N. 209 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 2011

Ordinanza del 23 maggio 2011 emessa dal Tribunale  di  Lecce  -  Sez.
distaccata di Nardo' nel procedimento penale  a  carico  di  Cordella
Massimiliano. 
 
Processo penale - Incompatibilita' del giudice -  Incompatibilita'  a
  celebrare il giudizio ordinario  dibattimentale  del  giudice  che,
  gia' investito della  richiesta  di  convalida  dell'arresto  e  di
  celebrazione del giudizio direttissimo  in  relazione  allo  stesso
  reato posto a carico del medesimo imputato, non  abbia  convalidato
  l'arresto  per  insussistenza  del  reato  e  abbia   disposto   la
  restituzione degli atti al pubblico ministero - Mancata  previsione
  - Disparita' di trattamento rispetto  alla  situazione  analoga  di
  incompatibilita'  del   giudice   per   le   indagini   preliminari
  considerata dall'art. 34, comma 2-bis, cod. proc.  pen.  -  Lesione
  del principio di terzieta' e imparzialita' del giudice, anche  come
  espresso dall'art. 6 della CEDU, nell'interpretazione  della  Corte
  europea dei diritti dell'uomo. 
- Codice di procedura penale, art. 34. 
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 117, primo  comma,  in
  relazione all'art. 6 della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
  diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
(GU n.43 del 12-10-2011 )
 
                             IL TRIBUNALE 
 
    Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe  indicato  nei
confronti di: Cordella Massimiliano, nato a Formigine  il  10  giugno
1980 e residente in Nardo' alla via Pier  Paolo  Pisolini  difeso  di
fiducia dall'avv. Ezio Maria Tarantino del foro di Lecce imputato del
reato di cui all'art. 385 c.p. perche', essendo in stato  di  arresto
presso la propria abitazione, come disposto dal Tribunale  di  Lecce,
Sezione Gip, con ordinanza di applicazione della misura degli arresti
domiciliari datata 20 maggio 2009, si allontanava dal predetto luogo.
In Nardo' il 22 maggio 2009; 
    Rilevato che, all'udienza odierna,  dopo  la  costituzione  delle
parti, aperto il dibattimento, la difesa ha chiesto la  pronuncia  di
una sentenza di assoluzione  del  Cordella  ai  sensi  dell'art.  129
c.p.p., mentre il P.M. si e' opposto; 
    Osserva quanto segue: 
        dalla lettura del fascicolo del dibattimento  emerge  che  il
Cordella  Massimiliano  era  gia'  stato  tratto a  giudizio  per  il
medesimo reato, nelle forme del giudizio direttissimo. 
    Invero, tratto in  arresto  in  data  23  maggio  2009,  il  P.M.
chiedeva la convalida con la celebrazione del  giudizio  direttissimo
con atto del 25 maggio 2009. 
    L'udienza veniva celebrata dinanzi a  questo  stesso  giudice  in
data 27 maggio 2009. 
    Nel  corso  dell'udienza  di  convalida  dell'arresto,  il   P.M.
chiedeva, altresi', l'emissione della misura cautelare della custodia
in carcere. Il difensore non si opponeva alla convalida, e, in ordine
alla richiesta di misura  cautelare,  chiedeva  l'applicazione  degli
arresti domiciliari. 
    Questo stesso giudice, all'esito  dell'udienza,  non  convalidava
l'arresto, ritenendo che non vi fossero elementi di prova per  potere
configurare il contestato reato di evasione. 
    Pertanto, disponeva l'immediata liberazione del Cordella, se  non
detenuto per altra causa, e disponeva la restituzione degli  atti  al
P.M. ai sensi dell'art. 558, comma 5 c.p.p. 
    Cosi' riassunta la vicenda,  deve  rilevarsi  che  l'imputato,  a
seguito della disposta restituzione degli  atti  al  P.M.,  e'  stato
nuovamente citato a giudizio, questa volta in via ordinaria,  dinanzi
a questo giudice per il medesimo reato. 
    Il difensore, dopo le formalita' di apertura del dibattimento, ha
chiesto il proscioglimento del proprio assistito ai  sensi  dell'art.
129 c.p.p. perche' il fatto non sussiste,  richiamando  la  decisione
assunta  da  questo  giudice  in  sede  di   udienza   di   convalida
dell'arresto. Il P.M. si e' opposto ed ha chiesto la prosecuzione del
giudizio. 
    Cio'  detto,  investito  della  valutazione  della  richiesta  di
proscioglimento ai sensi dell'art. 129  c.p.p.,  questo  giudice  non
puo' esimersi dal sollevare questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 34 c.p.p. per violazione  degli  artt.  3,  111, 2°  comma,
117, 1° comma, Cost. nella parte in cui non prevede, quale  causa  di
incompatibilita'  del  giudice  a  celebrare  il  giudizio  ordinario
dibattimentale,  determinata  da  atti  compiuti  nel   procedimento,
l'ipotesi  del  giudice  che,  gia'  investito  in  precedenza  della
richiesta di convalida dell'arresto e di  celebrazione  del  giudizio
direttissimo in relazione allo stesso  reato  posto  a  carico  dello
stesso imputato, non abbia convalidato  l'arresto  dell'imputato  per
insussistenza del reato ed abbia disposto la restituzione degli  atti
al P.M. 
    E' noto che la Corte costituzionale e' gia' stata investita  piu'
volte da questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p.
nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio
direttissimo il giudice che abbia convalidato l'arresto ed  applicato
la misura cautelare nei  confronti  dell'imputato,  dichiarandole,  a
partire dalla nota sentenza 27-31 maggio  1996,  n.  177,  tutte  non
fondate o inammissibili. 
    In tutti questi casi, pero', la Corte era partita da una semplice
considerazione, e cioe' che la  convalida  dell'arresto  implica  una
valutazione sulla riferibilita' del reato all'imputato,  condotto  in
giudizio, ma e' attribuita alla cognizione del giudice competente per
il merito, cui e' devoluta la convalida ed il  contestuale  giudizio,
al quale accede ogni altro provvedimento cautelare.  Il  giudice  del
dibattimento, al quale  e'  presentato  l'imputato  per  il  giudizio
direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
dell'arresto, sull'esistenza dei presupposti che  gli  consentono  di
procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
incidentalmente misure cautelari, attratte nella  competenza  per  la
cognizione del merito. 
    Riteneva, pertanto, la Consulta che non poteva  configurarsi  una
menomazione  dell'imparzialita'  del  giudice,  atteso  che  adottava
decisioni preordinate al proprio giudizio o incidentali  rispetto  ad
esso. 
    Tuttavia, il caso considerato dal giudice delle leggi  e'  quello
relativo all'ipotesi  classica  del  giudice  del  dibattimento  che,
convalidato l'arresto ed, al limite, applicata la  misura  cautelare,
procede poi a  celebrare  il  giudizio  direttissimo,  non  anche  la
fattispecie verificatasi nel presente giudizio. 
    Invero, nel caso di specie, questo giudice, investito gia'  della
richiesta  di  convalida  dell'arresto,  di  applicazione  di  misura
cautelare e di celebrazione  del  giudizio  direttissimo,  non  aveva
convalidato  l'arresto  del  Cordella,  ritenendo   che   non   fosse
sussistente il reato di evasione contestato, e non, aveva  applicato,
conseguenzialmente, alcuna misura cautelare,  ma  aveva  disposto  la
restituzione degli atti al P.M., ai sensi  dell'art.  558,  comma  5,
c.p.p., cosi' chiudendo la fase processuale. 
    Orbene,  a  seguito  dell'emissione  dell'ordinario  decreto   di
citazione diretta a  giudizio  nei  confronti  del  Cordella,  questo
giudice si e' visto investito di  un  nuovo  giudizio  a  carico  del
prefato, benche' in ordine al medesimo  reato,  attraverso  un  nuovo
esercizio da parte del P.M. in forma ordinaria dell'azione penale. 
    Dunque, non ci troviamo  piu'  nella  medesima  fase  processuale
nell'ambito   della   quale   era   stata   adottata   la   decisione
«pregiudizievole», ma in una distinta fase processuale, in seno  alla
quale la decisione all'epoca assunta da  questo  giudice  non  assume
alcuna rilevanza endoprocedimentale, nel senso che non risulta legata
da alcun nesso processuale. 
    Tuttavia, la decisione  all'epoca  assunta  ha  evidenti  effetti
pregiudicanti, influenti sull'imparzialita' del giudizio sul  merito,
poiche' essa comportava una decisione sulla sussistenza del reato per
il quale era stato arrestato il Cordella Massimiliano, e, dunque, una
valutazione in tutto simile a quella richiesta nella presente udienza
dal difensore dell'imputato con l'istanza di proscioglimento ai sensi
dell'art. 129 c.p.p. 
    Come  e'  noto,  la  terzieta'  e  l'imparzialita'  del   giudice
costituiscono valori oggettivi, fondamentali  per  l'esercizio  della
giurisdizione  e  per  garantire  il  «giusto   processo»   delineato
dall'art. 111, comma 2, Cost. 
    Ne consegue che, non essendo previsto dall'art. 34 c.p.p. il caso
in oggetto, e, dunque, non sussistendo in capo a questo giudice alcun
obbligo di astensione per incompatibilita' derivante da atti compiuti
nel procedimento, lo scrivente potrebbe assumere decisioni in  ordine
alla richiesta di proscioglimento del prevenuto avanzata  all'odierna
udienza dal suo difensore. Ma il  P.M.  si  e'  opposto,  sicche'  e'
palese e concreta la necessita' di salvaguardare  l'oggettivo  valore
della terzieta' ed imparzialita' del giudice, ai fini di garantire il
giusto processo previsto dalla legge, terzieta' ed imparzialita'  che
potrebbero essere concretamente frustrate dalla decisione assunta  da
questo giudice all'esito dell'udienza di convalida  dell'arresto  del
Cordella del 27 maggio 2009. 
    Ne  deriva  di  conseguenza  la  rilevanza  e  fondatezza   della
questione proposta in relazione all'art. 111, comma 2, Cost. 
    D'altra parte, e' indubbia nel caso di specie  l'affinita'  della
situazione in cui viene a trovarsi questo giudice con  quella  di  un
qualunque gip che fosse  investito  della  convalida  dell'arresto  e
dell'applicazione  di  una  misura  cautelare.  Invero,  se  il   gip
rigettasse le richieste per insussistenza del fatto e successivamente
si trovasse ad  essere  investito  della  celebrazione  del  giudizio
dibattimentale nei confronti dello stesso imputato e  per  lo  stesso
reato, in base all'art. 34, comma 2-bis c.p.p. si  dovrebbe  astenere
dalla trattazione del giudizio. 
    Nel caso in esame, stante la restituzione degli atti  al  P.M.  a
seguito  della  non  convalida  dell'arresto  e  il  nuovo  esercizio
dell'azione penale da parte dello stesso in forma  ordinaria,  questo
giudice si trova in una situazione del tutto analoga al gip, e  cioe'
si trova investito del giudizio a carico del Cordella,  dopo  essersi
gia' espresso sulla fondatezza dell'accusa rivolta nei suoi confronti
in una diversa fase processuale. 
    Sussiste, dunque, anche la violazione dell'art.  3  Cost.,  nella
parte in cui irragionevolmente viene distinta la situazione  fattuale
in esame da quella del gip  considerata  nell'art.  34,  comma  2-bis
c.p.p. 
    Anche  sotto  questo  profilo  la   questione   di   legittimita'
costituzionale appare rilevante e non manifestamente infondata. 
    Infine,  occorre  rilevare  che  il  valore  della  terzieta'  ed
imparzialita' del giudice e'  un  valore  tutelato  anche  a  livello
europeo. 
    L'art. 6 della CEDU,  infatti,  garantisce  il  diritto  di  ogni
persona  ad  essere  giudicata  da  un  Tribunale   indipendente   ed
imparziale. 
    Secondo la Corte EDU, l'imparzialita'  deve  essere  valutata  di
volta in volta attraverso un  procedimento  soggettivo,  cercando  di
determinare la convinzione ed il comportamento personali del giudice,
e secondo un procedimento oggettivo, che porta a verificare che  egli
offra garanzie sufficienti per escludere in proposito ogni  legittimo
dubbio. In ordine a quest'ultimo aspetto, la Corte ha  precisato  che
il procedimento oggettivo di valutazione consiste nel  chiedersi  se,
indipendentemente   dalla   condotta   del   giudice,   certi   fatti
verificabili permettono di  chiamare  in  causa  l'imparzialita'  del
giudice. In materia anche le apparenze possono  assumere  importanza.
Ne va di mezzo, infatti, la fiducia che i tribunali di  una  societa'
democratica devono ispirare ai giustiziabili  (Corte  EDU  22  aprile
2004, Cianetti c. Italia). 
    Sotto questo profilo,  e'  stato  ritenuto  violare  il  precetto
dall'art. 6, comma 1, CEDU il caso in  cui  il  giudice,  che  doveva
celebrare il processo nei confronti di un imputato,  era  intervenuto
nella fase preliminare  del  processo  riguardo  all'applicazione  di
misure cautelari deliberando sull'esistenza di elementi  gnoseologici
a carico particolarmente significativi e quindi manifestando  la  sua
convinzione sulla colpevolezza dell'accusato  (Corte  EDU  24  maggio
1989, Hauschildt c. Danimarca e la gia' citata Corte  EDU  22  aprile
2004, Cianetti c. Italia). 
    Come e' noto, la violazione della CEDU da parte  della  normativa
interna puo' essere sindacata dalla  Corte  costituzionale  sotto  il
profilo del disposto dell'art. 117 Cost., sempre se non sia possibile
un'interpretazione «convenzionalmente» conforme delle  norme  interne
(Corte costituzionale sentenze  nn.  348-349/2007;  n.  317/2009;  n.
93/2010; n. 80/2011). Invero, la  norma  CEDU  costituisce  parametro
interposto rispetto al disposto dell'art. 117,  comma  1,  Cost.,  in
base al quale valutare  la  conformita'  costituzionale  della  norma
interna. 
    Cio'  detto,  nel  caso  di  specie,  non  e'  possibile  fornire
un'interpretazione «convenzionalmente» orientata dell'art.  34  Cost.
tenuto conto che si tratta di una norma eccezionale, non suscettibile
di interpretazioni che ne dilatano il senso letterale. 
    D'altra parte, per come sopra  argomentato,  la  possibilita'  di
consentire  al   giudice   dibattimentale   di   pronunciarsi   sulla
colpevolezza dell'imputato, dopo essersi espresso  in  un'altra  fase
processuale in ordine alla fondatezza dell'accusa  rivolta  nei  suoi
confronti,  e  precisamente  all'esito  del  giudizio  di   convalida
dell'arresto   preordinato   alla   celebrazione   di   un   giudizio
direttissimo, mai celebratosi proprio per effetto della pronuncia  di
non convalida dell'arresto, costituisce una manifesta violazione  del
principio oggettivo di imparzialita'  come  desumibile  dall'art.  6,
comma 1 CEDU, come  interpretato  dalla  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo. 
    Ne  deriva  di  conseguenza  la   rilevanza   e   non   manifesta
infondatezza della questione sollevata anche sotto  questo  parametro
costituzionale. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visto l'art.  23  della  legge  n.  87/1953  solleva  di  ufficio
questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt.  3,
111, comma 2, e 117, comma 1, Cost., dell'art. 34 c.p.p. nella  parte
in cui non prevede, quale causa di  incompatibilita'  del  giudice  a
celebrare il giudizio ordinario dibattimentale, determinata  da  atti
compiuti nel procedimento, l'ipotesi del giudice che, gia'  investito
in  precedenza  della  richiesta  di  convalida  dell'arresto  e   di
celebrazione del giudizio direttissimo in relazione allo stesso reato
posto a carico dello stesso imputato, non abbia convalidato l'arresto
dell'imputato per  insussistenza  del  reato  ed  abbia  disposto  la
restituzione degli atti al P.M. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio. 
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al   sig.
Presidente del Consiglio dei Ministri,  nonche'  comunicata  al  sig.
Presidente della Camera  dei  deputati  ed  al  sig.  Presidente  del
Senato. 
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. 
      Nardo', addi' 23 maggio 2011 
 
                         Il giudice: Biondi