cost., n. 325 del 2010, cit., punto 6.1). 
    La  natura  derogatoria  ed  eccezionale  degli  affidamenti  dei
servizi  di  interesse  economico  generale  ad   Aziende   pubbliche
controllate, rispetto alle ordinarie ipotesi di affidamento  a  terzi
mediante gara concorrenziale, comporta infine  che  tali  affidamenti
debbano avvenire sempre in forme aperte e  trasparenti,  mediante  un
provvedimenti suscettibili di controllo giurisdizionale e sorretti da
una congrua  e  logica  motivazione  che  manifesti  le  ragioni  che
giustificano una tale scelta, secondo canoni  di  ragionevolezza,  di
proporzionalita' e di adeguatezza. 
    1.2.2. La disposizione contenuta nell'art. 5, comma 1, della 1.r.
Puglia n. 11 del 2011 si pone in contrasto con gli anzidetti principi
comunitari, nella  misura  in  cui  individua  ex  lege  il  soggetto
affidatario della gestione del servizio. Il  ricorso  allo  strumento
legislativo,  che  e'  espressione   della   discrezionale   volonta'
politica, non consente  infatti  di  verificare  e  di  sindacare  le
ragioni che  giustificano  la  deroga  alle  ordinarie  regole  della
concorrenza e del mercato. La  rilevanza  economica  dei  servizi  in
questione - che non dipende dalle forme dell'affidamento, ma inerisce
alle  modalita'   della   gestione   impone   invece   di   esternare
congruamente, attraverso un provvedimento amministrativo  debitamente
motivato  e  nel  rispetto  dei  principi   di   trasparenza   e   di
proporzionalita' sopra richiamati, gli argomenti  che  sostengono  la
scelta dell'«in house providing», prescindendo dal ricorso alle forze
del libero mercato, che costituisce invece l'ipotesi ordinaria. 
    Da cio' consegue l'incostituzionalita' della norma impugnata  per
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,  per  contrasto  con  i
principi comunitari vigenti nella materia. 
    1.3.1. Un ulteriore effetto della qualificazione del S.I.I. quale
servizio pubblico locale a rilevanza economica e'  rappresentato  dal
fatto che le  disposizioni  che  regolano  il  suo  affidamento  sono
riconducibili alla materia della «tutela della concorrenza»,  rimessa
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi  dell'art.
117, secondo comma, lett. e), Cost.  E'  infatti  evidente  che  tali
disposizioni hanno quale  funzione  principale  la  disciplina  delle
forme e delle condizioni per accedere all'esercizio  delle  attivita'
di impresa nel settore, in guisa  che  esse  incidono  immediatamente
sulla regolamentazione del relativo mercato. 
    A  tal  riguardo,  codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   ha
costantemente affermato che «la disciplina concernente  le  modalita'
dell'affidamento  della  gestione  dei  servizi  pubblici  locali  di
rilevanza economica va ricondotta..,  all'ambito  della  materia,  di
competenza  esclusiva  dello  Stato,  "tutela   della   concorrenza",
prevista dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  tenuto
conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della  sua
diretta incidenza sul mercato (ex pluribus, sentenze n. 314, n.  307,
n. 304 e n. 160 del 2009; n. 326 del 2008; n. 401 del 2007; n.  80  e
n. 29 del 2006; n.  272  del  2004).  Di  conseguenza  la  competenza
statale viene  a  prevalere  sulle  invocate  competenze  legislative
regionali e regolamentari degli enti locali  e,  in  particolare,  su
quella in  materia  di'  servizi  pubblici  locali,  proprio  perche'
l'oggetto e gli scopi che caratterizzano detta  disciplina  attengono
in via primaria alla  tutela  e  alla  promozione  della  concorrenza
(sentenze n. 142 del 2010, n. 246 e n. 148 del 2009, n. 411 e n.  322
del 2008)» (Corte cost., n. 325 del 2010, cit., punto 7). 
    Tali principi  sono  stati  piu'  volte  ribaditi  con  specifico
riferimento al settore del servizio idrico integrato, in relazione al
quale codesta ecc.ma Corte ha affermato che «forma  di  gestione  del
servizio idrico integrato e le procedure di affidamento dello stesso,
disciplinate dall'art. 150 del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  sono  da
ricondurre alla materia della tutela della concorrenza, di competenza
legislativa esclusiva  statale,  trattandosi  di  regole  dirette  ad
assicurare la concorrenzialita' nella gestione  del  servizio  idrico
integrato, disciplinando  le  modalita'  del  suo  conferimento  e  i
requisiti soggettivi del gestore, al precipuo scopo di  garantire  la
trasparenza,  l'efficienza,  l'efficacia   e   l'economicita'   della
gestione medesima» (Corte cost.,  n.  325  del  2010,  punto  7,  che
richiama a propria volta i principi gia' affermati dalle sentenze  n.
142 e n. 29 del 2010, e n. 246 del 2009). 
    Per tali motivi, la disciplina statale della materia  costituisce
un parametro di  riferimento  vincolante,  al  quale  al  legislatore
regionale non e' consentito derogare. 
    1.3.2.  La  normativa  statale  in  materia  ha  subito  numerose
modifiche, che hanno interessato sia le forme  di  gestione,  sia  la
individuazione  degli  organi  e  l'attribuzione   delle   competenze
amministrative. 
    Sotto il primo profilo, occorre  considerare  che  le  originarie
previsioni dell'art. 150 del d.lgs. n. 152  del  2006,  che  rinviava
alle disposizioni contenute nell'art. 113, comma  5,  del  d.lgs.  18
agosto 2000, n. 267, sono  state  implicitamente  abrogate  dall'art.
23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con  modificazioni
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, poi modificato dall'art. 15, comma
1, del d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito  con  modificazioni
dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 (cfr., in tal senso, la sentenza
di codesta ecc.ma Corte n. 325 del 2010, punto 18.2); ed il  suddetto
art. 23-bis e' stato  infine  a  sua  volta  abrogato  a  seguito  di
consultazione referendaria. Ne consegue che, allo stato, in  mancanza
di una  specifica  norma  interna  regolatrice  della  materia,  deve
ritenersi applicabile tout-court la normativa comunitaria a cui si e'
fatto riferimento innanzi. 
    Per  quanto  riguarda  invece  le  competenze  e   le   modalita'
dell'affidamento, che maggiormente interessano ai fini  del  presente
giudizio di costituzionalita',  giova  considerare  che  l'originario
testo dell'art. 142, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 ha  previsto
che gli enti locali svolgono le funzioni di  scelta  della  forma  di
gestione  e  di  affidamento  della  gestione  stessa  attraverso  le
Autorita'   d'Ambito,   costituite   con   la   loro   partecipazione
obbligatoria; e tale disposizione  trovava  originariamente  conferma
nell'art. 148, commi 1 e 2, secondo cui le competenze spettanti  agli
enti locali erano  trasferite  a  tali  Autorita',  che  provvedevano
quindi, tra l'altro, alle attivita' di affidamento del  servizio.  Da
ultimo, l'art. 2, comma 186-bis, della legge  23  dicembre  2009,  n.
191, aggiunto dall'art. 1, comma l-quinquies, d.l. 25  gennaio  2010,
n. 2, nel testo integrato dalla legge di  conversione  del  26  marzo
2010, n. 42, ha previsto la soppressione delle Autorita'  d'Ambito  e
l'abrogazione dell'art. 148  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  ed  ha
disposto che «le regioni attribuiscono con  legge  le  funzioni  gia'
esercitate  dalle   Autorita',   nel   rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza». 
    Quest'ultima disposizione, attualmente vigente, non  puo'  essere
interpretata - come sembra aver fatto il legislatore regionale con la
norma impugnata - nel senso che  le  Regioni  adottano  con  legge  i
provvedimenti precedentemente adottati dalle Autorita'  d'Ambito  (e,
in particolar modo, quelli relativi  all'affidamento  della  gestione
del servizio), ma esclusivamente nel  senso  che  le  Regioni,  nella
propria autonomia e nel  rispetto  dei  principi  di  sussidiarieta',
adeguatezza e differenziazione, individuano gli Enti e gli Organi  ai
quali devolvere le funzioni gia' esercitate dalle soppresse Autorita'
d'Ambito, fermo restando che rimane affidato alla  legge  statale  il
compito di individuare tali funzioni e di disciplinarne l'esercizio. 
    Questa interpretazione e' confermata: 
        a) sotto il  profilo  letterale,  dalla  circostanza  che  il
citato art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009 afferma che
le regioni «attribuiscono», ma non «determinano»,  le  funzioni  gia'
esercitate dalle soppresse Autorita' d'Ambito; 
        b) sotto il profilo  logico,  dal  riferimento  normativo  ai
principi   della    sussidiarieta',    dell'adeguatezza    e    della
differenziazione,  che  esprimono  un'esigenza  di   allocazione   di
competenze, e non di determinazione di funzioni; 
        c) dalla ratio legis, che va individuata nell'intenzione  del
legislatore di operare soltanto una  semplificazione  amministrativa,
attraverso la soppressione delle Autorita' d'Ambito e  l'attribuzione
delle  stesse  competenze  da  loro  esercitate  ai  nuovi   soggetti
individuati dalle Regioni; 
        d)   in   un'ottica   costituzionalmente   orientata,   dalla
circostanza che l'individuazione delle  forme  di  affidamento  e  di
gestione rientra - come si  e'  gia'  detto  -  nelle  materie  della
disciplina  della  concorrenza  e  della  tutela  dell'ambiente,   di
competenza  statale,  e  che  e'  percio'   contraria   ai   principi
costituzionali un'interpretazione che  attribuisse  alle  Regioni  il
compito di individuare «per legge» le modalita'  di  affidamento  del
servizio. 
    Tali considerazioni sono confortate  dalla  recente  sentenza  di
codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 128 del 2011, che  attribuisce
all'art. 1, comma l-quinquies, del d.l. 25 gennaio  2010,  n.  2,  la
sola funzione di  consentire  alle  Regioni  la  scelta  «dei  moduli
organizzativi piu' adeguati a  garantire  l'efficienza  del  servizio
idrico integrato», e  non  fa  alcuna  menzione  di  altri  possibili
significati, attinenti alla definizione delle funzioni. 
    Se a queste considerazioni si aggiunge il fatto che  non  e'  mai
stato modificato ed e' rimasto sempre in vigore l'art. 142, comma  3,
del d.lgs. n. 152 del 2006 - secondo cui «gli enti locali, attraverso
l'Autorita' d'ambito di  cui  all'art.  148,  comma  1,  svolgono  la
funzione di organizzazione del servizio idrico integrato,  di  scelta
della forma di gestione..., di affidamento della gestione e  relativo
controllo» - emerge con chiarezza che l'avvenuta  soppressione  delle
Autorita' d'Ambito e la contestuale  abrogazione  dell'art.  148  del
d.lgs. n. 152  del  2006  non  ha  affatto  inciso  sulla  disciplina
sostanziale dettata dalla normativa statale  sul  tema  della  scelta
della forma di gestione e dell'affidamento del servizio. 
    Si deve dunque ritenere,  sulla  base  di  tale  disciplina,  che
spetta agli enti locali interessati il compito di determinare in  via
amministrativa   le   forme   della   gestione   e    le    modalita'
dell'affidamento (art. 142, comma 3, cit.); con la  precisazione  che
questo compito - che in passato  veniva  esercitato  per  il  tramite
delle Autorita' d'Ambito, alle quali gli Enti locali partecipavano ed
alle quali conferivano i propri poteri, ai sensi del citato art. 148,
comma 1 e' oggigiorno devoluto alle unita' organizzative  individuate
dalla Regione ai sensi dell'art. 2, comma  186-bis,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, aggiunto dall'art. 1,  comma  l-quinquies  del
d.l. 25 gennaio 2010, n.  2,  nel  testo  integrato  dalla  legge  di
conversione del 26 marzo 2010, n. 42. 
    1.3.3. Il legislatore della Regione Puglia e' apparso  pienamente
consapevole del sistema normativo innanzi delineato. 
    Con 1.r. 30 maggio 2011,  n.  9,  si  e'  infatti  adeguato  alle
disposizioni del predetto art. 2, comma 186-bis, della legge  n.  191
del 2009, ed ha istituito  l'Autorita'  idrica  pugliese,  a  cui  ha
conferito le funzioni amministrative gia' esercitate dalle  soppresse
Autorita' d'Ambito, tra cui,  in  particolare,  «l'affidamento  della
gestione del servizio idrico integrato» (art. 2, comma 2,  lett.  f),
1.r. cit.). 
    In manifesta contraddizione con tale norma, con  la  disposizione
impugnata in questa sede lo stesso legislatore regionale  si  e'  poi
sostituito all'Amministrazione designata ed ha provveduto egli stesso
ad affidare direttamente i compiti di gestione del SII  alla  Agenzia
all'uopo costituita. In tal modo, non solo ha contraddetto  la  norma
di legge emanata appena qualche giorno prima, ma ha violato anche  le
disposizioni  contenute  nella  legge  statale  di  riferimento,  che
conferiscono tale funzione all'Autorita' amministrativa competente (e
cioe' al soggetto  designato  dalla  Regione  in  sostituzione  delle
Autorita' d'Ambito, alla quale sono trasferiti  i  poteri  attribuiti
agli Enti locali dall'art. 142, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006). 
    Il contrasto con la legge statale  assume  rilevanza  sotto  vari
profili, in quanto: 
        a) il  conferimento  delle  funzioni  con  atto  legislativo,
anziche' con provvedimento amministrativo, e' espressione di volonta'
politica e non e' sorretto da una congrua motivazione, attraverso cui
si dovrebbero esternare, nel rispetto dei principi di  ragionevolezza
e di proporzionalita',  le  ragioni  dell'opzione  per  l'affidamento
diretto, anziche' mediante procedura concorrenziale; 
        b) il conferimento non e' sindacabile da  parte  del  giudice
amministrativo, in violazione delle regole di trasparenza dell'azione
della p.A.; 
        c) il conferimento avviene a  tempo  indeterminato,  anziche'
per un predeterminato periodo di tempo,  ed  e'  revocabile  in  ogni
tempo con analogo atto legislativo, con violazione delle regole della
concorrenza «per» il mercato e senza nessuna garanzia per  la  stessa
Agenzia affidataria del servizio. 
    Da tutto cio' consegue che la norma  in  esame  eccede  i  limiti
della competenza legislativa della regione, in  violazione  dell'art.
117, comma 2, lett. e) ed s). 
2. Sull'incostituzionalita' dell'art. 5 della l.r. Puglia n.  11  del
2011. 
    L'art. 5 della l.r. Puglia n. 11 del 2011 prevede altresi' che la
nuova Azienda  pubblica  regionale  denominata  «Acquedotto  pugliese
(AQP)» subentra nel patrimonio  ed  in  tutti  i  rapporti  attivi  e
passivi della societa'  «Acquedotto  Pugliese  s.p.a.»,  nonche'  nei
compiti    istituzionali    e    nell'esercizio    della    attivita'
precedentemente svolte dalla predetta societa'. 
    Anche  questa  disposizione  incorre   in   manifesti   vizi   di
illegittimita' costituzionale. 
    Invero,  la  societa'  «Acquedotto  Pugliese  s.p.a.»  e'   stata
istituita con il d.lgs. 11 maggio 1999, n. 141, in  attuazione  della
delega conferita al Governo dall'articolo 11, comma  1,  lettera  b),
della legge 15 marzo 1997, n. 59. Tale d.lgs. ha disposto il subentro
della nuova societa'  in  tutti  i  rapporti  attivi  e  passivi  del
disciolto Ente autonomo per l'acquedotto pugliese (art. 1, comma  3),
trasferendole i beni pubblici in suo godimento (art. 1, commi  4)  ed
attribuendole le sue funzioni fino al termine del  31  dicembre  2018
(art. 2, comma 1); ha altresi' disposto  che  «La  societa'  provvede
alla gestione del ciclo integrato dell'acqua e, in particolare,  alla
captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione  di  acqua  ad
usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue»  (art.  2,
comma 2, d.lgs. cit.). 
    Il  d.lgs.  in  esame,  istituendo  una  societa'  incaricata  di
svolgere  attivita'  economiche  nel  settore  del  servizio   idrico
integrato, che afferisce alla  tutela  ambientale,  e'  riconducibile
alle  materie  della  concorrenza  e  della  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, rimesse alla competenza  esclusiva  dello  Stato  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. e) ed s), Cost. 
    La norma regionale impugnata non  abroga  formalmente  il  citato
d.lgs. n. 141 del 1999, ne'  dichiara  la  formale  estinzione  della
s.p.a. con esso istituita; tuttavia, disponendo il trasferimento  del
suo patrimonio, dei suoi rapporti e dei  suoi  compiti  istituzionali
alla nuova  Azienda  pubblica  regionale,  finisce  per  svuotare  di
qualsiasi efficacia la legge  statale  e  per  privare  di  qualsiasi
funzione la societa' che, in base ad essa, avrebbe dovuto  provvedere
fino al 31 dicembre 2018 alla cura degli interessi pubblici in esame,
ed in particolar modo all'esercizio delle  attivita'  di  captazione,
adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua  ad  usi  civili,
nonche' di fognatura e depurazione delle acque reflue, nelle quali si
articola il servizio idrico integrato. 
    La norma regionale  impugnata  ha  finito  percio'  per  incidere
inammissibilmente sulla disciplina dettata  dal  legislatore  statale
sulle competenze e sulle modalita' di  funzionamento  della  societa'
Acquedotto Pugliese s.p.a., e cioe' su questioni  riconducibili  alle
materie  della  disciplina   della   concorrenza   e   della   tutela
dell'ambiente, appartenenti alle sfere della  legislazione  esclusiva
dello Stato. 
3. Sull'incostituzionalita' dell'art. 9 della 1.r. Puglia n.  11  del
2011. 
    Parimenti  illegittimo  e'  l'art.  9   della   legge   regionale
impugnata, che prevede che tutto  il  personale  in  servizio  presso
l'Acquedotto pugliese s.p.a. venga trasferito nell'organico dell'AQP,
a prescindere dalla circostanza che esso  sia  stato  inquadrato  nel
comparto pubblico con procedura selettiva concorsuale o meno. 
    3.1. Tale disposizione non e' coerente con l'art. 17, commi da 10
a 13, del d.l. 10 luglio  2009,  n.  78,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 che, con riferimento
alla generalita' delle amministrazioni pubbliche, stabilisce, per  il
personale  non  dirigente,  tassative  modalita'  di   valorizzazione
dell'esperienza professionale acquisita attraverso l'espletamento  di
concorsi pubblici con parziale riserva di posti,  precludendo  quindi
alle amministrazioni ogni diversa procedura  di  stabilizzazione  del
personale non di ruolo, a decorrere dal  gennaio  2010.  La  predetta
norma statale di riferimento costituisce disposizione di principio ai
fini  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  alla  quale   il
legislatore regionale e' tenuto ad adeguarsi, ai sensi dell'art. 117,
terzo comma, Cost. Da cio' consegue  l'illegittimita'  costituzionale
della norma regionale impugnata che,  nel  prevedere  l'inquadramento
generalizzato nei ruoli della nuova Autorita' del personale  a  tempo
indeterminato in servizio presso il soppresso ATO, contrasta  con  le
predette norme di principio della legislazione statale. 
    3.2. La norma regionale in esame  viola  anche  il  principio  di
uguaglianza  dettato  dall'art.  3  Cost.   perche',   senza   nessun
ragionevole motivo, consente al solo personale in servizio presso  la
soc. Acquedotto Pugliese s.p.a. di essere inquadrato nei ruoli  della
neo-istituita Azienda pubblica regionale, prescindendo  dalla  regola
della selezione concorsuale che si impone invece per  la  generalita'
dei pubblici dipendenti. 
    3.3. Nel privilegiare il personale gia'  in  servizio  presso  la
soc.  Acquedotto  Pugliese  s.p.a.,  rispetto  ad   altri   possibili
aspiranti all'assunzione presso  la  neo-istituita  Agenzia  pubblica
regionale, la norma viola anche l'art. 51 Cost., secondo cui «tutti i
cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono  accedere  agli  uffici
pubblici...in  condizioni  di  eguaglianza,   secondo   i   requisiti
stabiliti dalla legge». 
    3.4.  L'automatico  e  generalizzato  inquadramento  di  tutti  i
dipendenti in servizio presso la soc. Acquedotto Pugliese s.p.a.  nei
ruoli dell'istituenda APQ viola altresi' la regola  di  accesso  agli
impieghi pubblici tramite concorso pubblico stabilita  dall'art.  97,
comma 3,  Cost.,  a  tutela  non  solo  del  diritto  dei  potenziali
aspiranti a poter  partecipare  alla  relativa  selezione,  ma  anche
dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati  migliori  mediante
una selezione aperta alla  partecipazione  di  coloro  che  siano  in
possesso dei prescritti requisiti, a  garanzia  dell'imparzialita'  e
del buon andamento della Pubblica Amministrazione. 
    Con specifico riferimento a tale principio, codesta ecc.ma  Corte
costituzionale ha  costantemente  affermato  che  «il  principio  del
pubblico concorso costituisce la  regola  per  l'accesso  all'impiego
alle  dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni   pubbliche,   da
rispettare  allo  scopo  di  assicurare  la  loro  imparzialita'   ed
efficienza. Tale  principio  si  e'  consolidato  nel  senso  che  le
eventuali deroghe possono essere giustificate  solo  da  peculiari  e
straordinarie ragioni di interesse pubblico»; ne' la deroga a  questo
principio puo' essere giustificata dalla  semplice  esistenza  di  un
pregresso rapporto di servizio  con  il  personale  interessato  alla
stabilizzazione, atteso che «al di la'  della  personale  aspettativa
degli aspiranti, non risulta  sussistere  alcun  motivo  di  pubblico
interesse che possa legittimare una deroga al principio del  concorso
aperto a soggetti esterni all'amministrazione. In particolare, non e'
desumibile dalle  funzioni  amministrative  ed  esecutive  svolte  da
questo personale  alcuna  peculiarita'  che  possa  giustificare  una
prevalenza dell'interesse  ad  una  sua  stabilizzazione  presso  gli
uffici  consiliari  rispetto  a  quello   di   assicurare   l'accesso
all'impiego pubblico dei piu' capaci e meritevoli ed, in  tal  senso,
l'imparzialita' ed il buon andamento della amministrazione regionale»
(Corte cost., 3 marzo 2006, n. 81, che richiama,  tra  le  altre,  le
sentenze n. 159 del 2005 e nn. 205 e 34 del 2004. Nello stesso senso,
da ultimo, Corte cost., 18 febbraio 2011, n. 52). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia     l'ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare
costituzionalmente illegittimi l'art. 2, comma 1; l'art. 5, e  l'art.
9, comma 1, della legge della Regione Puglia del 20 giugno  2011,  n.
11, pubblicata nel B.U.R. Puglia del 20 giugno 2011, n.  96,  recante
«Gestione del servizio idrico integrato -  Costituzione  dell'Azienda
Pubblica Regionale - Acquedotto Pugliese (AQP)», per violazione degli
artt. 3, 51, 97, e 117, commi 1, 2, lett. e) ed s), e 3, Cost. 
    Unitamente all'originale  notificato  del  presente  ricorso,  si
depositano: 
        1) copia della legge regionale impugnata; 
        2) copia conforme della delibera del Consiglio  dei  Ministri
adottata nella riunione del 22 luglio 2011, recante la determinazione
di  proposizione  del  presente  ricorso,  con   allegata   relazione
illustrativa. 
          Roma, addi' 4 agosto 2011 
 
                 L'Avvocato dello Stato: De Stefano